Gallipoli, spiagge fatali

La campagna dei Dardanelli è probabilmente una delle operazioni militari meno note di tutta la Grande Guerra. Essa ebbe per teatro la penisola di Gallipoli, ossia quella sottile lingua di terra nella Turchia europea, che si affaccia proprio sullo stretto dei Dardanelli, tra Europa e Asia. L’operazione si concluse in un disastro e la responsabilità di questa débâcle risiedette particolarmente nel fatale errore dei comandanti militari britannici, che sottovalutarono clamorosamente i loro avversari ottomani.

Mappa delle operazioni durante la campagna dei Dardanelli (aprile 1915 – gennaio 1916)

Addirittura secondo il ministro della guerra inglese, Lord Kitchener, i turchi si sarebbero subito arresi senza combattere non appena avessero visto la flotta di Sua Maestà apparire all’orizzonte. Horatio Herbert Kitchener non era un dilettante qualsiasi ma un militare di lungo corso veterano della guerra mahdista e di quella boera. La sua valutazione è tuttavia spiegabile con il razzismo che gli europei dell’epoca nutrivano nei confronti dell’impero ottomano, considerato una potenza arretrata e semibarbara oltre che militarmente debole. Soprannominato da decenni “il malato d’Europa”, l’Impero Ottomano era reduce da una serie di conflitti persi disastrosamente. L’ultima disfatta turca risaliva ad appena tre anni prima di Gallipoli contro le piccole nazioni balcaniche che a loro volta erano entrate in guerra osservando la facilità con cui gli italiani nel 1911 avevano strappato la Libia al controllo del sultano. Quando fra il luglio e l’agosto del 1914 scoppiò la Grande Guerra, l’impero turco rimase in un primo tempo neutrale salvo poi scendere in campo a fianco di Germania e Austria-Ungheria il 31 ottobre successivo. L’ingresso nel conflitto della Sublime Porta comportò l’apertura di due nuovi fronti, l’uno nel Caucaso contro i russi e l’altro nel Sinai contro gli inglesi, allora padroni dell’Egitto.

Per liberarsi di questo nuovo avversario a Londra fu pianificato uno sbarco di truppe che avrebbero dovuto occupare Istanbul e costringere il sultano Mehmet V alla resa. I politici inglesi erano tanto sicuri di sè che già progettavano lo smembramento dei territori della Sublime Porta (il governo ottomano) in accordo con gli alleati francesi e russi. La resa della Turchia avrebbe riaperto l’accesso agli Stretti, vitale per poter rifornire la Russia, in difficoltà fin dall’inizio della guerra. L’operazione d’attacco agli Stretti ebbe fra i suoi maggiori sponsor l’allora quarantenne Winston Churchill, in quel momento  Primo Lord dell’Ammiragliato, incarico paragonabile a quello di Ministro della Marina.

La corazzata francese Bouvet colpita dall’esplosione di una mina. Affonderà in pochi minuti.

La flotta anglo-francese inviata sugli Stretti però fu impossibilitata a proseguire la navigazione a causa delle mine che i turchi avevano posato nel braccio di mare tra Europa e Asia. Per ovviare al problema fu deciso che l’esercito alleato sarebbe sbarcato nella penisola di Gallipoli con l’obbiettivo di prendere i forti ottomani i cui cannoni sorvegliavano il mare antistante. Una volta liberate da questa minaccia, le dragamine avrebbero bonificato il fondale e aperto così la strada alle corazzate. Sulla carta pareva tutto facile senonché i comandi alleati non avevano fatto i conti con la determinazione dei soldati turchi, decisi a combattere in difesa dell’impero e del sultano, il quale, in qualità di Califfo dell’Islam, al momento dell’ingresso in guerra aveva ufficialmente dichiarato il Jihad contro inglesi e francesi, galvanizzando gli animi dei soldati di fede musulmana.

In preparazione dello sbarco, a partire dal febbraio 1915, una flotta anglo francese forte di 21 navi da guerra e 11 incrociatori spazzò per giorni i forti ottomani costruiti a guardia dei Dardanelli senza riuscire a piegare la resistenza dei difensori, spinti a battersi senza risparmio dall’esempio dei loro ufficiali, i quali non esitarono ad esporsi in prima persona al fuoco nemico nelle trincee. Tra essi spiccavano in particolare un giovane Mustafà Kemal, il futuro Atatürk, e il colonnello tedesco Otto Liman von Sanders, detto dai turchi Liman Pascià o Leone di Gallipoli.

Soldati alleati attaccano alla baionetta le postazioni ottomane sugli Stretti.

Dopo il bombardamento navale, alla fine il 25 aprile gli Alleati fecero sbarcare sulla punta meridionale della Penisola di Gallipoli una forza composta da cinque divisioni per un totale di circa 70 mila uomini: oltre ai francesi il contingente “inglese” era in realtà composto da truppe irlandesi oppure provenienti da varie parti dell’Impero britannico, in particolare da Australia e Nuova Zelanda. Questi soldati formavano l’Anzacs, acronimo che significa “Australian and New Zealand Army Corps”. Ad essi si contrapponevano sei divisioni turche, equivalenti grosso modo a 84 mila uomini.

Nonostante il coraggio dei soldati alleati, i turchi riuscirono ad arrestarne l’urto e quella che avrebbe dovuto essere un’azione risolutiva si trasformò nella solita battaglia di logoramento secondo quel tragico copione di assalti e contrassalti all’arma bianca tipico della Grande Guerra. Stesso destino fallimentare subì il secondo contingente alleato sbarcato in agosto più a nord, presso la Baia di Suvla.  La resistenza opposta anche in questo settore dalle truppe ottomane costrinse gli anglo-franco-australiani alla ritirata: le operazioni di reimbarco cominciarono l’8 dicembre e si conclusero nella notte tra il 19 e il 20 dello stesso mese, svolgendosi in maniera abbastanza ordinata e senza troppe perdite.

Un militare australiano a Gallipoli porta in salvo un commilitone ferito, un’immagine simbolo del disastro militare della campagna dei Dardanelli.

Il Premier britannico Sir Herbert Asquith auspicherà il deferimento alla corte marziale per i generali responsabili del disastro mentre Churchill, travolto dallo scandalo, fu costretto a dare le dimissioni da Primo Lord dell’Ammiragliato ma si sarebbe riscattato tornando in auge, come tutti sappiamo, nell’ora più buia per la Gran Bretagna, durante la seconda guerra mondiale. Francesi e inglesi dovettero rinunciare a sostenere lo sforzo bellico della Russia la quale, sempre più in difficoltà nella conduzione della guerra sarebbe collassata due anni dopo, nel 1917, mentre il Paese veniva travolto dalla Rivoluzione bolscevica.

La disfatta di Gallipoli fu sicuramente dovuta, come si è detto all’inizio, alla sottovalutazione del nemico dettata da considerazioni razzistiche. Ma essa fu anche frutto dell’inesperienza, della negligenza a livello logistico dei comandi alleati nel gestire un’operazione anfibia di quelle dimensioni. Tuttavia, come si dice in questi casi, non tutti i mali vennero per nuocere: anche se certamente la sconfitta di Gallipoli costituì per l’esercito britannico una dura lezione, esso dimostrò in seguito di saper imparare dai propri errori, come dimostra la conduzione delle operazioni di sbarco in Normandia nel 1944 e soprattutto l’ottima prova fornita dagli uomini di Sua Maestà nella riconquista delle Isole Falkland durante la guerra contro l’Argentina nel 1982.

Cartolina celebrativa dell’ANZACs (Australian and New Zealand Army Corps).

Nonostante i numerosi episodi di valore e le enormi perdite subite da entrambe le parti in pochi, almeno in Europa, si ricordano della campagna dei Dardanelli. Gallipoli invece resta tuttora ben viva nella memoria di australiani e neozelandesi, che su quelle sconosciute spiagge tra Europa e Asia vi persero la loro migliore gioventù. Una gioventù che era accorsa entusiasticamente in soccorso dell’impero britannico: i giovani soldati dell’ANZACs erano tutti volontari, in quanto nei possedimenti inglesi non era in vigore la coscrizione obbligatoria. Per Australia e Nuova Zelanda, Paesi che a inizio Novecento erano ancora pressoché spopolati, la perdita di quelle migliaia di ragazzi fu un colpo veramente duro da sopportare.

Ancora oggi il 25 aprile di ogni anno tanto in Australia quanto in Nuova Zelanda è ricordato come Anzacs Day. In questa giornata si tiene una solenne commemorazione a ricordo dei caduti australiani e neozelandesi di tutte le guerre. È stata scelta la giornata del 25 aprile proprio a ricordo del giorno in cui i soldati dell’Anzacs presero terra sulle spiagge dei Dardanelli. Accanto alle celebrazioni ufficiali, nel corso dei decenni anche il cinema ha voluto rendere omaggio ai caduti di Gallipoli. Due film, in particolare meritano di essere menzionati: il primo è di Peter Weir, che nel 1981 ha diretto Gli anni spezzati, nel quale un giovane Mel Gibson ha ricoperto il ruolo di protagonista nei panni di un giovane militare australiano. Il secondo, The Water Divener, vanta la regia Russell Crowe, oltretutto al suo esordio dietro la macchina da presa. Si tratta della toccante storia di un padre che nel 1919 parte dall’Australia diretto in Turchia, deciso a riportare a casa i propri figli dispersi a Gallipoli, costi quel che costi.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...