Santa venerata dalla Chiesa cattolica e Patrona della nazione francese per alcuni. Strega, eretica, ispirata da voci demoniache per altri. Giovanna d’Arco è senz’altro uno dei personaggi più affascinanti ed enigmatici di tutto il Medioevo: da viva venne processata per eresia e condannata a morire bruciata a seguito un processo dalla sentenza già scritta dagli inglesi, che la volevano morta ad ogni costo. Dopo la sua esecuzione ne subì un secondo che doveva annullare la sentenza precedente riconoscendone le virtù di eroina della Francia e della Fede.

Ma chi fu davvero la Pulzella d’Orleans, quella ragazzina che sfidò le convenzioni del suo tempo, vestendo, combattendo e cavalcando come un uomo? .Questo è quanto cercheremo di scoprire insieme oggi. Proprio grazie ai due processi inquisitori che la videro protagonista prima e dopo la morte disponiamo di moltissime informazioni su Giovanna. In entrambi i procedimenti, i giudici ecclesiastici vollero esaminare fino in fondo l’imputata e per questo chiamarono a deporre un numero enorme di persone tra amici parenti compaesani e persino ex compagni d’arme di Giovanna.
In base ai verbali dei processi, quindi sappiano che la ragazza nacque intorno al 1412, originaria del piccolo villaggio lorenese di Domrémy (che oggi si chiama Domrémy-la-Pucelle in omaggio all’illustre compaesana), figlia di Jacques d’Arc, agricoltore e “sindaco” di Domrémy, più volte rappresentante della comunità presso le autorità locali, e di sua moglie Isabelle Romée. Giovanna aveva anche tre fratelli, Jacques, Jean e Pierre, oltre a una sorella, Catherine. Stando alle testimonianze dei compaesani Giovanna viene descritta come una bambina tranquilla, devota e con una particolare propensione alle pratiche religiose ma in fondo non molto diversa dalle sue coetanee.

Gli anni dell’infanzia della futura santa rappresentarono per la Francia il momento più nero della Guerra dei Cent’anni: gli inglesi avevano trionfato ad Azincourt nel 1415, occupando poi Parigi e l’intera Francia nord-occidentale. Gli inglesi erano inoltre alleati del Duca di Borgogna che controllava vaste regioni nel nord-est della Francia. Inoltre dal 1422 il Re bambino d’Inghilterra Enrico VI era stato investito del titolo di Re di Francia, mentre il legittimo erede, il Delfino Carlo, escluso dalla successione venne costretto alla fuga a sud, nei territori rimastigli fedeli.
La vita di Giovanna cambiò per sempre nel 1425, all’età di circa tredici anni: fu allora che ella iniziò a sentire quelle voci destinate a cambiare il suo destino e quello della Francia. tutto cominciò in un giorno d’estate verso mezzogiorno, mentre la ragazza si trovava nel giardino di casa : come dichiarò in seguito al processo, inizialmente ebbe paura sentendosi chiamare ma poi si rasserenò, convincendosi che quella voce, proveniente da destra, dalla parte della vicina chiesa parrocchiale, e accompagnata da una grande luce, non poteva che venire da Dio. In particolare Giovanna dichiarò che quella voce che a chiamarla per la prima volta fu l’Arcangelo Michele (tradizionalmente indicato come il comandante delle milizie celesti) mentre in occasioni successive le parlarono Santa Margherita d’Antiochia e Santa Caterina d’Alessandria. Le voci celesti inizialmente la esortarono a perseverare nella Fede e a frequentare assiduamente la chiesa, finché non le rivelarono la missione che il Signore aveva in serbo per lei: avrebbe dovuto recarsi al cospetto del Delfino con il compito di salvare la Francia dalla rovina.

Fu così che nel maggio 1428 la ragazza decise di recarsi alla fortezza di Vaucoulers, presidiata da una guarnigione di soldati fedeli al Delfino, per poter parlare con il comandante, Robert de Baudricourt. Costui si rifiutò di stare ad ascoltare quelli che ritenne i deliri di una pazza e la fece immediatamente ricondurre a casa, consigliando i genitori di curare con due bei ceffoni le manie della figlia.
La famiglia dal canto suo dovette rimanere sconvolta dalla fuga di Giovanna: in particolare suo padre Jacques d’Arc, come anche i suoi fratelli, interpretarono il suo gesto come il tentativo da parte della ragazza di fuggire insieme ai soldati. In quel clima di guerra e violenza che durava da decenni la popolazione era abituata ad assistere al frequente passaggio delle soldataglie sul territorio e capitava sovente che qualche ragazza, per sfuggire alla miseria oppure per inseguire un miraggio d’amore lasciasse la casa paterna per unirsi alle truppe di passaggio finendo poi per ingrossare le fila delle prostitute al seguito degli eserciti. Piuttosto che vedere sua figlia e il buon nome della famiglia disonorati, Jacques d’Arc sarebbe stato disposto ad ucciderla con le sue stesse mani, oppure a lasciare che fossero i suoi figli farlo al suo posto.

Ma Giovanna non si perse d’animo, tenne duro e nel gennaio del 1429 provò nuovamente a prendere contatto con il comandante di Vaucoulers. Questa volta il rude soldato decise di accontentarla, forse anche per liberarsi di questa seccatrice. Robert le regalò un cavallo perché potesse recarsi a Chinon, dove aveva sede in quel momento la corte del Delfino Carlo. Fu così che il 22 febbraio 1422, con addosso un abito maschile e con i capelli tagliati corti, Giovanna partì con un piccolo gruppo di armati assegliatole, alla volta della corte del Delfino. Il viaggiò durò quasi due settimane, e fu caratterizzato da numerose deviazioni volte ad evitare i centri più importanti, ben presidiati dalle truppe anglo-borgognone. Finalmente domenica 6 marzo, verso il tardo pomeriggio, la piccola comitiva giunse all’agognata destinazione. Giovanna poté finalmente incontrare quel principe che lei considerava il solo ed unico legittimo sovrano di Francia: Carlo di Valois, un giovanotto di circa ventisei anni, di carattere indeciso e inquieto e circondato da consiglieri in continua lotta tra loro, diventato erede al trono di suo padre Carlo VI per caso, a seguito della morte prematura dei fratelli maggiori.

Arrivata a corte, pur non avendolo mai visto Giovanna riconobbe immediatamente il suo “dolce Delfino” tra tutte quelle decine di cavalieri e nobili. Dichiarò di essere latrice di un messaggio divino per il principe Carlo, il quale, pur scettico, decise incredibilmente di concederle un’udienza privata. Durante il colloquio Giovanna gli disse di essere giunta fino a lui per cacciare una volta per tutte gli inglesi dalla Francia e fare in modo che lui, Carlo di Valois, potesse essere finalmente consacrato e incoronato Re di Francia nella cattedrale di Reims come, per tradizione secolare, lo erano stati i suoi avi e predecessori.
Nonostante l’iniziale scetticismo il Delfino e i suoi consiglieri convennero che forse avrebbero potuto giocare la carta rappresentata da quella ragazzina. Dopotutto da qualche tempo circolava una profezia secondo la quale una ragazza proveniente dalla Lorena sarebbe stata la salvatrice di Francia.

Ad ogni modo Carlo di Valois prima di prendere qualunque decisione ritenne opportuno vagliare le qualità profetiche di Giovanna. Venne dunque convocata una commissione di chierici e studiosi di teologia che per un mese la interrogò esaminandone a fondo le virtù, e interrogandola innanzitutto sulla natura di queste sue “voci”: Ai teologi e i prelati della commissione premeva accertare la natura delle visioni di Giovanna, sospettando una loro possibile origine non divina ma demoniaca. Contestualmente alle indagini della commissione la ragazza fu sottoposta a ben due esami da parte di un gruppo di dame di corte incaricate di accertare il suo dichiarato stato di verginità. Entrambe le visite diedero esito positivo confermando le parole di Giovanna.

Chiarito che Giovanna poteva essere una vera profetessa e non una truffatrice si rese necessario prepararla ad assumere finalmente il suo ruolo di comandante degli eserciti di Francia: Non si sa come ma è stato dimostrato che in poche settimane la giovane contadina di Domrémy imparò a portare l’armatura, a combattere e a montare a cavallo, tutte cose per le quali un cavaliere impiegava anni di addestramento intensivo fin dalla più tenera età. Stupiva la naturalezza con la quale il suo fisico esile di ragazza sopportava il peso della corazza, che si aggirava intorno ai 40 chilogrammi.
Carlo inoltre nobilitò Giovanna e la sua famiglia concedendole l’uso di uno stemma: Due gigli d’oro in campo azzurro (simbolo di Francia) ai lati di una spada levata che sorregge una corona. Il significato era chiaro: La corona di Francia si reggeva sulla spada della vergine guerriera, Giovanna d’Arco. Intanto a Chinon, alla corte reale, erano giunti anche Jacques d’Arc, padre della Pulzella, con i fratelli di Giovanna, Jean, Pierre e Jacques. Jacques d’Arc tornò al villaggio con in tasca il decreto del Delfino che stabiliva l’esenzione dai tributi per tutta la comunità, mentre i tre ragazzi non vollero lasciare sola la sorella minore e si unirono all’armata che, al comando di Giovanna, partì per liberare la città di Orleans dall’assedio inglese.

Una volta arrivata di fronte alla città Giovanna fece recapitare una lettera alle truppe inglesi impegnate nell’assedio in cui intimava a tutti loro, arcieri, mercenari e cavalieri di far fagotto e lasciare immediatamente il suolo francese minacciandoli di gravi danni qualora avessero disobbedito. Giovanna si dichiarava comandante in capo delle forze francesi e inviata da Dio. Per tutta risposta gli inglesi risposero che se fosse caduta nelle loro mani l’avrebbero bruciata come meritava perché era solo una puttana.
Giovanna attaccò allora il nemico prendendo ad uno ad uno i capisaldi da esso controllati, entrando in trionfo a Orléans l’8 maggio 1429, acclamata dalla folla.
Liberata Orleans, con il morale alle stelle e di nuovo fiduciosi nella vittoria, i francesi trionfarono alla battaglia campale di Patay, il 18 giugno. La vittoria spianò la strada per Reims, dove il Delfino venne finalmente incoronato il 17 luglio con il nome di Carlo VII di Francia. In tre mesi, da maggio a luglio del 1429 Giovanna aveva capovolto le sorti della Guerra dei Cent’anni.
A questo punto, forse ritenendo di avere già ottenuto abbastanza o probabilmente perché geloso della popolarità di Giovanna, Carlo VII iniziò a considerarla un fastidio: dopo il fallito attacco contro Parigi, il Re, nonostante l’opposizione di Giovanna, sospese le operazioni militari per quell’anno. I combattimenti cessarono, anche per il sopraggiungere dell’inverno del 1429, fino alla primavera del 1430, quando l’esercito francese riprese l’offensiva: fu allora che, durante una scaramuccia fuori Compiegne, Giovanna rimase isolata con pochi uomini venendo catturata dai borgognoni, i traditori alleati degli inglesi.

Gli uomini presi con Giovanna, tra i quali si trovava suo fratello, Pierre, vennero rilasciati come si usava allora dietro riscatto. Lei no. Era troppo preziosa. Fino al novembre del 1430 la Pulzella rimase prigioniera dei borgognoni, in un castello del conte di Lussemburgo, vassallo del duca di Borgogna, durante il quale tentò due volte senza successo, la fuga. Poi, alla fine del 1430, venne trasferita a Rouen, in Normandia, perché potesse essere sottoposta, secondo la volontà degli inglesi, ad un processo, che iniziò nel gennaio del 1431.
A presiedere il collegio giudicante fu posto dagli inglesi Pierre Cauchon, vescovo di Beauvais, nella cui diocesi la Pulzella era stata catturata. Oltre a lui tra i giudici fu costretto a sedere il vice inquisitore di Francia, dopo che un ordine superiore lo aveva obbligato ad accettare l’incarico. I capi d’accusa a carico di Giovanna erano vari e andavano dalla contestazione delle sue virtù profetiche, all’essere una strega e un’invocatrice di spiriti maligni (questo in relazione alle sue voci e visioni).
Veniva altresì accusata di essere una provocatrice di guerre assetata di sangue umano oltre che una donna indecente per avere, secondo l’accusa, “abbandonato la modestia del suo sesso per vestirsi e armarsi come un uomo” in spregio “alla legge umana e divina e contro l’insegnamento della Chiesa”. L’obiettivo della giuria era costringere Giovanna ad ammettere di non essere una profetessa ma un’eretica e fare in modo che confessasse che le sue voci avevano origine demoniaca. A tale scopo gli inquisitori la sottoposero a una serie di incessanti interrogatori cercando di farla cadere in contraddizione ma, incredibilmente, quella ragazzina analfabeta riusciva a tenere testa alla giuria rispondendo ogni volta in maniera ineccepibile, quasi ci fosse stato Qualcuno che le suggerisse cosa replicare. Per costringerla ad abiurare la minacciarono di ricorrere alla tortura, secondo la prassi dell’Inquisizione ma Giovanna fu irremovibile.

Il 24 maggio la condussero sulla pubblica piazza di Rouen dove era già stata innalzata la pira per il rogo. Dopo avere ascoltato il sermone di un inquisitore che denunciava tutti i suoi errori, Giovanna firmò l’atto di abiura in cui, tra l’altro, si impegnava a non portare mai più né abiti maschili né armi, oltre a non tagliarsi più i capelli. I soldati e le autorità inglesi presenti in quel momento non nascosero tutto il loro disappunto per il fatto che il processo non si fosse concluso con la condanna a morte dell’imputata e minacciarono vendette e ritorsioni contro i giudici ecclesiastici.
Da parte sua, attraverso l’abiura, Giovanna ebbe salva la vita ma venne comunque condannata alla prigionia a vita perché le sue colpe furono ritenute comunque troppo gravi per poter essere rimessa in libertà. In carcere, forse perché oggetto di attenzioni pesanti o di minacce di violenza da parte dei suoi carcerieri, Giovanna, non sappiamo con certezza se dietro sua espressa richiesta, riebbe di nuovo modo di indossare abiti maschili due giorni dopo essere stata reclusa. Cauchon ne fu informato il giorno successivo. Il gesto di Giovanna le costò questa volta la condanna a morte come eretica recidiva venendo perciò condotta al rogo mercoledì 30 maggio 1431 sulla Piazza del Mercato Vecchio a Rouen. Prima di morire le fu data la possibilità di confessarsi e di ricevere l’Eucaristia, quest’ultima in via del tutto eccezionale trattandosi di un’eretica e quindi di un soggetto non in comunione con la Chiesa.

Volendo ricevere il conforto di un crocifisso un soldato inglese le legò rozzamente due rametti spezzati a mo di croce. Un frate, Isembard de la Pierre, corse nella vicina chiesa di Saint-Laurent a prendere una grande croce lì conservata affinché la Pulzella potesse avere nei suoi ultimi istanti la visione del suo Signore Crocifisso. Giovanna venne subito avvolta dalle fiamme e morì gridando a gran voce il nome di Gesù. I giudici, assistendo al supplizio ebbero l’impressione di avere commesso l’errore della loro vita mentre il boia che aveva eseguito la sentenza, in confessione disse di considerarsi ormai dannato per avere acceso quella pira.
Dopo la morte Giovanna divenne un mito, soprattutto a partire dalla fine del XIX secolo, in un periodo di forti passioni politiche nella neonata Terza Repubblica Francese. La Pulzella assurse a simbolo sia per la destra cattolica e tradizionalista sia per la sinistra laica e anticlericale, che vide in lei la ragazza abbandonata dal suo re e fatta bruciare dai preti in nome del popolo. intanto, nel 1894 Papa Leone XIII la dichiarava venerabile mentre nel 1909, mentre l’Europa cominciava a scivolare verso il baratro della Grande Guerra, Pio X la proclamava beata. Infine, quasi a suggellò della fratellanza d’arme che aveva unito tutti i francesi, laici e cattolici, nella lotta vittoriosa contro la Germania, nel 1920 Benedetto XV elevò Giovanna d’Arco alla santità facendola patrona di Francia. Anche durante la Seconda Guerra Mondiale Giovanna fu un simbolo tanto per il regime di Vichy quanto per la France Libre di De Gaulle confermando l’affetto popolare per questa ragazzina che, per amore di Dio e del suo Re, aveva dato la vita per salvare la Francia.
Bibliografia:
- Franco Cardini, Giovanna d’Arco. La vergine guerriera
- Alessandro Barbero, Donne, madonne, mercanti e cavalieri. Sei storie medievali
Bellissimo, grazie! Io ho scritto la storia di una piccola compagnia che fa un film su Gilles de Rais, se mai riuscirò a presentarlo sarei felice di invitarvi
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