I signori dei fiordi

Lindisfarne, Inghilterra settentrionale. Quell’otto giugno, nel monastero sembrava una giornata come le altre, in quella tarda primavera dell’Anno del Signore 793. Finché non accadde la tragedia: all’orizzonte, si materializzò il profilo di navi sconosciute, con le prue intagliate in forma di spaventosa testa di drago. Dalle imbarcazioni scesero degli stranieri dall’aspetto tutt’altro che rassicurante, armati fino ai denti.

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Il saccheggio dell’abbazia inglese di Lindisfarne, avvenuto l’8 giugno del 793.

Come si poteva facilmente intuire, i forestieri non avevano per nulla buone intenzioni. Come racconta l’antica Cronaca Anglosassone “Distrussero la chiesa, rapinando e uccidendo chi passava a tiro”, e ancora, come riportarono in seguito i monaci scampati al massacro, “assaltavano come lupi affamati, rubando, distruggendo e uccidendo”. Così, come un fulmine a ciel sereno, facevano il loro ingresso sulla scena europea nuovi popoli, finora rimasti ai margini della Storia. Si trattava di genti di ceppo germanico, originarie delle odierne Svezia, Danimarca e Norvegia. Noi li conosciamo con i nomi che attribuirono loro i popoli con cui entrarono in contatto: a Oriente erano noti come Variaghi  mentre a Occidente, a causa delle loro incursioni piratesche erano conosciuti con il nome di “vichinghi”, (da “vikingr” che significa appunto pirata ), oppure “normanni” cioè “uomini del nord”.

L’immagine che noi abbiamo oggi di queste genti, mutuata dal cinema e dalla letteratura, è quella di barbari sanguinari, rozzi e violenti, solitamente raffigurati in pelliccia, con l’immancabile elmo cornuto, sovente impegnati a fare a pezzi i nemici a colpi di ascia da guerra. In realtà però si tratta solo di rappresentazioni stereotipate, a loro volta derivate dalle descrizioni che ci hanno lasciato i cronisti europei e arabo-musulmani che conobbero la ferocia degli scorridori normanni. I resoconti che ci sono pervenuti ce li descrivono come uomini di altissima statura fortissimi nel combattimento corpo a corpo ed estremamente feroci. Dagli scavi nelle tombe normanne, in realtà, emergono scheletri di uomini alti tra i 168 e i 176 cm, un’altezza coincidente alla media di noi uomini odierni.

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I guerrieri vichinghi si battevano solitamente a piedi, con asce e spade. In battaglia erano guerrieri valorosi anche se avevano fama di essere sanguinari.

Tuttavia paragonati ai loro contemporanei gli scandinavi erano sicuramente più alti dei piccoli mediterranei ma non così tanto rispetto agli Anglosassoni. Inoltre, come in ogni altro popolo del passato, spesso i capi risultano più alti dei sudditi, potendo contare su un’alimentazione più ricca. Altra leggenda da sfatare, oltre a quella dell’altezza colossale, è quella secondo la quale i vichinghi indossassero elmi cornuti. Ciò è improbabile per due motivi: innanzitutto combattendo spalla a spalla un guerriero avrebbe rischiato, indossando un copricapo simile, di ferire il commilitone che gli stava accanto e poi, nell’angusto scafo delle loro navi, lo spazio era prezioso non si poteva certo sprecarlo portandosi appresso oggetti così ingombranti. È invece vero che quegli energumeni biondi fossero guerrieri formidabili: erano inarrestabili nel combattimento corpo a corpo ed in battaglia erano guerrieri sanguinari: a differenza dei combattimenti cristiani, i pagani norreni non si sentivano vincolati da nessun codice cavalleresco, motivo per cui si avventavano contro il nemico al solo scopo di ammazzarlo e anche per questo erano particolarmente temuti.

Imbarcazioni vichinghe in navigazione in un dipinto dell’Ottocento.

Una categoria di guerrieri era particolarmente spaventosa, i terribili Berseker, che affrontavano in nemico armati solo di spada, senza indossare alcun elmo o corazza o scudo. Devoti al culto di Odino, padre degli dei, si ritenevano invulnerabili.

La strategia vichinga si basava su attacchi a sorpresa mordi-e-fuggi lungo le coste, preferibilmente contro bersagli scarsamente presidiati come conventi o abbazie, che oltretutto conservavano al loro interno grandi quantità di oro e preziosi. I predoni scandinavi operavano in modo estremamente rapido, colpendo in un punto della costa e poi dileguandosi a bordo delle loro velocissime navi da guerra, i famosi Drakkar, chiamati così per via della testa di drago che spesso era scolpita sulla prua: si trattava di navi lunghe e sottili, estremamente manovrabili, che navigavano sia a vela che a remi (ogni nave aveva dai trenta ai quaranta banchi di voga). Grazie al loro scafo piatto erano in grado di risalire facilmente i grandi fiumi e questo rendeva i vichinghi una minaccia anche per le popolazioni stanziate nell’entroterra. Operando in questo modo i norreni, una volta partiti dalle loro basi nel Nord Europa, compirono incursioni lungo tutte le coste atlantiche dell’Europa fino a Gibilterra e anche oltre andando a colpire persino nel Mediterraneo.

Mappa che evidenza l’espansione norrena fra l’VIII e l’XI secolo.

A lungo andare divennero una piaga per il commercio marittimo e la sicurezza delle comunità rivierasche. Alla fine della bella stagione i predoni, carichi di bottino e di schiavi rientravano ai loro villaggi, situati all’interno degli inaccessibili fiordi, con un sacco di storie di scorribande e ammazzamenti da raccontare ai compaesani davanti al focolare nelle lunghe notti boreali.

Perché per i vichinghi le razzie erano una sorta di lavoro “stagionale” visto che tra le ciurme delle Drakkar i guerrieri professionisti erano ben pochi. Le loro imprese piratesche fecero guadagnare ai vichinghi la fama di barbari spietati ma se qualcuno si fosse spinto nelle loro inospitali contrade, come si azzardava a fare qualche coraggioso missionario, avrebbe potuto constatare che, come i Norvegesi di oggi, i Vichinghi erano persone estremamente civili, fino al punto di poter essere considerati tra i precursori della democrazia parlamentare nel Vecchio Continente: due località, Logtun in Norvegia e Thingvellir in Islanda, si contendono il primato di sede del  primo parlamento d’Europa. All’inizio della loro storia infatti i Vichinghi erano divisi in gruppi tribali, ognuno dei quali aveva un suo capo, lo Jarl.

Ricostruzione di una tipica “casa lunga” vichinga.

Queste assemblee, nate in modo abbastanza spontaneo, erano composte dai rappresentanti delle tribù e si riunivano annualmente per legiferare su temi di interesse comune. Quando poi nacquero i moderni regni scandinavi tali assemblee inter tribali in taluni casi rimasero   in vigore venendo ufficializzate dai nuovi sovrani.

Questo spirito democratico ed egalitario è ancora ben presente nei loro epigoni danesi, svedesi e norvegesi. Per quanto riguarda le pari opportunità, le donne godevano di grande autonomia sull’educazione dei figli e sulla gestione della casa, che toccava interamente a loro nei mesi estivi durante l’assenza dei mariti, impegnati nei loro viaggi per affari o per compiere razzie. Altra cosa che li rendeva meno barbari di quanto potremmo pensare è la generale attenzione alla pulizia personale dei marinai delle Drakkar: In un’epoca in cui il bagno non era una pratica molto diffusa in Europa, i vichinghi erano soliti concedersi almeno una sauna alla settimana.

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Le valchirie, le vergini guerriere della mitologia norrena, in un dipinto del XIX secolo

Le pratiche religiose delle genti norrene erano invece abbastanza inquietanti: prove archeologiche attestano come i Vichinghi sacrificassero anche vittime umane ai loro dei.

Lo storico e teologo tedesco Adamo da Brema, vissuto nell’XI secolo narra come ogni nove anni durante il mese di febbraio si tenessero grandi cerimonie presso Uppsala, in Svezia, dove sorgeva un grande tempio dedicato alle divinità pagane adorate dai norreni. Nel corso delle celebrazioni, che duravano nove giorni e attiravano pellegrini da tutta la Scandinavia, si eseguivano sacrifici nel corso dei quali nove esseri viventi di sesso maschile, uomini compresi, erano immolati e i loro corpi appesi alle fronde degli alberi del bosco sacro presso il tempio.

Thor raffigurato sul suo carro mentre brandisce il martello Mjöllnir (dipinto di Mårten Eskil Winge, 1872)

Il Pantheon norreno era decisamente affollato da divinità, eroi e altre creature leggendarie. Dio supremo era il già citato Odino, padre degli dei. Altre famose divinità che godevano di grande devozione erano suo figlio Thor, il dio del tuono e della guerra armato del suo celebre martello, a cui si sono ispirati i creatori del personaggio dei fumetti Marvel, oppure Freyja dea della fertilità e dell’amore, per certi aspetti paragonabile ad un’Afrodite nordica. Secondo la mitologia norrena gli eroi caduti valorosamente sul campo di battaglia erano condotti dalle Valchirie nel Valhalla, dove avrebbero potuto continuare a banchettare e gozzovigliare alla mensa di Odino.

Ma cosa spingeva gli indomiti abitanti delle Vik a lasciare le loro terre e ad andare per mare? non lo sappiamo con certezza ma possiamo dedurre che lo fecero principalmente per la fame: probabilmente, a partire dalla fine dell’VIII secolo, la popolazione aumentò eccessivamente in rapporto alle risorse naturali della loro terra d’origine. Già nei secoli passati dalla Scandinavia erano partite ondate migratorie di popolazioni come i Goti, i Vandali o i Longobardi. Ancora all’inizio del Novecento vi furono forti ondate migratorie di Norvegesi verso gli Stati Uniti. La mancanza di opportunità in patria spingeva i più intraprendenti a tentare la fortuna al di là del mare.

Il dio Odino in trono con in mano la lancia Gungnir insieme ai lupi Geri e Freki e i corvi Huginn e Muninn (Illustrazione del libro “Walhall” di Felix e Therese Dahn del 1888).

Ben presto, osservando la facilità delle razzie i capi più ambiziosi iniziarono a pensare non più solo incursioni ma pianificarono vere e proprie conquiste e alla costruzione di colonie e insediamenti stabili oltremare. Ovviamente a livello logistico questo richiedeva l’allestimento di flotte più grandi rispetto a quelle messe in mare per le imprese di pirateria. I navigatori Norreni misero radici nelle Isole Britanniche sin dalle prime incursioni alla fine dell’VIII secolo, tanto in Inghilterra quanto in Irlanda, dove fondarono Dublino.

Gruppi di coloni si stabilirono negli arcipelaghi delle Shetland e delle Far Øer (865), e in Islanda(874), territori pressoché disabitati. Da queste basi avanzate cento anni dopo un gruppo esuli norvegesi, guidati da Erik il Rosso, fecero rotta verso nord-ovest, sbarcando verso l’anno 986 in Groenlandia, cioè la “Verde Terra”. I coloni trovarono infatti una terra libera dai ghiacci e questo perché nel X secolo la temperatura della Terra era più alta rispetto a oggi di circa 2 gradi. Le saghe nordiche raccontano poi che il figlio di Erik, Leif Eriksson, verso l’anno Mille, giunse addirittura a sbarcare a Terranova, nell’odierno Canada, da loro chiamata Vinland, la “Terra del Vino”, data la presenza di piante di vite selvatica. L’impresa qui descritta farebbe di Leif Eriksson il primo europeo giunto in America, con addirittura cinquecento anni di anticipo rispetto a Cristoforo Colombo. Tuttavia la lontananza dalle proprie basi e la forte ostilità dei nativi americani costrinse Leif e compagni a lasciare quel remoto avamposto.

Leif Eriksson e i suoi compagni avvistano in lontananza le coste canadesi del Terranova

Andò meglio ai navigatori e commercianti che fecero vela verso est, navigando nel mar Baltico: nell’VIII secolo fondarono la fortezza di Staraja Ladoga, in Russia, un’ottima testa di ponte per l’apertura di rotte commerciali verso oriente: seguendo i grandi fiumi russi i Variaghi, com’erano chiamati i Norreni dagli Slavi, si spinsero fino al Caspio e da li a Baghdad, come riferiscono le cronache islamiche del IX secolo. Le tribù slave, in guerra fra loro e minacciate dai popoli della steppa videro in questi stranieri una possibilità di stabilizzazione delle loro terre quindi “andarono oltremare dai Variaghi detti Rus e dissero loro: le nostre terre sono grandi e ricche ma non c’è ordine su di esse. Venite a regnare su di noi” come recita la Cronaca degli anni passati, compilata attorno al 1116. Fu l’atto di nascita della Rus di Kiev, la prima entità statale sorta nel mondo slavo.

I vichinghi (in loco detti variaghi) intrattennero relazioni commerciali anche con i popoli slavi

A sud i Vichinghi dopo avere terrorizzato le coste francesi a partire dagli anni Quaranta del IX secolo, osarono addirittura risalire la Senna e minacciare Parigi, cinta d’assedio tra l’885 e l’886. Fu così che il Re di Francia, Carlo III il Semplice, decise di offrire nel 911 a Rollone, capo degli invasori, il territorio che da allora si chiamò Normandia, cioè “Terra dei Normanni”. Una volta insediatisi i nuovi venuti si convertirono presto al Cristianesimo e adottarono la lingua e i costumi francesi, mescolandosi così alla popolazione locale.

Anche se si integrarono perfettamente, i Normanni non persero lo spirito avventuroso e la brama di conquista dei loro avi: Dalla Francia si mossero ancora alla ricerca di gloria e bottino, alla conquista di nuovi regni in Inghilterra e nel Mezzogiorno d’Italia. Nascevano così il Regno d’Inghilterra nel 1066 e quello di Sicilia nel 1130.

La morte di Olaf II di Norvegia (r 1015-1028) alla battaglia di Stiklestad. Il sovrano, poi canonizzato, si adoperò per diffondere il Cristianesimo in Norvegia.

Oramai però, alla metà dell’XI secolo, l’epoca vichinga volgeva per sempre al termine. I Normanni si erano talmente inseriti nei popoli di adozione al punto da risultare quasi irriconoscibili rispetto ai loro antenati. Anche nelle loro terre d’origine, del resto, le cose stavano cambiando: nascevano nuovi regni, i cui sovrani, ormai battezzati, scatenarono sanguinose guerre civili per imporre il loro potere e quello della Croce ai sudditi riottosi ad abbandonare Odino. Il contatto con la civiltà d’Europa aveva inserito a pieno titolo i popoli scandinavi nella storia dell’Occidente trasformando, e in parte cancellando per sempre l’antica identità dei signori dei fiordi.

Un pensiero riguardo “I signori dei fiordi

  1. Notizie che nei libri di storia scolastici sono, nel migliore dei casi, appena accennate e che debbono essere invece rese note ed approfondite in quanto appartengono alla storia del nostro vecchio continente.

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