Bonaparte, l’ultima avventura

Il 18 giugno 1815, nella pianura belga di Waterloo si consumava l’ultimo atto della ventennale parabola di Napoleone Bonaparte. Per quasi vent’anni, dalla sua prima Campagna d’Italia nel 1796, il generale fattosi imperatore dei Francesi aveva dominato sull’intera Europa imperversando, come scriverà poi Alessandro Manzoni, “Dall’alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno, da Scilla al Tanai” e riportando una serie ininterrotta di trionfi fino alla disastrosa avventura russa a cui farà seguito, nel 1813, la grande “Battaglia delle Nazioni” di Lipsia che vedrà l’Imperatore sconfitto.

Napoleon's Return From Exile, Rallying an Army With His Words Alone
I soldati francesi riaccolgono il loro vecchio e mai dimenticato Imperatore.

La punizione inflittagli dai vincitori sarà l’esilio sullo scoglio dell’Elba, intollerabile per un uomo come lui. Infatti Napoleone fuggì dall’isola d’Elba e riuscì a tornare sul trono. La cosa ancor più incredibile fu che i suoi vecchi soldati mandati dalla restaurata monarchia borbonica ad arrestarlo non solo non lo fecero ma lo acclamarono come se fosse stato ancora il loro sovrano. Tale era il magnetismo e il carisma di quest’uomo. Napoleone coglie tutti di sorpresa: i sovrani europei si sono già radunati a Vienna e sotto la regia del cancelliere austriaco Metternich stanno ridisegnando la carta politica del continente. Quando arriva loro la notizia dell’evasione inizialmente non vogliono crederci, poi capiscono che la notizia è vera e sospendono i lavori del congresso per riprendere la guerra a Napoleone, dichiarato “nemico dell’umanità”. Bonaparte dal canto suo non si fa illusioni. Sa che le potenze europee non gli permetteranno mai di tornare a regnare sulla Francia e tanto più di violare la pace in Europa. Per loro nonostante tutto, anche se ha più e più volte tradito i grandi ideali della Rivoluzione Francese comportandosi come un autocrate e un tiranno non dissimile dallo Zar o dall’Imperatore d’Austria, egli sotto sotto rimane pur sempre un figlio del 1789. E dunque ecco i due eserciti che il 18 giugno si affronteranno in quella pianura belga cambiando per sempre la storia dell’Europa.

Charge of the French Cuirassiers at Waterloo.jpg
La carica dei corazzieri francesi contro i “quadrati” della fanteria britannica durante la battaglia di Waterloo.

Da una parte c’è Napoleone, l’uomo che ha mutato il modo di fare la guerra riformando radicalmente l’esercito francese, che dopo la rivoluzione è un’armata di popolo che compensa la scarsità di addestramento con l’entusiasmo rivoluzionario delle sue truppe. Dall’altra ci sono i suoi vecchi nemici, gli Inglesi, comandati dal suo coetaneo Duca di Wellington, che dispone nel suo esercito anche di reparti di milizia olandese e belga, coscritti che non possono certo essere paragonati alle giubbe rosse britanniche, duri ed esperti soldati di mestiere. In appoggio a Wellington sta marciando l’esercito prussiano al comando del settantatreenne maresciallo Von Blücher. Il piano di battaglia di Napoleone consiste nell’affrontare separatamente le due armate nemiche (che insieme sarebbero superiori di numero rispetto al suo esercito ma se prese separatamente sarebbero numericamente inferiori) e distruggerle prima che i prussiani possano dar manforte agli anglo-olandesi. A Waterloo tuttavia sembra che qualcosa si sia rotto definitivamente nel perfetto meccanismo militare napoleonico e che anche Bonaparte non sia più lo stesso. Innanzitutto le avverse condizioni climatiche, con una pioggia battente che dura per tutta la notte del 17 e il mattino del 18 costringe Napoleone a ritardare l’attacco perché il campo di battaglia si è trasformato in un pantano che rende impraticabili le cariche della cavalleria e riduce di parecchio l’efficacia del colpi dell’artiglieria. Questo fa perdere all’Imperatore tempo prezioso ma non finisce qui. La disorganizzazione e i difetti nelle comunicazioni che sembra regnare nel campo francese da modo a prussiani e inglesi di unirsi. Il crollo definitivo dalla Grande Armeè arriva infine con la rotta e lo sfaldamento della Vecchia Guardia, i reparti scelti dell’esercito napoleonico, i soldati migliori del mondo.

Napoleone a Sant’Elena.

Ricevendo questa notizia vi è un subitaneo crollo psicologico dei reparti francesi. Napoleone fugge dal campo di battaglia consapevole che i suoi sogni di resurrezione politica sono infranti per sempre. Viene ora da chiedersi, come Manzoni, fu vera gloria ? Anche se sconfitto sul piano militare e umiliato su quello personale con la condanna all’esilio perpetuo a Sant’Elena, Napoleone ha impresso un segno indelebile nella storia di Francia e d’Europa. Per quanto riguarda le sue qualità di statista come egli stesso ebbe a dire “la mia vera gloria non sta nell’avere vinto quaranta battaglie. Ciò che di me non perirà è il mio Codice Civile” e anche per quanto riguarda le sue indiscusse e incredibili doti militari, Napoleone fu l’artefice di una riforma profonda dell’esercito francese che fu presa a modello da tutte le armate d’Europa che cambiò radicalmente il modo di fare la guerra. Sì, fu vera gloria.

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