Barbarossa – Tempesta di sangue e fuoco!

Quando alla fine di agosto del 1939 fu stipulato il famigerato patto di non aggressione tedesco-sovietico, conosciuto come Patto Molotov – Von Ribbentrop, esso fu accolto con stupore dall’opinione pubblica europea e segnatamente dai comunisti. Tuttavia tanto per Stalin quanto per Hitler l’accordo costituiva soltanto una tregua temporanea che rimandava lo scontro inevitabile tra l’ideologia nazionalsocialista e quella comunista, in irriducibile contrasto fra loro. Da una parte Stalin sapeva benissimo che l’Armata Rossa non era assolutamente pronta ad affrontare la Wehrmacht mentre dal canto suo Hitler intendeva prendere tempo in attesa di chiudere la partita con le democrazie occidentali, Francia e Inghilterra, onde evitare di doversi trovare ad affrontare una guerra su due fronti come già accaduto alla Germania nel 1914-1918.

Direttrici dell’attacco tedesco all’Unione Sovietica.

Le operazioni contro l’Unione Sovietica ebbero inizio il 22 giugno 1941, lo stesso giorno in cui centoventinove anni prima Napoleone aveva dato avvio all’invasione della Russia. Per il Führer la guerra ad est assumeva un valore particolarmente significativo, non solo dal punto di vista militare ma anche, e soprattutto, sotto l’aspetto politico e demografico: i vasti spazi dell’Europa Orientale costituivano, secondo la visione nazista elaborata già nel 1925 dallo stesso Hitler nel “Mein Kampf”, l’agognato “spazio vitale” (Lebensraum) che la razza ariana avrebbe dovuto conquistare ai danni dei nemici slavi, bolscevichi ed ebrei, ritenuti “Untermenschen” (sottouomini) e quindi destinati allo sterminio o alla riduzione in schiavitù al servizio dei coloni tedeschi, i quali avrebbero ripopolato quelle regioni dopo la vittoria delle armate del Reich. Per questi motivi quella condotta dai tedeschi contro l’Unione Sovietica assunse fin da subito un carattere di guerra di sterminio: obbiettivi della ferocia nazista furono in particolare i cittadini sovietici di fede ebraica e i quadri del Partito Comunista, fucilati in massa dai cosiddetti “Einsatzgruppen”, unità composte da elementi delle SS e della Wehrmacht, che sotto la regia del gerarca Reinhard Heydrich si macchiarono di orrendi eccidi. Questi crimini furono alla base di quella che a partire dal 1942 fu la “soluzione finale”, ovvero lo sterminio sistematico ai danni del popolo ebraico.

L’invasione dell’URSS, ricordata col nome in codice di “Operazione Barbarossa” vide il coinvolgimento di oltre tre milioni e mezzo di soldati, appoggiati da 3.300 carri armati, 7200 pezzi d’artiglieria e 2770 aerei da combattimento, la cui mobilitazione richiese uno sforzo logistico spaventoso. A Barbarossa presero parte anche gli alleati del Terzo Reich, a cominciare dall’Italia fascista, che per volontà di Mussolini, smanioso di prendere parte alla “crociata anticomunista”, inviò in tutta fretta in Unione Sovietica una forza di 62 mila soldati inquadrati nel CSIR (Corpo di Spedizione Italiano in Russia). Altri contingenti furono forniti dall’Ungheria, dalla Slovacchia, dalla Romania, desiderosa di riconquistare le regioni della Bessarabia e della Moldavia, e dalla Finlandia, intenzionata a riprendersi i territori di confine che l’anno prima era stata costretta a cedere all’URSS al termine della “Guerra d’Inverno”, combattuta tra la fine di novembre del 1939 e la metà di marzo del 1940.

Russland-Nord, Infanterie und Panzer 35t
Truppe tedesche avanzano nelle steppe russe nell’estate del 1941.

Fin dai primi giorni dopo l’inizio di Barbarossa la situazione dell’Armata Rossa apparve in tutta la sua criticità: l’aviazione sovietica fu duramente colpita al suolo (solo nel primo giorno furono distrutti più di 1.800 velivoli) ed i pochi aerei che riuscirono ad alzarsi in volo, i superati caccia Polikarpov I-16, furono abbattuti in massa nei giorni successivi, consentendo alla Luftwaffe di conseguire rapidamente il dominio dell’aria potendo così martellare senza pietà e pressoché indisturbata le linee di comunicazione e di rifornimento sovietiche. Intanto la Wehrmacht avanzava per decine di chilometri al giorno catturando in poche settimane centinaia di migliaia di soldati sovietici. Verso la fine dell’estate del 1941 il fronte si estendeva lungo una linea che andava dal lago Ladoga a nord sino alla Crimea a sud. Mosca era ormai alla portata degli invasori nazisti, trovandosi a poche ore di marcia per i mezzi corazzati. Hitler però non colse l’opportunità di conquistare la capitale nemica e, andando contro il parere dei suoi generali, come il mitico Heinz Guderian, il padre della “guerra lampo” (Blitzkrieg), dichiarò che la città doveva essere attaccata soltanto dopo la conquista di Kiev, in Ucraina.

Intanto a partire dall’8 settembre 1941 la Wehrmacht procedette all’accerchiamento di Leningrado (l’attuale San Pietroburgo), bloccando tutte le vie d’accesso alla città, che fu stretta in una morsa feroce. Nonostante la situazione disperata, che causò la morte per fame o per malattia di un terzo dei suoi abitanti, Leningrado resistette tenacemente sotto la guida dell’ottimo generale Georgij Žukov, che nel 1939 aveva sconfitto i giapponesi alla battaglia di Khalkhin Gol, meritandosi per questo il titolo di Eroe dell’Unione Sovietica. Incaricato da Stalin di difendere la città ad ogni costo, Žukov riuscì a contrastare il primo attacco tedesco contro Leningrado potendo così riorganizzare la città per un assedio durato ben 900, fino al 1944. Sarà proprio questo abile e risoluto ufficiale a guidare la marcia trionfale delle forze sovietiche fino al cuore del Reich, a Berlino.

Battle of Moscow.jpg
Donne sovietiche intente nello scavo di una trincea anticarro. Per la difesa di Mosca furono mobilitate tutte le risorse umane e materiali disponibili.

A causa della cocciutaggine di Hitler l’attacco contro Mosca, conosciuto con il nome in codice di “Operazione Tifone”, sebbene previsto per il mese di agosto ebbe inizio soltanto il 30 settembre. Ormai certo della vittoria, Hitler diede ordine alla stampa tedesca di comunicare al popolo l’ormai avvenuta caduta di Mosca ma nei suoi deliri il dittatore tedesco non aveva fatto i conti con l’inizio della cattiva stagione. L’avanzata germanica venne infatti rallentata dalle prime piogge autunnali che trasformarono le strade russe in un unico immenso pantano. Pur tra mille difficoltà i tedeschi continuarono ad avanzare verso Mosca ma ormai era troppo tardi: l’inverno russo, il terribile “Generale Inverno”, con le sue temperature polari era ormai alle porte e quando la colonnina di mercurio nei termometri segnò meno 35 gradi sotto lo zero i tedeschi si trovarono bloccati mentre i loro mezzi corazzati erano impossibilitati a proseguire a causa del congelamento del carburante nei serbatoi.

dicembre 1941, Sturmgeschütz e panzer III tedeschi bloccati dalla neve.

Il 2 dicembre i tedeschi avevano raggiunto la stazione dei tram alla periferia di Mosca, ma a quel punto la Stavka, il comando supremo sovietico, aveva già ordinato un contrattacco che ributtò indietro i tedeschi di alcune decine di chilometri. La controffensiva sovietica era stata condotta dalle divisioni mongole e siberiane dell’Armata Rossa, composte da combattenti abituati alle temperature rigide e ben equipaggiati per la guerra invernale. Stalin aveva infatti ordinato il trasferimento a occidente dei reparti di stanza al confine fra Siberia e Manciuria, fidandosi delle assicurazioni fornitigli dalla sua spia a Tokyo, il dottor Richard Sorge, il quale aveva comunicato a Mosca che il Giappone non avrebbe attaccato l’Unione Sovietica alle spalle. Con la sconfitta nella battaglia di Mosca Hitler vedeva frustrati i propri folli sogni di conquista dell’URSS trovandosi inoltre costretto a mantenere gran parte delle proprie forze armate nelle gelide steppe russe

Negli stessi mesi in cui si consumava la sconfitta tedesca alle porte di Mosca, Stalin, facendo appello al patriottismo del popolo russo, lanciò la Grande Guerra Patriottica per la liberazione del suolo della patria socialista dall’invasore nazista. La risposta russa all’aggressione tedesca fu resa possibile grazie allo sforzo spettacolare compiuto dalla produzione bellica nazionale, i cui impianti erano stati letteralmente smontati e trasferiti a est dei Monti Urali per impedire che le truppe naziste se ne impadronissero. Fiore all’occhiello dell’industria sovietica degli armamenti si rivelò un nuovo tipo di carro, progettato per rimpiazzare i datati tank sovietici: il T-34.

Kalac Novembre 1942.jpg
Fanteria sovietica all’attacco appoggiata da carri armati T-34.

Esso si rivelò un avversario ostico per i panzer tedeschi, grazie al nuovo concetto di corazza frontale inclinata che aumentava lo spessore e probabilità di rimbalzo di ogive anticarro, oltre all’aggiunta del cannone da 76 mm in torretta, successivamente sostituito dal pezzo da 85 mm con il subentrare dei Panzer VI “Tiger” e “Königstiger” con i loro 88 mm da parte dei tedeschi. Inoltre, a differenza dei tank tedeschi, la cui produzione era ancora ad un livello quasi artigianale, la costruzione dei T-34, basata sui moderni sistemi della catena di montaggio, era estremamente più veloce e semplice il che ne consentì la produzione in migliaia di esemplari impiegando come manodopera nelle officine anche personale non specializzato come contadini, donne o adolescenti troppo giovani per essere arruolati.

Nonostante la mobilitazione massiccia della sua popolazione e l’immensa disponibilità di risorse offerta dal suo territorio, l’Unione Sovietica aveva comunque bisogno di aiuto. Tale supporto non tardò ad arrivare dagli alleati occidentali, ovvero Gran Bretagna e soprattutto Stati Uniti, entrati nel conflitto a seguito dell’aggressione giapponese di Pearl Harbor del 7 dicembre 1941.

L’11 marzo di quello stesso anno l’America, pur essendo ancora neutrale, aveva varato la cosiddetta “legge affitti-e-prestiti” (Lend-and-Lease act) con la quale il governo statunitense si impegnava a fornire materiale bellico ad un prezzo estremamente favorevole a tutti quei Paesi a cui difesa era ritenuta vitale dal Presidente per la difesa degli Stati Uniti stessi. Fu così che gli aiuti americani cominciarono ad essere indirizzati oltre che all’Inghilterra anche verso l’URSS senza che l’opinione pubblica statunitense muovesse particolari obiezioni. Tonnellate di viveri, munizioni, vestiario, calzature militari, camion e carri armati made in USA furono trasferite in Unione Sovietica venendo dapprima trasportate per mare sino alle coste iraniane per poi essere caricate su treni merci e prendere la via dell’Asia Centrale. Dal canto suo il Primo Ministro britannico Winston Churchill, pur essendo personalmente un feroce anticomunista, quando fu informato dell’inizio di Barbarossa e delle atrocità commesse dai tedeschi sul territorio sovietico, reagì prontamente fornendo a Stalin i codici nazisti decifrati. Così facendo Churchill divenne molto amico con Stalin, creando un fortissimo rapporto d’alleanza tra i due paesi. Churchill giustificò la sua collaborazione con Stalin con una celebre frase detta al proprio segretario privato, John Colville “Se Hitler invadesse l’inferno io farei quanto meno un rapporto favorevole al diavolo alla Camera dei Comuni”.

Nel frattempo, dopo avere trascorso un inverno tremendo, con l’arrivo della primavera del 1942 le truppe tedesche erano pronte a riprendere l’offensiva sul fronte orientale. Questa volta il comando supremo germanico invece di tentare un nuovo assalto contro Mosca preferì rivolgere la propria attenzione al settore meridionale con l’obbiettivo di conquistare il Caucaso, un’area ricca di giacimenti petroliferi. Privando le forze sovietiche delle proprie fonti di approvvigionamento energetico esse sarebbero state costrette ad arrendersi. Dopo una laboriosa preparazione alla fine di giugno del 1942 prese così il via l’Operazione Blau. Alla metà di luglio la Wermacht raggiunse Stalingrado (attuale Volgograd), situata sul fiume Volga. La città costituiva per Hitler un importante centro manifatturiero e industriale ma la sua importanza si collocava anche sotto l’aspetto ideologico e propagandistico, essendo la città che portava il nome del suo arcinemico Stalin.

Nella seconda metà di novembre del 1942 l’Armata Rossa lanciò l’Operazione Urano, nella quale furono mobilitati oltre un milione di uomini oltre a più di 1.500 carri armati, appoggiati da 1520 aerei. L’esercito sovietico dopo aspri combattimenti riuscì nell’intento di sfondare le difese tedesche, chiudendo in una sacca mortale l’intera 6° Armata del Generale Friedrich Von Paulus, al quale Hitler aveva tassativamente proibito di evacuare Stalingrado per arretrare su posizioni più difendibili. Fu così che la testardaggine e la follia di Hitler segnarono la sorte degli oltre 250 mila uomini di Paulus. A quel punto Hermann Göring assicurò al suo Führer che la Luftwaffe avrebbe potuto garantire i rifornimenti alla 6° Armata attraverso l’organizzazione di un gigantesco ponte aereo. Questa possibilità però si rivelò presto l’ennesima smargiassata del numero due del Reich, in quanto tale compito era al di là delle reali possibilità dell’aviazione tedesca. Attanagliati dal gelo e dalla fame, i soldati della 6° Armata resistettero per due mesi e mezzo fino al 2 febbraio 1943, quando ormai senza più speranze di salvezza Paulus preferì arrendersi per salvare la vita ai suoi ultimi soldati superstiti. Avviati ai campi di prigionia in Siberia, ben pochi di loro avrebbero rivisto la Germania.

La resa delle truppe tedesche a Stalingrado.

Dopo la batosta subita a Stalingrado Hitler decise di attaccare quella sporgenza del fronte orientale in direzione della Germania situata in corrispondenza della cittadina di Kursk. L’offensiva, denominata in codice come “Operazione Zitadelle”, fu avviata per volontà del Fuhrer e contro il parere degli alti ufficiali tedeschi a cominciare da Guderian. Programmato per maggio, l’attacco ebbe luogo il 5 luglio mentre i sovietici hanno avuto modo di prepararsi grazie alle informazioni pervenuti ai loro servizi di Intelligence. La battaglia di Kursk rappresentò una replica delle battaglie della prima guerra mondiale, con la fanteria che avanzava sotto il fuoco di mitragliatrici, e i carri armati investiti dai colpi delle batterie di cannoni anticarro. Altro handicap delle forze tedesche si rivelò il fatto che gran parte dei nuovi mezzi corazzati tedeschi, come i carri medi Panther o i cacciacarri Ferdinand, erano stati immessi in servizio senza i previsti collaudi, con tutti i problemi di affidabilità che ne derivarono oltre che con equipaggi non addestrati al suo uso.

German POW during the Battle of Kursk. 1943
La disperazione di un soldato tedesco vicino ad un pezzo d’artiglieria distrutto al termine della battaglia di Kursk.

I Ferdinand, nonostante fossero dotati di un cannone da 88 mm estremamente efficace, non erano provvisti di mitragliatrici per difendersi dalla fanteria e una volta penetrati nelle linee nemiche furono rapidamente messi fuori uso da attacchi ravvicinati con bombe molotov e mine magnetiche, mentre piccole postazioni contenenti soldati e nidi di mitragliatrici o mortai, assicuravano che la fanteria della Wehrmacht non riuscisse a difendere i carri armati. Il 16 luglio Hitler scelse di sospendere l’operazione non tanto a causa del fatto che gli anglo-americani fossero sbarcati in Sicilia quanto a causa del fatto che le perdite subite dalla Wermacht, pur inferiori a quelle sovietiche, erano enormi e difficilmente colmabili a differenza di Stalin, il quale poteva contare invece su immense risorse umane e materiali. L’operazione “Zitadelle” fu l’ultima offensiva strategica lanciata dalla Wehrmacht sul fronte orientale, da quel momento l’iniziativa passò definitivamente nelle mani dell’Armata Rossa e l’esercito tedesco si ritrovò a combattere una disperata guerra difensiva contro la marea montante delle offensive dei sovietici. A partire dal 16 luglio infatti ebbe inizio il contrattacco sovietico con l’obbiettivo di riaprire un varco tra le linee difensive tedesche. Per i nazisti ebbe inizio una rovinosa ritirata conclusasi soltanto nel maggio 1945, a Berlino.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...