I guerrieri della Croce

Canto l’arme pietose, e ’l Capitano
Che ’l gran sepolcro liberò di Cristo.
Molto egli oprò col senno e con la mano;
Molto soffrì nel glorioso acquisto:
E invan l’Inferno a lui s’oppose; e invano s’armò d’Asia e di Libia il popol misto:
Chè ’l Ciel gli diè favore, e sotto ai santi segni ridusse i suoi compagni erranti.

Così ha inizio la Gerusalemme Liberata, capolavoro di Torquato Tasso. La vicenda che fa da sfondo al poema è quella della Prima Crociata conclusasi con la conquista cristiana di Gerusalemme, che cedette all’assedio dei crociati il 15 luglio 1099. Qualcuno resterà sorpreso del fatto che la crociata non sia in realtà tanto una “guerra santa” bensì una forma alquanto singolare di pellegrinaggio. La crociata infatti non aveva lo scopo di convertire gli “infedeli” né tanto meno quello di sterminarli. L’obbiettivo era invece recarsi presso il Santo Sepolcro a Gerusalemme. A differenza dei normali pellegrini, i crociati erano tuttavia armati in quanto ritenevano che le autorità musulmane che governavano la Terrasanta avrebbero tentato di fermarli e dunque sarebbe stato necessario combattere per aprire la strada, per sé stessi e per coloro che li avrebbero seguiti.

La battaglia di Manzikert del 1071.

L’inizio della prima crociata si fa risalire all’appello alla cristianità lanciato da Papa Urbano II il 27 novembre 1095 nel corso del concilio di Clermont-Ferrand. Nel suo discorso il pontefice esortò i cristiani ad armarsi e ad accorrere in Terrasanta per dar manforte ai “fratelli cristiani d’Oriente” contro i Turchi Selgiuchidi, una popolazione di origine centro asiatica e di fede musulmana che a partire dalla metà dell’XI secolo aveva conquistato l’egemonia in Medio Oriente e assunto la leadership del mondo islamico scalzando le precedenti élite arabe.

Costoro nel 1071 avevano sbaragliato le truppe bizantine alla battaglia di Manzikert, a seguito della quale Costantinopoli aveva perso di fatto il controllo dell’Anatolia. A quel punto, data la situazione estremamente precaria per il suo impero, nonostante lo scisma che dal 1054 opponeva la Chiesa Cattolica a quella Ortodossa, il Basileus Alessio I Comneno si risolse a inoltrare una richiesta di sostegno militare al Pontefice Urbano II, facendo balenare la possibilità di una riunificazione religiosa.

Papa Urbano II al Concilio di Clermont, miniatura dal Livre des Passages d’Outre-mer, 1490 circa.

L’Imperatore bizantino con ogni probabilità si aspettava soltanto l’invio di un contingente di mercenari per affrontare i turchi. Papa Urbano dal canto suo colse al volo l’opportunità per ridare prestigio ad una Chiesa uscita prostrata dallo scontro con l’Impero risalente a soltanto a pochi anni prima e che nei manuali scolastici è identificato col nome di “lotta per le investiture”. Per incoraggiare i fedeli alla partenza il Pontefice descrisse le torture a cui pare fossero sottoposti dai turchi i pellegrini cristiani che si recavano in Palestina, suscitando nel suo uditorio sentimenti di indignazione e desideri di vendetta. Accanto a ciò, Urbano II promise a coloro che avessero preso la croce l’indulgenza plenaria, ovvero la remissione dei peccati tanto della colpa quanto della pena ultraterrena. Accanto alle ricompense spirituali fu stabilita la sospensione temporanea del pagamento di ogni debito che ogni aspirante crociato avesse contratto prima di partire per la Terrasanta. Fino al ritorno del loro debitore, quindi, un creditore non avrebbe potuto esigere dalla sua famiglia il pagamento della somma dovuta.

Pietro l’Eremita incita il popolo a partire per la prima crociata.

L’adesione all’appello papale fu generale ed entusiastica in particolare da parte della piccola nobiltà dei cavalieri. Costoro erano esponenti di una turbolenta categoria di militari di professione, i cui numerosi figli cadetti, esclusi per legge dall’eredità paterna, non avevano altra prospettiva di sopravvivenza se non quella di offrire i propri servigi a questo o a quel signore feudale nella speranza di potersi prima o poi “sistemare” ottenendo l’agognata concessione di un feudo. Questi uomini, che sapevano soltanto combattere, erano quindi continuamente coinvolti in guerre intestine fra signori locali che sovente si rivelavano disastrose per le popolazioni civili coinvolte. La Chiesa aveva già cercato di porre un freno alle violenze attraverso la proclamazione di “tregue di Dio”, che comportavano la sospensione dei combattimenti in determinati periodi come l’Avvento o la Quaresima, o in certi giorni della settimana. Attraverso l’indizione della crociata il Papato intendeva convogliare la violenza dei cavalieri verso uno scopo nobile, la difesa della Cristianità.

”Massacro degli ebrei” a Metz durante la Crociata dei pezzenti (A. Migette, XIX secolo).

La notizia riguardante l’appello papale non mancò di diffondersi velocemente suscitando ovunque grandi emozioni. A muoversi per primi comunque non furono i nobili bensì i  poveri e i diseredati, infiammati dai sermoni incendiari di un prete francese conosciuto come Pietro l’Eremita, il quale incitava le masse popolari a una guerra di sterminio contro gli infedeli. Il risultato della predicazione di Pietro l’Eremita fu il verificarsi dei primi episodi di violenza generalizzata contro gli ebrei, additati come infedeli al pari dei turchi. Fino a quel momento le comunità ebraiche, seppur discriminate, erano vissute nell’Europa cristiana senza subire grosse limitazioni come stelle gialle da portare sugli abiti o ghetti nei quali si fosse obbligati a risiedere. Con l’inizio delle crociate gli ebrei vennero accusati non solo di essersi rifiutati di riconoscere Cristo come il vero Messia ma anche di essere i responsabili della Sua morte. Queste accuse saranno alla base di un virulento antisemitismo che da allora avrebbe afflitto la società europea e che periodicamente sarebbe sfociato in manifestazioni di intolleranza contro le comunità ebraiche da parte della maggioranza cristiana.

Percorsi intrapresi dai vari eserciti crociati.

La crociata guidata da Pietro l’Eremita e dal cavaliere spiantato noto come Gualtieri Senza Averi prese il nome di “crociata dei pezzenti”. Più che di un esercito si trattava di un’orda che per rifornirsi iniziò preso a compiere stragi e rapine. Nella primavera del 1096 vennero assalite e sterminate le comunità ebraiche residenti a Colonia, Magonza e in altre città dell’area renana. Procedendo verso est l’armata crociata si rese responsabile di altri massacri e rapine in Ungheria e nei Balcani. Quando finalmente giunsero a Costantinopoli, all’inizio di agosto del 1096, chiesero al Basileus Alessio I Comneno di poter essere traghettati oltre l’Ellesponto sulla costa dell’Asia Minore. L’Imperatore non ebbe la minima esitazione ad accontentare i crociati, i quali erano giunti nella sua capitale preceduti dalle voci riguardanti le stragi e i saccheggi da loro commessi lungo la strada. Quando finalmente giunsero in territorio musulmano vennero sorpresi e decimati dalla cavalleria turca.

Alessio I Comneno riceve Goffredo di Buglione e gli altri capi crociati al loro arrivo a Costantinopoli.

I pochi superstiti, tra i quali si trovava anche Pietro l’Eremita, tornarono indietro verso Costantinopoli dove tra il novembre del 1096 e l’inizio del 1097 giunsero le forze crociate reclutate dai principi, che avevano lasciato l’Europa nell’agosto del 1096. I crociati muovevano verso la Palestina sotto le insegne dei grandi feudatari normanni, francesi, fiamminghi e lorenesi. La prima crociata fu infatti “acefala” nel senso che ad essa non prese parte nessun monarca europeo e tanto meno l’Imperatore. Il Vecchio Continente stava infatti attraversando la fase più acuta della dissoluzione feudale. A seguito dell’emanazione del Capitolare di Quierzy da parte di Carlo il Calvo nell’877 e poi della Constitutio de feudis di Corrado II nel 1037 un feudo non era più un beneficio del quale il sovrano poteva rientrare in possesso alla morte del vassallo ma un vero e proprio possedimento del quale il vassallo si vedeva riconosciuta la possibilità di trasmissione ereditaria ai propri eredi. Ne conseguiva che i re, non disponendo più di proprie forze militari erano costretti a contrattare di volta in volta il supporto dei loro grandi feudatari i quali disponevano dunque di un forte potere di pressione sul monarca, ridotto ad un semplice primus inter pares.

La Penisola anatolica nel 1097, all’arrivo dei Crociati.

Alla spicciolata giunsero a Costantinopoli il Conte di Vermandois Ugo, fratello del Re di Francia Filippo I, Stefano II di Blois e suo cognato, Roberto di Normandia, figlio del Re d’Inghilterra Guglielmo il Conquistatore. Arrivarono poi il Conte di Tolosa Raimondo di Saint-Gilles, alla guida di un contingente di provenzali, oltre al Principe di Taranto Boemondo, figlio del condottiero normanno Roberto il Guiscardo. Con Boemondo marciava suo nipote, Tancredi d’Altavilla. Infine tra i comandanti crociati occorre ricordare il Conte di Fiandra Roberto e il Conte di Boulogne Eustachio, accompagnato dai fratelli Baldovino e Goffredo, Duca della Bassa Lorena e Conte di Bouillon, meglio conosciuto con il nome di Goffredo di Buglione. Inoltre alla spedizione era aggregato anche il vescovo di Le Puy, Ademaro di Monteil, nominato legato pontificio da Urbano II. Le forze crociate riunite ammontavano complessivamente a circa 30-35 mila combattenti, dei quali 5 mila a cavallo e i restanti appiedati.

La battaglia di Dorylaeum.

Durante i mesi della loro permanenza a Costantinopoli i rapporti fra i crociati e la corte imperiale furono piuttosto tesi. I bizantini guardavano con sospetto questi stranieri, che giudicavano rozzi e incivili. Inoltre, come avrebbe scritto più tardi anche la principessa Anna Comnena, figlia del Basileus Alessio I, a Costantinopoli erano in molti a ritenere che quei barbari occidentali fossero partiti animati non tanto dalla volontà di liberare il Santo Sepolcro quanto per soddisfare il loro uzzolo di saccheggio e la propria bramosia di conquista. Anna riferisce come a farle questa impressione fossero stati soprattutto i capi crociati, che lei aveva avuto modo di conoscere da vicino essendo stati ricevuti più volte a palazzo da suo padre, l’Imperatore.

Alessio Comneno dal canto suo si dimostrò disponibile a traghettare i crociati in Asia Minore e a rifornirli a patto che i baroni occidentali accettassero di prestagli omaggio feudale e si impegnassero a cedergli i territori che i latini fossero riusciti a strappare ai turchi. La collaborazione tra crociati e bizantini comunque entrò presto in crisi già durante l’assedio di Nicea. La città fu assediata dagli europei con l’appoggio delle forze bizantine a partire dal 14 maggio 1097. La mattina del 19 giugno i crociati scoprirono con stupore che i turchi si erano arresi consegnando la città nelle mani del generale Manuel Boutoumites. Il Sultano Qilij Arslan fu persuaso ad accettare la proposta di resa del Basileus Alessio I di fronte alla prospettiva di un massacro che i crociati avrebbero sicuramente compiuto se avessero messo le mani sulla città.

I crociati giungono in vista di Antiochia.

I crociati, vistisi privati della possibilità di saccheggio, non tardarono a parlare di tradimento da parte del Basileus, il quale per ingraziarsi nuovamente i latini si trovò costretto a compiere grandi elargizioni di denaro, cavalli ed altre regalie.

I crociati ripresero la loro marcia all’interno dell’Anatolia il 26 giugno 1097. Le forze cristiane erano divise in due tronconi: davanti un’avanguardia di circa 10 mila uomini (8 mila fanti e 2 mila cavalieri) al comando di Boemondo da Taranto, accompagnato da suo nipote Tancredi d’Altavilla, Roberto di Normandia e dal generale bizantino Taticius, mentre in retroguardia marciavano il resto dell’esercito crociato al comando di Goffredo di Buglione, suo fratello Baldovino, Raimondo di Tolosa, Stefano di Blois. il 29 Boemondo intuì che i turchi preparavano un’imboscata nei pressi di Dorylaeum e la sera del 30 si accampò su un prato sulla riva nord del fiume Thymbres, vicino alle rovine della città.

Cattura di Antiochia da parte di Boemondo di Taranto nel giugno 1098, dipinto da Louis Gallait nel 1840.

All’alba del 1° luglio i turchi di Qilij Arslan attaccarono i cristiani, che vennero colti di sorpresa dai fitti lanci di frecce dei cavalieri nemici. Gli arcieri a cavallo turchi provocarono gravi perdite alle forze crociate di Boemondo che tuttavia riuscirono a resistere tenacemente per sette ore, quando furono raggiunti dalle forze di Raimondo di Tolosa che attaccarono i turchi, i quali tuttavia mantennero la posizione fino al pomeriggio avanzato, quando arrivò una forza guidata dal vescovo Ademaro di Le Puy, Legato pontificio che aggirò sul fianco sinistro e sorprese alle spalle i Turchi. Ademaro si abbatté sul campo nemico attaccando dal retro. I Turchi furono terrorizzati dalla vista del loro campo in fiamme e dalla ferocia e dalla resistenza dei cavalieri cristiani tanto che poco dopo fuggirono abbandonando il loro campo e costringendo Qilij Arslan a ritirarsi dalla battaglia. Dopo la vittoriosa battaglia di Dorylaeum i crociati proseguirono verso Oriente, penetrando infine in territorio siriano dove incontrarono il formidabile ostacolo costituito dalla città di Antiochia, in quel momento sotto il dominio dei Turchi Selgiuchidi.

La scoperta della Sacra Lancia ad Antiochia.

Le forze cristiane assediarono la città per oltre sette mesi, dal 20 ottobre 1097 al 3 giugno 1098, quando Antiochia cadde per il tradimento di Firouz, una guardia armena di presidio presso la Torre delle Due Sorelle che lasciò entrare i crociati in città per vendicarsi dei torti subiti da parte del governatore turco Yaghisiyan. Poco dopo la vittoria però giunse davanti ad Antiochia un nuovo esercito turco deciso a riprendere la città e i crociati si trovarono a loro volta assediati. Durante quei giorni difficili, segnati dalla mancanza di viveri, il morale delle truppe cristiane fu risollevato dal ritrovamento della Sacra Lancia da parte di un insignificante monaco di nome Pietro Bartolomeo. Decisi a spezzare l’assedio musulmano, il 28 giugno 1098 i cristiani uscirono da Antiochia decisi a dare battaglia. Con la forza della disperazione, inferiori di numero e affamati, oltre che, per questo, soggetti a frequenti visioni mistiche, i crociati attaccarono volgendo in fuga il nemico.

Nel corso dell’assedio di Antiochia l’esercito bizantino si ritirò inspiegabilmente per ordine di Taticius, lasciando soli i latini ad affrontare le forze turche. Probabilmente questa mossa fu dovuta alla volontà di Alessio I che non intendeva impegnare le sue forze per la conquista di una città così lontana dalle sue basi.

Roberto II di Normandia – figlio del Re d’Inghilterra Guglielmo il Conquistatore – alla battaglia di Antiochia.

Ai crociati comunque ciò apparve come un grave tradimento e in particolare Boemondo sostenne che Alessio avesse abbandonato la spedizione e che quindi tutti i giuramenti che gli avevano fatto erano da considerarsi nulli. Boemondo intendeva infatti rivendicare per sé Antiochia ma non tutti gli altri condottieri crociati erano d’accordo. Le discussioni tra i nobili crociati, pertanto, ritardarono il prosieguo della crociata fino alla fine dell’anno.

Intanto gli europei dovettero fare i conti con lo scoppio di un’epidemia di peste o forse di tifo che provocò numerose vittime fra cui il Vescovo Ademaro. Altro grosso problema dell’esercito europeo era la cronica mancanza di rifornimenti tanto che nell’agosto del 1098, dopo la presa della cittadina di Ma’arrat al-Nu’man i cristiani per non morire di fame si ridussero al cannibalismo. Come raccontò il cronista Rodolfo di Caen “A Ma’arrat le nostre truppe lessarono i pagani adulti nei pentoloni mentre infilzarono i bambini sugli spiedi e li divorarono”. La marcia verso Gerusalemme riprese all’inizio del 1099 sotto la pressione delle truppe che minacciarono i loro signori di proseguire autonomamente il cammino. I crociati lasciarono Antiochia che fu eretta a principato indipendente sotto la signoria di Boemondo da Taranto.

Prima di attaccare Gerusalemme i crociati compirono una processione propiziatoria intorno alle mura similmente a quanto fecero secondo la Bibbia gli israeliti all’assedio di Gerico.

Lungo la costa i cristiani incontrarono scarsa resistenza da parte delle autorità musulmane che preferirono non opporsi e che anzi foraggiarono i crociati per evitare ritorsioni. Finalmente, il 7 giugno 1099, l’esercito cristiano giunse in vista delle mura della Città Santa. Gli oltre 30 mila combattenti cristiani partiti da Costantinopoli si erano ridotti a meno della metà, 12 mila fanti e 1.500 cavalieri. La guarnigione musulmana di Gerusalemme contava invece circa 7 mila soldati.

Gli europei posero il loro campo su un terreno arido nel quale i pochi pozzi erano già stati avvelenati dagli egiziani dell’emiro fatimide Iftikhar al-Dawla, governatore di Gerusalemme. Privi di legname per costruire macchine d’assedio, i crociati furono respinti per ben due volte dopo avere tentato ugualmente l’assalto alle mura gerosolimitane. I cristiani poterono dotarsi di macchine ossidionali soltanto a partire dal 17 giugno con l’arrivo a Giaffa di due navi genovesi dei fratelli Primo e Guglielmo Embriaco.

L’assalto finale dei crociati alle mura di Gerusalemme.

I vascelli vennero smontati e il legname usato costruire macchine d’assedio con le quali ebbe inizio il martellamento delle mura di Gerusalemme.L’attacco finale ebbe inizio il 15 luglio 1099 tra la Porta di Monte Sion e la Posterla di Santa Maria. Al termine di un furioso corpo a corpo i difensori egiziani furono sopraffatti e i crociati dilagarono per la città abbandonandosi al saccheggio e alla strage.

Dopo la conquista della Città Santa i crociati fondarono un regno esteso sui territori degli attuali Israele, Giordania, Libano e Siria e successivamente anche Cipro. Oggi si parla della fondazione del regno crociato come del primo esperimento di conquista coloniale in cui un territorio extraeuropeo è occupato stabilmente e una élite di aristocratici europei vi si trasferisce gestendolo con le stesse strutture di governo feudale presenti nella madrepatria.

A seguito della rinuncia alla corona da parte di Raimondo di Tolosa, l’assemblea dei conti elesse come sovrano il Duca di Lorena Goffredo di Buglione, che nel corso della crociata aveva avuto un ruolo secondario. Goffredo ad ogni modo rifiutò di portare il titolo di Re nella città in cui Cristo era morto, preferendo quello più umile di “Difensore del Santo Sepolcro”. 

Goffredo di Buglione viene eletto Re di Gerusalemme dopo la conquista della Città Santa.

Probabilmente la scelta dei baroni fu motivata dal carattere del prescelto, che ci si aspettava sarebbe stato un Re debole e influenzabile. Sembra inoltre che Goffredo non godesse troppo di buona salute tanto che scomparve l’anno successivo alla sua elezione, ad appena quarant’anni.

L’esito vittorioso dell’impresa crociata pose il problema della difesa degli immensi territori conquistati. Subito dopo la presa di Gerusalemme molti crociati considerarono assolto il loro voto e si apprestarono a fare ritorno in Europa. Per evitare che il regno appena nato restasse indifeso nacquero allora confraternite di cavalieri che prestavano giuramento di difendere i Luoghi Santi per tutta la vita. Tra i vari ordini monastico-militari nati con le Crociate i più famosi furono senza dubbio quelli dei Templari e degli Ospitalieri. Per sostenere militarmente il Regno Latino vennero bandite altre crociate nei decenni successivi alla prima mentre annualmente gruppi di guerrieri lasciavano l’Europa alla volta della Terrasanta. I pur notevoli sforzi compiuti dalla Cristianità per la difesa dei possedimenti d’Oltremare tuttavia riuscirono soltanto a contenere temporaneamente la riconquista islamica, ma non ad arrestarla definitivamente. 

Gli stati crociati – nelle varie tonalità di verde – dopo la prima crociata.

Nemmeno cento anni dopo la conquista cristiana, il 2 ottobre 1187 Gerusalemme fu costretta a capitolare di fronte all’assedio del sultano d’Egitto Ṣalāḥ ad-Dīn Yūsuf ibn Ayyūb, meglio conosciuto in Occidente come il Saladino. Da allora Gerusalemme non tornò più in mano cristiana. Le ultime roccaforti cristiane, di cui la più importante era San Giovanni d’Acri, resistettero per un altro secolo alla pressione musulmana ma nel 1291 cedettero sotto i colpi degli eserciti del sultano mamelucco d’Egitto al-Ashraf Khalil e non vennero mai più riconquistate.

Nonostante il bilancio sostanzialmente fallimentare delle spedizioni crociate la dimensione di mobilitazione religiosa rimane ben presente nelle menti degli europei ancora per vari secoli. Infatti, ancora in piena età moderna tra Cinquecento e Seicento, quando gli stati europei si trovano a dover contrastare la minaccia ottomana nel Mediterraneo e nei Balcani, a Lepanto come a Vienna, la propaganda, ancora una volta, chiamerà quelle guerre, combattute contro una potenza musulmana, “crociate”.

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