Lo sterminio dei Perfetti

La parola “eresia” è generalmente usata per indicare una dottrina che si oppone ai dogmi e alle verità rivelate dalla Chiesa cattolica ed eretico è colui che propugna e diffonde tali idee. La storia della Chiesa è costellata dal sorgere di innumerevoli eresie che hanno avuto una diffusione più o meno ampia. Anzi possiamo tranquillamente affermare che sin dalle sue origini il Cristianesimo sia stato caratterizzato sin dal  sorgere di un gran numero di eresie.

Per dare un’idea della vastità del fenomeno basti pensare che nel IV secolo il vescovo Epifanio di Salamina redasse un trattato, il Panarion, nel quale elencò, naturalmente confutandole una dopo l’altra, ben ottanta diverse eresie. Proprio per affrontare questo problema nel corso dei secoli la Chiesa indisse numerosi concili.

Il Papa scomunica gli eretici in una miniatura medievale.

Lo scopo dichiarato delle varie assisi era quello di uniformare la dottrina cristiana, naturalmente in base all’opinione del gruppo o della corrente più forte e autorevole in seno all’assemblea. Coloro i quali rifiutavano di conformarsi alla linea dettata dal concilio erano bollati come eretici e oltre a venire scomunicati, cioè esclusi della comunità cristiana, rischiavano la confisca dei beni e la condanna a morte. Le persecuzioni non frenarono comunque la nascita di deviazionismi di vario tipo che possiamo riscontrare ancora nei secoli centrali del Medioevo, nei decenni successivi all’anno Mille. A differenza di quanto avveniva nei primi secoli, quando le eresie erano sostenute da uomini di Chiesa, nel Medioevo i principali eresiarchi sono invece laici, ossia uomini che non facevano parte del ceto ecclesiastico.

Inoltre, mentre in precedenza le eresie riguardavano la sottile interpretazione delle Sacre Scritture, nei secoli del Medioevo gli eretici più che disconoscere l’autorità della Chiesa Cattolica si limitavano per così dire a contestarne l’eccessiva ricchezza e rilassatezza di costumi in nome di un ritorno alla purezza originaria. Tra questi movimenti, definiti come “pauperistici”, ebbe particolare risonanza quello valdese, fondato da Pietro Valdo (ca. 1140-1207), un ricco e stimato mercante di Lione che ad un certo punto della propria vita decise di vendere tutto ciò che possedeva per donarne il ricavato ai poveri, conducendo una vita ascetica. Quanti individuano una certa somiglianza tra Valdo e San Francesco non sbagliano. In effetti ciò che la Chiesa contestava a Valdo e ai “poveri di Lione” suoi seguaci non era tanto la loro azione moralizzatrice quanto la loro pretesa di predicare il Vangelo, azione loro vietata in quanto laici ed il loro rifiuto di sottostare a questo divieto fu alla base della persecuzione da parte ecclesiastica.

Statua raffigurante Valdo ubicata a Worms (Germania).

Tuttavia tra le eresie medievali non si collocano solo i movimenti pauperistici ma anche quelli che si possono tranquillamente definire “eterodossi”, ossia sostenitori di dottrine decisamente diverse da quelle della Chiesa Cattolica. In questo secondo gruppo si colloca il catarismo, su cui ci concentreremo oggi, ossia  il più importante fenomeno eretico del Medioevo, definibile come tale sia per l’ampiezza geografica della sua diffusione, dalla Francia Meridionale all’Italia settentrionale, sia per la persistenza del movimento la cui nascita risale al X secolo e le cui ultime tracce sono databili al XV. La massima diffusione del movimento cataro si colloca intorno al XII secolo, in un periodo di grande effervescenza culturale ed economica nel quale iniziò a risorgere l’interesse per gli studi con la fondazione delle prime università e la rivendicazione da parte dei Liberi Comuni di maggiore autonomia rispetto al potere imperiale.

Ma quale fu esattamente l’origine dei catari? Per rispondere a questa domanda vi sono due alternative: alcuni studiosi hanno ipotizzato una correlazione fra la nascita del catarismo in occidente e la fuga di elementi bogomili dalla penisola balcanica per sfuggire alle crescenti persecuzioni. Il bogomilismo fu un movimento eretico fondato in Bulgaria da un monaco di nome Bogomil. La sua dottrina ebbe grande diffusione in tutta la penisola balcanica, in particolare in Bosnia, dove divenne religione di stato. La chiesa bosniaca sopravvisse sino alla conquista turca nel XV secolo quando i suoi credenti, già perseguitati tanto dai cattolici quanto dagli ortodossi, si convertirono in massa all’Islam.

La croce occitana, simbolo della Contea di Tolosa dove il Catarismo era estremamente diffuso.

Secondo altri, invece, l’eresia catara sorse semplicemente dalla volontà di ricondurre il cristianesimo alla purezza del messaggio evangelico originario. Quale che sia l’esatta teoria alla base della nascita del loro movimento è certo che i catari avessero una visione tutta loro della religione cattolica, ovviamente diversa da quella della Chiesa che infatti li bollò come eretici. Ciò che sappiamo del movimento cataro deriva esclusivamente da ciò che di esso è stato scritto dai loro nemici che dopo averli quasi del tutto sterminati fisicamente provvidero a distruggere i loro scritti con la lucida intenzione di fare in modo che dei catari non restasse più nulla. Già il nome “catari” che noi oggi usiamo per definirli fu loro attribuito dai nemici. Essi non definivano sé stessi con questo termine, utilizzando invece quello di “buoni cristiani” perché tali essi si ritenevano, tanto che furono definiti eretici, cioè cristiani deviati e non come “infedeli”, ossia coloro che professavano una fede del tutto diversa, come gli ebrei o i musulmani.

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Diffusione dei diversi movimenti ereticali medievali in Europa.

I catari professavano una fede ispirata al manicheismo, un’eresia cristiana affine al bogomilismo, e che sosteneva l’esistenza di un dualismo fra il Bene, rappresentato da Cristo, e il Male, rappresentato da Satana, creatore del mondo materiale che aveva intrappolato in corpi mortali gli angeli da lui sedotti. Dunque le anime anelavano al ricongiungimento con Dio nel mondo spirituale. Considerando il mondo terreno come espressione del Maligno i catari predicavano il distacco dai beni materiali e rifuggivano qualunque piacere corporale ivi compreso il consumo di carni e persino i rapporti sessuali all’interno del matrimonio.

Alla continenza sessuale si accompagnavano pratiche come digiuni e penitenze tese alla mortificazione della propria carne. I catari rifiutavano il sacerdozio pur avendo dei propri capi spirituali simili ai vescovi, che gli inquisitori definirono i “Perfetti”. In questa loro organizzazione si richiamavano alla Chiesa primitiva degli Apostoli, democratica e assembleare. Conformemente ad una interpretazione letterale del testo evangelico, ogni forma di proprietà privata era abolita e i membri della comunità mettevano in comune ogni cosa. Ai catari era inoltre proibito prestare qualunque giuramento il che metteva in crisi la stessa esistenza della struttura sociale feudale il cui cardine era proprio il rispetto dei giuramenti di fedeltà prestati dai vassalli ai propri signori.

Veduta della cittadina di Carcassonne, uno dei principali centri di diffusione dell’eresia catara nella Francia meridionale.

Come si può appurare quindi, “Buoni cristiani” i catari non dovevano esserlo solo di nome ma anche nella loro vita quotidiana. In effetti erano considerati come brave persone tanto che nel corso dei decenni attrassero la simpatia di un numero sempre crescente di persone colpite dal loro buon esempio, in stridente contrasto con la corruzione e la rilassatezza di costumi che regnavano in buona parte del clero cattolico. In alcune città del meridione di Francia, come Carcassonne o Albi, gli aderenti dal catarismo arrivarono a sfiorare il 50% della popolazione. Fu così che proprio dalla città di Albi, dove erano particolarmente numerosi, essi furono in seguito ricordati come gli “albigesi”.

Si badi bene che non erano solo gli ultimi e i diseredati ad avvicinarsi alle dottrine catare ma anche esponenti dei ceti mercantili e artigianali delle città della Francia meridionale e persino della nobiltà provenzale, i quali, pur senza abiurare ufficialmente la fede cattolica, mostrarono comunque simpatia e adottarono un atteggiamento di aperta tolleranza verso le idee degli albigesi. Tra i loro protettori essi potevano annoverare addirittura il conte di Tolosa Raimondo VI, che per la sua tolleranza in campo religioso venne dapprima colpito dall’interdetto papale, finché i suoi domini furono investiti da una vera e propria crociata tesa a sradicare l’eresia catara .

Papa Innocenzo III, che nel 1207 I bandì ufficialmente la crociata contro i catari.

La Chiesa di Roma, infatti, di fronte al diffondersi a macchia d’olio dell’eresia non stette con le mani in mano. I papi del XII secolo consideravano quella albigese una delle eresie più pericolose per l’unità del popolo cristiano e la sfida più insidiosa alla stessa autorità pontificia. Il primo passo verso la repressione dei catari fu compiuto da Papa Alessandro III nel 1179. Nel corso del Concilio Lateranense III il pontefice decretò ufficialmente la scomunica per tutti gli eretici ed esortò i credenti a imbracciare le armi contro di loro. Poi nel 1184 fu la volta della bolla Ad Abolendam del successore di Alessandro, Lucio III. Nel documento si ordinava ai vescovi di compiere periodiche ispezioni nelle proprie diocesi allo scopo di verificare la presenza di eretici. Costoro andavano individuati e processati.

La situazione degli albigesi si fece particolarmente cupa a partire dal 1207: fu in quell’anno che Papa Innocenzo III bandì ufficialmente la crociata contro gli eretici, garantendo ai partecipanti le stesse indulgenze previste per coloro che si dirigevano in Terrasanta. Il pontefice cercò di coinvolgere anche lo stesso re di Francia Filippo II Augusto, il quale però declinò l’invito, impegnato com’era nelle lotte con Giovanni d’Inghilterra.

Il massacro di Beziers del 22 luglio 1209.

Nonostante il mancato coinvolgimento della Corona, a partire dalla metà del 1209 furono molti i baroni che dal nord della Francia calarono a sud bramosi di far man bassa delle ricche terre occitane e nel contempo vedersi perdonare tutti i loro orrendi peccati. Lo stesso conte Raimondo, rimasto solo di fronte alla furia crociata, preferì non opporsi alle violenze in cambio della revoca della scomunica. Di cosa fossero capaci i crociati lo dimostrarono il 22 luglio di quel maledetto 1209 quando presero la città occitana di Bèziers: non potendo distinguere fra catari e cattolici, gli uomini di Simon de Monfort passarono a fil di spada l’intera popolazione!

Pare che il legato papale Arnaud Amaury abbia esortato i crociati dicendo “Uccideteli tutti! Dio riconoscerà i suoi!”. Fu così che 20 mila persone, uomini, donne, vecchi e bambini senza vennero massacrate senza pietà! La tragedia di Bèziers è paragonabile, per la ferocia gratuita dimostrata dagli aggressori, a quella vissuta dalla città basca di Guernica, bombardata il 26 aprile 1937 dai nazisti nel corso della guerra civile spagnola.

Le operazioni militari nella Francia meridionale continuarono sino all’anno 1229: due decenni di massacri e devastazioni che diedero il colpo di grazia all’eresia catara, che da quel momento si poté considerare ufficialmente estirpata anche se gli storici ipotizzano che gruppi isolati di albigesi sopravvissero sino alla prima metà del XIV secolo, quando scomparvero definitivamente.

I Catari vengono espulsi da Carcassonne nel 1209

Dopo la crociata il Papato, nella persona del pontefice Gregorio IX, volendo evitare in futuro casi simili a quello dell’eresia albigese fece un ulteriore passo avanti nella lotta agli eretici istituendo nel 1231 la famigerata Inquisizione, un tribunale permanente formato da chierici la cui nomina sarebbe stata prerogativa di Roma. Essi avrebbero affiancato i vescovi nell’istruzione di processi per eresia. Papa Gregorio era infatti convinto che i vescovi non potessero agire con la necessaria severità contro le idee eterodosse in quanto, essendo coinvolti nelle dinamiche locali delle loro diocesi, potevano risultare troppo influenzabili e corruttibili. Dal 1235 il ruolo di inquisitori fu affidato ai domenicani. Tra i maggiori persecutori di catari vi fu proprio uno dei frati di San Domenico, Pietro da Verona (1205-1252). Nato in una famiglia catara natia del capoluogo scaligero, egli si convertì al cattolicesimo divenendo uno degli inquisitori più severi nella persecuzione dell’eresia catara.

Morte di san Pietro Martire, attribuito a Bernardino da Asola, National Gallery, Londra

Probabilmente per questo motivo cadde vittima di un agguato tesogli da un suo ex correligionario nei boschi tra Seveso e Barlassina, in Brianza. Pietro fu prima colpito con una roncola e poi finito con una coltellata ma prima di morire fece in tempo a scrivere nella polvere la frase latina “Credo in Deo”. Pietro da Verona fu canonizzato già l’anno successivo al suo omicidio, nel 1253 anche se il culto stentò a diffondersi.

La crociata albigese pose inoltre fine all’indipendenza politica del meridione occitano, che da allora entrò definitivamente nell’orbita dei sovrani di Parigi ma soprattutto essa fu colpevole della distruzione della splendida civiltà sorta presso le corti dei signori provenzali, presso le quali era nata la raffinata letteratura provenzale in lingua d’oc. Da allora infatti si impose in tutto il territorio della Francia attuale l’uso dell’idioma dei conquistatori crociati, la lingua d’oil, dalla quale si sviluppò il francese moderno.

Un pensiero riguardo “Lo sterminio dei Perfetti

  1. Nell’articolo..potreste gentilmente indicare le fonti e la bibliografia relativa? Per evitare che si scateni un “tifo” da stadio nei social, come ho letto su Facebook, e si scrivano corbellerie che mettono in dubbio la STORIA stessa! Grazie e complimenti !

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