Morire per Danzica

La seconda guerra mondiale è stata una delle più grandi sciagure della Storia. Essa costò all’Umanità oltre 60 milioni di morti oltre a incalcolabili distruzioni materiali. Questo conflitto ha inoltre lasciato tracce indelebili nelle coscienze degli uomini, sconvolte dagli orrori dei campi di sterminio e dagli effetti dell’impiego delle armi nucleari. Solitamente si fa risalire l’inizio della catastrofe all’invasione nazista della Polonia, a cui fece seguito due giorni dopo la dichiarazione di guerra anglo-francese alla Germania. Le cause della seconda guerra mondiale sono tuttavia molto più profonde e risalgono a diversi anni prima di quel fatale 1° settembre 1939.

Hitler stringe la mano al Presidente Hindenburg nel 1933

Cercheremo ora di ripercorrere le tappe che condussero l’Europa e il mondo intero verso il baratro. Torniamo allora a sei anni prima dello scoppio della guerra, nel 1933. Il 28 gennaio di quell’anno il leader del Partito Nazionalsocialista tedesco, Adolf Hitler, venne nominato Cancelliere del Reich dal Presidente della Repubblica, il Maresciallo Paul Von Hindenburg. In capo a pochi mesi Hitler, approfittando dello stato di emergenza proclamato in seguito all’incendio del Reichstag (27 febbraio) soppresse le libertà civili in tutta la Germania. Fu così che, in un quadro di formale legittimità costituzionale e con il consenso dello stesso Hindenburg, i nazisti poterono procedere alla liquidazione della Repubblica di Weimar. L’anno successivo, con la morte dell’ottantaseienne Hindenburg (2 agosto 1934), Hitler assunse anche la carica di Presidente del Reich, diventando l’indiscusso Führer (Guida) della Germania. Nacque così il Terzo Reich, nome con cui si è soliti indicare lo stato nazista.

Fin dai suoi esordi Hitler si era dimostrato un irriducibile oppositore dell’ordine internazionale scaturito dalla Conferenza di Pace di Versailles del 1919: la prima importante decisione del governo nazionalsocialista risale infatti a pochi mesi dopo la presa del potere, nell’ottobre del 1933, e riguardava il ritiro della delegazione tedesca dalla Conferenza internazionale di Ginevra, nella quale le grandi potenze stavano discutendo in merito alla riduzione degli armamenti. A ciò fece seguito, pochi giorni dopo, l’uscita della Germania dalla Società delle Nazioni.

Mappa delle annessioni tedesche nella seconda metà degli Anni ’30

A suscitare ulteriori preoccupazione nella comunità internazionale erano le mire espansionistiche hitleriane, rivolte in modo particolare verso l’Austria. Per il Führer, austriaco di nascita, l’annessione della sua patria costituiva una tappa fondamentale verso la costruzione di un Grande Reich che includesse tutte le genti di lingua e cultura tedesca, in ossequio alle teorie pangermaniste riprese dallo stesso Hitler nel suo Mein Kampf del 1925. L’unione dell’Austria alla Germania costituiva una palese violazione del trattato di Saint-Germain del 1919, il quale escludeva qualunque ipotesi di annessione (Anschluss) della piccola repubblica austriaca al Reich tedesco.

Già nel 1934 vi fu un primo tentativo di Anschluss messo in atto da esponenti del partito nazista, i quali irruppero nella sede del Governo a Vienna uccidendo il Cancelliere Engelbert Dollfuss per poi occupare la stazione radiofonica da cui annunciarono le dimissioni del Capo del Governo ormai agonizzante. Il colpo di mano fallì per la pronta reazione delle forze lealiste, le quali, guidate dal Ministro della Giustizia Kurt von Schuschnigg dispersero i golpisti. Nelle stesse ore, dopo essere stato informato di quanto accaduto, Mussolini volle ribadire la sua contrarietà all’annessione tedesca dell’Austria inviando al Brennero quattro divisioni di Alpini. Hitler rendendosi conto di non essere ancora pronto per un conflitto su larga scala fu costretto ad abbandonare i suoi piani abbandonando al loro destino i congiurati austriaci.

Reparti della Wermacht sfilano in Renania nel marzo del 1936.

Ad ogni modo il Führer non si diede per vinto tanto che il 16 marzo 1935 annunciò il ripristino del servizio militare di leva, in palese violazione con quanto stabilito dal trattato di Versailles firmato dalla Germania dopo la sconfitta della Grande Guerra. L’iniziativa hitleriana portò alla convocazione di una conferenza internazionale tra Francia, Gran Bretagna e Italia, tenutasi tra l’11 e il 14 aprile 1935 a Stresa, sul Lago Maggiore.

In questa occasione i tre Paesi ribadirono il loro interesse comune a preservare l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’Austria dando vita al cosiddetto “Fronte di Stresa”, che avrebbe dovuto prevenire le future mosse di Hitler. L’intesa anglo-franco-italiana ebbe tuttavia vita breve: il 18 giugno 1935 Gran Bretagna e Germania firmarono un accordo navale che consentiva al Reich di possedere nuovamente una marina da guerra il cui tonnellaggio non avrebbe dovuto superare il 35% di quello della Royal Navy britannica. Il definitivo colpo di grazia al Fronte di Stresa venne poi inflitto da Mussolini che il 3 ottobre successivo annunciò l’inizio dell’aggressione all’Etiopia. L’aggressione fascista all’Impero del Negus comportò il varo di sanzioni contro l’Italia da parte della Società delle Nazioni. Le “inique sanzioni” come le definì Mussolini non impedirono la conquista italiana dell’Abissinia mentre comportarono un sensibile raffreddamento delle relazioni fra l’Italia e le potenze democratiche.

Contemporaneamente si andava delineando il progresso riavvicinamento tra Italia e Germania, testimoniato dal comune intervento dei due Paesi a sostegno delle forze nazionaliste del Generale Francisco Franco, che il 17 luglio 1936 si erano rese responsabili di un colpo di stato contro il legittimo governo repubblicano, soprannominato “Alzamiento Nacional”. L’intesa tra il regime fascista e quello nazista sarebbe infine sfociata il 24 ottobre di quell’anno nel patto d’amicizia e collaborazione fra Germania e Italia, definito “Asse Roma-Berlino” da Mussolini in un discorso del successivo 1° novembre.

Bundesarchiv Bild 183-H12967, Münchener Abkommen, Chamberlain.jpg
Arthur Neville Chamberlain fu il maggior sostenitore della politica di appeasement alla vigilia della seconda guerra mondiale

Intanto, al principio del 1936, sempre sfruttando la debolezza e le divisioni del Fronte di Stresa Hitler poté di nuovo agire impunemente contro l’ordine di Versailles procedendo alla rimilitarizzazione della Renania, regione di confine tra Germania, Belgio e Francia che secondo il trattato di pace del 1919 avrebbe dovuto rimanere priva di truppe e fortificazioni militari. Mentre il 7 marzo le truppe tedesche entravano nella regione accolte trionfalmente dalla popolazione, Francia e Gran Bretagna non mossero un dito. Oggi può sembrare facile accusare di pavidità e di irresolutezza francesi e britannici. Tuttavia occorre considerare che tanto nella memoria della gente comune quanto in quella dei leader politici erano ancora ben vivi i ricordi dei massacri della Grande Guerra, risalenti a meno di vent’anni prima. Appare quindi naturale che nessuno fra gli statisti dell’epoca intendesse assumersi la responsabilità di trascinare il proprio Paese in un nuovo conflitto che fin da subito si prospettava ancor più distruttivo del precedente.

Da questa volontà di salvare la pace ad ogni costo prese forma l’atteggiamento accomodante tenuto nei confronti di Hitler dal governo conservatore britannico, guidato da Neville Chamberlain. La politica del Premier inglese è passata alla Storia con il nome di “appeasement” (pacificazione). Chamberlain riteneva di poter assicurare alla Gran Bretagna e all’Europa un futuro di pace venendo incontro alle richieste più ragionevoli della Germania, che si pensava fosse stata eccessivamente umiliata con il trattato di Versailles.

Marzo 1938: avanguardie motorizzate della Wehrmacht entrano a Salisburgo accolte con entusiasmo dalla popolazione

Il Primo Ministro e buona parte del Partito Conservatore tendeva inoltre a considerare l’Unione Sovietica un pericolo ben maggiore per la pace della Germania hitleriana, che anzi era vista come un baluardo dell’anticomunismo di cui quindi conveniva favorire il riarmo al fine di contenere la minaccia bolscevica. Purtroppo, come i fatti confermeranno in seguito, le richieste di Hitler erano tutt’altro che “ragionevoli” e anzi la disponibilità inglese a trattare fece intendere al dittatore nazista che egli avrebbe potuto alzare ogni volta la posta in gioco, facendo leva sulla paura delle potenze democratiche di scatenare un conflitto aperto.

Fu così che grazie all’accondiscendenza britannica Hitler a partire dal 1938 poté dare inizio alla sua politica di espansione volta a riunire tutte le genti germaniche in un solo stato, premessa fondamentale per poter successivamente procedere all’espansione verso oriente, alla conquista del Lebensraum, lo “spazio vitale”. La prima vittima del dittatore tedesco fu ancora come nel 1934 l’Austria. Purtroppo per la piccola repubblica questa volta il quadro internazionale era mutato rispetto a quattro anni prima. Mussolini era ormai disinteressato alle sorti dell’Austria, come del resto aveva comunicato al ministro degli esteri nazista Joachim von Ribbentrop in occasione della firma italiana al Patto anticomintern del 6 novembre 1937.

Il 12 febbraio 1938 Hitler convocò il Cancelliere austriaco Kurt von Schuschnigg nella propria residenza di Berchtesgaden, sulle Alpi bavaresi. Nel corso del colloquio il Führer ingiunse all’interlocutore di amnistiare gli autori del tentativo di colpo di Stato nel quale era rimasto ucciso Dollfuss e a inserire nel proprio governo esponenti del partito nazista austriaco entro quattro giorni minacciando in caso contrario di invaderne il Paese. Von Schuschnigg concesse l’amnistia e attuò il rimpasto di governo ma a quel punto Hitler, il 20 febbraio dichiarò alla radio che i popoli di lingua tedesca non avrebbero potuto restare a lungo separati dalla madrepatria Germania. Il riferimento all’Austria (e a parte della Cecoslovacchia) era chiaro.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è Stimmzettel-Anschluss.jpg
La scheda elettorale, con le sue due caselle di diseguali dimensioni e diversamente centrate rispetto al corpo della scheda.

Il Cancelliere austriaco tentò allora di rispondere alla provocazione di Hitler indicendo un referendum previsto per domenica 13 marzo, con il quale i cittadini austriaci sarebbero stati chiamati ad esprimersi a riguardo dell’indipendenza della nazione. La mossa di Von Schuschnigg mandò Hitler su tutte le furie. Attraverso i ministri nazisti il dittatore fece enormi pressioni sul Cancelliere e sul Presidente della Repubblica Miklas, inducendoli a revocare la consultazione referendaria. A questo punto Hitler pretese, minacciando nuovamente l’occupazione tedesca dell’Austria, le dimissioni di Von Schuschnigg e la nomina a cancelliere del ministro degli interni Arthur Seyss-Inquart, esponente di punta del partito nazista austriaco. Von Schuschnigg si dimise per evitare spargimenti di sangue. Il presidente Miklas si rifiutò fino all’ultimo di nominare Cancelliere Seyss-Inquart, ma alla fine si vide costretto a farlo, in quanto una guerra tra Germania e Austria sarebbe stata disastrosa per quest’ultima. Una volta nominato Cancelliere Seyss-Inquart aprì immediatamente le frontiere del Paese alle truppe tedesche invitandole a “riportare l’ordine” in Austria. Si compiva così l’Anschluss, l’unione dell’Austria alla Germania. Il 10 aprile 1938 un referendum farsa confermò l’annessione a maggioranza schiacciante (99,73% dei voti).

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è 04257d4eef4f24ed535a995b85f5adbf.jpg
Mappa della regione dei Sudeti, annessa alla Germania alla fine di settembre 1938.

Una volta fagocitata l’Austria, le attenzioni di Hitler si rivolsero subito al territorio dei Sudeti. Si trattava di una regione al confine con la Germania che sino al 1918 aveva fatto parte dell’Austria-Ungheria e che in seguito alla dissoluzione dell’impero asburgico era stata assegnata alla nuova repubblica di Cecoslovacchia. La presenza nella regione di una consistente minoranza tedesca di oltre 3 milioni di individui fu alla base della nuova rivendicazione di Hitler.

Mentre la propaganda di Goebbels  aizzava i tedeschi rivelando le presunte “atrocità” di cui era vittima la minoranza germanofona dei Sudeti, il Führer mobilitava i nazisti locali spingendoli a formulare richieste sempre più pesanti al governo cecoslovacco, il quale inizialmente si dimostrò disponibile a garantire ampie autonomie locali alla comunità tedesca. Ciò ovviamente non era sufficiente per Hitler che mirava all’annessione dei Sudeti e alla distruzione della Cecoslovacchia, uno stato democratico, industrializzato e abbastanza organizzato militarmente che in caso di conflitto avrebbe costituito una pericolosa spina nel fianco per il Reich in virtù della sua collocazione geografica.

Bundesarchiv Bild 183-R69173, Münchener Abkommen, Staatschefs.jpg
I firmatari dell’accordo: da sinistra, Chamberlain, Daladier, Hitler e Mussolini; a destra, Ciano. Sullo sfondo si nota Joachim von Ribbentrop, il ministro degli affari esteri tedesco.

La Cecoslovacchia era legata sia alla Francia sia all’Unione Sovietica da alleanze militari ma apparve chiaro fin da subito che in caso di aggressione da parte della Germania difficilmente i cecoslovacchi avrebbero ricevuto assistenza dai loro alleati: né la Francia né l’URSS confinavano con la Repubblica slava che era anzi circondata da Paesi a lei ostili come la Polonia e l’Ungheria. In base agli accordi i sovietici erano tenuti ad intervenire solo se i francesi avessero fatto altrettanto. Tuttavia la Francia era a sua volta condizionata dall’atteggiamento della Gran Bretagna che come abbiamo detto era propensa ad accontentare Hitler, il quale fece credere a Chamberlain che quella dei Sudeti fosse la sua ultima richiesta.

Nel settembre del 1938 Hitler, sopravvalutando la preparazione delle forze armate tedesche, pareva ormai deciso a scatenare l’invasione della Cecoslovacchia, nonostante il parere contrario dei suoi generali i quali, dopo aver visionato le difese allestite dall’esercito cecoslovacco, valutarono che la campagna sarebbe costata alla Wehrmacht pesanti perdite. A quel punto, mentre alla fine di settembre l’Europa pareva scivolare verso una guerra che nessuno voleva, il Führer accettò la proposta di una conferenza internazionale presentatagli da Mussolini su suggerimento anglo-francese.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è 1920px-Czechoslovakia_1939_it.SVG.png
Spartizioni della Cecoslovacchia tra il 1938 e il 1939.

L’incontro si tenne a Monaco di Baviera tra il 29 e il 30 settembre 1938 e vide la partecipazione di Hitler, del premier britannico Chamberlain, del primo ministro francese Daladier oltre che di Mussolini accompagnato dal proprio ministro degli esteri Galeazzo Ciano.  L’Unione Sovietica non venne invitata, il che non fece che accrescere la diffidenza di Stalin verso i leader occidentali. Nemmeno i rappresentati cecoslovacchi furono interpellati sebbene la conferenza riguardasse le sorti del loro Paese. Dopo laboriose trattative fu stabilito il passaggio della regione dei Sudeti alla Germania. Mentre l’esercito tedesco entrava nei nuovi territori, tra ottobre e novembre Polonia e Ungheria approfittarono della situazione di estrema debolezza della Cecoslovacchia per strapparle la cessione di alcune aree di confine abitate dalle rispettive minoranze nazionali. Al loro rientro in patria Chamberlain, Daladier e Mussolini vennero accolti come salvatori della pace. Si trattava però di una pace pagata a carissimo prezzo e che si rivelò quantomai precaria. Con la loro remissività e arrendevolezza le potenze democratiche avevano perso ogni credibilità, aprendo la strada a nuove aggressioni. Come commentò Winston Churchill dopo Monaco, Francia e Gran Bretagna “Potevano scegliere fra il disonore e la guerra. Hanno scelto il disonore e avranno la guerra”.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è Patto-acciaio.jpg
Il momento della firma del Patto d’Acciaio, avvenuta il 22 maggio 1939 a Berlino.

Intanto, come ci si sarebbe potuti aspettare, il successo conseguito nella conferenza di Monaco non fece altro che convincere ulteriormente Hitler della pavidità e dell’accondiscendenza delle democrazie, inducendolo a compiere la mossa successiva nemmeno sei mesi dopo l’annessione dei Sudeti. Dapprima il Cancelliere del Reich convocò a Berlino per il 13 marzo 1939 monsignor Jozef Tiso, un sacerdote cattolico divenuto capo del partito del popolo slovacco, convincendolo a dichiarare immediatamente l’indipendenza della Slovacchia sotto l’egida del Reich. Poi, il 14 invitò nella capitale del Reich il presidente della Cecoslovacchia, Emil Hácha, eletto come successore di Edvard Beneš, dimessosi a seguito della cessione dei Sudeti. Hitler inflisse all’ospite un’anticamera interminabile prima di riceverlo, all’una e mezza di notte comunicandogli l’imminente attacco della Wehrmacht a quello che restava della Cecoslovacchia. Il sessantasettenne presidente cecoslovacco all’udire questa notizia restò vittima di un attacco di cuore. Hácha si riebbe dallo shock alle quattro e mezzo, quando infine firmò un documento in cui dava il via libera all’occupazione tedesca del suo Paese.

La Cecoslovacchia non avrebbe potuto in ogni caso resistere all’attacco tedesco avendo perso le sue principali fortezze di confine a seguito della cessione dei Sudeti. Hácha quindi preferì saggiamente evitare un inutile spargimento di sangue. La mattina del giorno successivo le truppe tedesche entrarono in Boemia e Moravia, non incontrando resistenza. Il 16 marzo, Hitler si recò in Cecoslovacchia e dal Castello di Praga proclamò la nascita del Protettorato di Boemia e Moravia, subordinato a un governatore tedesco.

MolotovRibbentropStalin.jpg
Il ministro degli esteri sovietico Molotov firma il patto di non aggressione con la Germania alla presenza di Ribbentrop e Stalin e sotto il ritratto di Lenin (mosca, 23 agosto 1939).

La distruzione della Cecoslovacchia determinò un mutamento di rotta nella politica delle democrazie occidentali. Gran Bretagna e Francia lasciarono da parte ogni volontà di appeasement e si prepararono al conflitto contro la Germania che ormai andava profilandosi. Furono stipulati accordi di assistenza militare con Paesi Bassi, Belgio, Grecia, Romania e Turchia ma soprattutto si giunse, tra il marzo e l’aprile del ’39 ad un’alleanza con la Polonia, che dimostrava la volontà anglo-francese di opporsi alla nuova rivendicazione di Hitler su Danzica (Gdańsk in polacco) e sul “corridoio” che univa la città al resto della Polonia. Intanto, il 22 maggio 1939 Italia e Germania firmavano una vera e propria alleanza militare, il “Patto d’Acciaio”, che impegnava entrambe le nazioni a darsi sostegno reciproco in caso di guerra a prescindere da chi fosse stato a scatenarla (quindi non solo in caso di guerra difensiva ma anche in caso di aggressione a uno stato terzo). Mussolini accettò di stipulare un accordo del genere fidandosi della parola di Hitler che gli aveva assicurato che la guerra non sarebbe scoppiata prima di due o tre anni. Negli stessi giorni i generali tedeschi stavano mettendo a punto i piani per l’attacco alla Polonia.

Restava una sola incognita nel quadro europeo, costituita dall’atteggiamento sovietico. Probabilmente un’intesa fra l’URSS e le democrazie avrebbe costretto Hitler a desistere dai suoi propositi bellicosi. Tuttavia una simile alleanza appariva quasi impossibile a causa dell’anticomunismo degli occidentali oltre che dai sospetti di Stalin in merito al fatto che Francia e Gran Bretagna intendessero “scaricare” su di lui l’aggressività tedesca. Il definitivo colpo di grazia ad una coalizione anti nazista che includesse anche l’Unione Sovietica fu inferto dai polacchi, che rifiutarono categoricamente di concedere all’Armata Rossa il permesso di transitare sul loro territorio in caso di guerra.

Manifesto nazista che rivendica il possesso di Danzica in quanto città tedesca (“Danzig ist deutsch” significa infatti “Danzica è tedesca”)

Deciso a cautelarsi contro eventuali iniziative tedesche, il 23 agosto 1939 Stalin accettò di firmare un patto di non aggressione decennale con la Germania, noto come Patto Molotov-Von Ribbentrop, dal nome dei ministri degli esteri sovietico e tedesco. Questo accordo fu accolto con costernazione dall’opinione pubblica europea, e in modo particolare dai comunisti. Fu così che i due Paesi si accordarono per spartirsi le spoglie della Polonia mentre protocolli segreti allegati al patto lasciavano mano libera ai sovietici sui territori delle Repubbliche baltiche (Lituania, Estonia e Lettonia), della Bessarabia romena e della Carelia finlandese. Hitler a questo punto fu libero di scatenare la guerra senza il rischio di una guerra su due fronti come accaduto alla Germania nel 1914-18. Com’era nel suo stile, anche questa volta Hitler architettò una turpe messinscena progettando un finto attacco alla stazione radiofonica di Gleiwitz attuato da militari tedeschi in uniforme polacca. A conclusione dell’operazione il commando tedesco lasciò sul posto i cadaveri di alcuni prigionieri prelevati dai campi di concentramento con addosso divise polacche che sarebbero stati mostrati alla stampa come prova dell’assalto alla stazione radiofonica. L’attacco nazista ebbe così inizio alle 4.45 del mattino del 1° settembre 1939, esattamente ottanta anni fa.

La guerra appena cominciata poteva apparire a prima vista come una tragica replica di quella combattuta vent’anni prima: anche questa volta la Germania cercava di affermare il proprio predominio sul continente europeo mentre Francia e Gran Bretagna tentavano di ostacolare questo tentativo. Nel corso della sua durata la seconda guerra mondiale conobbe un’estensione molto maggiore rispetto alla Grande Guerra tanto in termini di attori coinvolti quanto di vastità delle aree geografiche interessate dalle operazioni militari. Il conflitto sarà caratterizzato da un radicale e insanabile scontro ideologico tra fascismo e antifascismo e questa contrapposizione interesserà anche i civili, fatti oggetto di rappresaglie e rastrellamenti oppure protagonisti di episodi di resistenza armata all’invasore nazifascista.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...