Laudato sii

“Alto e glorioso Dio, illumina le tenebre del cuore mio” Preghiera di Francesco d’Assisi davanti al Crocifisso di San Damiano

C’è chi lo vede come il primo hippie della Storia, una sorta di ambientalista e di propugnatore dell’amore e della pace universale in anticipo sui tempi. Alcuni invece lo hanno visto come il primo fautore del dialogo inter religioso. Forse lo era o, più probabilmente queste sono solo etichette che superficialmente gli abbiamo appiccicato addosso noi uomini di oggi. Quel che è certo è che la sua per la Chiesa è stata una rivoluzione. Parliamo di San Francesco, il “Poverello d’Assisi”, una delle figure più carismatiche del Medioevo, che ancora oggi, a quasi otto secoli dalla morte, non smette di affascinare milioni di persone, in tutto il mondo.

Presunto ritratto di San Francesco realizzato da Cimabue nella Basilica inferiore di San Francesco d’Assisi.

Della sua vicenda umana abbiamo pochi dati certi. La maggior parte delle informazioni le possiamo ricavare dalla biografia redatta da Tommaso da Celano (ca. 1190- 1265) e dalla Legenda Maior scritta da San Bonaventura da Bagnoregio (1217/1221-1274). In quest’ultima opera, commissionata direttamente dai Frati Francescani, vennero purgati molti elementi mondani della biografia di Tommaso da Celano a favore di toni più aulici e agiografici.

Non sappiamo esattamente quando Francesco venne al mondo. Probabilmente accadde nell’anno 1181 o 1182, in una data che rimane comunque oscura. Francesco, in origine, non era nemmeno il suo vero nome: all’atto del battesimo, infatti, al bambino venne imposto il nome di Giovanni, in omaggio al Battista, secondo la volontà della madre, Madonna Pica, di origini francesi. Crescendo però il padre, il mercante Pietro di Bernardone, prese a chiamarlo “Francesco”, cioè “il francese”, in omaggio proprio alla Francia, dove Pietro si recava per affari e dove conobbe la sua futura moglie. Oltre a Francesco, Pietro e Pica pare avessero un altro figlio di nome Angelo.

La famiglia di Francesco apparteneva a quella classe mercantile che allora, tra il XII e il XIII secolo, era in rapida ascesa dal punto di vista economico e che andava di pari passo acquistando maggiore peso politico nel governo del Comune, a scapito della vecchia aristocrazia cittadina che guardava dall’alto in basso questi popolani arricchiti. Il padre di Francesco era titolare di un’attività di import-export di tessuti che acquistava in Provenza per poi rivenderli in tutto il Ducato di Spoleto, di cui Assisi faceva parte. Pietro di Bernardone, agiato e stimato mercante, sperava, come tutti i borghesi che avevano accumulato un cospicuo patrimonio, che suo figlio potesse salire nella scala sociale, aggiungendo alla ricchezza il blasone, magari ottenendo l’investitura a cavaliere e sposando l’erede di una famiglia aristocratica.

Il sogno delle armi, affresco di Giotto conservato nella Basilica Superiore di Assisi.

Naturalmente il titolo di cavaliere andava conquistato sul campo dando prova del proprio valore militare. La grande occasione per Francesco parve presentarsi nel 1202, quando, ventenne, fu chiamato a combattere per Assisi contro gli odiati rivali perugini, in una delle tante guerre tra i due comuni umbri. Francesco però fu sfortunato e cadde prigioniero del nemico in uno scontro a Collestrada. I perugini giustiziarono molti fanti e balestrieri caduti nelle loro mani, perché nessuno avrebbe mai pagato il loro riscatto ma Francesco e altri cavalieri erano una preziosa fonte di guadagno. Per il futuro santo l’esperienza della prigionia fu sconvolgente: si ammalò e fu sul punto di morire. La famiglia pagò la somma richiesta per la sua liberazione e Francesco, una volta rilasciato, tornò ad Assisi l’anno successivo.

Sempre alla ricerca della gloria Francesco ripartì per unirsi alle truppe di Gualtieri di Brienne dirette in Terrasanta. Secondo la Legenda Maior, Francesco fu indotto a partire dopo avere sognato un enorme palazzo che una voce gli diceva sarebbe stato suo. Credendolo una premonizione della futura gloria militare si mise in marcia ma, giunto a Spoleto, ricevette un altro sogno che gli fece capire che stava sbagliando tutto. La voce udita gli domandò “Francesco, perché ti ostini a servire il servo (l’uomo) e non il Padrone (Dio)?”. Fu così che l’aspirante crociato fece dietrofront e tornò a casa. Quell’esperienza onirica gli cambiò la vita: il giovane prese sempre più spesso a ritirarsi in solitudine a pregare e meditare.

Francesco in preghiera davanti al Crocifisso di San Damiano.

Anche il suo atteggiamento verso il prossimo mutò radicalmente: un giorno incontrò un lebbroso e non poté trattenersi dall’abbracciarlo e dal baciarlo mentre prima, per sua stessa ammissione, Francesco non sopportava nemmeno la vista di un uomo affetto dalla lebbra. Mandato dal padre a Roma a vendere una partita di stoffe distribuì il denaro ricavato dalla vendita ai poveri e scambiò il proprio abito con quello di un mendicante mettendosi a chiedere l’elemosina.

Nel 1205 avvenne un altro episodio cruciale nella conversione del santo: mentre era raccolto in preghiera nella chiesetta di San Damiano, fuori Assisi, pare che il Crocifisso lì conservato l’abbia esortato ad agire con queste parole “Francesco, va’ e ripara la mia Chiesa che come vedi è tutta in rovina”. Infervorato da queste parole il ragazzo svuotò il magazzino della ditta paterna e offrì il ricavato al sacerdote di San Damiano perché avviasse il restauro della chiesetta. Il prete non poté non raccontare a Pietro di Bernardone questo fatto insolito e il mercante, al colmo del furore, denunciò il figlio pubblicamente davanti al tribunale cittadino. Al processo Francesco si appellò alla protezione del vescovo, e, come riporta la Legenda Maior, una volta spogliatosi delle vesti disse “Di qui in avanti posso dire con certezza Padre nostro che sei nei Cieli, poiché Pietro di Bernardone mi ha ripudiato”. Il vescovo di Assisi, Guido, lo coprì con il proprio mantello, gesto simbolico che segnava l’ingresso di Francesco nella Chiesa.

Affresco di Giotto che raffigura la rinuncia di Francesco all’eredità paterna.

Francesco si rifugiò per un periodo di tempo a Gubbio, ospite del suo vecchio compagno d’arme, il nobile Federico Spadalonga. Tornò ad Assisi con l’estate del 1206, una volta placatosi lo scandalo causato dal suo gesto plateale. Il futuro santo si dedicava alla preghiera, all’assistenza ai lebbrosi e al restauro di alcune chiese in rovina come San Damiano e soprattutto la Porziuncola, a Santa Maria degli Angeli. La sua scelta di vita era improntata alla rinuncia di qualsiasi tipo di ricchezza per “seguire nudi il Cristo nudo”. Francesco scelse inoltre di vivere con gioia rinunciando a qualunque forma di istruzione, come un ignorante o un giullare tanto che il santo diventerà noto con il soprannome di “Giullare di Dio”.

In un primo tempo Francesco rimase da solo ma presto il suo esempio contagiò altri giovani desiderosi di seguire il suo esempio: tra i primi compagni ci furono amici d’infanzia e concittadini del Poverello Serafico. Tra loro si ricordano Bernardo Quintavalle, Pietro Cattani, Filippo Longo, Elia da Cortona, Frate Leone, Frate Masseo e Frate Ginepro. Con loro Francesco iniziò la sua opera di predicazione anche fuori dai confini dell’Umbria. Erano il primo nucleo dell’Ordine Francescano a cui Papa Innocenzo III concesse la sua approvazione nel 1209 sulla base di un documento di cui però non ci è pervenuto il contenuto. Probabilmente quel testo, riveduto e integrato successivamente, fu la base della Regola vera e propria che lo stesso Francesco redasse alla Porziuncola nel 1221.

Papa Innocenzo III concede la propria approvazione all’Ordine francescano.

Anche le ragazze vennero contagiate dall’esempio di Francesco come accadde a Chiara Scifi figlia del conte assisano Favarone di Offreduccio. La ragazza decise di dedicare la propria vita a Dio in contrasto con la volontà di suo padre che la voleva maritata. Per questo motivo dovette scappare di casa, aiutata in questo da Francesco e dai suoi compagni. Santa Chiara fu la fondatrice delle monache clarisse, il ramo femminile della Famiglia Francescana.

Intanto, negli anni successivi, il movimento cresceva a vista d’occhio insieme alla fama del suo fondatore. Francesco accoglieva chiunque, senza distinzioni. La gente era irresistibilmente attratta dal suo buon esempio e dal suo grande carisma. I frati praticavano l’assoluta povertà personale, vestendo di un semplice saio di nessun valore e spostandosi a piedi scalzi sia d’inverno che d’estate. Rifiutavano inoltre qualsiasi elemosina in denaro perché altrimenti, secondo le parole dello stesso Francesco, essi avrebbero sottratto ciò che spettava ai poveri.

Pur ricordando sotto taluni aspetti lo stile di movimenti ereticali come quello cataro o quello valdese, i francescani non misero mai in discussione l’obbedienza alla Chiesa, senza mai contestare apertamente la condotta scandalosa di certi membri del clero. Anzi, fu quasi in risposta ai Catari, che riteneva il Creato opera di un dio del male, che Francesco compose lo splendido Cantico delle Creature in cui esaltava la bellezza della Creazione divina. Il Cantico è inoltre una delle prime testimonianze scritte di lingua italiana volgare.

La vestizione di Chiara e delle sue consorelle.

Francesco si distinse anche per l’impegno missionario recandosi in Egitto nel 1219, mentre era in corso la Quinta Crociata. Il suo obbiettivo era incontrare il sultano Al-Malik, nipote di Saldino, per indurlo a diventare cristiano e porre fine alle ostilità ma il sovrano musulmano non volle sentire ragioni anche se trattò molto bene quel curioso ospite, a cui permise di tornare incolume al campo crociato.

Tornato in Italia Francesco nella redazione della Regola del 1221 prescrisse, al Capitolo XVI, il comportamento che i suoi frati avrebbero dovuto tenere recandosi presso i Saraceni: “I frati […] non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani. […] quando vedranno che piace al Signore, annunzino la parola di Dio perché essi credano in Dio onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose, e nel Figlio Redentore e Salvatore, e siano battezzati, e si facciano cristiani, poiché, se uno non sarà rinato per acqua e Spirito Santo non può entrare nel Regno di Dio”.

San Francesco predica di fronte al sultano Al-Malik e alla sua corte.

L’Ordine aveva conosciuto una straordinaria crescita delle adesioni ma naturalmente ciò portò con sé inevitabilmente delle difficoltà nella sua gestione. Sin dai primissimi anni, ancora vivo Francesco, scoppiarono divisioni tra i frati su come l’ordine avrebbe dovuto organizzarsi: diventava ormai impossibile mandare avanti una comunità così grande vivendo alla giornata come nei progetti del fondatore. La maggior parte dei frati voleva potersi istruire, abitare in conventi in muratura e non in capanne di frasche. Molti frati insistevano sul fatto che il loro lavoro non fosse quello manuale ma consistesse nello studio e nella predicazione della Parola di Dio e che per questo fosse giusto accettare elemosine dai fedeli, con le quali potersi mantenere. Francesco piuttosto che punire i compagni scelse volontariamente di rinunciare alla guida dell’Ordine rimanendo però un esempio di vita per tutti i suoi frati per tutto il resto della sua esistenza.

San Francesco riceve le stimmate mentre si trova in preghiera sul Monte della Verna (AR).

All’amarezza per le dispute interne si aggiungevano per Francesco i malanni fisici derivati da una vita segnata da digiuni, penitenze e privazioni. Era sofferente di fegato oltre che ormai quasi completamente cieco. Dopo che, secondo gli agiografi, ebbe ricevuto il dono delle Stigmate il 14 settembre 1224 mentre si trovava in ritiro sul Monte della Verna (nell’odierno comune di Chiusi della Verna, in provincia di Arezzo), Francesco si spense alla Porziuncola nella notte tra il 3 e il 4 ottobre 1226, a soli quarantaquattro anni. La sua fama al momento della scomparsa era tale che, eccezionalmente, Papa Gregorio IX lo proclamò santo già nel 1228, a soli due anni dalla morte. Inizialmente sepolto nella chiesa di San Giorgio, nel 1230 la sua salma fu traslata nell’imponente Basilica a lui dedicata. Il cantiere della chiesa era stato inaugurato proprio l’anno della canonizzazione, per volere del suo antico compagno Frate Elia, divenuto nel frattempo Generale dell’Ordine.

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Francesco ammansisce il feroce lupo di Gubbio, uno degli episodi più famosi dei Fioretti.

Dai dissidi in merito alla gestione e alla condotta di vita , acuitisi dopo la scomparsa di Francesco, sono derivati i due rami dell’Ordine dei conventuali e dei frati minori. I primi hanno interpretato in maniera più morbida l’esempio del santo, mentre i secondi hanno scelto di seguire Francesco più da vicino. Della Famiglia Francescana fanno parte anche l’Ordine femminile delle Clarisse e un terzo Ordine, i Terziari appunto, di laici uomini e donne. Dal Cinquecento poi un gruppo di frati che volle seguire ancora più rigidamente l’insegnamento di Francesco diede vita all’Ordine dei Cappuccini.

Con l’esperienza francescana cambiò il modo di vedere Dio: mentre prima Egli era raffigurato come un sovrano sul trono, supremo giudice degli uomini, ora assume importanza nella devozione popolare la figura di un Gesù sofferente sulla croce, attraverso il cui sacrificio l’umanità viene redenta dal male. San Francesco è tuttora uno dei santi più amati della Cristianità. La devozione è l’affetto popolare per il Poverello Serafico è ben testimoniata dalla raccolta di aneddoti risalente al XIV secolo, nota come “I fioretti di San Francesco”, nella quale sono raccontati episodi tra la storia e la leggenda popolare come quello della Predica agli uccelli e quello del famelico Lupo di Gubbio.

La figura del santo di Assisi ha ispirato infine anche il cardinale Jorge Mario Bergoglio quando, eletto Papa della Chiesa Cattolica nel 2013, ha deciso, stupendo il mondo, di assumere come nome pontificale proprio quello di Francesco. Il Santo Padre ha dichiarato alcuni giorni dopo l’elezione di avere compiuto questa scelta ispirato proprio dagli insegnamenti del Poverello Serafico. Papa Bergoglio ha non a caso insistito fin dall’inizio del suo pontificato su tre temi di importanza capitale cari già otto secoli fa a San Francesco: la pace, il Creato, i poveri.

La Basilica di San Francesco ad Assisi, edificata a partire dal 1228 per volere di Frate Elia da Cortona.

Papa Francesco ha posto l’accento sulla necessità di costruire una vera Pace in un mondo che a suo parere sta vivendo “una terza guerra mondiale a pezzetti”. Il Creato è un altro tema che sta molto a cuore al Santo Padre che ha dedicato l’enciclica Laudato sii proprio alle problematiche ambientali. Bergoglio, che ha dichiarato di volere “una Chiesa povera per i poveri”, ha più volte denunciato una certa “cultura dello scarto” che porta all’esclusione dalla società di milioni di persone. Come il suo omonimo Santo anche questo Francesco è adorato e seguito da milioni di persone. Se il mondo saprà ascoltarlo davvero sarà una vittoria per la Chiesa e per tutti gli uomini di buona volontà. Pace e Bene.

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