IL TRAMONTO DELLA “MEGALI IDEA” ELLENICA E LA NASCITA DELLA TURCHIA MODERNA
Una delle conseguenze più nefaste della pessima gestione della Conferenza di Pace di Parigi, convocata al termine della Grande Guerra, fu senza dubbio lo scoppio del conflitto greco-turco, generato dall’imprevidenza con cui i negoziatori di Versailles gestirono i problemi derivanti dalla dissoluzione dell’impero ottomano. Mentre francesi e inglesi procedevano alla spartizione delle spoglie mediorientali dell’impero turco, con il collasso del potere sultaniale iniziarono a palesarsi le ambizioni greche nei confronti del vilayet (provincia) di Smirne (l’odierna Izmir), situata sulla sponda anatolica del Mare Egeo. Collocata sul fondo di un lungo golfo la città era ed è uno dei migliori approdi della regione. Alla fine della prima guerra mondiale Smirne, sotto il dominio turco da circa seicento anni, ospitava una fiorente e numerosa comunità ellenica residente in città da secoli.

Il Regno di Grecia, ovvero il moderno Stato ellenico aveva visto la luce nel 1832 con il Trattato di Costantinopoli. La liberazione dei greci dal dominio ottomano era stata possibile grazie all’appoggio delle potenze europee, che avevano sostenuto i patrioti ellenici nelle loro guerra di indipendenza combattuta tra il 1820 e il 1831. Sin dal conseguimento dell’indipendenza la Grecia non aveva fatto altro che ingrandirsi territorialmente a spese del proprio declinante dirimpettaio. Guerre greco-turche erano state combattute nel 1854, nel 1897 e infine del biennio 1912-1913.
Nel tentativo di annettersi i territori abitati da comunità elleniche ancora sottoposti al dominio straniero, nel 1917 il Regno di Grecia era infine intervenuto nella prima guerra mondiale a fianco degli Alleati dell’Intesa. L’entrata in guerra aveva generato un terremoto politico in quanto Re Costantino I, di famiglia tedesca, era contrario ad una simile scelta. Interventista era invece il suo ambizioso primo ministro, il cretese Eleutherios Venizelos. Con l’appoggio degli Alleati Venizelos attuò un colpo di stato costringendo il proprio sovrano ad abdicare in favore del più malleabile figlio Alessandro. L’ingresso delle forze elleniche nel conflitto portò all’apertura di un nuovo fronte, esteso dalle coste albanesi dell’Adriatico sino al fiume Struma in Bulgaria, il che costrinse gli Imperi Centrali a dirottare una parte delle loro forze nei Balcani. Il pur modesto contributo offerto alla causa alleata aveva comunque consentito alla Grecia di essere riconosciuta alla fine del conflitto tra le nazioni vincitrici.

Alla conferenza di pace di Versailles la Grecia fu rappresentata dallo stesso Venizelos, il quale si presentò a Parigi per riscuotere dagli alleati quanto promesso in cambio dell’intervento del suo Paese. Politico senz’altro capace, il capo del governo greco mancava tuttavia di qualunque senso delle proporzioni: aveva infatti elaborato un ambizioso disegno, noto con il nome di “Megali Idea“, la “Grande Idea” già teorizzata dai nazionalisti greci. Essa prevedeva l’annessione al regno greco delle coste egee dell’Anatolia oltre che di Cipro, del Dodecanneso della Tracia orientale con Costantinopoli, che sarebbe divenuta la nuova capitale oltre che sede del Patriarcato ecumenico ortodosso.
I primi sbarchi di truppe greche nella baia di Smirne si verificarono il 15 maggio 1919 con l’appoggio delle unità navali inglesi e francesi presenti nella zona. Il 6 maggio precedente nel corso dei colloqui in seno alla conferenza di Parigi, il Premier britannico David Lloyd George aveva infatti affermato la necessità di proteggere in tempi brevi le popolazioni elleniche della Ionia da cui, aggiunse, giungevano notizie di violenze commesse nei loro confronti dai turchi. Ben presto le forze elleniche estesero la loro occupazione anche alla regione circostanze, il che provocò violenze di ogni genere da ambo le parti. Il 27 maggio i greci occuparono il centro di Aydin per poi evacuarlo tra il 29 e il 30 non prima di avervi compiuto orrende violenze sulla popolazione civile, in gran parte turca.

Mentre le notizie dei crimini commessi dalle forze elleniche suscitavano lo sdegno della comunità internazionale, l’occupazione greca di territori abitati per lo più da turchi provocò la reazione della popolazione locale che iniziò ad organizzarsi militarmente per rigettare in mare gli invasori. Nel frattempo, il 19 maggio 1919, il generale Mustafa Kemal venne nominato ispettore della 9° armata turca, acquartierata nei pressi di Ankara. Kemal era un leader militare di primissimo piano: aveva combattuto con coraggio contro gli italiani in Libia nella guerra del 1911-12 mentre nel corso della Grande Guerra era stato il principale artefice della vittoria ottomana contro le forze anglo-francesi a Gallipoli. Successivamente era stato posto al comando della 7° armata ottomana dislocata in Medio Oriente alla testa della quale aveva dato notevole filo da torcere agli inglesi del generale Allenby.
Mentre gli Alleati trattavano i termini della pace con l’impero ottomano, Kemal costituì ad Ankara un nuovo governo, laico e nazionalista, in contrapposizione a quello sultaniale di Istanbul.

Proclamato il 3 maggio 1920, il governo della Grande Assemblea nazionale turca, pur in mancanza di qualunque riconoscimento internazionale, guadagnò rapidamente consensi presentandosi come alfiere della componente turca dell’impero. Dal punto di vista militare il governo nazionalista di Ankara si dotò rapidamente di un esercito agguerrito e ben equipaggiato anche grazie agli aiuti militari inviatigli da Italia e Francia, ostili alle manovre greche in Anatolia.
Il 10 agosto 1920 il Trattato di Sevres venne infine sottoscritto dai rappresentanti del governo ottomano. Esso consolidava la spartizione dell’Impero ottomano in base agli accordi segreti stipulati tra le Potenze Alleate e alle condizioni negoziate alla conferenza di Sanremo dell’aprile 1920. In base ai 433 articoli in cui si articolava il documento la Sublime Porta dovette rinunciare ai suoi territori mediorientali subendo altresì amputazioni territoriali nel suo stesso nucleo storico, la penisola anatolica, dove Francia e Italia ottennero il riconoscimento di zone di influenza rispettivamente in Cilicia e nel vilayet di Adalia. Secondo l’articolo 2, inoltre, l’area degli Stretti veniva aperta alla navigazione e sottoposta al controllo internazionale mentre a oriente del fiume Eufrate l’impero ottomano era obbligato a ulteriori cessioni territoriali in favore dei nuovi stati di Armenia e Kurdistan, in via di costituzione (articoli 3 e 5). la Grecia si vedeva riconosciuto il possesso di Smirne e della Tracia ottomana, mentre l’Italia otteneva la conferma della sua sovranità su Rodi e sull’arcipelago Dodecanneso, occupati ai tempi della guerra di Libia del 1911-12.

Come si può facilmente immaginare il Trattato di Sevres fu duramente contestato dai nazionalisti turchi. L’ Assemblea Nazionale turca attribuì allora a Kemal il compito di liberare il suolo della Turchia dagli eserciti stranieri. I governi di Parigi e Roma si resero ben presto conto delle difficoltà che avrebbe comportato il tentativo di mettere in atto le clausole del trattato relative all’Anatolia e saggiamente ritirarono le loro truppe lasciando soli i greci a vedersela con le forze nazionaliste di Mustafa Kemal. Venizelos a quel punto si trovò a dover superare il problema di vedersi riconosciute le proprie conquiste in Asia Minore trattando con il governo di Ankara che però rifiutava di riconoscere le clausole del trattato di Sevres.
A complicare la situazione del Primo Ministro ellenico intervenne uno di quegli accidenti del caso in grado di sconvolgere completamente lo stato delle cose: il 25 ottobre 1920 mentre passeggiava nel parco del Palazzo Reale di Atene Re Alessandro venne morso alla gamba da una scimmia mentre il sovrano tentava di dividere l’animale dal suo cane pastore. La ferita si infettò rapidamente portando il ventisettenne monarca alla morte per setticemia. Venizelos avrebbe a quel punto preferito proclamare la repubblica ma rinunciò a causa dell’opposizione del Regno Unito, contrario a un simile progetto.
Le consultazioni elettorali che si tennero il 14 novembre 1920 assunsero a quel punto il valore di un referendum a favore o contro Venizelos. Il responso delle urne fu largamente favorevole ai monarchici determinando l’uscita di scena di Venizelos e il ritorno sul trono di Costantino.
Il nuovo governo, presieduto da Dimitrios Rallis ereditò i problemi del precedente esecutivo, primo fra tutti quello della situazione in Asia Minore. Per tentare di risolvere i problemi ancora aperti a proposito dell’esecuzione del Trattato di Sevres, gli Alleati convocarono a Londra una conferenza alla quale furono invitate le delegazioni di entrambi i governi turchi, sia quello sultaniale sia quello nazionalista. A Londra fu inoltre formulata una proposta di compromesso nel tentativo di mettere fine al conflitto greco-turco ma il governo ellenico, convinto di poter avere ragione facilmente dell’avversario rispedì sdegnosamente la proposta al mittente. La situazione sul fronte diplomatico si faceva tuttavia critica per il governo ellenico in quanto negli stessi mesi iniziò a circolare l’ipotesi di un riconoscimento ufficiale del governo nazionalista di Ankara da parte della Francia, eventualità che avrebbe consentito a Kemal di spostare verso ovest ingenti forze fino a quel momento dislocate a oriente.

L’offensiva greca ebbe inizio il 23 marzo 1921. Inizialmente le truppe elleniche avanzarono abbastanza agevolmente verso est senza incontrare ostacoli di rilievo. I successi conseguiti indussero i comandi greci a intraprendere un’ulteriore avanzata. Fu così che nell’estate del 1921 ben undici divisioni dell’esercito greco avanzarono dalle proprie basi lungo la linea ferroviaria Afyonkarahisar-Eskişehir sino alle rive del fiume Sakarya al di là del quale le forze turche si erano ritirate per riorganizzarsi. Il 23 agosto i greci attaccarono nuovamente convinti di assestare la zampata finale al nemico e poter così marciare su Ankara e conquistarla, ponendo così fine alla guerra. Tuttavia a 50 chilometri dalla città l’esercito greco fu fermato dalla resistenza turca al punto che il 13 settembre fu costretto a ripiegare.
La vittoria riportata nella battaglia del fiume Sakarya aumentò notevolmente il prestigio di Mustafa Kemal e del governo di Ankara che, dopo avere firmato il 16 marzo a Mosca un trattato d’amicizia con l’Unione Sovietica, il 20 ottobre successivo siglò l’ancor più prezioso trattato di Ankara, il quale chiudeva una volta per tutte il conflitto franco-turco in Cilicia. Nonostante i successi militari contro i greci tuttavia l’esercito kemalista era estremamente provato il che consentì ai greci di ritirarsi indisturbati verso occidente.

Dopo un inverno di stasi, nella primavera del 1922, rafforzato dagli aiuti militari ricevuti da sovietici e francesi, l’esercito turco prese a sua volta l’iniziativa attaccando i greci. Il 26 agosto Kemal lanciò una grande offensiva che culminò nella battaglia di Dumlupinar, nella quale le forze elleniche vennero spazzate vie. Ormai vittoriosi, il 9 settembre i turchi entrarono a Smirne. La popolazione greca e armena, colta dal panico, diede vita ad un esodo di massa impiegando ogni imbarcazione disponibile. Coloro che rimasero subirono eccessi di ogni tipo ad opera dei vincitori. Il 13 settembre scoppiò un grande incendio, non si sa se di natura accidentale o dolosa, che distrusse buona parte della zona portuale di Smirne.

La guerra si chiuse l’11 ottobre successivo con l’armistizio di Mudanya, col quale la Turchia otteneva la restituzione della zona degli Stretti, fino a quel momento occupata da una forza multinazionale anglo-franco-italiana. La vittoria permise a Mustafa Kemal di riportare gli le potenze alleate al tavolo negoziale. Il 23 agosto 1923 fu infine firmato il Trattato di Losanna con cui veniva abrogato quello di Sevres con cui la Turchia rinunciava ad ogni pretesa su Cipro, Siria e Iraq ma vedeva altresì riconosciute le proprie frontiere, corrispondenti a quelle attuali.
Ormai padrone dello stato, nel novembre del 1922 Mustafa Kemal, da quel momento noto con il soprannome onorifico di Atatürk (“Padre dei Turchi”), dichiarò decaduto il Sultano proclamando la nascita della nuova repubblica turca, della quale assunse la presidenza. Una volta al potere promosse una serie di riforme volte a occidentalizzare e laicizzare la società turca, in netta controtendenza rispetto al passato imperiale ottomano. Atatürk rimase in carica con poteri semi dittatoriali sino alla morte, avvenuta nel 1938. Contemporaneamente in Grecia la notizia del disastro militare in Anatolia provocò un terremoto politico di vaste proporzioni che costrinse ad una seconda abdicazione Re Costantino, sostituito sul trono dal figlio Giorgio II.

La ritirata delle forze elleniche dall’Anatolia fu accompagnata da un imponente esodo di oltre un milione di profughi di stirpe greca residenti nella Ionia, nel Ponto, nella Bitinia oltre che nella Tracia turca. Le comunità elleniche, radicate in Asia Minore fin dal IX secolo a.C. vennero così sradicate per sempre dalla loro terra d’origine. Ai profughi grechi si aggiunsero i rappresentanti della piccola comunità di lingua turca e di fede cristiana dei karamanlidi di Cappadocia. Contemporaneamente circa 300 mila tra turchi residenti in Grecia e rappresentanti della comunità islamica di Creta vennero costretti a lasciare le proprie case e riparare forzatamente entro i confini turchi. Lo scambio di popolazioni tra Grecia e Turchia al termine del conflitto, accompagnato da numerosi pogrom ed episodi di “pulizia etnica”, rappresentò la rinuncia al principio di tutela delle minoranze e il trionfo delle pretese nazionalistiche di edificare comunità nazionali coese per lingua, costumi, fede religiosa. Quello dello scambio di popolazioni al termine del conflitto greco-turco non rappresentò purtroppo un caso isolato ma sarà destinato a ripetersi ancora nel corso della travagliata storia del “Secolo Breve”.
Bibliografia:
- G. Sabbatucci & V. Vidotto, Il mondo contemporaneo. Dal 1848 ad oggi
- F. Cardini, S. Valzania, La pace mancata. La conferenza di Parigi e le sue conseguenze