Malta 1565: crociati sotto assedio!

Quella che fu scritta con il sangue a Malta fra il maggio ed il settembre del 1565 rappresenta una delle pagine più epiche del plurisecolare scontro fra la Croce e la Mezzaluna che attanagliò con particolare ferocia il Mediterraneo nel corso del XVI secolo. In questa contesa fra Occidente cristiano e Oriente islamico i Cavalieri dell’Ordine di San Giovanni giocarono un ruolo di primo piano. La confraternita vide la luce a Gerusalemme negli anni successivi alla prima crociata.

Gerardo Sasso viene nominato Gran Maestro dell’Ordine di San Giovanni dal Re di Gerusalemme Baldovino II.

La loro base originaria fu un ospedale dedicato a San Giovanni Battista, fondato nella Città Santa da un gruppo di pii mercanti amalfitani dopo avere ottenuto il permesso del califfo fatimide d’Egitto, allora padrone di Gerusalemme. Amalfitano fu anche il primo Gran Maestro, il monaco benedettino Gerardo Sasso, “il più umile fra gli uomini d’Oriente” che per le sue virtù la Chiesa venera ancora oggi come beato. Dalla repubblica marinara campana i Cavalieri trassero anche il simbolo che li contraddistinse, ossia una croce a otto punte, che stava a simboleggiare le otto beatitudini evangeliche. Per quanto riguarda la Regola, inizialmente gli Ospitalieri adottarono quella dei benedettini, dei quali faceva parte lo stesso Gerardo Sasso. Dai monaci di San Benedetto i Giovanniti imitarono la loro caratteristica tunica nera, sulla quale campeggiavano le insegne dell’Ordine.

Cavalieri di San Giovanni con la tipica tunica nera.

Tuttavia già a partire dalla reggenza del secondo Gran Maestro, Raymond de Puy, essi si dotarono di un proprio codice di condotta, ispirato alla Regola di Sant’Agostino. I nuovi cavalieri all’atto dell’ammissione pronunciavano i voti di castità, povertà e obbedienza, donando all’Ordine tutti i propri beni o una parte di essi. Questo, unito ai lasciti testamentari di fedeli facoltosi, portò gli Ospitalieri a diventare una delle organizzazioni più ricche della Cristianità. Accanto all’attività caritativa e assistenziale si affiancò ben presto quella militare, in difesa dei numerosi pellegrini che ogni anno giungevano in Palestina dall’Europa. I meriti dell’Ordine furono premiati nel 1113 da Papa Pasquale II, il quale con un’apposita bolla riconobbe i Cavalieri numerosi privilegi primo fra tutti la totale indipendenza da qualunque potere ecclesiastico o secolare, il che significava che essi avrebbero dovuto rispondere del loro operato unicamente al Pontefice.

La disperata difesa dei templari e degli ospitalieri alla battaglia di Hattin (4 luglio 1187)

In quegli stessi anni che seguirono il successo della prima crociata gli europei si resero conto che sarebbero stati necessari ulteriori sforzi questa volta per difendere i territori conquistati dai prevedibili tentativi di riconquista messi in atto dai vicini principati musulmani. In questo contesto la primitiva vocazione assistenziale cedette ben presto il passo a quella militare già a partire dalla reggenza di Raymond de Puy, succeduto nel 1120 allo scomparso Gerardo Sasso.

I Cavalieri di San Giovanni furono in prima linea nella difesa dei Luoghi Santi partecipando a tutte le guerre per la difesa del Regno di Gerusalemme. Il loro coraggio e la loro tenacia tuttavia non poterono nulla quando si trovarono di fronte il Sultano d’Egitto Saladino, il quale si rivelò per i cristiani un osso estremamente duro. Il 4 luglio 1187 Saladino spazzò via le forze crociate alla battaglia di Hattin, non lontano dal Lago di Tiberiade, nel nord dell’odierno Stato di Israele. Dei quasi 20 mila uomini dell’esercito cristiano oltre 16 mila vennero uccisi o fatti prigionieri.

La caduta di San Giovanni d’Acri (18 maggio 1291).

Saladino si accanì particolarmente contro i Templari e gli Ospitalieri, che vennero decapitati in massa e le cui teste furono esposte al ludibrio dei guerrieri del Sultano. Ormai senza più ostacoli i musulmani poterono assediare Gerusalemme a partire dal 20 settembre.

La città cadde il 2 ottobre successivo tornando così dopo ottantotto anni in mano musulmana. Dopo la caduta della sua capitale il Regno crociato di Gerusalemme continuò a vivacchiare sempre più stentatamente per ancora un centinaio di anni. Nonostante l’ingente profusione di uomini e materiali i cristiani non furono in grado di arrestare la riconquista islamica: il 18 maggio 1291 la città di San Giovanni d’Acri fu riconquistata dai soldati del sultano mamelucco al-Ashraf Khalil. Rimasti senza un tetto, gli Ospitalieri si trasferirono armi e bagagli a Cipro, sotto la protezione del Re Enrico II di Lusignano, il quale rivendicava anche l’ormai perduta corona di Gerusalemme.

La caduta di Acri aveva sancito una volta per tutte la fine del sogno dell’Oriente latino e inflitto un durissimo colpo all’ideale crociato. Tuttavia, superata la fase di sbandamento, l’Ordine seppe riorganizzarsi: abbandonata Cipro, dove i rapporti fra Cavalieri e sovrani dell’isola si incrinarono presto, gli Ospitalieri si buttarono a capofitto nella conquista dell’isola di Rodi guidati dal Gran Maestro Folco de Villaret. L’Ordine prese possesso dell’isola nel 1309, dopo averla strappata all’imperatore bizantino di Costantinopoli, cristiano ortodosso. Oltre che su Rodi, la sovranità del nuovo stato monastico si estese sulle adiacenti isole del Dodecanneso.

Il Mediterraneo orientale alla metà del XV secolo.

I Cavalieri si premurarono di fortificare i territori insulari sotto il loro controllo ma non si limitarono a restare passivamente sulla difensiva anzi si dotarono ben presto di una piccola ma agguerrita flotta, con la quale misero a segno un gran numero di incursioni e scorrerie piratesche ai danni delle navi musulmane, anche se va detto che talvolta  non si fecero scrupolo di assaltare anche bastimenti cristiani.

Naturalmente alla lunga con le loro imprese i Cavalieri di San Giovanni  divennero una vera e propria spina nel fianco per i potentati musulmani. Un primo tentativo di porre fine una volta per tutte alle incursioni degli Ospitalieri fu attuato dai mamelucchi egiziani, i quali attaccarono Rodi nel 1440, venendo respinti. Quarant’anni dopo ci riprovò il sultano ottomano Mehmet II Fatih (“il Conquistatore”), il condottiero che nel 1453 era riuscito nell’impresa di espugnare Costantinopoli, scrivendo così la parola fine alla millenaria storia dell’Impero bizantino. Mehmet per questa compagna ordinò di mettere in mare una flotta composta da circa 160 navi, necessarie per trasportare un’imponente armata di quasi 70 mila uomini, tra i quali spiccavano i 3 mila giannizzeri della guardia, ossia l’élite delle armate turche.

Miniatura medievale che illustra l’assedio ottomano di Rodi del 1480.

I Cavalieri Ospitalieri potevano opporre solamente 3500 combattenti fra cavalieri, sergenti e miliziani al comando di Pierre d’Aubusson, oltre a 2500 volontari francesi comandati dal fratello del Gran Maestro, Antoine. Nonostante l’inferiorità numerica i guerrieri cristiani diedero parecchio filo da torcere ai turchi, che furono costretti a ritirarsi dopo quattro mesi di attacchi infruttuosi, nei quali persero tra  9 mila e i 15 mila combattenti. Mehmet non fece però in tempo a prendersi la rivincita sui Cavalieri: morì l’anno successivo allo smacco, all’età di soli quarantanove anni.

Fu il successore di Mehmet, Solimano, detto “il Magnifico”, a regolare i conti con gli odiati Ospitalieri, attaccando di nuovo Rodi alla fine di giugno del 1522 con una forza d’invasione ancora più impressionante di quella predisposta dal bisnonno: 400 navi, 115 mila guerrieri appoggiati da una settantina di mortai necessari per avere ragione delle fortificazioni innalzate dai crociati. Anche questa volta i 6700 combattenti cristiani si batterono come leoni capitanati dal Gran Maestro Philippe de Villers de L’Isle-Adam ma alla fine il 22 dicembre furono costretti a issare bandiera bianca ed arrendersi, dopo sei mesi di scontri nei quali avevano perso quasi cinquemila uomini. Impressionato dalla tenacia dei suoi avversari Solimano concesse ai superstiti l’onore delle armi, permettendo loro di lasciare Rodi sani e salvi.

Il Gran Maestro Philippe de Villers de L’Isle-Adam prende possesso di Malta, ceduta agli Ospitalieri da Carlo V.

Fu così che 231 anni dopo la caduta di Acri i Cavalieri di San Giovanni si trovarono di nuovo senza una casa. Venne allora in loro soccorso l’Imperatore Carlo V d’Asburgo, il quale nel 1530 cedette a Philippe de Villers l’isola di Malta, feudo della Corona di Sicilia, di cui Carlo era titolare. Assieme alle isole del’arcipelago maltese gli Ospitalieri entrarono in possesso della città di Tripoli, persa però nel 1551 per mano del corsaro barbaresco Dragut. Come già a Rodi, anche a Malta l’Ordine combatté vigorosamente le azioni di pirateria dei corsari barbareschi, stretti alleati del sultano di Costantinopoli.  Arroccati nella loro isola-fortezza, i Cavalieri di Malta costituivano con la loro presenza un importante avamposto a difesa della frontiera meridionale dell’Europa cristiana in un Mediterraneo che nella seconda metà del XVI secolo era divenuto ormai un “lago islamico”.

Dopo la vittoria di Rodi nel 1522 Solimano il Magnifico, reduce dalle vittoriose campagne balcaniche degli anni ’20 che lo avevano portato sino alle porte di Vienna, era ora deciso a spazzare via per sempre gli Ospitalieri conquistando l’isola di Malta, che avrebbe potuto così fare da trampolino per una possibile conquista musulmana della Sicilia.

File:Grand Siège de Malte-fr.svg
Mappa che illustra la zona coinvolta dalle operazioni militari avvenute durante il Grande assedio del 1565.

Alle prime luci del 18 maggio 1565 le vedette maltesi assistettero, dall’alto delle torri del forte di Sant’Elmo, ad uno spettacolo da togliere il fiato: davanti a loro il mare era pieno di imbarcazioni a perdita d’occhio! Le navi turche erano oltre 370 fra vascelli di guerra e da trasporto. L’immensa flotta dopo essere stata avvistata virò verso sud per gettare le ancore nella baia di Marsaxlokk (Marsa Scirocco), ad una decina di chilometri dal Porto Grande, dove oggi sorge La Valletta, capitale della repubblica maltese. L’esercito turco sbarcato contava 40 mila combattenti oltre ai 6 mila giannizzeri e oltre 8 mila ausiliari non combattenti (genieri, zappatori e inservienti). In difesa di Malta erano schierati 550 Cavalieri di San Giovanni supportati da 1200 uomini fra sergenti e soldati. Sull’isola vi erano poi circa 1400 soldati professionisti italiani e spagnoli inviati sul posto dal viceré di Sicilia don Garcia de Toledo, il cui figlio militava tra le file crociate. Completavano lo schieramento i circa 3 mila miliziani reclutati fra la popolazione maltese. Le forze agli ordini del Gran Maestro Jean de la Valette ammontavano quindi a grosso modo 6 mila uomini, con un rapporto di forze pari a quasi 8 a 1 in favore dei turchi!

Il comando delle operazioni era stato affidato da Solimano a Dragut, il conquistatore di Tripoli, coadiuvato dal Gran Visir Kizil Ahmedli Mustafa Pascia e dall’ammiraglio Piyale Pascià. Il primo avrebbe preferito attaccare subito la capitale dell’isola, Medina, per poi dirigersi verso i forti di Sant’Angelo e San Michele e investirli con un attacco via terra, mentre il secondo, che intendeva mettere al sicuro la flotta nell’insenatura del Porto Grande, sosteneva la necessità di un attacco a Forte Sant’Elmo, le cui artiglierie sorvegliavano l’ingresso della baia.

La difesa cristiana di Forte Sant’Elmo.

Fu deciso di seguire il piano di Piyale Pascia per cui a partire dal 24 maggio cominciò il bombardamento di Sant’Elmo, difeso da poche decine di uomini, a cui La Valette aveva ordinato di resistere a oltranza. Dopo un mese di scontri  il forte era stato ormai raso al suolo e la flotta di Piyale Pascia gettò l’ancora nel Porto. Avendo perso circa 6 mila uomini fra i quali Dragut, i turchi si vendicarono massacrando tutti i prigionieri catturati, crocifiggendone poi i corpi ed esponendoli alla vista dei difensori cristiani, i quali reagirono decapitando tutti i turchi caduti nelle loro mani per poi spararne le teste coi cannoni verso il campo nemico. Anche se a noi oggi tali pratiche possono fare orrore va detto che si trattava di una forma di guerra psicologica comune nel corso del XVI secolo nelle guerre che opponevano cristiani e musulmani.

Affresco che raffigura l’attacco ottomano a Forte San Michele, respinto dai Cavalieri di Malta.

Conquistato Sant’Elmo gli ottomani rivolsero la loro attenzione alle cittadelle fortificate di Birgu e Senglea, dando il via ad una serie di bombardamenti e di sanguinosi assalti all’arma bianca. Intanto il 7 luglio 600 uomini giunti dalla Sicilia erano riusciti a sbarcare a Malta eludendo il controllo della flotta turca, il che rialzò il morale dei difensori. Il 7 agosto intanto, mentre gli invasori cominciavano un attacco massiccio ai due forti, un vero e proprio commando di un centinaio di uomini al comando dell’ospitaliero italiano Vincenzo Anastagi tentò una sortita contro il campo turco: dopo aver sorpresero e massacrato le poche sentinelle presenti bruciarono l’accampamento nemico e l’ospedale, uccidendo un gran numero di malati e feriti, oltre a moltissimi addetti alla logistica provocando nello stesso tempo la distruzione di ingenti quantità di materiale bellico. Il raid seminò il panico nelle file dei turchi proprio mentre costoro stavano avendo la meglio sui difensori di Senglea e Birgu. Dopo la battuta d’arresto del 7 agosto i turchi tentarono ancora una serie di disperati assalti senza successo.

La fine del Grande Assedio.

Finalmente il 7 settembre giunse sull’isola un esercito di rinforzo forte di 10 mila soldati inviato dal vicerè Garcia de Toledo. I nuovi venuti attaccarono prendendo alle spalle le esauste forze turche, costringendole così alla ritirata una volta per tutte. Malta era salva!

La notizia della vittoria cristiana si diffuse rapidamente in tutto il continente europeo, ovunque salutata con grandi manifestazioni di giubilo e Te Deum di ringraziamento. Papa Pio IV offrì a La Valette la berretta cardinalizia ma il settantenne Gran Maestro rifiutò la proposta considerando il mestiere delle armi poco consono per un Principe della Chiesa. La Valette preferì restare sulla “sua” isola di cui diresse la ricostruzione dopo il conflitto, operazione facilitata dai cospicui aiuti forniti dai monarchi europei a cominciare dal Papa e dal Re Filippo II di Spagna. L’anno dopo la liberazione aprì il cantiere di una nuova città situata sulla penisola dove sorgeva Forte Sant’Elmo, anch’esso riedificato.  L’insediamento cominciò ad essere popolato dal 1570 venendo battezzato “La Valletta”, in omaggio al suo fondatore.

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Fra Jean de la Valette (1495-1568) Gran Maestro dal 1557. Fondò la nuova capitale di Malta chiamata “La Valletta” in suo onore.

Nel 1571 L’ordine di Malta aderì alla Lega Santa voluta da Papa Pio V della quale facevano parte Spagna, Venezia, Stato Pontificio, Granducato di Toscana, Repubblica di Genova e Ducato di Savoia. Unendo le loro flotte gli alleati sconfissero gli ottomani a Lepanto il 7 ottobre di quell’anno. Dopo avere toccato l’apice della potenza durante il Cinquecento, nel corso del Seicento e del Settecento l’Ordine andò incontro ad una progressiva decadenza. Nel 1798, infine, Malta fu occupata senza colpo ferire da Napoleone Bonaparte diretto in Egitto: lo Stato monastico fu soppresso e l’ultimo Gran Maestro, Ferdinand von Hompesch zu Bolheim, ricevette un principato in Germania in cambio delle dimissioni. L’Ordine si trasferì in Russia, suscitando le ire del Papa per scelta dei Cavalieri di porsi sotto la protezione dello Zar Paolo I, di fede ortodossa e non cattolica. Infine, dopo una serie di peregrinazioni, nel 1834 la confraternita stabilì definitivamente il suo quartier generale a Roma, sotto la protezione del Vaticano. Messa per sempre in soffitta ogni velleità guerriera, L’Ordine di Malta da allora è dedito esclusivamente ad attività caritatevoli ed assistenziali intervenendo in occasione di disastri naturali come il terremoto di Messina del 1908, oppure di tragedie immani come i due conflitti mondiali, sempre tenendo fede al proprio motto “Tuitio Fidei et Obsequium Pauperum” “Aiuta il fedele, servi il povero”.

Bibliografia:

  • Storia delle Crociate, Jonathan Riley-Smith
  • I guerrieri dello spirito, Leonardo Vittorio Arena

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