LA STORIA DI MATILDE DI CANOSSA, MARCHESA DI TOSCANA (1046-1115)
Quando pensiamo al Medioevo siamo soliti immaginare un mondo dominato dagli uomini nel quale le donne erano confinate al classico ruolo di “angeli del focolare”. Questa immagine è stereotipata e fuorviante: nel corso dei secoli dell’Età di Mezzo vi sono state figure femminili che hanno saputo lasciare il segno.

Anche se nella maggior parte dei casi si tratta di sante, come Santa Chiara d’Assisi o Santa Caterina da Siena, oppure di badesse di conventi femminili come Ildegarda di Bingen, vi sono state anche figure laiche di donne che hanno conquistato un posto nei libri di Storia, sovrane straordinarie come la grande Eleonora d’Aquitania, donna coltissima e di grande energia che fu prima regina consorte di Francia e poi d’Inghilterra oltre che madre del famosissimo Riccardo Cuor di Leone.
Eleonora però non esercitò mai il potere, nel senso che dovette limitarsi al ruolo di “first lady” a differenza di colei di cui vorrei narrarvi oggi, che possiamo ritenere con ogni probabilità l’unica donna che durante tutto il Medioevo esercitò davvero ed in prima persona le funzioni di capo di stato. La nostra protagonista si chiamava Matilde e discendeva da un nobile e prestigioso casato di origine longobarda, i Canossa, il cui capostipite fu un certo Sigifredo di Lucca. Vassalli dell’Impero, i Canossa erano signori di vasti possedimenti che comprendevano la Toscana e le attuali province di Modena, Reggio Emilia, Ferrara, Brescia e Mantova.

Matilde venne al mondo intorno all’anno del Signore 1046, figlia terzogenita del potente marchese di Toscana Bonifacio IV e di sua moglie Beatrice di Lotaringia. Bonifacio morì nel 1052 quando la piccola Matilde aveva soltanto sei anni, secondo le fonti vittima di un agguato nel corso di una battuta di caccia. La moglie Beatrice si trovò così a gestire i domini del defunto consorte in nome del figlioletto Federico che però morì nel 1055 a soli quindici anni.
Nel frattempo, rimasta sola, nel 1054 Beatrice convolò a nuove nozze con il duca di Lorena Goffredo III, detto il Barbuto. Nel contratto di matrimonio era previsto inoltre che la figlia di Beatrice, Matilde, avrebbe in seguito sposato il figlio del nuovo marito della madre, Goffredo, detto il Gobbo a causa molto probabilmente di una deformità fisica. Tale unione avrebbe unito definitivamente le casate dei Canossa e dei Lorena e legittimato una volte per tutte i diritti di Goffredo il Gobbo anche sui domini italiani della futura sposa. Il matrimonio fra Matilde e Goffredo si celebrò nel 1069, dopo la morte di Goffredo il Barbuto. L’unione fu tuttavia difficile fin da subito: Matilde non amava quel suo sposo che, seppur giovane e coraggioso, non doveva essere particolarmente di bell’aspetto.

Nonostante le difficoltà coniugali l’anno dopo le nozze Matilde restò incinta di Goffredo a cui diede una figlia, a cui fu imposto il nome di Beatrice in omaggio alla nonna materna. La bambina morì tuttavia pochi giorni dopo la nascita, il 29 gennaio 1071.
Matilde rischiò a sua volta di morire a causa delle conseguenze di quel parto, come era purtroppo abbastanza frequente a molte giovani spose in quel periodo. Non bastando le difficoltà dovute ai postumi della gravidanza e il comprensibile lutto per la perdita della figlioletta, Matilde dovette vedersela anche con i malumori della corte lorenese che accusava la duchessa di portare sfortuna per non essere stata in grado di garantire un erede maschio al marito, considerato il primo e più importante (se non l’unico) dovere di una moglie. Fu così che Matilde nel 1072 fuggì dalla Lorena per rientrare in Italia presso la madre.
Goffredo non si perse d’animo e tra il 1073 e il 1074 scese in Italia deciso a riconquistare la sposa ribelle ma la contessa di Toscana non cedette alle lusinghe del marito. Matilde fu anzi sospettata di essere stata mandante dell’omicidio di Goffredo, avvenuto a seguito di un’imboscata: come racconta il cronista Landolfo Seniore da Milano un sicario avrebbe assassinato il duca “mentre stava seduto al cesso, infilandogli una spada nell’ano”. Goffredo morì dopo un’atroce agonia durata una settimana, il 27 febbraio 1076. Matilde non versò alcuna offerta né fece celebrare alcuna messa in suffragio dell’anima del marito defunto, il che accrescerebbe i sospetti circa un suo coinvolgimento nell’orribile omicidio del povero Goffredo.

Nel 1076 inoltre la situazione internazionale si fece più tesa che mai: Il 22 febbraio Papa Gregorio VII scomunicò il ventiseienne imperatore Enrico IV di Franconia. In quello stesso 1076, il 18 aprile, morì anche Beatrice di Lorena. La trentenne Grancontessa non pensò minimamente a risposarsi, cosa che avrebbe significato sottomettersi alla tutela del nuovo consorte, né tanto meno le passò per la testa di seppellirsi in un convento come erano solite fare le vedove allora. Essendo rimasta l’unica e incontrastata sovrana dei possedimenti dei Canossa decise anzi di governare in prima persona in un periodo in cui le quote rosa in politica erano tutt’altro che incoraggiate.
Papa Gregorio, al secolo Ildebrando Aldobrandeschi da Soana, era un ex monaco cluniacense che, una volta eletto nel 1073, aveva intrapreso una vigorosa azione di riforma della Chiesa romana inaugurando una lotta senza quartiere contro la simonia (il commercio di cose sacre) e a favore del celibato sacerdotale. Soprattutto il Pontefice avocava a sè il diritto di nomina dei vescovi, contendendolo all’altro grande potere universale: l’Impero. La scomunica di Enrico segnò il culmine di quella che gli storici chiamano “lotta per le investiture” della quale la posta in palio era proprio il diritto di nomina dei vescovi, che allora erano tutt’altro che semplici pastori di anime ma anche veri e propri signori temporali dotati di enormi poteri e ricchezze.

La posizione di Matilde era tutt’altro che facile: da una parte era lontana parente del giovane Enrico IV e come Marchesa di Toscana era vassalla dell’imperatore ma dall’altra, da cattolica devota non poteva non appoggiare i propositi di riforma di Papa Gregorio, di cui era alleata oltre che amica personale.
Gregorio scomunicando Enrico sciolse i suoi sudditi dal dovere di fedeltà al sovrano, dichiarandolo decaduto dal suo status regale. Enrico rischiava dunque di essere abbandonato da tutti i suoi vassalli dall’oggi al domani. Fu così che per scongiurare una simile eventualità l’imperatore scese in Italia fermandosi a Canossa, dove Gregorio si trovava ospite di Matilde. dal 25 al 27 gennaio 1077 Enrico restò tre giorni fuori dal castello scalzo nella neve a pregare e supplicare fino a quando, la mattina del 28, grazie alla mediazione della padrona di casa e dell’abate Ugo di Cluny, padrino dello stesso Enrico, Gregorio ricevette l’Imperatore revocandogli la scomunica. Da quell’episodio nacque il proverbio “andare a Canossa” che significa andare a chiedere umilmente perdono a qualcuno per la propria condotta incresciosa.

La mediazione tra Imperatore e Papa fu un grande successo diplomatico per Matilde ma la guerra non era finita: nel 1080 Enrico, che dopo Canossa aveva ripreso nominare vescovi infischiandosene dell’autorità papale, fu nuovamente scomunicato.
Questa volta però, invece di umiliarsi, reagì dichiarando decaduto Gregorio e nominando un antipapa, Clemente III. In questa nuova guerra Matilde prese ancora una volta le parti del Papa tanto che l’imperatore assediò persino Canossa nel 1082 senza però riuscire a espugnare l’imprendibile castello. Nonostante il fallito assedio Enrico riuscì a prendere Roma nel 1083 scacciandovi Gregorio, il quale fu salvato dall’intervento dei guerrieri normanni guidati dal suo alleato Roberto il Guiscardo, Duca di Puglia e Calabria.
Il Papa fu condotto a Salerno dove morì nel 1085. Sulla sua tomba lasciò scritto “Ho amato la Giustizia e odiato l’iniquità perciò muoio in esilio”. Anche la fine di Enrico IV fu amara: entrato in urto con l’omonimo figlio primogenito fu da lui deposto nel 1105 per poi morire l’anno seguente. Enrico V proseguì lo scontro con la Chiesa ma questa volta Matilde si comportò da fedele vassalla appoggiando l’imperatore, il quale, dopo averla incontrata nel 1111 al Castello di Bianello, vicino a Reggio Emilia, la nominò Viceregina d’Italia e Vicaria imperiale. Al culmine del potere e della gloria Matilde, da tempo sofferente di gotta, si spense il 24 luglio 1115, all’età di sessantanove anni a Bondeno di Roncore – oggi Bondanazzo di Reggiolo, una corte circondata fino al XIX secolo da fossati e incastellata – in provincia di Reggio Emilia.
Fu sepolta nell’Abbazia benedettina di San Benedetto in Polirone, fondata nel 1007 da suo nonno Tebaldo. Nel 1632 la salma fu traslata a Roma per volontà di Papa Urbano VIII Barberini e dal 1645 Matilde riposa nella Basilica di San Pietro in Vaticano, all’interno di un grandioso monumento funebre opera di Gianlorenzo Bernini.
Oggi la memoria di quella grande donna che fu Matilde di Canossa sopravvive ancora in quelle che un tempo furono le sue terre. Tuttora si ergono a Canossa i ruderi di quello che fu un tempo il castello della Grancontessa, che costituiva un unico sistema difensivo insieme ai manieri di Rossena, San Polo e Bianello, oggi situati nel territorio del comune chiamato non a caso Quattro Castella. Proprio qui, ogni anno, si tiene il “maggio matildico” durante il quale cortei rievocativi e manifestazioni culturali tengono vivo il ricordo di quel tempo lontano.
Bibliografia:
- Edgarda Ferri, La Grancontessa
- Rinaldo Comba, Storia medievale
- I. Montanelli & R. Gervaso, l’Italia dei Comuni – Il medioevo dal 1000 al 1250