ASCESA E DECLINO DEL SECONDO REICH (1871-1918)
La moderna Germania nacque grazie al genio politico di Otto von Bismarck, dal 1862 Cancelliere (Primo Ministro) del Regno di Prussia. Politico di profonda intelligenza, Bismarck auspicava la creazione di una Germania unita sotto l’egida della Prussia, similmente a quanto avvenuto in Italia tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 ad opera del Piemonte sabaudo di Cavour e Vittorio Emanuele II.

Il Cancelliere era tra i fautori della “soluzione piccolo-tedesca” (Kleindeutsche Lösung) al problema dell’unità della Germania, che prevedeva l’unificazione del Paese per opera della dinastia Hohenzollern di Prussia secondo un modello già auspicato nel corso del 1848 dai deputati della Dieta di Francoforte. La realizzazione di questo progetto avrebbe inevitabilmente comportato la fine dell’influenza dell’Impero asburgico sugli stati tedeschi, riuniti fin dal 1815 nella Confederazione Germanica. Inoltre, l’unificazione della Germania sarebbe dovuta avvenire, per usare le parole dello stesso Bismarck “Non con discorsi, né con le delibere della maggioranza parlamentari […] ma col ferro e col sangue!” ovverosia utilizzando la forza. Raramente programma politico trovò più integrale applicazione.
Nel giro di pochi anni l’uso spregiudicato della forza unito all’abilità diplomatica di Bismarck consentì alla Prussia di realizzare l’unità tedesca passando dalla posizione di ultima tra le cinque grandi potenze europee a un’indiscussa egemonia sul continente. Il primo ostacolo sulla strada dell’unificazione ad essere eliminato fu l’Austria, che, se da un lato era un impero plurinazionale, dall’altro era altresì uno stato tedesco, membro della Confederazione Germanica, sulla quale esercitava da sempre un ruolo di primo piano.

Il contrasto si fece più acuto nel 1864-65 quando le due potenze, dopo essersi accordate per strappare alla Danimarca i ducati dei Schleswig, Holstein e Lauenburg per mezzo di una rapida campagna militare, entrarono in conflitto circa l’amministrazione dei territori conquistati.
Prima di provocare il casus belli mediante l’occupazione militare dell’Holstein (affidato in via temporanea all’amministrazione austriaca), Bismarck si assicurò la benevola neutralità delle altre potenze europee e l’alleanza del giovane Regno d’Italia, interessato a strappare all’Austria il controllo del Veneto.
Iniziata nel giugno del 1866 la guerra austro-prussiana terminò in tre settimane. Mentre l’Italia impegnava (per la verità senza grande fortuna) una parte delle forze austriache, l’esercito prussiano penetrava in Boemia dove il 3 luglio 1866 inflisse una durissima sconfitta agli austriaci alla battaglia di Sadowa. Le forze prussiane, ottimamente comandate dal Feldmaresciallo Helmut von Moltke, poterono giovarsi di armamenti superiori (essendo armate di fucili a retrocarica, che garantivano una superiore rapidità di tiro) e di una tempestiva capacità di movimento garantita loro dallo sfruttamento della rete ferroviaria.

Quella del 1866 fu la prima guerra di movimento che rese celebre e temuta la macchina militare prussiana. Con la pace di Praga l’Austria non subì amputazioni territoriali (salvo il Veneto, passato all’Italia) ma dovette accettare lo scioglimento della vecchia Confederazione Germanica e, con essa, la fine di ogni influenza nell’area tedesca. Dal canto suo la Prussia si annetté i ducati danesi assieme ai principati tedeschi di Nassau, Hannover e Assia-Kassel, oltre alla Città Libera di Francoforte sul Meno. Gli stati tedeschi collocati a settentrione di questo fiume vennero quindi riuniti nella neo costituita Confederazione Tedesca del Nord, la cui presidenza andò al Re di Prussia Guglielmo I.
Uscita trionfatrice dal confronto con l’Austria la Prussia di Bismarck e di Guglielmo I poté prepararsi a mettere in atto l’ultima fase del progetto di unificazione degli stati tedeschi in un unico grande Reich sotto la corona degli Hohenzollern. L’ostacolo era ora rappresentato dalla Francia di Napoleone III, il quale, dopo avere sottovalutato nel 1866 la potenza prussiana, era ora timoroso di un eccessivo rafforzamento della potenza tedesca. Il Cancelliere cercò dunque un’occasione per trascinare in un conflitto l’Imperatore francese. L’occasione giunse nel 1868, a seguito di un colpo di stato a Madrid che detronizzò la sovrana Isabella II. Il governo provvisorio offrì la corona di Spagna ad un principe tedesco, Leopoldo di Hohenzollern-Sigmaringen, imparentato con la casa regnante prussiana.

Napoleone era ovviamente contrario a una simile prospettiva in quanto temeva che un’eventuale intesa ispano-prussiana avrebbe chiuso la Francia in una morsa. Chiese quindi a Guglielmo I di formulare un’esplicita rinuncia. Bismarck manipolò ad arte il telegramma di risposta facendo intendere che l’ambasciatore di Parigi fosse stato messo alla porta in malo modo dal Re di Prussia. Questa “fake news” ante litteram sortì l’effetto desiderato ossia suscitare l’indignazione francese al punto che il 19 luglio 1870 Napoleone III dichiarò guerra alla Prussia.
Più numerosi e meglio armati del nemico, i prussiani, guidati ancora una volta dal geniale Von Moltke, colsero una decisiva vittoria a Sedan il 2 settembre successivo facendo prigioniero lo stesso Napoleone III, che vide il proprio impero crollare come un castello di carte. La Francia si arrese definitivamente il 28 febbraio 1871 e con il trattato di Francoforte del 10 maggio successivo essa fu costretta a corrispondere una pesante indennità di guerra e soprattutto a cedere le regioni di confine dell’Alsazia e della Lorena. Intanto, mentre Parigi era stretta d’assedio dall’esercito prussiano, il 18 gennaio 1871, nella stupenda stupenda reggia di Versailles, luogo simbolo del potere dei Re di Francia, Guglielmo I di Hohenzollern, sovrano di Prussia, venne acclamato Imperatore tedesco (Deutscher Kaiser) dai principi tedeschi.

Si evitò di usare la formula “Imperatore di Germania” per non urtare i particolarismi dei vecchi Stati, che avrebbero comunque conservato ampie autonomie all’interno della struttura del nuovo Impero (Reich). Ciò non toglieva nulla al carattere unitario del nuovo Stato, la cui unità era stata calata dall’alto, frutto di una guerra vittoriosa combattuta contro un nemico esterno per volontà di uno statista geniale e autoritario, il tutto senza che alcuna forma di consultazione popolare ratificasse questo risultato.
La nuova Germania unita si presentava al mondo come un Paese di 40 milioni di abitanti, ricco di materie prime e con un’economia dinamica e in espansione. Dotato altresì di un esercito numeroso, disciplinato e dalla provata efficienza, il nuovo Stato aveva tutte le carte in regola per assurgere al ruolo di maggior potenza terrestre del Continente, capace di inserirsi nel concerto delle potenze europee come elemento stabilizzatore.
Fin dagli anni immediatamente successivi alla proclamazione del Reich, la principale preoccupazione di Bismarck riguardò il consolidamento del ruolo egemonico della Germania in Europa. Se prima del 1870 le iniziative bismarckiane avevano rappresentato l’elemento dinamico e perturbatore del concerto delle grandi potenze, dopo la vittoria sulla Francia gli obbiettivi della politica estera tedesca mutarono radicalmente e Bismarck si trasformò nel più geloso custode dell’equilibrio europeo.

Il Cancelliere si adoperò affinché la Francia, di cui nessuno ignorava le velleità di rivincita, rimanesse confinata nel proprio isolamento diplomatico. Nel conseguimento dei suoi obbiettivi Bismarck poté contare sulla tradizionale non ingerenza della Gran Bretagna negli affari continentali mentre riuscì a legare a sé le altre due grandi potenze – Austria-Ungheria e Russia – oltre all’Italia.
Nel 1873, la Germania stipulò con Austria e Russia il Patto dei tre Imperatori, un’intesa essenzialmente difensiva che si fondava sulla solidarietà dinastica dei tre grandi imperi conservatori. il patto aveva tuttavia un punto debole, costituito dalla rivalità austro-russa nei Balcani. Nel 1875-76 i turchi avevano represso nel sangue una serie di sommosse scoppiate in Bosnia-Erzegovina e Bulgaria tra le popolazioni slave dei Balcani ancora loro soggette. La Russia, da sempre patrona dei popoli slavi, intervenne allora contro l’Impero ottomano nella primavera nel 1877 e in breve schiacciò la resistenza turca imponendo al sultano pesantissime condizioni di pace attraverso il trattato di Santo Stefano (3 marzo 1878), che prevedevano la creazione di un grande stato bulgaro e il riconoscimento da parte turca della piena indipendenza di Serbia e Montenegro. Austria-Ungheria e Gran Bretagna mostrarono subito tutta la loro contrarietà ad un simile accordo che avrebbe comportato la definitiva affermazione dell’egemonia russa sui Balcani.

Per evitare una nuova guerra Bismarck si pose come mediatore tra le parti convocando un congresso generale tra le grandi potenze che si svolse a Berlino tra il giugno e il luglio del 1878.L’abilità diplomatica del cancelliere tedesco ridimensionò notevolmente i vantaggi ottenuti dai russi. Fu confermata l’indipendenza della Serbia e del Montenegro oltre che della Bulgaria seppur entro confini assai più ristretti di quelli previsti dal trattato di Santo Stefano. La Bosnia-Erzegovina fu affidata in “amministrazione temporanea” all’Austria-Ungheria, che poteva occupare la regione ma non annetterla. La Gran Bretagna si vide riconosciuto il possesso di Cipro, isola situata in posizione strategica per il controllo del Canale di Suez. La Francia ottenne invece mano libera per un’eventuale espansione in Tunisia. Bismarck così distoglieva l’attenzione di Parigi dal teatro europeo e gettava le premesse per un contrasto tra Francia e Italia, anch’essa interessata alla Tunisia.
Scongiurato lo scoppio di una guerra generale Bismarck si dedicò a ricucire i rapporti tra Austria e Russia, risultato ottenuto attraverso la firma di un nuovo patto dei tre imperatori nel 1881. L’anno seguente la Germania firmava il trattato istitutivo della Triplice Alleanza con Austria-Ungheria e Italia, suggellando così l’ingresso del nostro Paese nel sistema di alleanze bismarckiano.

La costruzione politico diplomatica bismarckiana pur apparendo solida in virtù degli ottimi rapporti tra i partner della Triplice e la Gran Bretagna, in realtà non mancava di elementi di instabilità a causa del contenzioso italo-austriaco riguardante le “terre irredente” del Trentino e della Venezia-Giulia ma soprattutto per via della persistente rivalità austro-russa nel Balcani. Bismarck cercò allora di perseguire gli stessi obbiettivi mediante accordi bilaterali: nel 1887 fu firmato il patto di contrassicurazione russo-tedesco in base al quale la Germania di impegnava a non aiutare l’Austria se essa avesse attaccato la Russia e quest’ultima a non unirsi alla Francia nel caso essa avesse attaccato la Germania. Fu questo l’ultimo e massimo capolavoro diplomatico di Bismarck.
Il declino politico del Cancelliere di Ferro ebbe inizio nel 1888, quando Guglielmo I, il sovrano a cui Bismarck aveva letteralmente regalato un impero, si spense alla veneranda età di novant’anni. Dopo appena tre mesi di regno suo figlio Federico III morì a causa di un cancro alla gola aprendo la strada alla successione del principe Guglielmo, il quale, a nemmeno trent’anni, si trovò al comando di una delle più potenti nazioni della Terra. Il nuovo Kaiser si mostrò poco incline ad assecondare la linea del vecchio Bismarck. Nel 1890, contrasti di politica interna tra il sovrano e il cancelliere uniti all’affermazione del partito socialdemocratico alle elezioni parlamentari determinarono l’uscita di scena dello statista prussiano, che si dimise infine il 18 marzo.

Guglielmo II era un convinto fautore della “politica mondiale” (Weltpolitik) intesa a fare della Germania la maggiore potenza globale scalzando quindi la Gran Bretagna dal suo ruolo egemonico. La Weltpolitik mirava a ritagliare “un posto al sole” per la Germania proporzionale alla sua crescente forza industriale, e questo principalmente sviluppando un impero coloniale che potesse rivaleggiare con quelli delle altre grandi potenze. L’elemento più importante in questa strategia era la costruzione della Hochseeflotte, la Flotta d’alto mare, che avrebbe dovuto eguagliare, o anche superare, la Royal Navy britannica. Questo generò una corsa agli armamenti navali germano-britannica dove ciascuno dei contendenti tentò di superare il numero di corazzate dell’altro. Questi sviluppi aggressivi della della politica estera tedesca accrebbero il peso dell’influenza esercitata dai vertici militari all’interno del gruppo dirigente in particolare del capo della flotta, l’ammiraglio Von Tirpitz, oltre che di politici come Bernhard von Bülow, Ministro degli Esteri tra il 1897 e il 1900 e successivamente Cancelliere (1900-1909).
Bismarck era stato contrario all’acquisizione di colonie extraeuropee in quanto riteneva che ciò avrebbe danneggiato i rapporti con la Gran Bretagna. Ciononostante nel 1884 era stato proprio il Cancelliere a convocare a Berlino una nuova conferenza generale nella quale discutere delle questioni africane aprendo la strada all’espansione tedesca nel continente nero. Il congresso aveva lo scopo dichiarato di regolare le molteplici iniziative europee nel bacino del fiume Congo.

Nei fatti le potenze europee riconobbero la sovranità personale del sovrano belga Leopoldo II sull’immenso territorio denominato “Stato Libero del Congo” (in seguito Congo belga e oggi Repubblica Democratica del Congo) nel quale, dietro la copertura di spedizioni geografiche e iniziative filantropiche si verificarono alcune tra le forme più spietate e rapaci di sfruttamento coloniale degli indigeni e delle risorse del territorio che provocarono la morte di circa 10 milioni di congolesi. Sempre a Berlino furono stabilite le norme che avrebbero regolato la spartizione dell’Africa secondo il principio dell’effettiva occupazione notificata agli altri stati, come unico titolo atto a legittimare il possesso di un territorio da parte di uno stato. La Conferenza di Berlino inaugurò quindi la “spartizione dell’Africa”, che nel giro di tre decenni finì quasi interamente sotto il controllo di sette nazioni: Francia, Gran Bretagna, Germania, Italia, Belgio, Portogallo e Spagna.
Una volta sbarazzatosi di Bismarck, Guglielmo II ebbe campo libero nell’attuazione di una politica estera di respiro mondiale, più dinamica e soprattutto più aggressiva di quella portata avanti dal vecchio Cancelliere di Ferro negli anni Settanta e Ottanta. Nella convinzione che l’impero zarista non avrebbe mai stretto un’alleanza con la Francia repubblicana, il Kaiser si oppose al rinnovo del trattato di contrassicurazione stipulato con la Russia nel 1887.

La Russia, autocratica e ortodossa, e la Francia, repubblicana, laica e anticlericale, pur essendo due nazioni diversissime dal punto di vista politico si trovarono tuttavia entrambe isolate e nella necessità di trovare un alleato. Ne nacque un primo accordo franco-russo nel 1891 a cui fece seguito la stipulazione di una formale alleanza militare nel 1894. Contemporaneamente il governo francese si impegnò a garantire ingenti prestiti a quello russo che intendeva avviare un primo processo di industrializzazione. L’alleanza franco-russa fece venire meno uno dei pilastri su cui si fondava il sistema bismarckiano ossia l’isolamento della Francia e anzi metteva la Germania in condizione di dover affrontare una guerra su due fronti, una delle eventualità che Bismarck aveva in tutti i modi cercato di evitare.
Contemporaneamente la costruzione della flotta da guerra tedesca mise in agitazione la Gran Bretagna, che iniziò a sentirsi minacciata anche nei propri interessi geopolitici in Persia a causa degli accordi tra Germania e Impero ottomano per la costruzione della ferrovia che da Berlino avrebbe dovuto arrivare a Baghdad. Tale iniziativa fece preoccupare anche la Russia, che dopo decenni di competizione per il controllo dell’Asia Centrale, si trovò a quel punto d’accordo con il Regno Unito sulla necessità di contenere la potenza tedesca. Fu così che quando, nel 1907, anche Inghilterra e Russia giunsero ad un accordo per la definizione delle rispettive sfere di influenza in Asia, la costruzione diplomatica di Bismarck era stata completamente distrutta. Di essa sopravvisse unicamente l’alleanza con l’Austria-Ungheria e l’Italia, la quale comunque assunse progressivamente un atteggiamento di sempre maggiore autonomia.

All’alba del XX secolo l’immenso sforzo economico e militare tedesco aveva guadagnato al Reich il controllo di vari territori in Africa come Togoland, Camerun, Africa Tedesca del Sud Ovest (l’attuale Namibia) e Africa Orientale Tedesca (corrispondente ai territori degli attuali Tanzania, Burundi e Ruanda) mentre in Oceania la Germania ottenne il controllo della Nuova Guinea, dell’arcipelago delle Bismarck, delle Isole Salomone, delle Marianne, delle Caroline, di Nauru oltre che delle Marshall, delle Bouganville e delle Samoa occidentali. A questi possedimenti occorre sommare le basi in Cina e in Antartide (Wilhelmland e Luitpoldland, rivendicate ma mai effettivamente occupate) per una superficie totale di 2,5 milioni di km² (si consideri che alla vigilia della Grande Guerra il Reich aveva un’estensione di 540.858 km²). Unificatasi relativamente tardi, la Germania giunse inevitabilmente in ritardo nella spartizione dell’Africa, negli anni ’80 del dell’Ottocento, e pertanto dovette accontentarsi di colonie sparse e non confinanti tra loro. In caso di guerra i vari possedimenti si sarebbero inevitabilmente ritrovati isolati tra loro e dalla madrepatria il che li avrebbe resi una facile preda per le truppe dei Paesi nemici della Germania come in effetti poi avvenne.
Nel tentativo di contrastare lo strapotere delle potenze rivali in campo coloniale, la Germania tentò di impedire alla Francia di instaurare il proprio protettorato sul Marocco, uno degli ultimi stati africani ancora indipendenti e oggetto da tempo delle mire transalpine (avallate dalla Gran Bretagna a seguito dell’Intesa Cordiale del 1904). Nel 1905 e nel 1911 il contrasto tra Francia e Germania parve portare l’Europa ad un passo dalla guerra. Al termine della seconda crisi marocchina la Francia si vide riconosciuto il protettorato sul Marocco mentre la Germania, che aveva richiesto in cambio la cessione del Congo francese, dovette accontentarsi di una rettifica del confine con la sua colonia del Camerun. Si trattava di un risultato modesto che non faceva che confermare l’isolamento internazionale nel quale la politica guglielmina aveva confinato la Germania.

La guerra, che nelle previsioni dei politici e dei generali tedeschi avrebbe dovuto sancire il primato della Germania, scoppiò infine nell’estate del 1914 a seguito dell’attentato di Sarajevo. Guglielmo II si lasciò trascinare nel conflitto austro-serbo per la sua improvvida decisione di appoggiare le ragioni dell’alleato austroungarico contando sul fatto che la Russia, da sempre grande protettrice della Serbia, non si sarebbe mossa. Fu un azzardo le cui conseguenze sarebbero state pagate molto duramente dal mondo intero.
Cominciato come una guerra-lampo che avrebbe dovuto essere caratterizzata da poche, rapide e risolutive manovre, il conflitto perse quasi da subito le sue caratteristiche di guerra di movimento per impantanarsi in una logorante guerra di trincea. Contrariamente ai pronostici dello stesso Kaiser, che dichiarò che sarebbe “finita per Natale”, la guerra si protrasse per quattro interminabili anni. Il pur agguerrito, numeroso e ben armato esercito germanico finì per consumare le proprie energie in un’estenuante guerra su due fronti, contro gli anglo-francesi ad ovest e i russi ad est, proprio come paventato a suo tempo da Bismarck. A partire dal 1917 la situazione del Reich si fece particolarmente critica con l’ingresso nel conflitto degli Stati Uniti a fianco dell’Intesa. Nell’autunno del 1918, dopo il fallimento dell’ultima grande offensiva sul fronte occidentale, la Germania, stretta nella morsa del blocco navale alleato, era letteralmente alla fame.
L’11 novembre veniva infine firmato l’armistizio che poneva fine ad un’orgia di violenza che aveva insanguinato l’intera Europa, un incubo nel quale la Germania era precipitata a causa della vanagloria e dell’arroganza di Guglielmo II e dei suoi generali, che avevano clamorosamente sopravvalutato la potenza del proprio Paese. La parola fine ai sogni tedeschi di dominio mondiale fu scritta a Versailles, dove la Germania fu costretta a firmare un durissimo trattato di pace che la costrinse a notevoli amputazioni territoriali, a smantellare il suo esercito e la marina da guerra e soprattutto a rinunciare per sempre a tutte le sue colonie.