LA GUERRA DEI CENT’ANNI, LE SUE ORIGINI E LE SUE CONSEGUENZE (1337-1453)
La guerra è un fenomeno che caratterizza l’intero periodo medievale.

Essa tuttavia, a partire dal XIV secolo cambia progressivamente aspetto: dopo secoli di espansione economica, ora i sovrani europei e i governi comunali dispongono di maggiori risorse fiscali, che posso essere messe a disposizione di progetti di conquista molto ambiziosi. Ecco che allora che operazioni militari iniziano a coinvolgere un maggior numero di uomini, e non si tratta più, o non soltanto, di membri di milizie feudali o cittadine. Gli eserciti iniziano ad includere un numero crescente di mercenari, veri e professionisti del mestiere delle armi pronti a vendere i loro servigi al miglior offerente.
Mantenere truppe mercenarie tuttavia costa molto caro senza contare che costoro possono rivelarsi assai infidi e inclini al tradimento in caso di mancata corresponsione della paga. Altro problema connesso ai mercenari è che essi diventano addirittura pericolosi nei momenti di tregua: disoccupati, vagano per le campagne assalendo e bruciando cascine isolate e ricattando le città che, se non vogliono ritrovarsi assalite e saccheggiate, devono versare un vero e proprio “pizzo” alle cosiddette “masnade”, come venivano chiamati gli eserciti di mercenari. Dalla loro fama sinistra deriva il significato spregiativo che ancora oggi ha nella nostra lingua il termine masnada, inteso come gruppo di persone che agisce in modo disonesto e criminale.

Oggi quindi racconteremo di uno dei più devastanti conflitti del XIV secolo, la Guerra dei Cent’anni combattuta tra Francia e Inghilterra. Il conflitto trae il suo nome dalla sua straordinaria durata, ben centosedici anni: cominciato infatti nel 1337, esso si protrasse sino al 1453. Nel corso di questo lunghissimo periodo le fasi di guerra guerreggiata si alternarono a quelle di tregua tra i belligeranti. Queste pause furono dettate soprattutto dalla necessità dei contendenti di far fronte di volta in volta a rivolte contadine e guerre civili scoppiate all’interno dei rispettivi regni.
Le cause della guerra risalgono ai complessi legami feudali e famigliari che legavano i Capetingi, sovrani di Francia, ai Plantageneti, sovrani di Inghilterra ma anche titolari di vastissimi feudi in territorio francese quindi in questa veste vassalli dei re di Francia. Nel corso del Duecento, però, l’influenza inglese era stata ridotta grazie soprattutto all’azione di sovrani come Filippo II Augusto e Luigi IX il Santo.

Ma adesso un grave vuoto di potere si era aperto in Francia con la morte senza eredi dell’ultimo re capetingio, Carlo IV, e questa crisi era destinata a riaccendere nuove tensioni con il regno d’Oltremanica.
Per capire la situazione bisogna risalire all’anno della morte del padre di Carlo, re Filippo IV detto il Bello, un uomo ambizioso e spregiudicato, passato alla storia per il suo scontro senza esclusione di colpi con Papa Bonifacio VIII, oltre che per aver decretato, in combutta con il Papa successivo, Clemente V, la liquidazione dell’Ordine dei Templari e del loro Gran Maestro Jacques de Molay, il quale, prima di essere avvolto dalle fiamme del rogo, il 18 marzo 1314, maledì il Re e la sua stirpe.
Non sappiamo se la storia della maledizione sia vera o meno ma è un fatto che Filippo morì prima della fine di quell’anno e nel giro di pochi anni lo seguirono nella tomba i tre figli maschi succedutigli sul trono: prima Luigi X nel 1316, poi Filippo V nel 1322 e infine proprio Carlo IV nel 1328.

Pur non essendosi ancora affermata la cosiddetta legge salica, si era comunque stabilito da alcuni anni un principio per il quale i discendenti di sesso femminile fossero esclusi dalla successione al trono. Mancando eredi maschi diretti il trono di San Luigi era conteso tra Filippo, conte di Valois e cugino del defunto re Carlo, ed Edoardo III, sovrano d’Inghilterra, che di Carlo era nipote essendo figlio di sua sorella Isabella. Alla fine l’assemblea dei baroni decise di offrire la corona a Filippo di Valois, che divenne Re Filippo VI di Francia. Edoardo per il momento accettò il fatto compiuto e rese omaggio feudale al nuovo re come ogni fedele vassallo avrebbe fatto. Alcuni anni dopo però gli attriti in merito alla successione riemersero prepotentemente: Filippo VI intervenne con mano pesante per sedare una rivolta dei comuni fiamminghi desiderosi di scrollarsi di dosso la tutela del re di Francia. I capi della rivolta, come risposta, incoraggiarono l’intervento del re d’Inghilterra, spingendolo a reclamare quei diritti al trono così presto lasciati cadere.

Fu così che Edoardo si proclamò re di Francia e, una volta radunato un esercito, sbarcò sul continente dando inizio alle ostilità.
Nella prima fase del conflitto gli inglesi si imposero in maniera decisa sul nemico francese: nel 1346 trionfarono a Crecy per poi conquistare Calais l’anno successivo. Seguirono alcuni anni di stallo dovuti all’infuriare della Peste nel 1348, passata la quale le ostilità ripresero: nel 1356, guidati dal principe di Galles, Edoardo il Principe Nero, gli inglesi vinsero di nuovo, in maniera ancor più netta, nella battaglia campale di Poiters, durante la quale fecero prigioniero il nuovo re di Francia Giovanni il Buono.
Nonostante l’esercito francese disponesse della miglior cavalleria pesante d’Europa, appoggiata dagli ottimi balestrieri genovesi, gli inglesi, che pure si trovarono sovente in inferiorità numerica, riuscirono a prevalere grazie alla maggiore coordinazione tra le loro forze e alla modernità delle loro tattiche.

Gli arcieri inglesi, dotati del micidiale arco lungo gallese (il longbow), erano addestrati ad aspettare schierati in linea dietro una fila di pali aguzzi, le cariche della cavalleria nemica per farne strage con le loro scariche di frecce. Inoltre l’esercito di Edoardo III durante la campagna di Francia iniziò a schierare le prime, pesanti, bombarde che sparavano macigni di pietra, utilizzate soprattutto per demolire le fortezze nemiche ma anche nelle battaglie campali, come a Crecy.
In seguito alle numerose sconfitte, con un regno stremato e sconvolto da continue rivolte contadine (le jacqueries), Re Giovanni si decise a stipulare una tregua con Edoardo: con l’umiliante trattato di Bretigny del 1360 il sovrano Plantageneto rinunciava ai suoi diritti sul trono transalpino vedendosi però riconosciuta la sovranità su vastissimi territori nel sud-ovest della Francia.

Il conflitto anglo-francese riprese nel 1369 per iniziativa del nuovo re Carlo V detto il Saggio, succeduto nel 1364 a suo padre Giovanni. Questa volta l’esercito francese, comandato dal grande condottiero Bertrand du Guesclin, evitò le grandi battaglie campali optando invece per una guerra di logoramento che permise ai francesi di riconquistare gran parte dei territori perduti negli anni precedenti. Tuttavia le sofferenze patite dalla popolazione per le pesantissime tasse imposte per finanziare la guerra fecero scoppiare nuove rivolte sia in Inghilterra che in Francia finché il conflitto non entrò di nuovo in fase di stallo dovuto anche alla morte di Edoardo III nel 1377, e alla scomparsa di Carlo V nel 1380. La tregua venne stipulata nel 1389 e resse per una ventina d’anni.
All’inizio del XV secolo si aprì una nuova fase di questa guerra interminabile. Il nuovo Re Carlo VI cadde preda della pazzia dopo alcuni anni di regno impossibilitandolo a esercitare le proprie funzioni di sovrano.

Si scatenò allora una vera e propria guerra civile tra due fazioni di corte per ottenere la reggenza, e quindi il potere nel regno. Da una parte vi era il partito degli Armagnacchi, capeggiato da Luigi duca d’Orleans, fratello di Carlo VI opposti ai “Borgognoni”, partito che faceva capo a Filippo l’Ardito duca di Borgogna e zio del sovrano. Le divisioni interne alla Francia offrirono l’occasione al re d’Inghilterra Enrico V per intervenire in Francia nel 1415 cogliendo un trionfo strepitoso alla battaglia di Azincourt, dove decine di esponenti della nobiltà francese furono massacrati sul campo o fatti prigionieri. La sconfitta di Azincourt portò alla firma del trattato di Troyes con il quale Enrico otteneva, oltre a numerosi territori francesi, anche la mano di Caterina di Valois, figlia di Carlo VI, con la designazione alla successione sul trono d’Oltralpe alla morte del suocero.

Il figlio di Carlo VI, il Delfino Carlo, era escluso dalla successione paterna e diseredato. Il giovane principe, costretto alla fuga, venne soprannominato ironicamente dai suoi avversari il “Re di Bourges”.
L’unificazione delle corone inglese e francese prevista con il trattato di Troyes si verificò nel 1422. A ottobre di quell’anno morì Carlo VI che seguiva di pochi mesi nella tomba suo genero Enrico V, scomparso a fine agosto a soli trentacinque anni lasciando i titoli di Re di Francia e Inghilterra al figlioletto Enrico VI, nato dall’unione con Caterina di Valois. Enrico VI però avendo solo un anno venne posto sotto la reggenza dell’energico duca di Bedford. Intanto dal suo rifugio il Delfino Carlo, considerato dai suoi sostenitori l’unico vero Re, preparava la riscossa francese, forte del sostegno crescente del popolo, stanco per i decenni di continue guerre e devastazioni. Lo spirito di riscossa popolare fu incarnato dalla figura di Giovanna d’Arco, una giovane figlia di piccoli proprietari terrieri della Lorena che, ottenuta la fiducia di Carlo, guidò l’esercito francese prima liberando dall’assedio inglese la città di Orleans e riuscendo poi a sconfiggere gli inglesi in campo aperto a Patay.

La vittoria permise a Carlo di recarsi a Reims per esservi consacrato Re di Francia secondo la tradizione, assumendo allora il nome di Carlo VII. Il nuovo Re però dimostrò tutta la sua ingratitudine allorché Giovanna, presa prigioniera dai borgognoni, fu consegnata agli inglesi che la volevano morta: Carlo non fece nulla per salvare la giovane alla quale doveva la corona e lasciò che l’inquisizione, su pressione degli inglesi, la facesse bruciare sul rogo come strega a Rouen il 30 maggio 1431. D’altro canto Carlo continuò la lotta iniziata da Giovanna, rafforzato dal trattato di Arras del 1435, accordo con il quale Filippo III di Borgogna rigettava l’alleanza con gli inglesi e tornava a schierarsi con la Francia. La Guerra dei Cent’anni si concluse infine, senza alcun trattato formale, nel 1453 con la caduta di Bordeaux. Agli inglesi rimase solo la città di Calais.
La lunghissima guerra rafforzò la monarchia in Francia, iniziando finalmente a svincolarla dal controllo della nobiltà, decimata e indebolita, dopo che i suoi maggiori esponenti erano caduti a decine durante il conflitto.

Inoltre nella fase finale della guerra Carlo VII istituì le compagnie d’ordinanza, il primo embrione di quello che nei secoli diventerà l’esercito nazionale francese: si trattava di truppe comandate da ufficiali di nomina regia e stipendiate direttamente dalla Corona, che rendevano superfluo per il re ricorrere all’aiuto delle milizie feudali dei nobili che quindi perdevano un importante strumento di pressione sulle decisioni del sovrano. A livello popolare la Guerra dei Cent’anni favorì la nascita, tanto in Inghilterra quanto in Francia, di un sentimento nazionale, inteso come il sentirsi parte di uno stesso popolo, soggetto alle stesso sovrano. Un popolo che condivide le medesime tradizioni e parla la stessa lingua. Non è un caso che sia proprio durante il lungo regno di Edoardo III che alla corte d’Inghilterra si inizi a parlare la lingua usata dal popolo, l’inglese: la nobiltà d’Oltremanica, regnanti compresi, infatti, era di origini e cultura francesi e il francese era la lingua parlata a corte. Infine, con la perdita dei suoi possedimenti continentali, l’Inghilterra assunse quella fisionomia di potenza isolana che l’avrebbe caratterizzata nei secoli a venire.
Bibliografia:
- A. Barbero, La guerra in Europa dal Rinascimento a Napoleone
- F. Cardini, Giovanna d’Arco. La vergine guerriera
- R. Comba, Storia medievale