Le origini della Reconquista

LA PENISOLA IBERICA DALLA CONQUISTA ARABA (711) ALLA DISINTEGRAZIONE DEL CALIFFATO DI CORDOVA (1031)

Il 2 gennaio 1492 il sultano di Granada, Muhammad XII, noto anche come Boabdil si arrendeva all’assedio dei Re Cattolici Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia. Terminava così dopo quasi otto secoli, la Reconquista, termine con cui si è soliti indicare quel lento ma inesorabile processo di espansione dei regni cristiani del nord a spese dei territori islamici in Spagna.

Il regno visigoto alla metà del VI secolo. In arancione chiaro le regioni della Gallia strappate ai Goti dai Franchi nel 507.

Un concetto, quello della Reconquista, che tuttavia non è coevo ai fatti ad esso riguardanti ma che nasce e si sviluppa un paio di secoli or sono, in pieno romanticismo, e in una Spagna che, uscita dalla guerra di liberazione contro le truppe napoleoniche, inizia a guardare al proprio passato medievale alla ricerca delle proprie radici.

Il fenomeno della Reconquista prese le mosse a partire dagli anni immediatamente successivi alla conquista islamica di buona parte della Penisola iberica. Per comprendere appieno le cause questo avvenimento occorre risalire ulteriormente indietro nel tempo, sino al V secolo, nei decenni che videro il progressivo deterioramento e la successiva estinzione del potere romano in Occidente. Verso il 409 l’antica Hispania romana (comprendente i territori che oggi corrispondono non solo alla Spagna ma anche al Portogallo), venne parzialmente occupata dai Vandali e quindi quasi interamente conquistata dai Suebi dopo il 439. Meno di vent’anni dopo i Visigoti invasero a loro volta il territorio iberico partendo dalle regioni della Gallia meridionale. I particolari della conquista gota non ci sono noti ma è certo che essa ebbe termine intorno al 483, anno in cui, come attestato da un’iscrizione, il sovrano visigoto Eurico (466-484) fece riparare il ponte di Mérida, capitale della Spagna romana. Nel 507 i Franchi di Clodoveo espulsero i Goti dalla Gallia. Il baricentro del potere visigoto si spostò quindi verso sud, in territorio iberico tanto che a partire dal regno di Atanagildo (554-568) la capitale fu fissata definitivamente a Toledo.

Conversione di Recaredo I al cattolicesimo, opera del pittore valenzano, Muñoz Degrain, Palazzo del Senato di Madrid.

Nei tre secoli successivi all’insediamento dei Visigoti nella penisola iberica si realizzò la progressiva fusione tra l’elemento germanico e quello romano-iberico, ad esso preesistente. I sovrani goti mantennero in vita buona parte delle istituzioni giuridiche e delle strutture di governo ereditate dal passato imperiale romano, del quale si considerarono i legittimi continuatori. Inoltre, benché inizialmente seguaci della dottrina ariana, alla fine del VI secolo i Visigoti si convertirono al cattolicesimo, a seguito della conversione di Re Recaredo, avvenuta nel 589. Nonostante l’immagine di coesione offerta dalla propaganda regia, all’alba dell’VIII secolo la compagine gota appariva in evidente stato di crisi a causa delle spinte autonomiste di una nobiltà romano-visigota litigiosa e ribelle. Ciò era dovuto allintrinseca debolezza della monarchia, che in base alle consuetudini germaniche non era ereditaria ma elettiva. In effetti il sovrano più che un capo assoluto era considerato una sorta di “primus inter pares” dagli esponenti della grande aristocrazia.

La battaglia del fiume Guadalete che vide il trionfo delle forze di invasione islamiche.

Negli stessi decenni al di là del Mediterraneo andava affermandosi la nuova potenza islamica. Negli ottant’anni successivi alla morte del Profeta Muhammad (632) sotto la guida dei suoi successori, i Califfi, le armate islamiche dilagarono al di fuori dei confini della Penisola arabica, travolgendo i malandati imperi bizantino e sassanide, logorati da secoli di conflitti. Nel corso di pochi decenni caddero così sotto dominio musulmano regioni importantissime come le ex province bizantine di Palestina, Siria ed Egitto oltre all’intera Persia. Nel 661 a seguito dell’assassinio del quarto e ultimo califfo “ortodosso” Alī ibn Abī Ṭālib, il governatore della Siria Muʿawiya ibn Abi Sufyan assunse la guida della Umma (la comunità dei credenti musulmani) sfruttando la sua solida base di appoggi clientelari. Da quel momento la carica califfale divenne ereditaria e per circa un secolo sarebbe stata appannaggio della potente famiglia degli Omayyadi di Damasco. Con la nuova dinastia l’espansione militare dell’Islam riprese slancio: alle soglie dell’VIII secolo i confini del califfato andavano dalle steppe dell’Asia Centrale a oriente sino alle rive dell’Atlantico a occidente.

Direttrici della conquista musulmana della Penisola Iberica.

Partendo dalle loro basi in Marocco i musulmani attuarono una serie di incursioni lungo le coste iberiche fino a che, nell’anno 711 un esercito arabo-berbero di 12 mila guerrieri al comando del condottiero Tariq ibn Ziyad invase la Spagna, probabilmente approfittando delle divisioni interne alla compagine visigota in merito alla successione al trono. Nel luglio dello stesso anno l’esercito islamico affrontò e sconfisse quello visigoto nella battaglia del Guadalete, nel corso della quale cadde anche Roderico, ultimo sovrano della Spagna visigota. Da quel momento in avanti la conquista fu relativamente rapida: entro il 718 la quasi totalità della Penisola Iberica si trovava sotto il controllo delle forze arabo-berbere. Nel corso dei successivi decenni bande più o meno consistenti di combattenti musulmani arrivarono a spingersi anche oltre i Pirenei, nel cuore della Gallia franca anche se più con l’intento di compiere razzie che non di effettuare nuove conquiste. Proprio nel corso di una di queste spedizioni, nel 732, i razziatori arabo-berberi finirono per scontrarsi con le forze franche comandate da Carlo Martello. La battaglia di Poitiers costituisce un fatto d’armi relativamente minore senonché esso assunse una forte valenza simbolica sino al punto che la vittoria dei Franchi finì per essere identificata come l’episodio che avrebbe salvato la civiltà europea dall’avanzata islamica. In realtà già nel 744 i musulmani penetreranno nuovamente nella Francia meridionale mettendo a sacco i centri di Avignone e Arles.

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Carlo Martello alla battaglia di Poitiers.

A seguito della conquista musulmana la penisola iberica a sud delle catene montuose atlantiche divenne Al-Andalus, provincia (kūra) del vasto impero califfale facente capo a Damasco. Nei decenni successivi si assistette ad una islamizzazione relativamente rapida della società iberica frutto sia della crescente immigrazione di elementi arabi e berberi sia della progressiva conversione della popolazione locale alla fede musulmana. Tuttavia, al di là delle presumibilmente numerose conversioni, dopo la conquista islamica continuarono a sopravvivere all’interno dei confini di Al-Andalus cospicue comunità di ebrei e di cristiani, conosciuti come mozarabi. A costoro le autorità islamiche consentirono di continuare a risiedere in territorio musulmano continuando a professare la propria fede purché accettassero di sottostare ad un “patto di protezione” (dhimma) in base al quale, in cambio della libertà personale e della tutela delle loro proprietà, cristiani ed ebrei si impegnavano al versamento di un’imposta, la jizya, oltre che ad osservare una serie di limitazioni tra cui l’assoluto divieto di ogni forma di culto pubblico oltre che di fare opera di proselitismo.

Pelagio delle Asturie alla battaglia di Covadonga (722)

Fu così che in capo a due generazioni la Spagna divenne parte integrante della Dār al-Islām. L’inserimento in un universo esteso dall’Atlantico all’India favorì l’incremento degli scambi commerciali mentre l’introduzione di tecniche agricole avanzate e di nuove colture consentì un aumento della produzione agricola. La dominazione moresca portò anche ad un mutamento dei centri urbani con l’erezione di imponenti edifici di culto come la grandiosa moschea di Cordova. Nel periodo immediatamente successivo alla conquista Al-Andalus fu governata da Wālī (governatori)  dipendenti dal Governatorato di Ifrīqiya. La situazione mutò alla metà dell’VIII secolo quando l’ultimo califfo omayyade venne spodestato e ucciso in seguito di un sanguinoso colpo di stato al termine del quale prese il potere la dinastia degli Abbassidi. Nel 755 l’ultimo esponente degli Omayyadi ʿAbd al-Raḥmān ibn Muʿāwiya giunse nella penisola iberica reclamando il potere. Alla sua causa aderirono molti arabi (soprattutto siriani) e numerosi berberi. Nel 756 Abd al-Raḥmān poté così entrare a Siviglia dove si fece proclamare Emiro (Amīr) di Al-Andalus nella grande moschea dell’adunanza.

Mentre a sud la presenza islamica andava consolidandosi, nel settentrione iniziava a prendere forma una nuova monarchia iberica e cristiana. Per gli studiosi appare difficile stabilire come e quando il potere visigoto, o che si richiamava al passato regno visigoto, si riorganizzò.

L’espansione territoriale del Regno delle Asturie tra la metà dell’VIII e l’inizio del X secolo.

E’ probabile che le genti montanare cantabriche e asturiane, più o meno influenzate dalla tradizione romano-visigota, si siano mostrate fin da subito ostili alle forze islamiche spintesi nelle loro vallate per riscuotervi tributi o compievi razzie.

In questo quadro si colloca l’episodio della battaglia di Covadonga, combattuta nel 722 e che le cronache successive celebrarono che il momento fondativo della Reconquista. Protagonista di questa prima fase della resistenza cristiana fu un certo Pelagio, personaggio semi leggendario che le fonti indicano come un goto di stirpe reale che avrebbe regnato con il titolo di principe delle Asturie tra il 718 e il 737. Dopo Pelagio fu eletto Alfonso I, primo sovrano a fregiarsi del titolo di Re. A lui succedettero suo figlio Freula e poi suo suo nipote Alfonso II. I Re asturiani dovettero costantemente vedersela con i musulmani (anche se le fonti arabe ignorano in gran parte questa prima “resistenza” asturiana) ma certamente non mancarono gli scontri con gli antichi rivali (cristiani) baschi e galiziani. Non bisogna infatti dimenticare che lungo tutti i secoli della Reconquista gli stati cristiani non esitarono a combattersi ferocemente tra loro, talvolta alleandosi con i musulmani contro i propri correligionari.

Già sotto Alfonso I il regno asturiano iniziò la propria espansione verso sud lanciando una serie di attacchi contro centri come Oporto, Zamora, Salamanca, León, Astorga e Segovia. Parallelamente i sovrani asturiani si trovarono nella necessità di affermare il proprio controllo su un territorio frequentemente soggetto alle incursioni saracene. A questo problema si rispose attraverso la realizzazione dell’idea di “populatio“. Tale strategia consisteva nell’individuazione e nel presidio di punti strategici come montagne, guadi o passi e nel consolidamento di città e strutture difensive (castra) attraverso lo spostamento in loco di coloni guidati da comites cui era demandata l’autorità locale. In questo processo di appropriazione territoriale giocò un ruolo fondamentale anche l’attività monastica. Si può quindi parlare di populatio patriae et restauratio ecclesiae.

Battle of Roncevaux Pass, 778 and the death of Roland. 14th century illuminated manuscript.
La fine del paladino Orlando nell’imboscata di Roncisvalle durante la spedizione spagnola di Carlo Magno del 778.

Il consolidamento del regno maturò sotto Alfonso II il Casto (792-842). In questo periodo si assistette ad un recupero sempre più consapevole dell’eredità visigota a cui si accompagnò una decisa condanna da parte del sovrano della dottrina dell’adozionismo, vale a dire un’eresia che metteva in discussione il dogma trinitario presentando Gesù come un semplice mortale successivamente “adottato” da Dio Padre. Proprio nel corso del IX secolo la chiesa asturiana, oltre a condannare l’eresia, adottò il rito romano in luogo a quello mozarabico, avvicinandosi al papato romano e alla chiesa carolingia.

I legami con il regno dei Franchi sono testimoniati anche dallo scambio di ambasciate tra le corti di Oviedo e di Aquisgrana. Lo stesso Carlo Magno, approfittando dei contrasti tra gli emiri di Saragozza e Barcellona, intervenne in Spagna una prima volta nel 778, anno della spedizione nel corso della quale la retroguardia franca venne sorpresa e massacrata dai baschi al passo di Roncisvalle. Seguirono altre campagne condotte dall’Imperatore e da suo figlio, Ludovico il Pio, che portarono alla sottomissione di parte della Penisola iberica nord-orientale e alla creazione della Marca di Spagna.

Evolución condados pirenaicos orientales.svg
Mappa delle contee catalane e del Regno d’Aragona e la loro progressiva espansione.

Con la crisi dell’impero carolingio, iniziata nei decenni immediatamente successivi alla morte di Carlo Magno (814), i poteri locali iniziarono a ritagliarsi crescenti spazi di autonomia. Nella seconda metà del IX secolo la contea di Barcellona approfittò della crescita in termini di territorio e prestigio derivante dalla lotta in prima linea contro i musulmani per affermare la propria egemonia sulle altre contee catalane. Sotto Goffredo il Villoso (878-897) la Catalogna iniziò a svincolarsi dal dominio franco fino a che nel 988 il conte Borrell II rifiutò di prestare omaggio al nuovo sovrano francese Ugo Capeto, sancendo in questo modo l’indipendenza formale della regione.

Nel corso del suo regno Alfonso II delle Asturie affrontò e sconfisse a più riprese i musulmani, giungendo persino a conquistare Lisbona nel 798 anche se fu in seguito costretto ad abbandonarla in quanto impossibilitato a tenerla. Le sue vittorie gli consentirono di stipulare una tregua quindicennale con i mori di Al-Andalus. Il Re poté così approfittare di un periodo di pace durante il quale consolidò ulteriormente le proprie posizioni in Galizia, León e Castiglia dando inoltre inizio all’insediamento nel nord del Portogallo.

Santiago Matamoros, Peruvian Colonial, 18th century.jpg
San Giacomo Maggiore nelle vesti dell’imbattibile cavaliere “matamoros” (sterminatore di mori).

I successori di Alfonso II, Ramiro I (842-850) e Ordoño I (850-866) dovettero affrontare anni di continue incursioni islamiche. In questo contesto i resoconti cristiani riportano della battaglia di Clavijo, combattuta e vinta dai cristiani di Ramiro I contro le truppe dell’Emiro Abd al-Raḥmān II nell’anno 844. I cronisti raccontano come nel corso dello scontro l’Apostolo Giacomo il Maggiore sarebbe apparso alla testa delle truppe cristiane in sella a un cavallo bianco avvolto in un’armatura scintillante.

Il culto di san Giacomo, o Santiago si diffuse in tutta la Spagna cristiana in modo particolare nella seconda metà del IX secolo dopo la scoperta delle reliquie a lui attribuite da parte dell’anacoreta Pelagio. Il sepolcro del discepolo di Cristo a Santiago de Compostela divenne una delle mete di pellegrinaggio più “gettonate” della Cristianità, al pari di Roma e di Gerusalemme. L’afflusso crescente di pellegrini portò nel corso del tempo alla definizione di tutta una serie di itinerari noti nel loro insieme come “Cammino di Santiago”. La venerazione dell’Apostolo incontrò il favore dei monarchi asturiani che lo appoggiarono e lo promossero: Alfonso II fece innalzare a Compostela un primo santuario poi successivamente riedificato fino al 1075, quando ebbe inizio la costruzione della splendida cattedrale che ancora oggi ammiriamo. Altre apparizioni miracolose, simili a quella verificatasi a Clavijo, contribuirono a trasformare San Giacomo nel cavaliere imbattibile, il “matamoros” (sterminatore di mori), patrono dei combattenti cristiani nella lotta contro i musulmani.

Catedral de Santiago de Compostela
La Cattedrale di Compostela, in Galizia, meta finale del “Cammino di Santiago”.

Torniamo ora ad occuparci della situazione di Al Andalus, dove, dopo la morte dell’emiro Muḥammad I ibn ʿAbd al-Raḥmān (852-886) il potere centrale andò in frantumi. Sotto suo figlio ʿAbd Allāh (888-912) infatti i signori locali si resero sempre più autonomi. In generale i decenni tra l’880 e il 930 furono caratterizzati da un disordine generalizzato, o fitna. La situazione si risollevò con l’ascesa al trono di ʿAbd al-Raḥmān III (912-961) il quale invertì la tendenza disgregatrice inaugurando un periodo di stabilità durato tre generazioni. A questo punto, forte del prestigio derivatogli dai successi conseguiti contro l’Imamato sciita dei Fatimidi e approfittando della crisi del Califfato abbasside, nel 929 ʿAbd al-Raḥmān si autoproclamò Califfo di Al-Andalus.

Una volta domate le opposizioni interne al suo potere, il Califfo poté concentrare i propri sforzi contro il regno asturiano, che sotto il dominio di Alfonso III il Grande (866-910) aveva approfittato delle divisioni interne ad Al-Andalus per espandersi ulteriormente verso meridione. Nel 910 tuttavia Alfonso venne spodestato mentre il regno fu diviso tra i suoi eredi. ʿAbd al-Raḥmān si inserì nelle contese dinastiche originatesi per la successione a Ordoño II (910-924), guidando una serie di campagne militari nel corso delle quali, fatto abbastanza inusuale, assunse personalmente il comando delle proprie truppe.

Pur venendo sconfitto nel 939 da Ramiro II (931-951) alla battaglia di Simacas, il Califfo costrinse gli avversari cristiani sulla difensiva. Infine nel 959 il figlio di Ramiro II, Sancho I, riconquistò il trono paterno con l’aiuto musulmano, il che rese di fatto il Regno di León uno stato cliente di Al-Andalus.

Nel corso delle sue campagne contro i cristiani, Almanzor giunse nel 997 a saccheggiare la cattedrale di Santiago de Compostela

Sedate le tensioni interne e asserviti i regni cristiani del nord, il Califfato raggiunse in quegli anni l’apice dello splendore, ulteriormente testimoniato dal fervore edilizio che investì i centri urbani a cominciare dalla capitale Cordova, che in quel periodo si dotò di nuovi quartieri i quali, assieme alla moschea monumentale, la posero al livello di centri come Costantinopoli o Il Cairo.

ʿAbd al-Raḥmān III morì nel 961 lasciando il potere al figlio al-Hakam II (961-976) che proseguì l’azione politica del genitore. Alla sua morte tuttavia suo figlio al-Hisham II (976-1013) aveva appena quindici anni motivo per cui a partire dal 981 il comandante berbero Muhammad ibn Abī ‘Āmir assunse il potere supremo come hājib (“maestro di palazzo”) in nome del Califfo, ridotto ormai ad una figura meramente simbolica. L’esautoramento della figura califfale è testimoniato anche dall’assunzione da parte di ibn Abī ‘Āmir del titolo sovrano di al-Mansur (in spagnolo Almanzor).

ibn Abī ‘Āmir combatté i principati cristiani infliggendo loro una serie di cocenti disfatte, arrivando a saccheggiare Barcellona nel 984 , León nel 988 e addirittura Santiago de Compostela nel 997. Qualora il Califfato non si fosse dissolto a seguito della guerra civile scoppiata nel 1009, l’esistenza stessa dei regni cristiani sarebbe stata in pericolo.

I regni delle Taifas originatisi dallo smembramento del Califfato omayyade.

La nuova fitna interna ad Al-Andalus scoppiò principalmente a causa dell’inettitudine dei successori di al-Muzaffar (1002-08), figlio di Almanzor, e delle lotte di potere tra i signori locali. Nel 1013 Cordova fu messa a sacco mentre dal 1031 si rinunciò persino alla nomina di un Califfo. da quella data Al-Andalus si divise in circa trenta regni, noti come Taifa. 

Mentre la crisi del Califfato si faceva sempre più evidente, gli anni che seguirono le devastazioni di Almanzor furono segnati dalla generale ripresa dei regni cristiani. Protagonista di questo periodo fu il sovrano di Navarra Sancho III el Mayor (1004-1035), che costruì un regno vasto e potente alternando l’uso della forza a un’abile politica matrimoniale che lo portò nel 1029 a sposare la figlia del Conte di Castiglia mentre nel 1032 suo figlio Ferdinando prese in moglie Sancha, sorella dell’ultimo Re di León Bermudo III.

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Ferdinando I, Re consorte di Castiglia (r. 1035-1065)

Sancho morì nel 1035 dividendo il regno fra i tre figli: a Ferdinando andò la Castiglia, a Garcia la Navarra mentre a Ramiro, il bastardo, l’Aragona, della quale divenne il primo re. Due anni dopo Ferdinando assunse anche il titolo di re consorte di sua moglie Sancha I, divenuta regina in seguito alla morte senza eredi del fratello.

Unificate le corone di Castiglia e León sotto il suo scettro, Ferdinando iniziò ad espandere i propri domini verso meridione conducendo una serie di fortunate spedizioni al termine delle quali caddero sotto il suo dominio i centri di Viseu, Lamego e Coimbra, nell’attuale Portogallo settentrionale. Inoltre, a partire dal 1060 i regni di Taifa di Badajoz, Toledo e Saragozza divennero suoi clienti e ne riconobbero la supremazia militare. Sarà proprio grazie ai forti tributi riscossi dai regni di Taifa musulmani che nella seconda metà dell’XI secolo il regno di Castiglia e León sarà in grado di volgersi seriamente ad una politica di espansione territoriale, inaugurando una nuova fase della Reconquista.

Bibliografia:

  • A. Vanoli, La Reconquista
  • M. Marín, Storia della “Spagna musulmana” e dei suoi abitanti
  • C. Wickham, L’eredità di Roma. Storia d’Europa dal 400 al 1000 d.C.
  • R. Comba, Storia Medievale
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