Il banchetto del Jefe

Aveva baffetti e un cipiglio tipicamente hitleriani, l’acume politico e la paranoia di Stalin, la pomposità e l’amore per la gloria militare di Franco, l’amore per uniformi fantasia proprio di Tito. Tuttavia come leader e dittatore, Rafael Trujillo è stato una figura a dir poco atipica.

Un ritratto ufficiale di Rafael Leonidas Trujillo Molina, Presidente-padrone della Repubblica Dominicana tra il 1930 e il 1961.

I primari fattori motivanti della sua vita e della sua carriera erano il potere e il denaro – ed egli non si preoccupava granché di nasconderlo – ma verso la fine del suo regno egli cominciò a muoversi seriamente per far sì che la sua metà di isola – la Repubblica Dominicana – divenisse un centro di potere occulto a tutto tondo.

Data la longevità del suo governo – quasi trentuno anni, dal 1930 al 1961, che i dominicani chiamano El Trujillato, ossia l’era di Trujillo – è difficile tracciare un’opinione decisa sulla sua dittatura, la quale cambiò matrice numerose volte nel corso del tempo. Trujillo cambiò numerose volte il proprio ruolo formale – fu Presidente ”democraticamente” eletto,  fu El Jefe, il Capo, un titolo molto simile a quelli di Duce, Führer e Caudillo, fu il Generalissimo, il ”Benefattore della Patria”, ed il primus inter pares di una dirigenza formalmente collegiale. Molteplici ruoli per una singola persona, la quale tuttavia mantenne la sola costanza del potere e del terrore di Stato – sia sul suolo dominicano, che nel panorama internazionale.

Rafael Leonidas Trujillo Molina nacque il 24 ottobre 1891 in una famiglia povera, a San Cristòbal, terzo di undici figli. Rimasto orfano in tenera età, la madre Julia prodigò al piccolo Rafael tutte le cure necessarie, giungendolo a viziarlo rispetto alle sorelle, e una volta accortasi della sua intelligenza fece di tutto per iscriverlo alle prestigiosa scuola di Broughton, non senza sacrifici e forti privazioni per la famiglia. Ma gli sforzi di Julia ebbero frutto.

Trujillo con la madre, Altagracia Julia Molina Chavalier.

Il piccolo Rafael eccelleva negli studi e a sedici anni era già un telegrafista – un lavoro allora piuttosto ambito e ben remunerato. Tutto sembrava indicare un futuro luminoso e onesto per Rafael e la famiglia Trujillo. Purtroppo non fu così. Tre anni dopo, l’ufficio chiuse per la crisi causata dai debiti statali e Rafael si trovò senza lavoro. Il diciannovenne ebbe pochi sbocchi se non la via del crimine. Fondò la sua banda, Los 42, e si dedicò ad attività quali rapine, furti, contrabbando e contraffazione, per i quali passò diversi mesi in prigione. Anche se negli anni a venire Trujillo fece di tutto per coprire la propria vita giovanile da gangster, molti ex-membri dei 42 sarebbero divenuti suoi fedeli compagni e sottoposti nel Trujillato.

Quando nel 1916 gli Stati Uniti occuparono la Repubblica Dominicana a causa della sua spaventosa situazione debitoria, per Trujillo si aprì l’opportunità per una nuova vita. Nel 1918 entrò così nella Guardia Nazionale. La vita nell’esercito ebbe un’influenza benefica e regolatrice su Trujillo – finiti erano gli eccessi giovanili, finite erano le scorribande criminali. Trujillo si dedicò anima e corpo a quello stile di vita disciplinato e in soli nove anni divenne Generale.

Nel 1930, scattò un colpo di Stato contro il Presidente Horatio Vasquez. Nonostante Trujillo, ora capo dell’Esercito, dovesse la sua lealtà a Vasquez, con una scusa egli si dichiarò ”neutrale” e non aiutò quest’ultimo a difendersi dai ribelli guidati da Rafael Estrella Urena. In seguito egli fece pesare il suo supporto su Estrella costringendolo a cedergli la carica di Presidente con un’elezione democratica in cui Trujillo vinse il 99% dei voti – apparentemente i contrari dell’ 1% erano i suoi familiari dietro sua richiesta, perché egli pubblicamente ”stimava molto anche l’opposizione”. Chiunque osò criticare questo teatrino venne arrestato.

rafael leonidas trujillo
Cartello propagandistico che celebra il 25 anni di governo di Trujillo, salutato come “Benefattore della Patria”.

Trujillo si concesse una promozione a Generale a cinque stelle o Generale dell’Esercito, e il suo culto della personalità cominciò a svilupparsi. Sulle chiese apparve la scritte “Dios en cielo, Trujillo en tierra” oppure “Dios y Trujillo”. Nel corso degli anni l’ordine sarebbe stato capovolto – TRUJILLO EN TIERRA, DIOS EN CIELO, e TRUJILLO Y DIOS. Nel 1936 con proposta popolare, Trujillo ”controvoglia” dette disposizioni per ribattezzare la capitale da Santo Domingo in Ciudad Trujillo. Inoltre, con ”suo grande imbarazzo” i suoi uomini scrissero a Stoccolma proponendolo come candidato al Nobel per la Pace. 

Una cosa da rilevare è che l’approvazione di Trujillo da parte del popolo non fosse del tutto immeritata e artificiosa – con una oculata amministrazione finanziaria, egli era veramente riuscito a cancellare tutti i debiti statali e rimettere l’economia nazionale in carreggiata. Grazie a lui, la Repubblica Dominicana andava conquistandosi pian piano un ruolo di tutto rispetto sulla scena internazionale. I bambini lo chiamavano affettuosamente ”capitas” – tappi di bottiglia – per le numerose medaglie ch’egli amava sfoggiare e lo imitavano appuntandosi i tappi sulle loro magliette. Trujillo sorrideva a questo gioco e lo considerava un indice della sua popolarità. Apprezzava anche il soprannome di El chivo – il caprone – dato che si ritrovava nell’animale così forte, testardo e mascolino.

Haitian corpses after the 1937 massacre.jpg
Fotografia in bianco e nero di haitiani assassinati nel 
“massacro del 
prezzemolo” compiuto dall’esercito dominicano.

In quegli anni, la vita di Trujillo seguiva gli stessi ritmi della vita militare – si alzava alle quattro di mattina, si esercitava e si lavava, alle sette cominciava a lavorare mentre faceva colazione, e continuava fino a sera. La sua dieta era allo stesso modo molto equilibrata – dato che tendeva a ingrassare, mangiava di tutto ma in piccole dosi. Non fumava, non faceva uso di droga e beveva alcolici solo in rarissime occasioni, preferendo del semplice succo di frutta quando voleva ”strafare”. Spesso, dopo una cena frugale, si faceva trasportare in incognito lungo le strade della capitale, osservando la vita di città.

Ma queste luci non coprivano del tutto le ombre della sua brutalità, e nei successivi quindici anni egli avrebbe riaffossato l’economia dominicana tramite il furto costante di fondi statali e l’imposizione di monopoli posti in mano ai suoi familiari, inoltre avrebbe stipulato nuovi debiti con gli Stati Uniti. Alla fine del Trujillato, la sua attività sarebbe costata circa cinque miliardi e mezzo di dollari allo stato dominicano. Inoltre, quando nel 1937 s’imbarcò nel proposito genocida del ”Massacro del prezzemolo”, un’operazione di pulizia etnica che consistette nel massacrare la popolazione haitiana che viveva sulla parte dominicana del confine con Haiti, ricevette un gran numero di aspre critiche sia internamente che esternamente. Il massacro fu chiamato ”del prezzemolo” perché per distinguere i neri haitiani da quelli dominicani i soldati Trujillo mostravano loro del prezzemolo chiedendogli di pronunciare il nome – perejil. Dato che la maggior parte della popolazione haitiana era francofona, essi pronunciavano assai diversamente la parola e questo valeva come condanna a morte.

Le sorelle Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, assassinate il 25 novembre 1960 dalle forze di sicurezza dominicane a causa della loro dissidenza.

La costernazione internazionale costrinse Trujillo a rinunciare a una terza elezione e a ritirarsi formalmente dietro le scene, anche se il nuovo Presidente, Jacinto Peynado, era un burattino nelle sue mani e comunque in età già molto avanzata – morì durante la carica e fu sostituito da Manuel de Jesus Troncoso, che portò a termine il mandato. Trujillo dovette attendere alcuni anni per poter rilanciare la propria immagine internazionale, dichiarando guerra a Hitler e accogliendo gli ebrei che nessun altro Paese era disposto ad a accogliere. 

Tuttavia, anche la sua immagine trasse beneficio da queste iniziative, egli stava perdendo il contatto con la realtà e cominciò a credere veramente in ciò che i suoi sostenitori inventavano sul suo conto. Degradò sia moralmente che fisicamente. Cominciò a indossare uniformi sempre più stravaganti e a fare letteralmente il bagno nel profumo, adorava prendere il tè con le mogli e le figlie dei suoi ministri con le quali intratteneva pettegolezzi da portinaia. Come una dominicana Versailles, egli divenne sempre più preso da tramette tipiche di una telenovela e a ignorare gli affari statali.

Le unico cose a cui continuò a dedicarsi con costanza erano i soldi e il terrore. Accumulava ricchezze su ricchezze e nel 1957 dette disposizioni perché si costituisse la SIM – Servicio de Inteligencia Militar – l’ennesima di una lunga lista di polizie politiche da lui impiegate. La SIM aveva obiettivi molto ambiziosi – influenzare e ottenere vantaggi nella politica degli altri Paesi, oltre che a quella dominicana.

Oltre ai tentativi di omicidio del presidente venezuelano Romulo Betancourt e il tristemente noto successo nello sterminare le sorelle Mirabal, il SIM s’occupò anche di tentare d’incastrare il disgraziato ex-dirigente dell’ NKGB/MGB sovietico Sergei Kruglov, anche se apparentemente Kruschev ne venne a conoscenza e sollevò un putiferio. Tale incidente probabilmente contribuì all’allontanamento di Kruglov dal Cremlino. Allo stesso modo, il SIM assassinò per qualche ragione uno degli assistenti di Eichmann fuggiti in America latina, con gran noia di Simon Wiesenthal che stava preparando una possibile operazione per arrestare quel nazista.

Trujillo riceve il vicepresidente statunitense Richard Nixon. I rapporti tra Repubblica Dominicana e Stati Uniti, inizialmente buoni, finirono tuttavia per guastarsi nel corso degli Anni ’50.

Nel 1958 dette la sua benedizione a un nuovo gruppo paramilitare, i Batallon Trujillos, responsabili di una limitata attività di guardia nazionale e supporto con la quale sgravavano la SIM di compiti che avrebbero potuto distrarla dalle mire internazionali.  Dato che Trujillo considerava l’Esercito regolare la crema della crema e una casta a parte, i battaglioni Trujillo erano un modo per integrare i numeri senza tuttavia intaccare la qualità, tenendo le due organizzazioni ben distinte – i battaglioni non avevano accesso o autorizzazione a portare armi da fuoco eccetto che lanciamissili per la difesa aerea, non avevano un’uniforme regolare e il loro armamento era costituito da armi bianche e in alcuni casi, persino balestre.

Intanto Trujillo aveva perso ogni controllo nei suoi fumosi piani, che neppure stretti collaboratori e familiari oramai riuscivano a comprendere. Cominciò sempre più a dedicarsi a ”scappatelle” con le mogli dei suoi collaboratori e anche con le loro figlie adolescenti, s’isolò sempre di più perché da tempo era divenuto incapace di contenere la propria vescica e divenne molto volgare e dal temperamento violento. Il popolo non gli perdonava più gli eccessi e il terrore, ora che l’economia era tornata in picchiata. Anche le relazione con gli Stati Uniti, un tempo ottime, si erano fatte sempre più tese. Gli USA non intendevano più fornirgli alcun supporto. Ricorda l’ambasciatore statunitense Joseph Farland:

”Sono andato a dirgli che tutto l’equipaggiamento militare, ogni grammo di equipaggiamento militare USA, era stato fermato. Sono andato da solo. Aveva il suo ambasciatore negli Stati Uniti, il capo dell’esercito, il capo della marina e il capo dell’aeronautica militare sull’attenti. È esploso. È diventato rosso. Ha poi proceduto a fare l’innominabile, a dire l’indicibile. Ha iniziato una violenta invettiva contro Eisenhower, il mio Presidente. Lo ha chiamato “stupido”, ha detto che non capiva la politica, non capiva cosa stesse succedendo nei Caraibi, e lo ha definito (odio dirlo su nastro) un “figlio di puttana”. Quando lo ha fatto, la mia diplomazia ha preso un volo diritta fuori dalla finestra e sono diventato di nuovo un minatore di carbone. Ho deciso che era giunto il momento in cui avrei dovuto dire qualche parola a sostegno del mio Paese, cosa che ho fatto, finendo per dire “Per quanto mi riguarda, secondo me lei non è altro che un dittatorucolo da due soldi e il suo Paese rispetto al mio non è altro che una mosca su una mappa. È diventato più rosso di qualsiasi altra cosa in questa stanza. All’improvviso ho capito cos’avevo detto, e ho pensato: “Vecchio Joe, se sbatti le palpebre, sei morto. Sono tutto da solo. (Trujillo) porta una pistola. Ha quattro milioni  di uomini qui che lo sosterranno. Sono un uomo morto se sbatto le palpebre. ” Ma non ho battuto ciglio. Fu lui che sbatté le palpebre. Girò l’angolo della scrivania e disse: “Signor Ambasciatore, amico mio, nei momenti di angoscia, spesso facciamo commenti che in realtà non intendiamo. Perdoniamo e dimentichiamo.” Non ho potuto trattenermi. Ho detto: “Trujillo, sono un cristiano. Perdonerò, ma non dimenticherò. ” Ho girato i tacchi e ho camminato per quelle che sembravano ventiquattro miglia attraverso quell’ufficio, chiedendomi continuamente se mi sarei beccato un calibro 38 nella schiena.”

Ciononostante, Farland mantenne una certa amicizia con Trujillo, al punto da avvertire la figlia più grande di Trujillo, Flor de Oro, di pregare suo padre di prendersi il suo bottino e lasciare il Paese, perché entro un anno sarebbe stato assassinato. Flor parlò con il padre, ma egli non le prestò ascolto. Il 30 maggio 1961, una scarica di proiettili raggiunse Trujillo mentre viaggiava nella sua Chevrolet Bel Air, poco fuori Ciudad Trujillo. L’arroganza di Trujillo nel voler usare una vettura scoperta e senza vetri antiproiettile fu il suo ultimo errore.

Inutilmente la SIM e i Batallon Trujillos, insieme agli elementi delle polizia e dell’esercito leali alla famiglia Trujillo, tentarono di supportare la presa di potere da parte del figlio Ramfis – anche se riuscirono a vendicarsi di quasi tutti i congiurati, entro un anno la famiglia Trujillo fuggì dal Paese con quello che erano riusciti a prendere, diversi milioni in banconote, gioielli il feretro con le spoglie de El Jefe. Il Trujillato era finito.

FONTI

  • The Dictator Next Door: The Good Neighbor Policy and the Trujillo Regime in the Dominican Republic, 1930-1945 – Eric Paul Roorda
  • Trujillo: The Death of the Goat –  Bernard Diederich
  • Dealing with the DR’s Rafael Trujillo – Joseph Farland

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