L’ultimo Imperatore

La Storia insegna che quando si è gli ultimi di qualcosa, generalmente si occupa un posto di un certo riguardo in essa. Talvolta questo posto reca oneri e onori di gloria e grandezza. Ebbene, la vita dell’ultimo Imperatore cinese (per ben tre volte!) della Dinastia Qing, Aisin Goro Pu Yi, sebbene abbia goduto di gloria e grandezza piuttosto dubbie, non è meno affascinante ed anzi, merita uno studio e un’attenzione particolari per la sua unicità.

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Aisin Goro Pu Yi (1906-1967) Imperatore della Cina e successivamente Imperatore del Manciukuò.

La vita di Pu Yi è senza dubbio una delle storie più uniche del Ventesimo secolo: Imperatore, Capo di Stato, pupazzo dei giapponesi, umile giardiniere… vittima e carnefice, sadico e pauroso. Nato il 7 Febbraio 1906, il piccolo Pu Yi fu strappato a soli due anni ai genitori – il Principe Chun Zaifeng e la madre Youlan – dalla zia e Imperatrice vedova Cixi per essere incoronato Imperatore con il nome regnante di Xuantong. Come ricordò Pu Yi stesso nella sua autobiografia ”Ho ancora un vago ricordo di quell’incontro, il cui choc ha lasciato una profonda impressione nella mia memoria. Ricordo di essermi trovato improvvisamente circondato da estranei, mentre davanti a me era appesa una tenda grigia attraverso la quale potevo vedere un volto orribile, emaciato e terrificante. Questa era Cixi. Si dice che scoppiai in forti ululati e un pianto disperato alla sua vista e abbia iniziato a tremare in modo incontrollabile. Cixi ha detto a qualcuno di darmi dei dolci, ma io li ho gettati per terra e ho urlato “Voglio la tata, voglio la tata”, con suo grande dispiacere. “Che bambino cattivo”, ha detto. “Portatelo via, a giocare”.

Nonostante l’autobiografia scritta dall’Imperatore stesso sia ora criticata per essere stata vergata in termini eccessivamente sensazionalistici e ricca di note edulcorate verso il Partito Comunista Cinese, quanto descritto nel passaggio sopracitato non deve essere molto diverso da quanto accaduto in realtà. Pu Yi era solo un bambino strappato dai genitori e Cixi era vecchia e malata, indi l’atmosfera di quell’incontro era stata tanto solenne quanto deprimente. Due giorni dopo quell’incontro Cixi spirò e si diede il via a tutti i preparativi per incoronare Pu Yi come Imperatore. Suo padre, il principe Chun, divenne il principe reggente. Durante l’incoronazione di Pu Yi nella Sala della Suprema Armonia, il 2 dicembre 1908, il giovanissimo Imperatore fu portato sul Trono del Drago da suo padre. Il piccolo Pu Yi era terrorizzato dalla spettacolo posto davanti a lui e dai suoni assordanti dei tamburi cerimoniali e della musica, e iniziò a piangere. Suo padre non poteva fare altro che confortarlo silenziosamente: “Non piangere, presto finirà tutto”. Pu Yi scrisse successivamente nella sua autobiografia: ”Due giorni dopo il mio ingresso a palazzo, Cixi morì e il 2 dicembre si svolse la “Grande Cerimonia dell’Intronizzazione”, cerimonia che io ho rovinato con le mie lacrime.”

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Puyi (in piedi) a tre anni nel 1909 accanto a suo padre, il Principe Reggente Chun, che tiene in braccio il fratello minore dell’Imperatore, Pujie.

La vita nella Città Proibita sarebbe stata un ottovolante di emozioni, segreti e traumi che avrebbero segnato il ragazzo a vita. Certo, Pu Yi era libero di correre e giocare per gli sterminati giardini dei palazzi della Città Proibita, ed era costantemente accompagnato da una moltitudine di eunuchi e giovani cameriere che gli facevano da compagni di gioco e recavano bibite, torte e altri manicaretti nel caso il giovane regnante avesse avuto il bisogno di rifocillarsi. Circondato di cure e attenzioni, presto dimenticò la madre biologica, sviluppò un legame speciale con la sua infermiera e balia Wang – ella fu accreditata come l’unica persona in grado di impartirgli un’educazione e controllarne i capricci, e fu a tutti gli effetti la sua madre adottiva. Purtroppo Wang fu mandata via quando Pu Yi aveva solo otto anni. Dopo che Pu Yi si fu sposato, di tanto in tanto fu nella posizione d’invitarla prima nella Città Proibita, e in seguito nel Manciukuò, per fargli visita e passare del tempo assieme. Il loro legame era talmente forte che dopo il perdono speciale del governo comunista ricevuto da Pu Yi nel 1959, ella non perse occasione per visitare il figlio adottivo e solo allora rivelargli dei sacrifici personali da lei compiuti per essere la sua infermiera.

Ma la vita da giovane Imperatore aveva anche dei lati oscuri, ed egli fu costretto a crescere e farsi adulto a ritmi vertiginosi – per esempio gli eunuchi avevano un tremendo potere accumulato nella loro mansione di controllare le finanze e i tesori della Città Proibita, e ruberie e ”correzioni” ai bilanci e ai libri mastri erano all’ordine del giorno. Quando Pu Yi si decise ad effettuare un controllo della contabilità, il palazzo in cui erano conservati i libri contabili bruciò nottetempo per cause ignote. L’imperatore ragazzino si vendicò facendo bastonare gli eunuchi per le più lievi infrazioni, talvolta bastonandoli lui stesso e sviluppando una certa affinità verso questo genere di tortura.

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Via Nanchino a Shanghai con le bandiere delle “Cinque Razze Sotto Una Unione” utilizzate dai ribelli durante la Rivoluzione Xinhai, che porterà al crollo dell’Impero e alla proclamazione della Repubblica cinese.

Pu Yi doveva essere formato per governare e a questo proposito nel 1919 – sebbene egli avesse già da tempo perso ogni potere effettivo a favore del nuovo governo repubblicano – fu portato nella Città Proibita uno studioso e sinofilo scozzese Sir Reginald Johnston. Fino a quel momento Pu Yi aveva ricevuto la classica educazione confuciana, che consisteva principalmente in precetti filosofici e teologici e aveva ben poco di pratico. A questo proposito, è doveroso notare che in realtà Pu Yi era stato già deposto come effettivo Capo di Stato nel 1912, quando il millenario Impero Cinese era giunto al termine e aveva lasciato posto alla Repubblica – una realtà molto frammentata e con intere regioni in mano ai cosiddetti signori della guerra e alle loro milizie personali. Lo stesso primo Presidente cinese, Yuan Shikai, aveva cercato di installarsi come nuovo Imperatore con una sua dinastia ma il tentativo era naufragato in appena quattro mesi e dopo un passo indietro con la speranza di mantenere il potere con la nomina di Presidente, ma le pressioni interne insieme a quelle del Giappone lo costrinsero ad abbandonare il potere per poi morire di uremia pochi mesi dopo. Ciò aveva ulteriormente frammentato il quadro politico cinese e dato il via a una serie di colpi di Stato e tentativi di rivoluzione – lo stesso Pu Yi fu nominato Imperatore nuovamente per una manciata di giorni nel 1917.

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Le truppe repubblicane combattono per riconquistare la Città Proibita il 12 luglio 1917, dopo il tentativo di restaurazione imperiale di Zhang Xun.

Nonostante questo susseguirsi di eventi burrascosi, a Pu Yi fu concesso di mantenere il titolo e risiedere nella Città Proibita, oltre alla conservazione di molti suoi privilegi, dei suoi servi e di uno stipendio governativo – quindi dal suo punto di vista, limitato e isolato a palazzo, le cose non cambiarono molto. Tornando all’educazione del giovane Imperatore, Il presidente Xu Shichang credeva che alla fine la monarchia sarebbe stata restaurata e per preparare Pu Yi alle sfide del mondo moderno aveva assunto Johnston per insegnare a Pu Yi materie come scienze politiche, storia costituzionale e inglese. A Johnston furono concessi solo cinque testi in inglese per dare a Pu Yi da leggere: Alice nel Paese delle Meraviglie e traduzioni in inglese dei “Quattro Grandi Libri” del Confucianesimo – i Dialoghi, il Mencio, il Grande Studio e la Dottrina del giusto mezzo. Ma l’inglese ignorò le regole e insegnò a Pu Yi la storia del mondo con un’attenzione particolare alla storia britannica. Oltre alla storia, Johnston insegnò la filosofia a Pu Yi e la teoria politica che vedeva la superiorità delle monarchie rispetto alle repubbliche. Pu Yi ricordò che i penetranti occhi azzurri del suo insegnante “mi facevano sentire a disagio … lo trovavo molto intimidatorio e studiavo l’inglese con lui come un bravo ragazzo, non osando parlare di altre cose quando mi annoiavo … come invece facevo con i miei altri insegnanti cinesi ”. Johnston e la sua cultura britannica ebbero un tale impatto su Pu Yi che egli volle affibbiarsi un nome tipicamente inglese – Henry.

Reginald Johnston, precettore di Pu Yi, l’Imperatrice Wan Rong e la sua istitutrice Isabel Ingram nella Città proibita.

La vita a palazzo trascorreva come se nulla fosse cambiato, e altri aspetti più oscuri dell’educazione di Pu Yi ci vengono riportati dal suo ultimo eunuco, rimasto in vita tanto a lungo da trasmettere le sue memorie nel libro L’ultimo eunuco in Cina, la vita di Sun Yaoting. Sun Yaoting (1902-1996), all’epoca ragazzino, racconta come I’Imperatore avesse un particolare tipo di educazione sessuale in modo da essere pronto la prima notte di nozze per potersi comportare adeguatamente e generare eredi maschi. Egli veniva ”istruito” da cameriere e cortigiane le quali in realtà non facevano altro che forzare un ragazzino a malapena adolescente. Talvolta gli eunuchi, per sfiancarlo ed evitare le bastonate, pagavano le cameriere per molestare e violentare l’Imperatore; altre volte cortigiane prive di scrupoli miravano a fare jackpot cercando di avere un figlio da lui. Come conseguenza di questi orrori, l’Imperatore crebbe timido di fronte alle donne al punto di rifiutarsi di giacere con la Consorte Imperiale Wanrong e le altre concubine e a preferire la compagnia maschile di eunuchi e giovani paggetti, dando il via a voci e pettegolezzi su una sua omosessualità e non generando alcun erede.

Tutto questo ebbe fine quando fu definitivamente cacciato dalla Città Proibita e spogliato del suo stipendio governativo nel 1924. Nel febbraio 1925, Pu Yi si trasferì nella concessione giapponese di Tianjin, prima nel Giardino Zhang e nel 1927 e poi nell’ex residenza di Lu Zongyu conosciuta come Giardino della Serenità. Un giornalista britannico, Henry Woodhead, definì la corte di Puyi un “paradiso per cani” poiché sia Pu Yi che Wanrong erano amanti di questi animali e possedevano diversi esemplari molto viziati mentre i cortigiani di Pu Yi trascorrevano una quantità eccessiva di tempo a litigare tra loro. Woodhead ha inoltre affermato che le uniche persone che sembravano andare d’accordo alla corte di Pu Yi erano Wanrong e Wenxiu, che erano “come sorelle”. Tianjin era, dopo Shanghai, la città cinese più cosmopolita, con grandi comunità britanniche, francesi, tedesche, russe e giapponesi. Come ex Imperatore, a Pu Yi fu permesso di unirsi a diversi club sociali che normalmente ammettevano solo i bianchi.

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Pu Yi e la prima moglie Wanrong.

Questa vita da bon vivant tuttavia non soddisfaceva granché il giovane ex Imperatore ed egli cominciò a tastare la possibilità di una restaurazione del suo trono con il supporto dei giapponesi. Incalzato dalla cugina Xianyu, anche conosciuta come Yoshiko Kawashima, che stando ad alcune fonti, sarebbe diventata una sua amante, nel settembre del 1931 Pu Yi inviò una lettera a Jiro Minami, il ministro della Guerra giapponese, esprimendo il suo desiderio di essere riportato al trono. Nella notte del 18 settembre 1931, l’incidente di Mukden iniziò quando l’esercito giapponese del Kwantung fece saltare in aria una sezione della ferrovia appartenente alla compagnia della South Manchurian Railroad di proprietà giapponese e incolpò il signore della guerra cinese Zhang Xueliang. Con questo pretesto l’Esercito Kwantung iniziò un’offensiva generale con l’obiettivo di conquistare tutta la Manciuria. Pu Yi fu visitato da Kenji Doihara, capo dell’ufficio di spionaggio dell’esercito giapponese Kwantung, che propose di stabilire Pu Yi come capo di uno Stato della Manciuria.

Xianyu, anche conosciuta come Yoshiko Kawashima, cugina di Pu Yi, in uniforme dell’esercito del Manciukuò.

L’influenza e le conoscenze di Yoshiko rivelano quanto ella fosse una donna intraprendente ed eccezionale, una figura affascinante di una donna emancipata. Dotata di un carattere forte e indipendente, non si rassegnò a essere la semplice “cugina dell’Imperatore” e dette estro della sua personalità vestendosi con abiti e uniformi maschili, non facendo segreto della sua bisessualità e coltivando amicizie e relazioni in tutto il mondo asiatico. Un’artista di talento, le sue passioni spaziavano dalla pittura allo spionaggio – all’età di 20 anni si legò ai servizi segreti giapponesi e cominciò a barattare informazioni un po’ per garantirsi un’entrata economica e un po’ per soddisfare la sua voglia d’avventura. Fu una tra le poche sincere amicizie e legami umani per il giovane ex Imperatore ma il suo sentimento filo-giapponese le costò caro perché al termine del secondo conflitto mondiale il governo cinese nazionalista del Kuomintang la fece torturare e infine giustiziare, non potendo mettere le mani sull’ ”Imperatore traditore”.

Con un simile personaggio a supporto, non c’è da meravigliarsi che Pu Yi stesso venisse additato come un intrigante e dalla sessualità dubbia. Dopo diverse trattative, nel 1932 i giapponesi infine acconsentirono a creare uno stato fantoccio, il Manciukuò, e mettere Pu Yi come Capo di Stato. Non gli fu immediatamente concesso un titolo imperiale perché Hirohito voleva prima accertarsi della sua affidabilità. Tuttavia, non vi fu mai una completa armonia con i giapponesi, e sopratutto con i suoi referenti, il Tenente Generale Kenji Doihara e il Generale Seishiro Itagaki. A Pu Yi non piaceva l’idea di risultare dipendente dai giapponesi, anche se non c’era nulla da fare –  quando si oppose ai piani di Itagaki, gli fu risposto che non era nella posizione di negoziare poiché egli non aveva alcun interesse nelle sue opinioni su questi argomenti. A differenza di Doihara, che era sempre molto gentile e ed era molto attento a caldeggiare costantemente l’ego di Pu Yi, Itagaki era brutalmente scortese e brusco, latrando ordini come se stesse parlando con un soldato semplice particolarmente ottuso.

Pu Yi nelle vesti di Imperatore del Manciukuò incontra il suo omologo giapponese Hirohito (1940).

Due anni più tardi, in cui a Pu Yi fu concesso un titolo imperiale con il nome regnante di Kangde, sorsero altri scontri. Pu Yi non era contento che il suo mandato non provenisse ”dal cielo”, bensì dal popolo, come evidenziato dalla propaganda giapponese. Inoltre egli avrebbe preferito indossare i tradizionale abiti Qing, quando invece gli fu imposta una divisa militare. Gli anni passati nelle vesti di Imperatore del Manciukuò furono i più solitari, tristi e oscuri della sua vita. Veniva tenuto isolato nel vecchio Palazzo del Sale, nella capitale Changcun, una lugubre città industriale, e il suo potere consisteva nel firmare e timbrare gli editti dei padroni giapponesi. Egli sprofondò nella depressione e lo stesso fu per Wanrong, la quale si consumò a tal punto nel suo consumo di oppio dal morirne nel 1946. L’Imperatore riprese a bastonare i paggetti per le minime infrazioni, alternando rabbia e sadismo a momenti di assoluta indifferenza e immobilità fisica. Non si curò granché delle sorti del conflitto finché i giapponesi non lo evacuarono dalla città prima che cadesse in mano ai sovietici.

Pu Yi fu arrestato da sovietici e per lui fu un bene poiché la situazione in Cina era allora saldamente nelle mani di Chiang Kai-shek e del Kuomintang. I sovietici lo trattennero a Cita promettendo al Partito Comunista cinese di restituirlo quando i maoisti avessero vinto la guerra contro i nazionalisti. A differenza di Chiang, Mao non intendeva giustiziare Pu Yi ma al contrario, intendeva “rieducarlo” e dimostrare che anche il massimo rappresentante della corruzione del vecchio mondo, l’Imperatore, potesse diventare un buon comunista.

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Pu Yi ritratto in una fotografia durante il periodo trascorso presso il centro di detenzione dei criminali di guerra di Fushun.

Nel 1950, dopo l’avvento della Repubblica Popolare Cinese, i sovietici finalmente caricarono Pu Yi e il resto dei prigionieri cinesi del Manciukuò su un treno diretto in Cina. Tutti erano convinti che sarebbe stati giustiziati al loro arrivo e invece Pu Yi fu sorpreso dalla gentilezza delle sue guardie cinesi, che gli dissero che quello era per lui l’inizio di una nuova vita. Fatta eccezione per il periodo durante la guerra di Corea, quando fu trasferito ad Harbin, Pu Yi fu trattenuto nel Centro di gestione dei criminali di guerra di Fushun nella provincia di Liaoning finché non fu dichiarato “rieducato”. I prigionieri a Fushun erano alti funzionari e ufficiali cinesi del Manciukuò e del Kuomintang. L’anno dopo, nel 1951, Pu Yi apprese che la moglie Wanrong era morta nel 1946.

Pu Yi non si era mai lavato i denti o allacciato le stringhe delle scarpe solo nemmeno una volta in vita sua e aveva dovuto imparare svolgere questi compiti di base in prigione, il che lo espose al ridicolo degli altri prigionieri. Gran parte del “rimodellamento” di Pu Yi consisteva nel partecipare a “gruppi di discussione marxisti-leninisti-maoisti” dove i prigionieri discutevano delle loro vite prima di essere imprigionati. Quando fu rilasciato nel 1959, era un uomo cambiato, timido, umile e gentile, e incredibilmente maldestro. Mao volle che egli andasse a scusarsi con le famiglie di quanti egli avesse brutalizzato insieme ai giapponesi durante il suo governo. In un’occasione incontrò una donna di cui aveva giustiziato il marito – quando ella gli disse che l’aveva non poteva perdonarlo perché l’uomo che aveva di fronte non era lo stesso che aveva ordinato di uccidere il marito, scoppiò in lacrime.

Pu Yi in una fotografia scattata tra il 1966 e il 1967, poco prima della morte.

Successivamente incontrò Mao e altri leader comunisti, tra i quali il premier mongolo Yumjaajing Tsedenbal e il premier nordcoreano Kim Il-Sung. A Pu Yi fu infine permesso di sposarsi con una donna di cui si era innamorato veramente, di vivere come spazzino e giardiniere e di avere un appartamento suo. Quando venne la Rivoluzione Culturale e le Guardie Rosse cercarono di tormentarlo, Mao le redarguì personalmente minacciando serie conseguenze a chiunque gli avesse arrecato danno. Tutti, dai poliziotti ai parenti agli ex generali giapponesi che ora, ”riformati”, vivevano nella sua zona, notarono che per la prima volta in vita sua era un uomo finalmente felice. Quella felicità non durò molto perché Pu Yi morì nel 1967, di cancro ai reni, ma a lui bastò, e in letto di morte si dichiarò felice di essersi guadagnato il perdono di tutti.

Fonti e riferimenti

  • L’ultimo imperatore, Edward Behr, 1987
  • Sono stato imperatore, Pu Yi, 1960
  • L’ultimo eunuco in Cina, la vita di Sun Yaoting, Jin Yinghua, 199
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