La successione dei Kim, la prima “dinastia socialista”

Al giorno d’oggi Kim Il-sung e Kim Jong-Il occupano una posizione unica in Corea del Nord; sebbene il primo sia morto dal 1994, rimane il leader ufficiale della Corea del Nord, imbalsamato in un enorme mausoleo a Pyongyang. Il governo nordcoreano si riferisce a Kim Il-sung come Il grande Leader ed è designato nella costituzione nordcoreana come “presidente eterno” del paese. Il suo compleanno è un giorno festivo in Corea del Nord ed è chiamato il “Giorno del Sole”. Kim Jong-Il invece è l’ ”Eterno Segretario Generale” della Partito dei Lavoratori Coreano. La stampa nordcoreana si rivolge a loro al presente e le loro immagini sorridenti e prospere sono ritenute sacre – è severamente proibito maltrattarle e la pena consiste spesso nei lavori forzati. 

Giugno 1994: Kim Il-sung riceve a Pyongyang l’ex presidente statunitense Jimmy Carter.

La morte di Kim Il-Sung secondo la versione nordcoreana – e giudicata veritiera anche dalle controparti sudcoreane e dal resto del mondo – fu che egli fu stroncato da un infarto la mattina dell’8 luglio 1994, dopo due lunghe giornate di lavoro. Effettivamente Kim Il-Sung continuava anche nell’anzianità a impegnarsi a pieno nelle questioni statali, e infatti la sua ultima conferenza tenutasi il 6 luglio consisteva in direzioni sul gestire il cantiere navale di Wonsan, il tutto enfaticamente ripreso e pubblicato con il titolo Le ultime istruzioni del Presidente Kim Il-Sung.

Quello che invece in molti non sanno e che invecchiando, a partire dalla fine degli anni ’70, Kim sviluppò una crescita di depositi di calcio sul lato destro della parte posteriore del collo – probabilmente un tumore benigno. La sua vicinanza al cervello e al midollo spinale lo rendeva inoperabile. A causa della sua natura poco attraente, ai fotografi nordcoreani era vietato scattare foto di Kim che mostrassero il bozzo. Kim cominciò raffigurato dal lato sinistro per nascondere il bozzo dalle fotografie ufficiali e dai cinegiornali (nel suo ritratto ufficiale, infatti allunga il collo a destra come per nasconderlo). Quando la crescita raggiunse le dimensioni di una palla da baseball alla fine degli anni ’80, fu sempre più difficile nasconderla e le foto sono state ritoccate per cancellarlo. Quando Jimmy Carter visitò la Corea del Nord nel 1994, le agenzie di stampa occidentali ricevettero foto accuratamente ritoccate dalla Korea News Agency in cui il nodulo era nascosto. Il nodulo provocava al leader forti emicranie e mal di collo, ma non si sviluppò mai in un tumore maligno e Kim Il-Sung morì appunto la mattina dell’8 luglio 1994 stroncato da un infarto improvviso, alla veneranda età di 82 anni.

Kim Il-sung assieme all’erede Kim Jong-il. Padre e figlio erano profondamente diversi nello stile e nel carattere.

Kim Jong-Il, che gli succedette col titolo di Caro Leader, nell’aspetto e nella personalità era completamente diverso dal padre. Kim Il-Sung era una personalità matura e al tempo stesso dinamica, capace di plasmare la propria immagine in base alle tendenze politiche del momento – indossò una candida uniforme militare simile a quella di Stalin durante la Guerra di Corea, per poi passare a un grigio completo stile Zhongshan simile a quello di Mao Zedong negli anni successivi, per poi indossare chiari completi giacca e cravatta all’occidentale per darsi un aspetto moderno e sottolineare la sua apertura all’occidente e al dialogo. Era gregario e la sua indole amichevole e solare era genuina e sincera a detta di alcuni disertori che hanno avuto modo di stare a stretto contatto con lui – anche se va sottolineato che questa personalità si fece più prominente dagli anni ’70 in poi – quando oramai era perfettamente sicuro nella sua posizione e non temeva sfide alla sua autorità.

Kim Jong-Il per contro, era completamente statico. Dagli anni della ribalta fino alla morte indossò quasi sempre la stessa tuta color khaki, la sua voce sottile e balbettante – in contrasto a quella forte e profonda del padre – lo imbarazzava a tal punto da fare un solo discorso pubblico in vita sua, consistente in una sola frase – un inno alla gloria dell’esercito nordcoreano. Non era a suo agio in mezzo alle folle e condusse un’esistenza quasi eremitica durante gli anni al potere – anche durante le sontuose feste che organizzava per pochi invitati mentre la popolazione moriva di fame tendeva a ritirarsi piuttosto presto. 

Kim Il-sung incontra Mao nel corso di una visita del leader nordcoreano a Pechino nel 1970. Nell’immagine appare ben visibile il tumore da deposito di calcio di Kim Il Sung sulla parte posteriore della sua testa.

Il vero talento di Kim Jong-Il, più che nel governo, consisteva nell’arte e nella propaganda. È a lui infatti che si deve la potenza comunicatrice della macchina della propaganda nordcoreana – infatti si occupò di creare le immagini e i miti che avvolgono la famiglia Kim nella leggenda e legittima il loro potere. Il secondo Leader supremo della Corea del Nord era infatti un cineasta provetto e si era dedicato all’arte cinematografica per anni prima di entrare a tempo pieno in politica – e infatti fu questa sua abilità che impressionò il padre al punto di valutarlo come suo braccio destro e possibile successore.

Kim era un grande fan di molti registi sia occidentali che orientali, e sviluppò presto un occhio critico verso la legnosità e la rigidità delle produzioni nordcoreane che seguivano i ferrei canoni imposti da Kim Il-Sung. Cogliendo il bisogno di dare alle audience nordcoreane film e produzioni di spessore, esaltanti e ricchi di azione e sentimenti, ma al tempo stesso educativi alla causa socialista; Kim Jong-Il convinse il padre a lasciarlo sperimentare e ad affidargli il monopolio della produzione cinematografica nordcoreana. Kim Il-Sung accettò di buon grado, dato che il figlio si era già dimostrato un vero talento in veste di ”PR”, specialmente dato che aveva dato un apporto fondamentale costruire la sua immagine di Grande Leader.

Quando la Corea del Nord rapì un'attrice e un regista e li costrinse a  risposarsi per il bene del cinema
Kim Jong-il nelle vesti di regista. Il Caro Leader era un appassionato cineasta nonchè un maestro nell’arte della propaganda.

Ottenuto il via libera, Kim riconobbe di aver bisogno di consulenti esterni. E aveva già in mente chi facesse al caso suo – una famosa attrice sudcoreana, Choi Eun-hee, e il suo ex-marito, il regista Shin Jeong-gyun. Una coppia di celebrità durante l’età d’oro del cinema sudcoreano, avevano raggiunto il loro apice professionale durante gli anni ’60; ma alla fine degli anni ’70, i problemi finanziari di Shin e i problemi con l’allora totalitario governo sudcoreano avevano bloccato la sua produzione artistica. Inoltre, la sua relazione con un’attrice più giovane aveva rotto il suo matrimonio con Choi, che stava avendo ora non poche difficoltà a trovare lavoro. Fu durante questo periodo che Choi ricevette l’invito a recarsi a Hong Kong e discutere di un’opportunità di lavoro, qualcosa che non poteva lasciarsi sfuggire. All’insaputa di Choi, l’offerta fu organizzata da agenti nordcoreani. Quando arrivò a Hong Kong, un agente la condusse su un motoscafo dove un gruppo di uomini la catturò.

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Kim Jong-il assieme all’attrice sudcoreana, Choi Eun-hee, e al suo ex-marito, il regista Shin Jeong-gyun. I due furono fatti rapire appositamente da Kim nel 1978 ma nel 1986 la coppia riuscì a fuggire.

Qualche mese dopo, lo stesso avvenne per Shin. Kim volle che facessero pace e si risposassero, e poi tutti e tre si misero al lavoro. “Perché tutti i nostri film hanno le stesse trame ideologiche?” chiedeva a Shin in una delle rare registrazioni della sua voce, fatte da Choi. “Non c’è niente di nuovo nei nostri film. Perché ci sono così tante scene di pianto? Tutti i nostri film hanno scene di pianto. Questo non è un funerale… non abbiamo film che entrano nei festival cinematografici”. Poneva simili domande anche a Choi: “Perché le nostre attrici non possono essere più affascinanti, più seducenti? Perché dobbiamo vestirle come delle religiose?” 

Con tutte queste domande, Kim Jong-Il dava sfogo alla sua frustrazione dei canoni conservatori dei film nordcoreani. Lui aveva maturato i suoi gusti con le produzioni americane, europee e sudcoreane; dove azione, macchine rombanti e belle donne abbondavano (era un grande fan della saga di James Bond), e voleva portare quello nelle sale, non l’ennesimo film di guerra contro i giapponesi. Con Shin e Choi riuscì un poco a portare avanti la sua rivoluzione – produsse oltre 17 film, tra i quali Pulgasari!, un disaster movie sulla falsariga di Godzilla; e Sarang sarang nae sarang, un tenero film d’amore in cui in un primato assoluto per la cultura nordcoreana, gli attori si baciavano. 

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Kim Jong-il durante un incontro ufficiale con il presidente cinese Hu Jintao nel 2011. In questa foto si può notare il decadimento fisico di Kim causato dal fumo e dall’alcool.

Ciò era destinato a non durare. Choi e Shin si recavano ai festival cinematografici europei sotto la sorveglianza di ufficiali nordcoreani, ma alla fine riuscirono a fuggire in un hotel a Vienna nel 1986, dopo aver partecipato al Festival internazionale del cinema di Berlino. Choi e Shin presero un taxi per l’ambasciata americana, che concedette loro asilo negli Stati Uniti. Hanno vissuto lì fino al 1999, quando sono tornati in Corea del Sud, dove Shin è morto nel 2006 e Choi è morta nell’aprile 2018. Kim Jong-il era molto, molto turbato. Era indignato per il loro tradimento, quindi ha fatto tutto il possibile per cancellare ogni loro traccia. Pose fine alla pratica di Shin di dare crediti nei titoli di coda nei film e impedì le proiezioni dei film di Shin e Choi. Per questo motivo, il loro lavoro non ha avuto un impatto diretto sui film di propaganda successivi alla loro fuga, e non sono molto ricordati in Corea del Nord. 

Fu solo dopo gli anni 2000, quando Jong-Il aveva ormai metabolizzato la batosta, che i film di Stato iniziarono di nuovo a esplorare temi che Choi e Shin avevano affrontato, come il romanticismo e la commedia. Passato questo smacco, Jong-Il si gettò a capofitto nell’attività politica. Il suo rinnovato sforzo portò frutti – nel 1993 Kim Il-Sung gli lasciò il posto di Presidente della Commissione di Difesa Nazionale, praticamente l’organo più potente del governo e rendendolo il comandante supremo dell’esercito. 

Un anno dopo, Kim Jong-Il fu svegliato di soprassalto – tendeva a dormire fino a giorno inoltrato – per ricevere la notizia che stava aspettando da una vita. Suo padre era morto. Un’ondata di costernazione e dolore pubblico investirono il Paese, e tutto si fermò come d’incanto. Per tre anni infatti, fu proclamato il lutto nazionale e le attività dei cittadini potevano proseguire solo in modo molto limitato, peggiorando di molto la precaria situazione economica e la carestia incombente. 

Kim Jong-il durante una cerimonia ufficiale con il figlio secondogenito Kim Jong-un, succedutogli alla guida della Corea del Nord dopo la sua morte nel 2011.

In realtà si ritiene che quei tre anni Jong-Il li avesse impiegati a consolidare il proprio potere – in molti infatti minarono la sua autorità e specialmente la seconda moglie di suo padre fu un ostacolo abbastanza ostico. Solo nel 1997 Jong-Il si sentì abbastanza sicuro da farsi nominare Segretario Generale del Partito e farsi vedere in pubblico come nuovo leader supremo. Il Caro Leader passò quindi i suoi quattordici anni al potere incontrastato cercando di alleviare la crisi economica e alimentare in Corea del Nord, anche se tale impresa fu resa più difficoltosa dal suo spendere milioni in sigari costosi e liquore d’alta qualità Hennessy – egli ne era il più grande acquirente al mondo – e dagli anni passati a bere e fumare che cominciarono a farsi sentire, con un primo infarto nel 2008. Mentre il  mondo rimase a guardare e a domandarsi chi gli sarebbe succeduto e speculando persino su una possibile caduta del regime, Kim riapparve in pubblico col suo figlio più giovane, Kim Jong-Un.

L’aspetto e il comportamento di Kim Jong-Il – era dimagrito molto, aveva perso molti capelli e pareva confuso, fragile e disorientato – fece pensare che non gli sarebbe rimasto molto da vivere. E infatti il 19 dicembre 2011, una reporter nordcoreana in lacrime annunciava la dipartita del Caro Leader, avvenuta due giorni prima. Come era accaduto diciassette anni prima, la Corea del Nord sprofondò nell’isteria e nel dolore più assoluti, con il governo che prometteva di stringersi intorno al ”grande Successore” – l’attuale leader supremo Kim Jong-Un. 

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