È inevitabile. Quando si parla della Rivoluzione francese, la prima cosa che giunge alla mente è una sola parola – Terrore. E subito un nome soggiunge – Robespierre. Anche se questa figura molto discussa e controversa è considerata la personificazione del Terrore. Eppure Robespierre non era ”solo” un sanguinario. Egli credeva veramente nella Rivoluzione, non usò mai la sua posizione per arricchirsi e fino in fondo non rinunciò ai suoi ideali. Maximilien François Marie Isidore de Robespierre nacque ad Arras, in Francia, nel 1758.

Studiò legge grazie una borsa di studio. L’attività legale e notarile era un tratto di famiglia – infatti il suo avo Robert de Robespierre, lavorò come notaio a Carvin nella metà del XVII secolo. Suo nonno paterno, anch’egli chiamato Maximilien de Robespierre, si stabilì ad Arras e lavorò come avvocato e anche suo figlio e padre di Maximilien, François Maximilien Barthélémy de Robespierre, era un avvocato.
Terminati gli studi, il giovane Robespierre assunse presto un ruolo pubblico e di peso politico, facendosi tra i propositori di un cambiamento politico nella monarchia francese. Divenne devoto del filosofo sociale Jean-Jacques Rousseau, intrigato dall’idea di un uomo virtuoso che agisce da solo accompagnato solo dalla sua coscienza. Si guadagnò presto la reputazione di difendere i più poveri della società ed il soprannome di “l’incorruttibile” per la sua adesione a rigidi valori morali – un esempio di tali valori fu che anche nel momento di massimo potere egli continuasse a indossare la stessa vecchia e lisa giacca color acquamarina.
All’età di trent’anni, Robespierre fu eletto negli Stati Generali del legislatore francese. Divenne sempre più popolare tra le masse per i suoi attacchi alla monarchia francese e la sua strenua difesa delle riforme democratiche, opponendosi anche alla pena di morte e alla schiavitù – il primo un contrasto assai sconcertante se si considera ciò per cui divenne tristemente famoso. Alcuni dei suoi colleghi bollarono il suo rifiuto al compromesso e la sua rigida posizione contro ogni autorità come estremismi e poco pratici. Nell’aprile 1789 Robespierre fu eletto presidente della potente fazione politica giacobina. Un anno dopo partecipò alla stesura della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, considerato il fondamento della Costituzione francese. Quando il popolo di Parigi insorse contro il re Luigi XVI nell’agosto 1792, Robespierre fu eletto a capo della delegazione parigina alla nuova Convenzione Nazionale. Nel dicembre di quell’anno, con toni aspri e violenti sostenne con successo l’esecuzione del re e continuò a incoraggiare le folle a insorgere contro l’aristocrazia.

Il 27 luglio 1793 Robespierre fu eletto nel Comitato di Salute Pubblica, formato per sovrintendere al governo con un controllo di fatto dittatoriale. Di fronte a pressioni sia dall’esterno che dall’interno, il governo rivoluzionario istituì nel a settembre di quell’anno il Terrore. Nei successivi undici mesi, circa trecentomila sospetti nemici della Rivoluzione furono arrestati e più di diciassettemila furono giustiziati, la maggior parte con la ghigliottina. In quell’orgia di sangue, Robespierre fu nella posizione di eliminare molti dei suoi avversari politici e saldare vecchi conti in sospeso. Vittime del Terrore furono anche grandi figure rivoluzionarie quali Georges Danton, il Duca d’Orléans Luigi Filippo II – che pure aveva rigettato i titoli nobiliari prendendo il nome Philippe Égalité, enunciando i fondamenti della monarchia costituzionale ed infine votando per l’esecuzione del Re – e il celebrato chimico Antoine Lavoisier, padre della legge di conservazione della massa e della chimica moderna. Così Robespierre ebbe a commentare il Terrore – ”Se l’attributo del governo popolare nella pace è virtù, l’attributo del governo popolare nella rivoluzione è insieme virtù e terrore, virtù senza la quale il terrore è fatale, terrore senza la quale la virtù è impotente. Il terrore non è altro che giustizia, pronta, severa, inflessibile; è quindi un’emanazione di virtù’.

Il potere illimitato e l’illusione di aver completamente tacciato l’opposizione nel breve termine gettarono Robespierre nel delirio d’onnipotenza. Rafforzando il Culto della Ragione, e inaugurando la Festa dell’Essere Supremo, di cui Robespierre si proponeva come vate e figura quasi profetica, si attirò lo scherno e il disprezzo sia dei religiosi che degli atei. In questo modo, specialmente dopo la Festa dell’Essere Supremo celebrata l’8 giugno 1794, in cui Robespierre marciò impettito alla testa del corteo – mentre gli altri deputati si tennero molto indietro, in apparente deferenza ma in realtà isolandolo – si firmò da sé la sua condanna a morte. Infatti, stufi delle sue vanaglorie e timorosi di essere i prossimi a essere giustiziati, deputati di vari schieramenti si coalizzarono contro di lui. Alla seduta della Convenzione, Robespierre aveva intenzione di far arrestare quanti ancora gli si opponevano. Il suo alleato politico Saint-Just si fece strada sul podio e incominciò “Io non vengo né parteggio da nessuna fazione, contenderò con tutte.” non ebbe modo di continuare il suo discorso – il deputato Billaud-Varennes lo spinse giù e quasi tutti i deputati cominciarono a urlare e schiamazzare contro Saint-Just e Robespierre. Saint-Just rimase impassibile, mentre Robespierre cominciò a dare segni di disagio, rendendosi conto di quanto stava accadendo, mentre Billaud-Varennes e altri deputati – tra cui gli alleati di Robespierre – cominciarono a chiedere la sua destituzione e il suo arresto. Saint-Just fu il primo per cui fu richiesta la destituzione. Sentendo di essere il prossimo e volendo aiutare l’alleato, Robespierre cercò di parlare in sua difesa, accusando ignoti che si rifiutò di nominare. “Un uomo solo paralizza il governo e l’intera Convenzione” ruggì il deputato Joseph Cambon. Con sgomento e orrore di Robespierre, i principali accusatori furono proprio del suo partito, la Montagna. Allora corse ai deputati della Pianura per chiedere il loro aiuto “Vai via! Condorcet sedeva qui.” – Condorcet era uno deputati fatti giustiziare da Robespierre qualche tempo prima – al che Robespierre fu quasi ridotto in lacrime e balbettante quando i deputati continuarono a rinfacciargli i morti e gli eccessi commessi. “È il sangue di Danton che lo soffoca!” urlò il deputato Garner, e Robespierre rispose “È Danton che rimpiangete ? Perché non l’avete difeso?” ma non c’era nulla da fare. Il destino di Robespierre era segnato, così come quello dei suoi principali collaboratori.

La sera del 27 luglio 1794 Robespierre e molti dei suoi alleati furono arrestati e portati in prigione. Robespierre poté fuggire con l’aiuto di un carceriere a lui amico e si nascose nell’Hôtel de Ville – il municipio – a Parigi. Quando ricevette la notizia che la Convenzione Nazionale lo aveva dichiarato fuorilegge, tentò di suicidarsi con un colpo di pistola riuscendo solo a frantumarsi la mascella. Poco dopo, le truppe della Convenzione Nazionale irruppero nell’edificio. Robespierre fu arrestato e per ironia della sorte, passò la notte su un tavolaccio nella stessa cella in cui era stato rinchiuso Danton prima di essere giustiziato. Il giorno successivo, lui e ventuno dei suoi alleati furono giustiziati alla ghigliottina, incluso carceriere che li aveva aiutati. La morte di Robespierre fu particolarmente atroce – quando il fazzoletto che gli teneva insieme la mascella fu strappato dal boia, cacciò un urlo disumano che fu interrotto di colpo dalla lama della ghigliottina. La fase più violenta del Terrore era finita.