Engelbert Dollfuss, un cattolico di destra che sbaragliò tutti i suoi rivali, si batté duramente per difendere l’indipendenza della piccola Repubblica Austriaca. Questo patriota di umili origini non si arrese a Hitler e avrebbe potuto cambiare il corso della Storia se non fosse stato ucciso all’inizio dell’era nazista. Assassinato il 25 luglio 1934, Dollfuss è uno dei dittatori meno conosciuti dell’Europa del XX secolo, ancorché si tratti di un caso molto interessante.

Engelbert Dollfuss divenne Cancelliere d’Austria il 20 maggio 1932, dopo avere ricoperto l’incarico di Ministro dell’Agricoltura e delle Foreste nel Governo guidato dal predecessore Karl Buresch. Dollfuss avrebbe continuato a rivestire la carica di Ministro dell’Agricoltura anche dopo la sua ascesa al cancellierato e l’avrebbe conservata sino alla morte. La nomina destò scalpore, poiché Dollfuss all’epoca non aveva ancora compiuto i quarant’anni e aveva un’esperienza governativa quasi nulla: quando il presidente Wilhelm Miklas gli affidò l’incarico, egli non rispose immediatamente e si ritirò nella sua chiesa preferita, dove passò la notte a pregare; l’indomani, dopo un pasto frugale, comunicò al Capo di Stato la sua disponibilità
La visione politica di Dollfuss non era estranea all’autoritarismo, al quale improntò la sua azione di governo una volta conquistato il cancellierato. Nell’ottobre del 1932 proclamò lo stato di emergenza, che gli conferiva il diritto di governare per decreto e senza consultare il Parlamento. Poi, nel marzo del 1933 sorsero disaccordi in Parlamento per irregolarità nelle procedure di voto. I tre presidenti del Parlamento austriaco presentarono le proprie dimissioni per esercitare il loro diritto di voto come semplici membri dell’assemblea, ma senza un presidente, il Parlamento non avrebbe potuto terminare la sessione. Dollfuss colse l’occasione e annunciò immediatamente che avrebbe governato senza un Parlamento e bandì le riunioni pubbliche. Due mesi dopo costituì il Vaterländische Front – Fronte Patriottico – unendo il suo Partito Cristiano Sociale con altri gruppi politici nazionalisti mettendo fuori legge comunisti e socialdemocratici. A giugno bandì anche il partito nazista austriaco.

L’obiettivo principale della sua politica era quello di mantenere permanentemente l’indipendenza della Repubblica, in un contesto in cui i nazisti tedeschi guidati da Hitler chiedevano con insistenza l’unione dell’Austria con la Germania (Anschluss). Forse per rivaleggiare simbolicamente con la svastica nazista, Dollfuss iniziò a promuovere l’uso della cosiddetta Krückenkreuz, nota come Croce di Gerusalemme, in qualità di simbolo nazionale e cattolico. Nel febbraio 1934, Dollfuss constatato un aumento dei movimenti delle milizie estremiste a Linz, Steyr e Vienna, scelse di reprimere violentemente i movimenti di strada: i blocchi dei lavoratori furono cannoneggiati, sei persone furono uccise e altre otto furono processate e giustiziate per ribellione armata. Lo spettacolo dato dal cancelliere nell’usare l’artiglieria contro gli operai creò un grande clamore nelle capitali d’Europa, generando sia critiche e condanne che apprezzamenti. Il passo successivo di Dollfuss fu quello di bandire tutti i partiti politici tranne il proprio Fronte patriottico.

Nonostante la sua politica, Dollfuss aveva poco in comune con Mussolini o con Hitler. Riuscì a differenziarsi da loro per le sue origini sociali molto più oscure rispetto all’impressionante carriera in politica. Parte della leggenda di Hitler e Mussolini era data dalla modestia del loro passato, rispettabile, ma piuttosto umile dal punto di vista sociale – e solo sotto questo punto di vista Dollfuss gli somigliava, essendo figlio di un contadino. Più capace come operaio che studente, fu educato in seminario e poi andò a Vienna per studiare teologia, con l’intenzione di diventare sacerdote.
I contemporanei non vedevano Dollfuss come un uomo cinico, manipolatore o assetato di potere. Non era una personalità carismatica, con un’aura messianica, come Mussolini o Hitler. Era un altro tipo di leader – chi lo conosceva vedeva Dollfuss come un uomo devoto, dal temperamento generoso, affettuoso, ragionevole, indulgente, sincero e coscienzioso, un uomo che era riuscito nella vita non perché carismatico o estremamente intelligente, ma per la trasparenza della sua fedeltà e dei suoi intenti verso gli altri.

In quasi tutti i modi, Dollfuss sembrava essere l’opposto di altri dittatori contemporanei. Hitler e Mussolini erano stati caporali in guerra, ma il loro grado militare non rifletteva il loro attuale grado di responsabilità. Mentre Hitler e Mussolini apprezzavano solo coloro che potevano dominare, Dollfuss non disprezzava i suoi pari e non aveva problemi con coloro che, come il suo vice principe Starhemberg, gli erano teoricamente superiori per nascita. A differenza di Hitler, era sposato ma egli, a differenza di Mussolini, rimase fedele a sua moglie. Hitler e Mussolini erano non fumatori, mentre Dollfuss fumava fino a quaranta sigarette al giorno. Come Cancelliere, Dollfuss era un uomo determinato a fare il suo lavoro. Parlò sinceramente con l’inviato britannico a Vienna della “lotta per l’indipendenza dell’Austria in cui era impegnato contro la Germania di Hitler”, e nel 1934 sembrò essere in grado di controllare la situazione e resistere alle organizzazioni naziste che cercavano di forzare l’unione del due Paesi.

Italia, Ungheria e Austria.
Nonostante in Austria ci fosse stata un’ondata di antisemitismo abbastanza forte, Dollfuss non era un antisemita e considerava i propri concittadini di fede ebraica dei ”buoni Austriaci”. Non era minimamente interessato a copiare il programma antisemita di Hitler. Ma ciò che determinò Dollfuss ad opporsi con veemenza a Hitler è stato più di ogni altra cosa il suo non voler vedere l’Austria politicamente dominata dai tedeschi, considerati da Dollfuss e dai suoi seguaci come tutti protestanti. Il cattolicesimo di Dollfuss, la religione dell’ordine, dell’obbligo e della disciplina, sapeva alle volte essere autoritario quanto il nazionalsocialismo di Hitler – ma proprio a causa di questa ferrea convinzione Dollfuss non avrebbe mai potuto accettare l’eugenetica razziale promossa dal Reich nazista. La sua strategia principale per mantenere l’indipendenza dell’Austria era quella di formare un’alleanza con altri regimi autoritari che non apprezzavano l’evoluzione politica della Germania nazista, vale a dire l’Italia e l’Ungheria. Mussolini non era particolarmente vicino a Hitler in quel momento, e il reggente ungherese Horthy aveva eguali sentimenti. Ma l’alleanza tra i tre era tenue e fragile, al punto che qualche anno dopo la sua morte, gli altri due si sarebbero avvicinati a Hitler, per ragioni diverse.

Dollfuss avrebbe fatto di tutto per evitare l’Anschluss. L’Austria tuttavia aveva la base industriale più debole e malferma di tutti i paesi dell’Europa centrale, e un decimo della popolazione della Germania e non sarebbe mai stata abbastanza forte militarmente da resistere a un’eventuale invasione tedesca. Ma nonostante questi limiti il ”piccolo cancelliere” tentò ugualmente di salvaguardare l’indipendenza del suo Paese. Dollfuss voleva un’Austria cristiana, corporativista e omogenea, senza le politiche razziali anelate dai nazisti e senza ”dabbenaggini” pangermanistiche. La sua strenua difesa della sovranità austriaca però gli sarebbe costata molto cara.
Gli eventi precipitarono il 25 luglio 1934. Proprio quella mattina la polizia e le milizie fedeli a Dollfuss ricevono indiscrezioni sul fatto che i nazisti stiano preparando un colpo di mano. Quando il capo della Heimwehr Emil Fey gli riporta la notizia, Dollfuss toglie la seduta e invita alla prudenza – è convinto di poter dialogare con i nazisti e prendere tempo per preparare una massiccia purga ai loro danni. Alle 12.30 arriva la telefonata che conferma il rapporto di Fey – camion carichi di nazisti sono per le strade di Vienna. Il Segretario di Stato per la Difesa Nazionale, von Karwinsky, dà disposizioni per l’istituzione di posti di blocco, pattuglie aggiuntive e bloccare l’accesso alla Siebensterngasse e alla Cancelleria. Ma ormai è troppo tardi – le centocinquantaquattro SS della Standarte 89 hanno già fatto irruzione, capitanate da un tale Otto Planetta. Armati fino ai denti, i nazisti occupano tutte le sale e prendono in ostaggio chiunque trovino – hanno ordini ben precisi, ricevuti dalle SS tedesche e dalla Gestapo – non devono far fuoco se non assolutamente necessario. Infatti il capo della SD Reinhard Heydrich, vera mente dietro le quinte di questo dramma, conta sul fatto che la polizia e la Heimwehr si schierino a fianco delle SS. Ma ha fatto male i suoi conti.

Intanto Planetta e i suoi irrompono nell’ufficio del Cancelliere, ma non trovano nessuno. Tornano nel corridoio, e in controluce intravedono cinque uomini, di cui tre in uniforme della Heimwehr. Planetta punta loro contro la pistola intimando loro di alzare le mani. Quattro obbediscono – tra questi vi sono Fey e von Karwinsky – ma uno, un omettino di bassa statura in abiti borghesi, si rifiuta e va incontro a Planetta per parlargli. Planetta apre il fuoco, e l’uomo crolla a terra. Quando si china ad esaminarlo, si rende conto con orrore che l’uomo è proprio il cancelliere Dollfuss: il primo proiettile gli ha attraversato il collo, mentre il secondo si è conficcato nella spina dorsale. Subito tutti i presenti, sia le SS che i membri del governo austriaco, si danno da fare per soccorrerlo. Le SS cominciano a frugare l’edificio cercando un medico, cotone e garze – uccidere Dollfuss non faceva parte del piano, da morto non può passare il potere a Anton Rintelen, l’uomo dei nazisti a Vienna, e ora rischieranno il linciaggio.
Nel frattempo le altre SS, sguinzagliate nel resto della città, occupano il palazzo della Ravag – la sede radio – per dare il segnale ai camerati tedeschi. Non immaginano che il putsch è già fallito. Scoppia una violenta sparatoria con la polizia, e diverse SS e poliziotti muoiono. Dollfuss sta agonizzando, ormai è in punto di morte, e le SS non lo mollano per un secondo – vogliono strappargli a tutti i costi una dichiarazione in cui passi i poteri a Rintelen. Dollfuss, da vero cattolico praticante, chiede il viatico ma i nazisti glielo negano. ”Lasciatemi morire in pace” protesta il cancelliere ”tutti sono sempre stati così buoni con me, perché voi dovete essere così crudeli?” ”E voi perché vi rifiutate di dare il potere a noi?” replicano gli assassini “Ragazzi miei, queste cose non le potete capire” risponde Dollfuss serafico. Planetta si allontana e va a prendere Fey, tenuto in ostaggio nella sala del Congresso. Vuole usarlo per convincere Dollfuss, ma quando ritornano il cancelliere esala l’ultimo respiro.

Planetta e compagni sono a terra, il colpo di Stato è fallito. La polizia ha circondato la Cancelleria ed è pronta a irrompere. I nazisti negoziano la resa per poter raggiungere la frontiera bavarese e riparare in Germania. Le loro richieste vengono accolte, ma quando viene scoperto il cadavere del cancelliere, i nazisti vengono arrestati e come temuto rischiano il linciaggio. Contemporaneamente anche i nazisti alla Ravag devono gettare le armi e arrendersi – nell’edificio è scoppiato un incendio e rischiano di finire affumicati. Rintelen invece tenta il suicidio.
Hitler viene a sapere del fallito colpo di Stato e dell’assassinio di Dollfuss mentre sta assistendo a una rappresentazione dell’Oro del Reno di Wagner alla Festspielhaus di Bayreuth. Anche se per molti Hitler avrebbe avallato il putsch in Austria, la sua reazione pare mostrarlo innocente, almeno di questo crimine fra i tanti di cui si è macchiato – è furioso, sta ancora normalizzando l’immagine internazionale della Germania dopo la Notte dei Lunghi coltelli, e un impaccio come il colpo a Vienna rischia di vanificare tutti i suoi sforzi. Innocente o meno, la sua furia cresce a livelli smisurati quando scopre che Mussolini ha già condannato il putsch e ha già mobilitato truppe italiane al Brennero pronte all’invasione nel caso in cui i nazisti tentino ulteriormente la sorte. Questo è il momento di più grande attrito tra Hitler e il Duce – Dollfuss era amico e alleato di quest’ultimo, infatti i figli e la moglie sono ospiti di Mussolini e donna Rachele e ha promesso loro di vendicare il padre. E anche i francesi si sono mobilitati.

Hitler deve correre ai ripari. Non può fronteggiare un’offensiva franco-italiana, la Renania non è ancora stata rimilitarizzata e l’esercito non è assolutamente pronto allo scontro. È vero che egli intendeva unire l’Austria alla Germania, ma in un prossimo futuro, quando la sua posizione sarà forte e stabile – ora come ora, l’Austria è un frutto ancora troppo acerbo. Subito invia Franz von Papen a Vienna a ricomporre i cocci, condanna pubblicamente il putsch ed espelle i responsabili dal partito nazista. Questi fatti, che dimostrano la possibile innocenza di Hitler, si alternano ad altri che dimostrano che il coinvolgimento di Himmler e Heydrich è quasi certo. Infatti alcuni anni dopo, il settimanale di Heydrich, il Das Schwarze Korps, glorificherà il putsch, paragonandolo a quello di Monaco del 1923 e martirizzando Planetta e complici, processati e impiccati dal governo austriaco. Inoltre, stando alla testimonianza di Walter Schellenberg, il suo predecessore in qualità di aiutante di Heydrich gli aveva raccontato come nei mesi successivi al luglio 1934, Hitler avesse cominciato a snobbarlo, mentre Himmler aveva cominciato a tenerlo al guinzaglio, temendo che il suo protetto si fosse montato la testa. Quest’episodio tuttavia si rivelò un contrattempo temporaneo – ben presto Hitler e Mussolini appianarono le loro divergenze e divennero stretti alleati, l’Austria sarebbe comunque caduta in mano ai nazisti, l’Anschluss divenne una realtà e Hitler pote’ annettere la sua terra d’origine al Terzo Reich. Heydrich invece avrebbe portato la sua carriera a nuove vette, fino al crimine supremo.