Savonarola, il domenicano che cambiò Firenze

Un frate dominicano al governo, che aveva tenuto fin da giovane prediche infuocate contro il lusso e la corruzione del governo mediceo. Sotto la sua egida, si vide il primo ”esperimento democratico” dell’Italia rinascimentale – un esperimento che terminò poi nella follia e nel fanatismo.

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Ritratto di Girolamo Savonarola di Baccio della Porta conservato al Museo nazionale di San Marco a Firenze

Un uomo si era fatto promulgatore di questo movimento, con le sue prediche roventi e la sua fede immobile. Portato alla follia dal potere, i suoi eccessi furono fermati da un processo per eresia a seguito del quale fu condannato a morte in qualità di ”eretico, scismatico e per aver predicato cose nuove.”

Ma chi era quest’uomo? Girolamo Maria Francesco Matteo Savonarola era nato a Ferrara nel 1452, in una famiglia mercantile originaria di Padova. Fu formato ed educato dal nonno Giovanni Michele, un uomo che esercitava la professione medica e aveva rigidi principi religiosi e morali – iniziati gli studi di medicina sotto il suo auspicio, i principi di Giovanni Michele influenzarono molto il giovane Girolamo e rimasero con lui per tutta la vita. La vocazione gli fece abbandonare la casa paterna e gli studi di medicina, per concentrarsi sulla teologia e entrare nei frati domenicani.

Fin da subito si schierò contro la Chiesa e la sua dissoluzione morale – ispirandosi all’Apocalisse e ai libri profetici, iniziò una predicazione appassionata e spavalda, denunciando i vizi del Vaticano e predicandone il castigo, seguito da una rigenerazione morale e spirituale. Ciò lo rese ovviamente una figura a dir poco scomoda, e dovette spostarsi continuamente – lasciò Firenze (dove era stato trasferito dopo aver compiuto gli studi) nel 1487, per tornare a Ferrara, visitando poi in successione Brescia, Genova e nuovamente Brescia, tornando a Firenze nel 1490.

Il Signore di Firenze Lorenzo de Medici detto il Magnifico. Fu lui a scegliere Savonarola quale priore del convento di San Marco

Intransigente e con una fede ferrea, nel 1491 Savonarola era divenuto priore del convento di San Marco – una promozione poco comune per qualcuno della sua giovane età, dato che non aveva compiuto ancora quarant’anni, e a differenza degli ordini superiori a cui venivano posti anche degli adolescenti – per esempio quello stesso anno il futuro papa Alessandro VI era riuscito a far porre il figlio quindicenne Cesare Vescovo di Pamplona, e divenuto pontefice l’anno successivo lo fece nominare arcivescovo di Valencia prima e cardinale poi.

Dopo la morte di Lorenzo il Magnifico nel 1492, in Italia venne meno la cosiddetta ”politica dell’equilibrio” che a partire dalla Pace di Lodi del 1454 aveva assicurato un lungo periodo di pace e stabilità politica. Nel 1494 il Re di Francia, Carlo VIII d’Angiò, fu chiamato dal duca di Milano Ludovico il Moro e scese in Italia per riappropriarsi del Regno di Napoli, appartenuto alla dinastia angioina fino al 1441 e di cui arrogava diritto per la discendenza materna.

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L’ingresso trionfale di Carlo VIII di Francia a Firenze. L’arrendevolezza mostrata nei confronti del sovrano transalpino costò l’esilio a Piero de Medici.

Il Re giunse a Napoli in tre mesi, soprattutto grazie al sostegno di Piero de’ Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico. Tuttavia ciò causò la coalizione degli Stati italiani – tranne il Ducato di Milano – che si allearono con la Spagna in una lega antifrancese, costringendo Carlo a tornare in patria.

A Firenze l’atteggiamento permissivo di Piero suscitò il malcontento popolare, che indi cacciò i Medici e instaurò la Repubblica. Dopo la cacciata dei Medici ebbe inizio un periodo di intense lotte politiche che vedevano contrapposte tre fazioni: da una parte i ”piagnoni”, ovvero i seguaci di Savonarola (così chiamati per le lacrime versate durante i sermoni del frate), a cui si contrapponevano i cosiddetti ”palleschi”, vale i partigiani dei Medici, che prendevano il nome dallo stemma a sei palle della famiglia.

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Alessandro VI Borgia fu sovente attaccato per la sua condotta scandalosa nelle prediche di Savonarola. In risposta il Papa lo avrebbe scomunicato nel 1498.

Da ultimo, come “terzo polo” vi erano gli ”arrabbiati”, ossia quegli aristocratici ugualmente ostili ai piagnoni come ad una possibile restaurazione medicea.. La Repubblica era retta da un Gonfaloniere di giustizia e otto Priori, ma quando Savonarola acquisì la carica e il titolo di Vicario generale, sempre più potere si concentrò nelle sue mani.

Nonostante fosse stato inizialmente lodato da Alessandro VI – al secolo Rodrigo Borgia – le prediche di Savonarola e il suo atteggiarsi a profeta causarono una rottura sempre più graduale e irreversibile – già nel 1495 gli fu intimato di recarsi a Roma per essere posto sotto giudizio per le sue ”pretese profetiche”. Naturalmente Savonarola rifiutò e questo peggiorò le cose. Nonostante Savonarola dovesse fare i conti con opposizioni sia interne che esterne, alla fine prevalse la linea intransigente del frate e intorno alla sua carismatica figura si raccolsero tutte quelle forze politiche avverse ai Medici e che aspiravano a un rinnovamento politico e istituzionale della città.

Savonarola dunque acquisì sempre più potere predicando la realizzazione di una democrazia basata su una rigida osservanza dei valori religiosi ma finendo con l’imporre un regime autoritario il cui fine era di ripristinare un rigido modello di vita civile.

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Il falò delle vanità organizzato da Savonarola il 7 febbraio 1497, giorno di Martedì Grasso. Fu l’ultima azione eclatante del frate prima della caduta e della condanna a morte.

L’intolleranza del frate e dei suoi seguaci si manifestò con gesti eclatanti quali roghi pubblici di opere d’arte, libri e oggetti preziosi – il Rogo delle vanità. Con ciò Savonarola suscitò l’ostilità dell’aristocrazia cittadina e delle istituzioni ecclesiastiche. Nel 1497 arrivò finalmente la definitiva rottura con Roma e la scomunica, che Savonarola non prese nemmeno in considerazione. Ma la scomunica, assieme alla sua violenta polemica contro il degrado morale della Chiesa, fece vedere nemici ovunque al frate. Fu l’inizio della fine – Savonarola tentò di giocare un’ultima carta progettando un concilio che gli facesse giustizia, ne annullasse la scomunica e deponesse ”l’indegno pontefice”, ma fu un nulla di fatto. Caduto in disgrazia e abbandonato dai sostenitori, Savonarola decise di lasciare il potere e consegnarsi a giudizio.

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Il rogo di fra Girolamo Savonarola in Piazza della Signoria (Anonimo, 1498, Museo di S. Marco, Firenze).

Dopo ben tre processi, Savonarola fu definitivamente sconsacrato e arso al rogo il 23 Maggio 1498 – le sue ceneri furono sparse per evitare che i suoi seguaci rimasti ne venissero in possesso – di lui rimase solo un dito bruciacchiato, conservato al giorno d’oggi al monastero di San Vincenzo a Prato. Dopo la sua morte il potere del Consiglio Grande – l’assemblea pubblica aperta ai fiorentini – fu controbilanciato dalla nuova carica di Gonfaloniere a vita, che fu affidata a Pier Soderini, uomo di debole volontà e privo di peso politico. Nel 1512 il governo di Soderini cadde per l’opera del cardinale Giovanni de’ Medici con le sue truppe spagnole della Lega Santa. Ciò segnò il primo temporaneo ritorno dei Medici a Firenze.

La crisi dei rapporti tra papa Clemente VII – Giulio de’ Medici – e l’Imperatore Carlo V culminò nel Sacco di Roma del 1527, causando forti ripercussioni a Firenze – una nuova rivolta insorse contro il governo mediceo e restaurò la nuova Repubblica. Ciò ebbe breve durata – solo tre anni dopo Clemente VII, ora alleatosi con l’Imperatore, ne sfruttò le truppe per assediare la città e far cadere la Repubblica fiorentina. Con ciò, i Medici rientrarono a Firenze, che governarono fino al 1737.

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