Il Grande Gioco

«Ora andrò lontano, su a nord, a giocare al Grande Gioco» Rudyard Kipling, Kim

Negli ultimi anni, e segnatamente negli ultimi mesi, l’Afghanistan è stato al centro dell’attenzione mediatica di tutto il mondo. Sono ancora fresche nella nostra memoria le immagini dell’ingloriosa ritirata delle truppe statunitensi e soprattutto del drammatico esodo delle migliaia di afghani che hanno cercato disperatamente di abbandonare il proprio Paese – di nuovo – in balia del regime talebano.

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L’Asia Centrale in una mappa della metà del XIX secolo.

La coalizione a guida americana ha lasciato il Paese dopo vent’anni di occupazione militare vedendo così frustrati i due principali obbiettivi della missione iniziata all’indomani degli attentati dell’11 settembre 2001: debellare una volta per tutte i talebani e dotare l’Afghanistan di stabili istituzioni democratiche. Forse ora, di fronte al disastro non solo militare ma anche d’immagine subito dal colosso statunitense, viene da chiedersi se prima di occupare l’Afghanistan l’amministrazione Bush non avesse fatto meglio a ripassare le vicende dell’Afghanistan degli ultimi due secoli. l’Afghanistan, non a caso conosciuto col soprannome di “Tomba degli imperi”, fu invaso nel 1979 dai sovietici che dovettero ritirarsi con le ossa rotte dieci anni dopo. Oltre cento anni prima erano invece toccato alle truppe di Sua Maestà britannica sperimentare la ferocia e l’ardore belluino dei montanari pashtun.

SECOND AFGHAN WAR, 1878. 'Save Me From My Friends!' Amir Sher Ali of Afghanistan
Vignetta della rivista satirica Punch divenuta simbolo del Grande Gioco che raffigura l’Emiro dell’Afghanistan circondato dall’orso russo e dal leone britannico.

Le guerre anglo-afghane si inseriscono nel contesto di quella competizione geopolitica tra gli imperi russo e britannico e che gli inglesi chiamarono “The Great Game”, il “Grande Gioco”, un’espressione coniata nel 1829 dall’ufficiale britannico Arthur Conolly e reso popolare dal romanziere Rudyard Kipling nel suo romanzo Kim, pubblicato nel 1901. Dopo essere state alleate contro la Francia lungo nel corso delle guerre napoleoniche, in seguito alla sconfitta definitiva di Bonaparte nel 1815, tra Inghilterra e Russia si scatenò un’accanita rivalità geopolitica protrattasi per tutto il XIX secolo in un frenetico alternarsi di trattative diplomatiche, operazioni dei servizi segreti e ricorso alla forza delle armi sino agli anni immediatamente precedenti alla prima guerra mondiale. Esso ebbe come teatro le vaste e selvagge distese dell’Asia centrale.

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Napoleone e lo Zar Alessandro I a colloquio nel corso del vertice di Tilsit. A partire da quel momento che gli inglesi iniziarono valutare con preoccupazione la possibilità di un’invasione franco-russa dell’India.

Qui infatti convergevano le due opposte direttrici dell’espansione imperialista di Londra e Mosca. Mentre da nord-ovest l’orso russo allungava i suoi artigli verso le steppe dell’Asia centrale in vista di una possibile, ulteriore, avanzata verso l’altopiano iranico e il golfo persico, da sud-est l’Impero britannico intendeva stabilire un confine sicuro per i propri possedimenti indiani, possibilmente lungo lo spartiacque che divide il Punjab dalle regioni di Kabul e Kandahar.

Per la verità la storia che vogliamo raccontare ha inizio nel luglio del 1807, quando Napoleone e lo Zar Alessandro I si incontrarono su una zattera in mezzo al fiume Niemen, nella Prussia Orientale, durante i negoziati che portarono alla firma della Pace di Tilsit. Fu a partire da quel momento che il Foreign Office e la East India Company iniziarono valutare con preoccupazione la possibilità di un’invasione russa dell’India.

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La situazione politica dell’India britannica nella prima metà dell’Ottocento.

Poco dopo l’incontro tra Napoleone e lo Zar infatti, le autorità britanniche di Londra e Calcutta furono informate del fatto che Bonaparte aveva prospettato al suo nuovo alleato un piano per un attacco franco-russo all’India analogo – ma assai migliore – di quello che lo Zar Paolo, padre e predecessore di Alessandro, aveva proposto nel 1801 all’allora Primo Console di Francia. Il progetto prevedeva innanzitutto la conquista di Costantinopoli, da cui i franco-russi avrebbero marciato insieme attraverso una Turchia sconfitta e una Persia alleata fino al subcontinente indiano.

Di fronte alla minaccia di un’invasione i britannici decisero di giocare d’anticipo inviando Mountstuart Elphinstone, abile funzionario civile della East India Company, presso la corte di Shah Shujah, Amir dell’Afghanistan, con l’incarico di stipulare un’alleanza difensiva. Al di là della reale possibilità di successo di un’offensiva franco-russa verso l’India, ogni progetto ad essa concernente abortì in quanto di lì a poco Napoleone si lasciò trascinare nel pantano spagnolo mentre la sua amicizia con lo Zar Alessandro si rivelò assai fragile tanto che nel 1812 Bonaparte invase la Russia con le conseguenze che tutti ricordiamo.

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Robert Thomas Wilson, ufficiale veterano delle guerre napoleoniche e membro del Parlamento inglese. Nel 1817 denunciò l’espansione della potenza russa.

Tuttavia, sconfitto una volta per tutte Napoleone ed esiliatolo sullo scoglio di Sant’Elena, negli ambienti politici e diplomatici inglesi iniziò a maturare il presentimento che alla Francia bonapartista si fosse ora sostituito un nuovo mostro. Le ambizioni territoriali della Russia erano emerse in tutta la loro portata già nel corso del congresso di Vienna, riunitosi tra il 1814 e il 1815 allo scopo di ridisegnare la carta politica dell’Europa.

Lo Zar Alessandro aveva richiesto che l’intera Polonia passasse sotto il suo controllo incontrando la ferma opposizione di Lord Castlereagh, ministro degli esteri britannico, il quale sostenne che la Russia fosse già potente a sufficienza. Dopo essere giunto ad un passo dalla guerra con la Gran Bretagna, Alessandro accettò di dividere la torta polacca con austriaci e prussiani anche se lui toccò ugualmente la fetta più grande. Per oltre cento anni, dalla fine del congresso di Vienna alla prima guerra mondiale, la frontiera europea della Russia avrebbe rappresentato l’estremo limite occidentale dell’espansione zarista. A Oriente tuttavia non vi fu nulla di analogo al congresso di Vienna che potesse frenare le ambizioni di Pietroburgo e le cose erano destinate ad andare diversamente rispetto all’Europa. 

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Dost Mohammed Khan, Emiro dell’Afghanistan (r. 1826-39 e 1843-63). Fu il principale avversario dei britannici nel corso della prima guerra anglo-afghana.

La creazione dello “spauracchio russo” risale già al 1817, quando il pluridecorato generale britannico Sir Robert Wilson diede alle stampe un pamphlet intitolato “A sketch of the militari and political power of Russia”. Pubblicato anonimo – benché fin da subito non vi fossero dubbi circa l’identità dell’autore – il libello denunciava come in sedici anni di regno lo Zar Alessandro I avesse accresciuto i propri domini di circa 500 mila km² e di tredici milioni di nuovi sudditi senza contare come le sue forze armate fossero passate da 80 a 600 mila effettivi senza contare le unità della milizia territoriale o della cavalleria cosacca.

Wilson affermava che gli obbiettivi futuri del sovrano di tutte le Russie sarebbero stati prima Costantinopoli, poi quanto restava del declinante impero ottomano, che a quel punto avrebbe potuto costituire la base per una successiva avanzata verso l’India, che le truppe russe avrebbero raggiunto marciando attraverso la Persia. 

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L’Armata dell’Indo varca il Passo Bolan diretta a Kabul nel 1839. E’ l’inizio della prima guerra anglo-afghana. Allora gli inglesi temevano che i russi potessero invadere l’India attraverso i passi Bolan e Khyber.

Decisi a mettere i possedimenti indiani al riparo dagli artigli dell’orso russo, gli uomini della East India Company dopo avere osservato attentamente la carta geografica trovarono saggio allargare il proprio dominio diretto almeno fino ai monti Sulaiman. Al di là di essi la soluzione migliore parve invece quella di creare uno o più principati indipendenti alleati che potessero fungere da bastione difensivo contro un’eventuale avanzata zarista. Oggi l’idea che un’armata russa riuscisse ad attaccare il subcontinente indiano dopo aver superato le steppe dell’Asia centrale – con evidenti, e gravi, problemi di carattere logistico – appare senza dubbio remota ma due secoli fa gli statisti e i generali al servizio di Sua Maestà britannica la ritenevano un’ipotesi tutt’altro che peregrina. 

Ed ecco che a questo punto l’Afghanistan, il “mucchio di pietre dimenticato da Allah”, divenne suo malgrado protagonista dell’ormai avviato Grande Gioco trovandosi stretto tra i suoi due principali avversari: da una parte la Persia, alleata della Russia che ne appoggiava le mire espansionistiche verso la regione di Herat, base per una futura avanzata in direzione di Kandahar, Quetta e l’India; dall’altra il Maharajah sikh del Punjab Ranjit Singh, alleato della East India Company. Quando nel 1834 Ranjit Singh strappò Peshawar agli afghani, l’emiro Dost Mohammed – che nel 1826 aveva preso il potere detronizzando Shah Shujah – denunciò immediatamente l’aggressione ricevendo l’offerta di un generoso supporto russo. 

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L’attacco britannico alla fortezza di Ghazni, ultima roccaforte afghana prima di Kabul, il 23 luglio 1839.

Sir William Macnaghten, consigliere del governatore generale dell’India Lord Auckland, suggerì allora un’azione militare inglese in Afghanistan allo scopo di restaurare Shah Shujah sul trono di Kabul quale docile vassallo della Corona britannica. La proposta parve azzardata e lo stesso Elphinstone non mancò di sottolineare come, anche in caso di una rapida vittoria, sarebbe stato arduo per i britannici mantenere Shah Shujah al comando di un popolo feroce e riottoso come quello afghano.  Nonostante le perplessità gli sviluppi della situazione costrinsero gli inglesi ad agire: a dicembre del 1837 un esercito persiano pose l’assedio a Herat mentre un diplomatico russo, Jan Witkiewcz giunse a Kabul.

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Sir Alexander Burnes (1805-1841) in vesti persiane. Fu fatto a pezzi dalla folla inferocita durante la rivolta di Kabul.

Il 28 giugno 1838 a Lahore venne firmato un accordo segreto tra Ranjit Singh, la Corona inglese e lo stesso Shah Shujah, il quale, in cambio del trono si impegnava a rinunciare per sempre ad ogni rivendicazione afghana su Peshawar. Il 1° ottobre Lord Auckland pubblicò il cosiddetto Manifesto di Simla nel quale annunciava l’intenzione di destituire Dost Mohammed, definito senza mezzi termini come un infimo mascalzone. Infine, il 10 dicembre 1838 la Grand Army of the Indus, forte di 10 mila soldati anglo-indiani e appoggiata da 6 mila irregolari afghani, iniziò la sua marcia verso il passo Bolan con obbiettivo Quetta e Kandahar al comando del tenente generale Sir John Keane. Contemporaneamente un contingente sikh varcava il passo Khyber diretto su Jalalabad. 

I britannici conquistarono facilmente Kandahar e, sia pure con maggiore difficoltà, anche Ghazni. Il 6 agosto 1839 Kabul cadde senza colpo ferire e Shah Shujah venne proclamato Emiro dell’Afghanistan riprendendo possesso della fortezza della Bala Hissar. Intanto Dost Mohammed cercò allora rifugio nell’Hindu Kush ma, inseguito dagli inglesi, fu infine catturato il 3 novembre 1840 e inviato in esilio in India. L’occupazione britannica dell’Afghanistan si protrasse i 28 mesi successivi all’ingresso dell’armata dell’Indo a Kabul.

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L’ultima disperata resistenza del 44th Regiment of Foot nei pressi del colle di Gandamak durante la tragica ritirata inglese dall’Afghanistan.

Poi, in coincidenza con l’arrivo dell’autunno del 1841 esplose la rabbia della popolazione contro un sovrano imposto dalle baionette straniere e contro i forestieri suoi alleati. Mentre i mullah predicavano la guerra santa contro i britannici, il 2 novembre la rivolta esplose violentissima a Kabul con l’assalto alla casa dell’agente politico britannico Alexander Burnes, che venne fatto letteralmente a pezzi assieme ai servitori e alla sua scorta. Sia il capo missione Macnaghten sia il comandante militare Elphinstone sottovalutarono la gravità della situazione venutasi a creare nella capitale afgana, scegliendo di lasciare le truppe accampate in accantonamenti distanti dal più difendibile Bala Hissar ove resisteva Shujah Shah.

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L’ormai stremato dottor William Brydon raggiunge Jalalabad il 13 gennaio 1842.

L’arrivo a Kabul del figlio di Dost Mohammed, Akbar Khan, diede alla rivolta un capo che si segnalò per crudeltà e doppiezza, mancando ripetutamente alla parola data ai britannici e facendo massacrare a tradimento lo stesso Macnaghten nel corso della trattativa per la ritirata dall’Afghanistan. Finalmente ai primi di gennaio ebbe inizio la ritirata di quanto restava dell’armata dell’Indo – 4.500 soldati (di cui 700 europei) e 12 mila civili al loro seguito.

Lungo il tragitto la colonna fu continuamente bersagliata dagli agguati tesi dalle varie tribù appostate, i cui combattenti facevano uso dei micidiali jezail, caratteristici fucili a canna lunga. L’ultimo reparto in grado di mantenere la disciplina, il 44° reggimento di fanteria, venne infine circondato e massacrato sul colle di Gandamak dopo aver esaurito le munizioni. Il 13 gennaio 1842 un solo superstite, il dottor William Brydon, un ufficiale medico, stremato dalla fame e dal gelo raggiunse la guarnigione del generale Sale ancora trincerata a Jalalabad.

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Gli sfortunati ufficiali inglesi Conolly e Stoddart condotti al patibolo per ordine del feroce Emiro di Bukhara Nasrullah Khan.

Poche settimane dopo, alla fine di marzo del 1842 Shah Shujah venne assassinato. Anche se nell’autunno del 1842 i britannici conquistarono nuovamente Kabul si trattò di una vittoria effimera: dopo essere stato rimesso in libertà Dost Mohammed tornò in patria ristabilendo rapidamente la propria autorità, col benestare tacito degli stessi inglesi. La prima guerra anglo-afghana era terminata ma essa riservò un sanguinoso colpo di coda: il 17 giugno 1842, appreso del disastro inglese in Afghanistan, il feroce e dispotico Emiro di Bukhara Nasrullah Khan fece decapitare pubblicamente il capitano Arthur Conolly e il colonnello Charles Stoddart. Famoso esploratore, questi, alla vigilia dell’intervento inglese in Afghanistan, si recò presso l’emiro di Bukhara allo scopo di indurlo a liberare gli schiavi russi colà tenuti prigionieri, circostanza che avrebbe potuto fornire al governo zarista un pretesto per attaccarlo.

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La fortezza di Erevan, in Armenia, assediata nel 1827 dalle forze zariste nel corso della guerra russo-persiana (1826-1828)

Subito dopo essere giunto nella sua capitale, Stoddart venne fatto prigioniero da Nasrullah, il quale lo accusò di avergli mancato profondamente di rispetto e rinchiuso per i successivi tre anni in una cella umida e buia, “il buco nero”. Finalmente nel 1841 giunse a Bukhara il capitano Arthur Conolly, partito due anni prima alla volta dell’Asia centrale di convincere i governanti dei tre canati del Turkestan (Khiva, Bukhara e Kokand) a mettere da parte i loro contrasti, a fare fronte comune contro i tentativi russi di penetrazione commerciale e militare. Tuttavia, capitato a Bukhara proprio in concomitanza con lo scoppio della rivolta afghana, anche Conolly venne fatto prigioniero. Condannati a morte con l’accusa di spionaggio, Stoddart e Conolly vennero giustiziati sulla piazza antistante il palazzo dell’emiro di Bukhara. Il tragico epilogo dell’avventura afghana inaugurò una nuova fase nei rapporti fra Gran Bretagna e Russia.

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L’assedio di Sebastopoli, tra i più sanguinosi di tutto il XIX secolo, fu indubbiamente l’episodio più importante della guerra di Crimea.

Entrambe le potenze, deluse dai fallimenti delle loro iniziative in Asia Centrale, accantonarono almeno temporaneamente le tensioni in favore di una politica più conciliante. A riprova di ciò nell’estate del 1844 lo Zar Nicola I (r. 1825-1855) si recò in visita ufficiale nel Regno Unito, venendo accolto calorosamente dall’allora venticinquenne Regina Vittoria, dal Primo Ministro Sir Robert Peel e dal Ministro degli Esteri Lord Aberdeen. Frattanto sia Londra che San Pietroburgo, pur astenendosi da azioni minacciose nei confronti dei rispettivi possedimenti asiatici, peraltro ancora separati da vasti tratti di deserto e montagne, procedettero al consolidamento delle frontiere. 

I russi spinsero in avanti la propria linea di fortezze di confine attraverso la steppa del Kazakistan, lungo un asse che alla metà degli Anni Cinquanta andava dal Lago d’Aral ad Ak Mecet (odierna Qyzylorda,in Kazakistan) sul fiume Sue Darya, nel cuore dell’Asia centrale. Gli inglesi dal canto loro nel 1842 incorporarono il Sindh e sette anni dopo, al termine di due brevi ma sanguinose guerre ebbero ragione del Regno Sikh annettendo il Punjab da cui scorporarono la regione del Kashmir, assegnata ad un Maharajah filo-britannico. 

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La cavalleria britannica combatte contro gli indiani ammutinati nel corso dell’assedio di Lucknow.

La tacita tregua tra Russia e Inghilterra si infranse nel 1853 quando quest’ultima, assieme alla Francia di Napoleone III, mosse guerra allo Zar in difesa dell’integrità territoriale del malandato Impero ottomano. Così, a quasi quarant’anni dalla conclusione delle guerre napoleoniche, le potenze europee tornarono ad affrontarsi sui campi di battaglia. Pur non essendo direttamente collegata alle vicende del Grande Gioco, la guerra di Crimea rappresentò il primo e unico scontro diretto tra Gran Bretagna e Russia nel corso del XIX secolo. Il conflitto si chiuse nel 1856 quando, a seguito della caduta della fortezza di Sebastopoli, lo Zar Alessandro II, figlio e successore di Nicola I, decise intavolare trattative di pace con gli alleati anglo-franco-ottomani. Il trattato di pace firmato a Parigi il 30 marzo 1856 stabilì l’evacuazione da parte russa dei principati danubiani di Moldavia e Valacchia, vassalli del Sultano turco, oltre che il divieto di navigazione per le navi militari – con il conseguente smantellamento della flotta russa – sul Mar Nero e sugli Stretti del Bosforo e dei Dardanelli. La sconfitta patita infranse il mito della potenza russa che aveva schiacciato Napoleone nel 1812.

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Nuove corone per vecchi, la vignetta illustra Disraeli nelle vesti di Jafar nella versione scherzosa della storia di Aladino nell’atto di offrire la corona imperiale alla regina Vittoria in cambio di quella regale.

Intanto, a poco più di un anno dalla fine della guerra di Crimea gli inglesi dovettero fare i conti con la ribellione dei sepoys, i soldati indigeni arruolati nelle truppe alle dipendenze della Compagnia delle Indie. Le cause dell’ammutinamento sono riconducibili alla distanza razziale persistente tra gli ufficiali britannici e le truppe indiane e dal comportamento razzistico degli europei verso i nativi. Esplosa nel maggio del 1857, la sollevazione venne stroncata dopo poco più di un anno di sanguinosi scontri nel luglio del 1858. Una volta ripristinato il loro pieno controllo sull’India, gli inglesi procedettero a riorganizzarne completamente l’assetto istituzionale. Attraverso il Government of India Act, approvato dal Parlamento il 2 agosto 1858, la Compagnia delle Indie fu sciolta e l’amministrazione della colonia passò sotto il controllo della Corona britannica. Venne istituito un apposito ministero – l’India Office – incaricato di occuparsi degli affari indiani mentre il Governatore Generale assunse il titolo di Viceré. Infine, nel 1876, la Regina Vittoria venne ufficialmente incoronata Imperatrice d’india, titolo che la poneva allo stesso livello dello Zar di tutte le Russie.

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La situazione in Asia Centrale nel 1860.

I russi dal canto loro non stettero a osservare passivamente le mosse dei rivali. Frustrato nell’Europa orientale, l’imperialismo zarista rivolse allora, e con maggiore decisione, le proprie attenzioni verso oriente. Tra la fine degli anni cinquanta e l’inizio degli anni sessanta del XIX secolo le armate zariste si assicurarono il completo controllo del Caucaso schiacciando definitivamente le ribellioni delle popolazioni musulmane locali. Nello stesso periodo la Russia completò la conquista dell’estremo Oriente siberiano strappando alla Cina il controllo dei territori della Manciuria esterna a nord dei fiumi Amur e Ussuri ed estendendo il suo controllo fino alle coste dell’oceano Pacifico, lungo le cui coste verrà fondata la base navale di Vladivostok, in seguito collegata ai territori della Russia europea mediante la costruzione della ferrovia transiberiana. In Asia Centrale le forze russe strapparono Tashkent (1865) al Khanato di Kokand, che fu infine annesso nel 1876. Nel 1868 invece i russi sottrassero Samarcanda all’emirato di Bukhara, che pochi anni dopo fu infine costretto a riconoscersi vassallo dello Zar. L’espansione russa nel Turkestan mise in allarme gli inglesi, i quali vedevano sempre con grande preoccupazione ogni possibilità avanzata zarista in direzione del Golfo Persico.

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Le truppe russe conquistano Samarcanda (8 giugno 1868).

La situazione precipitò nell’estate del 1878 quando una missione diplomatica russa raggiunse Kabul mentre il 14 agosto gli inglesi chiesero che Sher Alì accettasse anche una missione britannica. L’Emiro non solo si rifiutò di ricevere la delegazione britannica ma minacciò anche di fermarla se avesse tentato di entrare nel suo paese. Lord Lytton, Viceré dell’India, reagì inviando a sua volta una delegazione in Afghanistan senza che nessun invito fosse partito da Kabul. Il 21 settembre 1878 le truppe che scortavano il plenipotenziario britannico, colonnello Cavagnari, furono assalite improvvisamente da irregolari afghani in prossimità del passo Khyber. Ebbe così inizio la seconda guerra anglo-afghana.

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Il 92nd Highlanders a Kandahar durante la seconda guerra anglo-afghana.

In risposta infatti le autorità britanniche inviarono in Afghanistan un’armata di 40 mila uomini. Sher Alì cercò allora di ottenere l’appoggio delle truppe russe ma invano. Umiliato, si ritirò a Mazar-i Sharif, dove morì nel febbraio del 1879. A quel punto gli inglesi posero sul trono afghano suo figlio Yaqub Khan, il quale il 26 maggio 1879 accettò di firmare con la Gran Bretagna il trattato di Gandamak, che trasformava l’Afghanistan di fatto in un protettorato inglese. In base all’accordo l’emiro accettava di condurre la propria politica estera seguendo “il consiglio e i desideri” del governo di Sua Maestà britannica, in cambio della protezione da eventuali aggressioni straniere e del versamento di un sussidio annuale di 600 mila rupie indiane.  Tuttavia, mentre le truppe inglesi iniziavano già a lasciare l’Afghanistan, il 2 settembre 1879 il colonnello Cavagnari e la sua scorta furono massacrati da una turba di militari afgani ammutinati che protestavano per il mancato ricevimento della paga da tre mesi e per la presenza della missione straniera. 

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Abdur Rahman Khan Emiro dell’Afghanistan dal 1880 al 1901. Sotto il suo governo l’Afghanistan rinacque dopo la crisi causata dalla seconda guerra anglo-afghana.

A quattro decenni di distanza pareva ripetersi lo stesso tragico copione della prima guerra anglo-afghana. Tuttavia il comportamento delle truppe britanniche dimostrò come quarant’anni non fossero trascorsi invano. In tempi rapidissimi fu allestito un corpo di spedizione denominato “Kabul Field Force”, sotto il comando del maggior generale Frederick Roberts. Questi si dimostrò un ufficiale di tutt’altra tempra rispetto all’esitante Elphinstone. Roberts marciò su Kabul attraverso il Passo Shutargardan e dopo aver sconfitto l’esercito afgano a Char Asiab il 6 ottobre occupò Kabul il 13. Yaqub Khan, sospettato di essere tra i responsabili della morte di Cavagnari, fu costretto ad abdicare. Tuttavia il fuoco della ribellione continuava a covare sotto la cenere: infiammate dall’odio contro gli inglesi, numerose tribù marciarono verso Kabul da nord, da sud e da ovest. Di fronte alla minaccia Roberts ordinò di evacuare Kabul e andò a trincerarsi nel cantonment di Sherpur, circa un miglio a nord-est dalla città. Qui, il 23 dicembre l’attacco degli insorti afghani venne respinto dai fucili a retrocarica Martini-Henry dei fanti inglesi e dall’artiglieria. La capitale venne rioccupata il giorno di Natale ma a quel punto ai britannici si pose il problema di quale futuro politico dare all’Afghanistan.

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Le province del Turkestan russo (con gli stati vassalli di Khiva e Bukhara) all’inizio del XX secolo. In verde sono riportati i confini politici attuali.

Furono prese in considerazione varie ipotesi, fino alla ripartizione dell’emirato tra più governanti ma alla fine ci si risolse a insediare sul trono di Kabul il cugino di Yaqub Khan, Abdur Rahman, figlio del primogenito di Dost Mohammed. Per tutta risposta uno dei fratelli di Yaqub, Ayub Khan, che aveva servito come governatore di Herat, si ribellò al cugino e, dopo aver sconfitto un distaccamento britannico nella battaglia di Maiwand, nel luglio 1880 cinse d’assedio Kandahar. Roberts allora, alla testa della principale forza britannica, partì da Kabul e raggiunta a marce forzate Kandahar sconfisse definitivamente Ayub Khan il 1º settembre 1879, mettendo fine alla ribellione.

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Konstantin Petrovič von Kaufman (1818-1882) primo governatore russo del Turkestan e artefice delle conquiste russe in Asia Centrale.

Abdur Rahman confermò i termini del trattato di Gandamak, anche se il Regno Unito, volendo evitare il ripetersi di sollevazioni come quelle che erano costate la vita a Burnes e Cavagnari, evitò di inviare un nuovo rappresentante a Kabul.

Le truppe anglo-indiane a quel punto evacuarono l’Afghanistan il cui confine con il Raj indiano fu fissato una volta per tutte nel 1893 lungo la linea Durand – dal nome del Segretario agli Esteri dell’India britannica Mortimer Durand – che tuttora delimita la frontiera tra Afghanistan e Pakistan. 

Qualche anno dopo la fine della guerra anglo-afghana, nel 1881, i russi presero la fortezza di Geok Tepe e nel 1884 occuparono l’oasi di Merv, nell’attuale Turkmenistan. Nel corso della loro avanzata verso sud le truppe zariste occuparono il villaggio di Pandjeh, presidiato da una guarnigione afghana. Questa remota località, a metà strada tra Merv ed Herat, era sempre stata considerata dagli afghani come parte del proprio Paese ma i russi, dopo essersi impossessati di Merv, reclamavano come loro. L’incidente di Pandjeh, avvenuto alla fine di marzo del 1885, sembrò condurre Gran Bretagna e Russia ancora una volta sull’orlo della guerra.

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Il cosiddetto “incidente di Pandjeh” in un dipinto dell’artista franco-russo Franz Roubaud. L’episodio portò Gran Bretagna e Russia ad un passo dal conflitto aperto.

Il conflitto fu evitato dal paziente lavorio diplomatico della commissione congiunta anglo-russa sui confini che nell’estate del 1887 trovò un accordo soddisfacente per le parti, che delineò una frontiera russo-afghana definitiva lungo l’Amu Darya: i russi avrebbero mantenuto Pandjeh, cedendo in cambio ad Abdur Rahman un valico strategico situato più ad ovest, a cui ambivano sia l’emiro che i suoi consiglieri britannici. Con l’Asia centrale ormai saldamente sotto il dominio russo, il teatro del Grande Gioco si spostò progressivamente verso est, in direzione di Cina, Mongolia e Tibet. Nel 1902 Gran Bretagna e Giappone siglarono un’alleanza militare in funzione anti-russa e due anni dopo una spedizione anglo-indiana al comando di Sir Francis Younghusband invase il Tibet occupando Lhasa in risposta agli intrighi russi nella regione e agli incontri segreti tra il XIII Dalai Lama e gli inviati dello zar Nicola II. Queste furono le ultime del Grande Gioco.

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Scontro tra le fanterie zarista e nipponica durante la guerra russo-giapponese del 1904-05, che segnò ‘inizio del declino dell’Impero dei Romanov.

Agli albori del XX secolo infatti gli equilibri internazionali stavano rapidamente mutando e tanto Londra quanto Pietroburgo si trovarono nella necessità di superare gli antichi contrasti per rispondere colpo su colpo alle nuove sfide. La sconfitta rovinosa subita dall’impero zarista nella guerra contro il Giappone del 1904-1905 aveva infatti rivelato alla Gran Bretagna che la Russia era in realtà un colosso dai piedi d’argilla.

Le vecchie paure di un’offensiva russa verso l’India andavano quindi dileguandosi di fronte alla minacciosa ascesa della potenza tedesca. Il dinamismo che il Kaiser Guglielmo II, spinto da un sistema economico in rapida e tumultuosa crescita, aveva impresso alla politica estera del suo Paese faceva apparire la Germania come la potenza capace di condizionare gli equilibri europei e nello stesso tempo mettere in discussione l’egemonia britannica.  In particolare la costruzione di una potente flotta militare tedesca (Hochseeflotte) e i progetti per la costruzione della linea ferroviaria Berlino-Istanbul-Baghdad toccavano i nervi più sensibili dell’Impero britannico.

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La spedizione britannica in Tibet guidata da Sir Francis Younghusband nel 1904 fu una delle ultime mosse del Grande Gioco.

A Londra pertanto cominciarono i preparativi per la formazione di una coalizione anti-tedesca.  Dopo avere risolto i radicati dissensi con la Francia in campo coloniale attraverso la stipulazione della cosiddetta Entente Cordiale (Intesa Amichevole), la Gran Bretagna cominciò a sondare le intenzioni della Russia in vista di un possibile accordo che regolasse le questioni ancora pendenti in Asia. Il 31 agosto 1907 il Ministro degli Esteri britannico Sir Edward Grey e il suo omologo russo Aleksandr Izvolskij firmarono l’accordo con cui le due potenze delimitarono le rispettive sfere di influenza in Persia, Afghanistan e Tibet. Così sette anni dopo, a partire dall’estate del 1914, dopo essersi guardati in cagnesco per decenni russi e inglesi si trovarono a combattere fianco a fianco per tenere lontani tedeschi e ottomani dai rispettivi territori asiatici.

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L’Asia Centrale nel 1912, cinque anni dopo la firma dell’accordo Grey-Izvolskij che delimitava le sfere di influenza russa e britannica nella regione.

Ma l’Impero dei Romanov, già scosso dalla rivoluzione del 1905, aveva ormai i giorni contati: nel marzo del 1917 gli scioperi e le manifestazioni contro la guerra costrinsero lo Zar Nicola Il ad abdicare. A ottobre i bolscevichi presero il potere facendo piazza pulita di tutti i trattati e gli accordi stipulati dal precedente governo zarista. Il Grande Gioco era così destinato riaccendersi in forme nuove mentre Lenin, profeta del nuovo, inebriante vangelo del marxismo, si preparava a infiammare l’Oriente in nome della causa rivoluzionaria. Ma questa è un’altra storia. 

Per saperne di più:

  • Peter Hopkirk, Il Grande Gioco – I servizi segreti in Asia Centrale
  • Gastone Breccia, Le guerre afghane
  • Franco Cardini, Il Sultano e lo Zar
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