Quando si parla della contessa Báthory, la prima immagine che viene alla mente è quella dei suoi atti raccapriccianti. Ancor più di quegli orribili atti di violenza, le storie a volte soprannaturali che circondano la sua vicenda contribuiscono a definire la terrificante eredità di Erzsébet Báthory al giorno d’oggi. In molti la accusarono di cannibalismo, mentre altri affermarono di averla vista copulare con il diavolo in persona. Ma dov’è la verità? Dove si sconfina nel mito? La contessa era davvero colpevole, o fu vittima di una cospirazione?

A proposito della follia della contessa Erzsébet occorre premettere che avevano mostrato i sintomi di disturbi psichici quali epilessia o schizofrenia, a causa dei numerosi matrimoni tra consanguinei: gli stessi genitori di Erzsébet, il barone George Báthory e sua moglie, la baronessa Anna Báthory, erano primi cugini. Nata intorno al 1560, a Nyírbátor, un villaggio nel nord-est dell’attuale Ungheria, Erzsébet Báthory iniziò a dare segni di squilibrio mentale fin da giovanissima passando repentinamente dalla quiete alla collera. A circa sei anni assistette all’esecuzione di uno zingaro giudicato colpevole di avere venduto i propri figli ai turchi. Alcuni anni dopo, ormai tredicenne, incontrò un suo cugino, il principe di Transilvania, il quale, sotto i suoi occhi, fece tagliare naso e orecchie a 54 persone sospettate di aver fomentato una ribellione dei contadini.
L’8 maggio 1575, all’età di quindici anni, sposò il fidanzato, Ferenc Nádasdy, a Vranov nad Topľou, presso Prešov, nell’attuale Slovacchia nord-orientale. Nádasdy era un abile spadaccino e faceva parte di un gruppo noto come il “Terribile Quintetto”. Amava inoltre torturare i propri servi, senza però ucciderli: una delle sue torture preferite consisteva nel cospargere di miele una ragazza nuda e lasciarla legata vicino alle arnie di sua proprietà. Nádasdy quasi sempre lontano da casa per combattere i turchi, la responsabilità del castello di Sárvár era affidata ad Erzsébet.

Nel 1602, nel villaggio di Trenčín, nell’attuale Slovacchia, iniziarono a circolare sinistre voci – le contadine in cerca di lavoro domestico al castello di Csejte scomparivano senza lasciare alcuna traccia. I sospetti cominciarono a cadere quindi sulla contessa Báthory. Il castello l’aveva ricevuto come dono di nozze da suo marito, Ferenc Nádasdy. Nel 1578, Nádasdy divenne comandante di campo dell’esercito ungherese e intraprese una campagna militare contro l’Impero ottomano, lasciando a sua moglie la responsabilità delle sue vaste proprietà e del governo della popolazione locale.
Da allora, le opinioni secondo cui Báthory torturava i suoi servi iniziarono a diffondersi, trasformandosi in accuse sempre più gravi nel 1604, quando il marito della contessa Báthory morì. Secondo i testimoni, fu in quel momento che Erzsébet iniziò a uccidere le sue vittime, le prime delle quali erano ragazze di bassa estrazione sociale attirate al castello con la promessa di lavoro, vitto e alloggio. Dopo non troppo tempo, le voci cominciarono ad accusare Báthory di avere ”alzato il tiro”, uccidendo le figlie dei nobili inviate a Csejte per la loro istruzione, nonché a rapire ragazze dai propri sgherri. Báthory riuscì a non farsi toccare da queste accuse per quasi sei anni – fino a quando il re ungherese Mattia II inviò il suo rappresentante, György Thurzó, per indagare sulle denunce contro di lei. Il lavoro di Thurzó dette presto i suoi frutti – raccolse prove da circa trecento testimoni che impilavano accuse sempre più orribili contro la contessa.
Secondo i resoconti e le storie raccontate molto tempo dopo, Báthory trovava diletto a marchiare le sue vittime con ferri ardenti, percuoterle a morte con mazze – torturarle con aghi infilati sotto le unghie, arrivando a coprirle di miele in modo che gli insetti potessero banchettare con la loro carne esposta, cucendo loro le labbra con ago e filo e tagliando pezzi di carne dai seni e dai volti, o ancora penetrarle con mazze chiodate o nodosi rami pieni di rovi.

L’accusa più infame e scioccante – quella che ispirò il suo famigerato soprannome, la Contessa sanguinaria, così come affermavano le voci secondo cui fosse una vampira – sosteneva che la Báthory fosse solita fare il bagno nel sangue delle sue giovani vittime nel tentativo di mantenere intatta la sua bellezza. Dopo aver ascoltato le accuse, Thurzó alla fine accusò Báthory della morte di ottanta ragazze. Un testimone arrivò persino ad affermare di aver visto un libro tenuto dalla stessa Báthory, dove ha registrato i nomi di tutte le sue vittime – circa 650 in totale – questo ”libro mastro” tuttavia sembra essere solo una leggenda, e non è mai stato ritrovato.
Quando il processo si concluse, i cosiddetti complici di Báthory, una dei quali lavorava come balia per i figli della contessa, furono condannati per stregoneria e bruciati sul rogo – Báthory invece fu murata nella sua stanza a Csejte, dove rimase agli arresti domiciliari per quattro anni fino alla sua morte nel 1614. Ma il caso di Báthory potrebbe aver avuto risvolti molto più terreni – ma non certo meno inquietanti.

Alcuni studiosi ungheresi scoprirono infatti che il re Mattia II doveva al defunto marito di Báthory, e con la sua morte direttamente a lei, un debito non indifferente. Mattia non pareva affatto incline a pagare quel debito, che secondo gli storici potrebbe aver alimentato la sua mossa per incriminare la contessa e negarle l’opportunità di difendersi in tribunale. Allo stesso modo, alcuni storici affermano che i testimoni probabilmente fornirono le testimonianze incriminanti ma al tempo stesso contraddittorie sotto pressione degli agenti reali – inoltre il re aveva chiesto la pena di morte facendo in modo d’impedire che la famiglia dei Báthory potesse intervenire in suo favore. Anche questo potrebbe essere stato un ottimo espediente politico – poiché la pena di morte significava che il Re poteva impadronirsi delle sue terre e possedimenti senza colpo ferire.
Secondo gli storici, la ragione più verosimile sarebbe che con la morte del marito la contessa era entrata in possesso di una terra strategicamente importante che aumentò la già vasta ricchezza della sua famiglia. Come donna intelligente e potente che governava senza un uomo al suo fianco, e come membro di una famiglia la cui ricchezza intimidiva il Re, quest’ultimo non esitò minimamente ad imbarcarsi nell’infame proposito di screditarla e rovinarla. Verosimilmente, la contessa Báthory aveva abusato dei suoi servi, ma non in modo molto diverso dagli altri aristocratici suoi contemporanei e sicuramente senza arrivare al livello di violenza contestatogli nel suo processo – era la regola, e non l’eccezione.
La verità, per un certi versi, non è meno terrificante del mito – un gruppo d’individui ha rovinato e macchiato il nome di una persona per il loro profitto, e come purtroppo è stato, è, e sempre sarà, una Donna è stata infamata, rovinata e condotta alla tomba per il semplice crimine di essere donna e di avere potere e ricchezze bramate da uomini.