L’isola di Allah

STORIA DELLA SICILIA MUSULMANA (827-1091)

Il racconto di oggi ha come protagonista la Sicilia, una terra dal popolamento antico. Le evidenze archeologiche hanno dimostrato come le prime tracce della presenza greca e fenicio-punica sull’isola risalgano alla metà dell’VIII secolo a.C.. Altra data fondamentale nella storia sicula è indubbiamente legata all’inizio della dominazione romana, cominciata nel 241 a.C. al termine della prima guerra punica. Il governo romano ebbe termine soltanto sette secoli dopo, nel 468, quando la Sicilia venne invasa e conquistata dai Vandali, impadronitisi di Cartagine una trentina di anni prima, nel 439.

La Sicilia rappresentata sulla Tabula Rogeriana del geografo Muhammad al-Idrisi (metà del XII sec.)

Dì lì a pochi anni l’autorità imperiale romana in Occidente collassò definitivamente con la deposizione dell’ultimo dei Cesari, un ragazzino di nome Romolo detto ironicamente l’Augustolo. La Sicilia, passata per via diplomatica sotto il controllo del nuovo padrone dell’Italia, il capo barbaro Odoacre, fu poi incorporata nel regno del suo successore, il goto Teodorico (r. 493-526).

La Sicilia sarebbe tornata sotto il controllo imperiale soltanto nel 535 quando Giustiniano diede avvio alla riconquista bizantina dell’Italia. Le truppe del generale Belisario sbarcarono sull’isola dando così inizio la cosiddetta guerra greco-gotica, destinata a protrarsi per un ventennio fino al 553 devastando l’intera Penisola. Il dominio dell’Impero d’Oriente peraltro si rivelò effimero in quanto già nel 568 i Longobardi calarono in Italia. Mentre i nuovi invasori dilagavano in gran parte della Penisola devastandone i territori, la Sicilia, protetta dal mare, fu risparmiata dai saccheggi, conservando una vita urbana ancora prospera e un’amministrazione civile ancora efficiente.

Presunto ritratto di Belisario alla destra dell’imperatore Giustiniano I in un mosaico della Basilica di San Vitale a Ravenna.

La situazione cambiò ancora una volta nella seconda metà del VII secolo quando dal mare iniziò a palesarsi la nuova minaccia musulmana. I primi contatti tra Sicilia e Islam si verificarono già alla primissima fase dell’espansione del Califfato: nel 652 l’isola venne raggiunta da una prima flotta musulmana proveniente forse da Tripoli di Siria. Diciassette anni dopo, nel 669, la Sicilia fu l’obbiettivo di un’altra spedizione, salpata questa volta da Alessandria d’Egitto mentre l’anno seguente i musulmani si impadronirono di Cossyra, sull’isola di Pantelleria.

Negli anni seguenti gli attacchi contro le coste e le isole del Mediterraneo occidentale si intensificarono. Man mano che gli eserciti islamici portavano a termine la conquista di tutto il Nordafrica le flotte arabe poterono salpare dalle più vicine basi dell’Ifriqiya, in particolare da Tunisi, che a partire dalla distruzione di Cartagine nel 698 divenne uno dei principali porti della regione. Dalle fonti tuttavia emerge che le incursioni conobbero una battuta d’arresto alla metà dell’VIII secolo, in corrispondenza con il rovesciamento della dinastia califfale degli Omayyadi e la sua sostituzione con quella degli Abbasidi.

Guerrieri musulmani. La Sicilia iniziò a subire le prime scorrerie saracene verso la metà del VII secolo.

A seguito delle prime scorrerie dei predoni musulmani e poi della conquista islamica dell’intero Nordafrica e della Penisola Iberica, si assistette in tutta la Sicilia ad una poderosa opera di fortificazione e ad un potenziamento delle difese cittadine e costiere. Questo processo va inquadrato in un fenomeno di progressiva militarizzazione che investì tutto l’Impero d’Oriente, aggredito dagli Arabi in Oriente e dai Bulgari nei Balcani e costretto a combattere per la sua stessa sopravvivenza. Alla fine del VII secolo, sotto il regno di Giustiniano II Rinotmeto la Sicilia divenne un Thema (circoscrizione amministrativa e militare) dell’Impero bizantino e il suo strategos (comandante militare locale) fu inoltre incaricato della difesa degli sparsi possedimenti imperiali nell’Italia meridionale.

Dal canto loro i musulmani colsero al volo l’occasione per impossessarsi della Sicilia, una terra ricca e fertile collocata in posizione strategica al centro del Mediterraneo. Non è escluso che al tempo dell’arrivo di Eufemio in Ifriqiya le autorità islamiche stessero già preparando uno sbarco sull’isola. Già alcuni decenni e, tra il 752 e il 753 il governatore abbaside dell’Ifrīqiya ʿAbd al-Raḥmān al-Fihrī aveva accarezzato l’idea della conquista della Sicilia ma il progetto era naufragato in seguito allo scoppio di una rivolta tra le locali popolazioni berbere.

Il pretesto per uno sbarco musulmano in Sicilia venne offerto dalla ribellione del turmarca Eufemio, comandante della flotta bizantina, contro il nuovo stratego di Sicilia, Costantino, insediatosi nell’826. Le ragioni dell’ammutinamento ci sono ignote. Le fonti tramandano come Eufemio avesse intrapreso un’illecita relazione con una monaca suscitando l’ira dell’Imperatore Michele II l’Amoriano (r. 820-829), il quale ordinò di punire duramente il turmarca che a quel punto sarebbe insorto nel tentativo di evitare il castigo, giungendo ad autoproclamarsi Basileus di una Sicilia indipendente.

La Grande Moschea di Qayrawān, in Ifrīqiya, capitale dell’emirato aghlabide.

In ogni caso le velleità politiche di Eufemio vennero rapidamente stroncate dall’intervento delle truppe fedeli al governo di Costantinopoli e il turmarca, sconfitto, si sarebbe a quel punto rivolto ai nemici saraceni in cerca di sostegno, invitandoli a sbarcare in Sicilia. Ora tutta questa vicenda, oltre ad avere tratti decisamente romanzeschi -a cominciare dalla liaison tra Eufemio e la suora – presenta numerosi punti di contatto con quella del Conte visigoto Giuliano di Ceuta, il traditore cristiano che avrebbe favorito l’invasione araba della penisola iberica.

In effetti Eufemio non fu il primo ufficiale bizantino che giunse ad accordarsi coi musulmani e la sua ribellione non rappresentò certo un unicum nella storia della Sicilia bizantina: già da alcuni decenni l’eccessiva tassazione e la politica iconoclasta – cioè di distruzione delle immagini sacre – inaugurata da Leone III l’Isaurico (r. 717-741) avevano finito con provocare molto malcontento, fomentato da comandanti militari ambiziosi in rotta con il governo imperiale.

Dal canto suo l’Emiro di Ifriqiya Ziyādat Allāh I (r. 817-838) decise di cogliere al volo l’occasione per ridare compattezza a uno stato squassato da decenni di contrasti tra la popolazione locale, berbera, islamizzata in seguito alla conquista della regione nel VII secolo, e le truppe arabe inviate dai Califfi di Baghdad all’epoca della fondazione dell’Emirato. Fin dalla seconda metà dell’VIII secolo l’Ifriqiya si trovava infatti sottoposta all’autorità della dinastia degli Aghlabidi, la quale traeva origine da Al-Aglab, inviato in Africa settentrionale nel 759 dagli Abbasidi per ristabilirvi l’ordine. Nel 765 venne nominato governatore dal Califfo al-Manṣūr ma tre anni più tardi cadde ucciso in un attentato sotto le mura di Qayrawān. Suo figlio, Ibrāhīm ibn al-Aghlab (756-812) giunse nel distretto dello Mzab (attuale Algeria) poco prima del 795. Il suo prestigio politico e militare crebbe rapidamente tanto che nell’800 il Califfo di Baghdad Hārūn al-Rashīd lo nominò Amīr (Emiro) dell’Ifrīqiya.

Mappa raffigurante l’avanzata musulmana nella Sicilia bizantina nel IX secolo.

Come ricordato alcuni secoli dopo dallo storico egiziano al-Nuwayrī il corpo di spedizione destinato a sbarcare in Sicilia salpò da Susa (l’attuale Sousse in Tunisia) il sabato di metà mese di Rabi’ al-awwal nell’anno duecentododici dall’Egira, corrispondente al 14 giugno 827. La flotta era forte di un centinaio di navi con a bordo circa 10 mila soldati e 700 cavalli. Comandante della spedizione era il sessantasettenne qāḍī (giudice) Asad ibn al-Furāt, che era stato uno dei maggiori sostenitori dell’impresa.

Gli invasori presero terra a Mazara dopo pochi giorni di navigazione e, dopo avere sconfitto in battaglia il kouropalates (maestro di palazzo, intendente) Balatas, giunsero ad assediare Siracusa, capoluogo del Thema di Sikelia, che però resistette protetta dalle sue imponenti fortificazioni. Nel corso dell’assedio l’esercito arabo-berbero venne inoltre colpito da una grave epidemia di dissenteria che costò la vita allo stesso Asad, che venne sostituito da sostituito da Muḥammad b. Abī l-Jawārī, acclamato dalle truppe come nuovo comandante.

Nella primavera dell’829 il Basileus Michele II, deciso a ributtare in mare i musulmani, inviò una flotta in Sicilia. Le truppe imperiali, comandate dal patrizio Teodoto, riuscirono a liberare quasi tutta l’isola ma i musulmani, che nel frattempo avevano preso Agrigento, resistettero e nell’830, in seguito all’arrivo di rinforzi dall’Ifrīqiya e da Al-Andalus, passarono al contrattacco assediando e conquistando l’anno successivo Palermo che fu eletta nuova capitale della Sicilia islamica (Ṣiqilliyya).

Miniatura che rappresenta l’assedio arabo di Messina dell’843.

Tuttavia ai musulmani fu necessario un altro decennio per piegare la resistenza degli abitanti del Val di Mazara (Sicilia occidentale) e quasi altri vent’anni, dall’841 all’859, per impadronirsi del Val di Noto (Sicilia nord-orientale) e del Val Demone (sicilia sud-orientale). Decisiva per il consolidamento della dominazione aghlabide sulla Sicilia si rivelò la battaglia di Butera, combattuta tra la fine dell’845 e l’inizio dell’846 e risoltasi con il massacro di circa 9 mila soldati bizantini da parte delle forze islamiche.

Catturata anche Malta nell’870, l’energico Emiro Ibrāhīm II (r. 875-902) decise di puntare alla conquista di Siracusa. Pertanto nell’agosto dell’877 inviò contro la città il governatore della Sicilia Jaʿfar ibn Muḥammad, inviando una flotta per assisterlo. L’assedio si concluse alla fine di maggio dell’anno successivo con il massacro o la riduzione in schiavitù degli abitanti. L’ultima piazzaforte bizantina a deporre le armi fu Taormina, che si arrese nel 902, lo stesso anno in cui Ibrāhīm II, spintosi al di là dello Stretto, trovò la morte sotto le mura di Cosenza in Calabria. In effetti, lo sforzo militare della dinastia aghlabide non si limitò alla Sicilia ma giunse ad interessare le coste dell’Italia peninsulare.

Dettaglio di un manoscritto nel quale è raffigurata la conquista musulmana di Siracusa nell’878.

Già dall’VIII secolo i rapporti fra Italia e mondo islamico erano andati intensificandosi. Le città costiere della Penisola come Napoli, Amalfi o Venezia stabilirono legami commerciali con i potentati musulmani, fino ad arrivare al reclutamento di mercenari saraceni da parte delle potenze cristiane. In questo complesso quadro di relazioni economiche e politiche continuarono comunque a verificarsi frequenti razzie spesso perpetrate dai medesimi soggetti che erano ad un tempo mercanti e pirati a seconda della convenienza: Capua fu assalita nell’841, Napoli nell’856. Nell’840 intanto i saraceni stabilirono una testa di ponte in Puglia, a Taranto e Bari, che divenne addirittura sede di un emirato che resistette ai tentativi di riconquista da parte dei cristiani sino all’871.

Le incursioni peraltro non si limitarono alla fascia costiera ma giunsero a interessare anche le zone più interne come accadde nell’846 quando una spedizione saracena partita da Civitavecchia risalì il Tevere fino a Roma saccheggiando le basiliche di San Pietro e San Paolo. Questo evento indusse pochi anni dopo Papa Leone IV a far edificare le mura leonine a protezione del Colle Vaticano. Circa quarant’anni dopo, nell’884, ad essere depredata fu invece l’Abbazia di Montecassino.

Mappa descrivente i conflitti navali bizantino-arabi nel Mediterraneo centrale dalla fine del VII secolo

Negli gli stessi anni in cui la Sicilia diventava parte della Dār al-Islām, nella prima metà del X secolo, l’intero mondo musulmano attraversò una fase di profondi sconvolgimenti che si accompagnò alla crescente messa in discussione dell’autorità degli Abbasidi di Baghdad. Mentre in Spagna l’Emiro di Cordova Abd al-Rahman III, discendente degli Omayyadi di Damasco, proclamò nel 929 la nascita di un contro-califfato nei territori della Spagna musulmana, in Nord Africa si assistette all’ascesa dell’Imamato fatimide. Originari della Persia, i Fatimidi dichiaravano, come si può intuire dal loro nome, di discendere da Fatima, la figlia prediletta del Profeta Muhammad. A differenza degli Abbasidi e degli Omayyadi, essi non erano sunniti bensì seguaci dell’Islam sciita ismailita. Ottenuto l’appoggio della potente tribù berbera dei Kutama, stanziata sui monti della Cabilia, nell’attuale Algeria, nel 909 l’Imam fatimide ʿUbayd Allāh al-Mahdī bi-llāh pose fine al potere dei sunniti Aghlabidi.

Anche la Sicilia passò sotto l’autorità dei nuovi dominatori senza troppi scossoni e già nel 910 giunse sull’isola il primo governatore fatimide, Ibn Abī Khinzīr. Gli Imam fatimidi posero la loro capitale a Mahdia, nell’odierna Tunisia fino a quando, nel 973, il quarto Imam al-Muʿizz li-dīn Allāh non spostò definitivamente la propria sede nella nuova città che prese il nome di al-Qāhira, cioè “La Vittoriosa”. Nel 948 i Fatimidi affidarono il governo della Sicilia ai loro fedeli emissari kalbiti che crearono un emirato indipendente, fedele al governo del Cairo solo per ciò che riguardava le questioni religiose. Il dominio della dinastia kalbita sarebbe durato oltre cent’anni e avrebbe costituito l’epoca d’oro della Sicilia islamica, un periodo ricco di arte e cultura.

Muqarnas (soluzione decorativa propria dell’architettura islamica) all’interno della Cappella Palatina di Palermo

Secondo la maggioranza degli storici sotto dominio islamico la Sicilia rifiorì sia economicamente che culturalmente e godette di un periodo lungo di prosperità. Vennero introdotte tecniche innovative nell’agricoltura e abolita la monocoltura del grano che risaliva al tardo impero, a favore di nuove coltivazioni quali ad esempio l’arancio, il limone, la canna da zucchero, il papiro e gli ortaggi. Fu anche frantumato il latifondo. Nel commercio la Sicilia fu inoltre inserita in un’estesa rete marittima, divenendo il punto nevralgico degli scambi mediterranei.

Per quanto riguarda la società dell’Emirato, i stima che nei suoi quasi due secoli di esistenza, circa la metà della popolazione del Val di Mazara divenne musulmana mentre nella parte orientale dell’isola la maggioranza degli abitanti mantennero la fede cristiana. In quanto Ahl al-Kitāb, ossia “Genti del Libro” in base alla giurisprudenza islamica tradizionale, i cristiani e gli ebrei residenti in Sicilia vennero considerati meritevoli di “protezione” (dhimma) da parte delle autorità musulmane.

Affresco raffigurante musicanti arabi a Palermo

Pertanto fu loro concesso di continuare a professare la propria fede sia pure soltanto in ambito privato e con il più assoluto divieto di qualunque forma di proselitismo tra i musulmani. Non solo ma ai dhimmi, quale espressione della loro sottomissione al potere islamico, fu imposto il pagamento di un’imposta personale (jizya) ed, eventualmente, a una fondiaria (kharāj), oltre che alla lealtà nei confronti della Umma islamica da un punto di vista esclusivamente politico.

L’Emirato di Sicilia toccò l’apice dello splendore tra la fine del X e l’inizio dell’XI secolo, durante i regni dell’Emiro Yūsuf (989-998) e di suo figlio Jaʿfar II (998-1019). In questo periodo Palermo (Balarm), capitale dello stato kalbita, divenne una delle città più popolose dell’Europa e del Mediterraneo, superata soltanto da Cordova e Costantinopoli. Anche se è difficile supporre quanti fossero gli abitanti, è ragionevole supporre che la popolazione cittadina ammontasse a circa 100 mila persone. Il mercante e viaggiatore arabo Ibn Hawqal, che visitò la Sicilia nella seconda metà del X secolo, scrisse successivamente:

«…essa [Palermo] è provvista di un mercato che la attraversa dall’est all’ovest e che chiamano la Grande Strada che pavimentata di ciottoli è occupata per tutta la sua lunghezza da edifici commerciali… [la moschea], vecchia chiesa cristiana… poteva contenere più di settemila persone… Non conosco una tale profusione di moschee in alcun luogo… più di trecento.»

La decadenza della dinastia kalbita ebbe inizio a partire dal regno di Aḥmad II al-Akḥal, salito al potere nel 1019 a seguito della grande rivolta dei palermitani che costrinse alla fuga in Egitto suo padre Yūsuf e suo fratello Jaʿfar II. L’impopolare politica fiscale di al-Akḥal generò tensioni crescenti che sfociarono nel 1034 in una vera e propria guerra civile quando Abu Hafs, fratello dell’Emiro, gli si ribellò appoggiato dai ceti popolari. Aḥmad II nel tentativo disperato di conservare il potere si rivolse all’Impero Romano d’Oriente ma i sudditi musulmani trovarono vergognosa la sudditanza del loro Emiro ad un sovrano cristiano e gli voltarono le spalle.

Ruggero alla battaglia di Cerami del 1063, nel corso delle prime fasi della conquista normanna della Sicilia.

Nel 1037, gli Ziridi, dinastia berbera regnante nell’attuale Tunisia, mossero in armi contro l’Emirato di Sicilia. Aḥmad II riuscì inizialmente a stornare la minaccia grazie all’aiuto dei bizantini, ma quando questi si ritirarono oltre lo Stretto di Messina l’Emiro, rimasto indifeso, venne ucciso. L’instabilità che attanagliava la Sicilia musulmana convinse il Basileus Michele IV il Paflagone a tentare la riconquista dell’isola secondo un piano che già era stato predisposto dal suo grande predecessore, Basilio II il Bulgaroctono. Così nel 1038 un’armata bizantina comprendente al suo interno contingenti di mercenari normanni e longobardi sbarcò in Sicilia guidata dal generale Giorgio Maniace. Questi tuttavia venne richiamato a Costantinopoli nel 1043 a causa delle invidie della corte imperiale e non poté più riprendere le operazioni.

La spedizione, pur rivelatasi un insuccesso dal punto di vista militare, fu comunque molto importante perché rivelò le profonde crepe che attanagliavano la compagine emirale siciliana. Di lì a pochi anni, nel 1052, l’Emiro Ḥasan II, salito al trono nel 1040 dopo la cacciata degli Ziridi, venne deposto e la Sicilia entrò in una insanabile anarchia di cui avrebbero approfittato i fratelli normanni Ruggero e Roberto d’Altavilla, i quali nel 1061 sbarcarono a Messina dando inizio alla loro conquista della Sicilia. Due anni più tardi i normanni sconfissero un esercito arabo-siculo alla battaglia di Cerami.

Ruggero I e suo fratello Roberto il Guiscardo ricevono le chiavi di Palermo dagli arabi (dipinto conservato nella sala gialla di Palazzo dei Normanni)

Nel 1071 Catania cadde nelle mani degli invasori e l’anno successivo fu la volta di Palermo. In seguito alla conquista della città Ruggero venne nominato Conte di Sicilia da suo fratello maggiore Roberto, Duca di Puglia e Calabria. La Sicilia diventò completamente normanna al termine di trent’anni di guerra, con la caduta di Noto nel 1091.

Circa quarant’anni dopo Ruggero II d’Altavilla, omonimo figlio e successore del Gran Conte Ruggero, unificò i possedimenti famigliari sotto il suo scettro e finalmente, ottenuta l’approvazione papale, nel Natale del 1130, venne ufficialmente incoronato Re di Sicilia. Si apriva così una nuova fase della storia dell’isola. L’Islam comunque non scomparve dalla Sicilia dopo la fine dell’Emirato: uomini e donne di lingua e cultura araba avrebbero continuato a vivere sull’isola intrecciando i propri destini con quelli dei conquistatori.

Per saperne di più:

  • S. Tramontana, L’isola di Allah
  • A. Vanoli, La Sicilia musulmana

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...