Il Fratello Numero 1

”Fin da quando ero piccolo, questa è sempre stata la mia natura…” queste sono le parole con cui l’ex Primo Ministro cambogiano inizia la sua ultima intervista, con il giornalista Nate Thayer, poco prima della morte. Da anni Pol Pot, il cui vero nome era Saloth Sar, si era dato alla macchia assieme ai suoi fedelissimi dei Khmer rossi, dopo essere stato spodestato dai vietnamiti. Ma come si era arrivati a questo punto? E perché il nome di quell’uomo così pacato e oramai quasi cieco è quasi sinonimo di genocidio?

Ritratto ufficiale di Pol Pot, pseudonimo di Saloth Sar (1925-1998) dittatore della Cambogia tra il 1975 e il 1979.

Facciamo un passo indietro. Saloth Sar nacque nel 1925, a Prek Sbauv, in quella che allora era una parte dell’Indocina francese e che adesso si trova nella provincia di Kampong Thom, in Cambogia. Anche se poi una volta al potere, Pol Pot affermò di essere figlio di poveri contadini, in realtà suo padre era un agricoltore piuttosto benestante che possedeva nove ettari di risaie e diversi capi di bestiame.

All’età di cinque o sei anni fu mandato a vivere con un fratello maggiore a Phnom Penh, dove fu educato con un curriculum francese. Studente mediocre, fallì gli esami di ammissione al liceo e così studiò per un anno falegnameria in un istituto tecnico di Phnom Penh. Nel 1949 si recò a Parigi con una borsa di studio per studiare elettronica radiofonica. Grande ammiratore della Rivoluzione Francese, entrò ben presto in contatto con gli ideali marxisti di Jean-Paul Sartre  e si unì a un gruppo di giovani nazionalisti cambogiani di sinistra che in seguito divennero suoi compagni nei Khmer Rossi. In Francia il giovane Saloth dedicò più tempo alle attività rivoluzionarie che ai suoi studi, anche se gran parte del suo tempo libero era dedicato alla lettura “I libri usati, alle bancarelle sulla rive gauche, venivano cinquanta franchi l’uno… non mangiavo e mi compravo quelli…” così Saloth Sar raccontò a Thayer di quel periodo – e non si può far meno di cogliere in ciò una certa ironia, considerando che anni dopo avrebbe fatto uccidere chiunque sapesse leggere e scrivere in francese.

Nel 1950 si recò assieme ad altri studenti in Jugoslavia, per partecipare a una ”brigata del lavoro” atta a costruire strade fuori Zagreb. Dopo che la sua borsa di studio gli fu revocata per aver fallito gli esami, tornò a Phnom Penh nel 1953. Come primo membro del Cercle Marxiste a fare ritorno in Cambogia, Pol Pot valutò i diversi gruppi che si ribellavano contro il governo cambogiano e raccomandò che i membri di ritorno del Cercle si unissero ai Khmer Viet Minh. Ebbene a Pol Pot e ad altri membri del Cercle non piacesse che i Khmer Viet Minh avessero forti legami con il Vietnam, il gruppo sentiva che questa organizzazione rivoluzionaria comunista era quella che più probabilmente avrebbe agito a favore di una rivoluzione.

Guerrigliari appartenenti al movimento comunista dei Khmer Rossi nei pressi di Angkor Wat

Nell’agosto 1953, Pol Pot lasciò di nascosto la sua casa e, senza nemmeno dirlo ai suoi amici, si diresse al quartier generale della zona orientale del Viet Minh, situato vicino al villaggio di Krabao. Il campo era situato nella foresta ed era costituito da tende di tela che potevano essere facilmente spostate in caso di attacco. Pol Pot e molti dei suoi amici del Cercle furono costernati nel trovare il campo completamente segregato – i vietnamiti erano membri di alto rango e i cambogiani – i khmer – erano destinati solo ai compiti più umili – a Pol Pot stesso furono assegnati compiti come l’agricoltura e il lavoro in mensa. Tuttavia, osservò e apprese come i Viet Minh usarono la propaganda e la forza per prendere il controllo dei villaggi contadini della regione.

Pol Pot alternò alle sue attività rivoluzionare l’insegnamento in una scuola privata a Phnom Penh dal 1956 al 1963, quando lasciò la capitale perché i suoi legami comunisti lo misero sulla lista dei sospettati dalla polizia. Nel 1963 adottò il suo pseudonimo rivoluzionario – Pol Pot, che si ritiene fosse l’abbreviazione di Politique Potentiel – potenziale politico. Trascorse i successivi dodici anni a costruire il Partito Comunista che era stato organizzato in Cambogia nel 1960, e servì come Segretario Generale. Oppositore del governo dell’ex regnante Norodom Sihanouk e del governo militare del generale Lon Nol, guidò le forze guerrigliere dei Khmer Rossi che nel 1975 rovesciarono il regime di Lon Nol.

Bandiera della Kampuchea Democratica. Così divenne nota la Cambogia durante il regime di Pol Pot e dei Khmer Rossi.

Una volta ottenuto il potere, Pol Pot dichiarò il cosiddetto ”Anno Zero” e iniziò un articolato programma sociale che consisteva nel creare una società comunitaria esclusivamente contadina. Le città furono evacuate e ogni forma d’espressione del ”vecchio mondo” fu distrutta – fu abolita la proprietà privata, diversi artefatti furono distrutti e la popolazione fu costretta a indossare pigiami neri tutti uguali. Le minoranze e i disabili furono perseguitati e uccisi – chiunque fosse sospettato di aver avuto legami o discendenze con i vietnamiti e i cinesi fu massacrato, indossare gli occhiali veniva considerato ”intellettualismo antirivoluzionario”. Mentre Phnom Penh veniva trasformata in una città fantasma dove molti morivano di fame, malattie o esecuzioni sommarie governo dei Khmer Rossi andava ripetendo attraverso la radio che la nuova utopia cambogiana necessitava solo di un milione o due di persone. I motti che i Khmer rossi amavano ripetere alle loro vittime avevano lo stesso sapore delle frasi che i megafoni dei lager nazisti gracchiavano agli internati “Tenervi non porta alcun beneficio, eliminarvi non porta alcuna perdita”.

Teschi di vittime del genocidio cambogiano. Il governo di Pol Pot fu responsabile dello sterminio di circa due milioni di persone.

Un’altra, ennesima, amara ironia della politica sociale dei Khmer rossi era il modo in cui la brutalità si univa a una gentilezza quantomeno di facciata, forse a riflesso della personalità dello stesso Pol Pot. Infatti nella maggior parte dei casi, i Khmer rossi non ordinavano, ma “gentilmente chiedevano” o “suggerivano”: “Compagno, secondo nostro parere, la tua capanna è troppo grande per la tua famiglia soltanto… non potrebbero starcene altre tre?” “Compagno, hai una bella bicicletta, e sarebbe bello se tu la dessi alle truppe del popolo…” “Ti chiediamo, caro compagno, di seguirci nel campo, oltre la collina…”. Lo stesso Pol Pot è sempre stato descritto come una persona calma, gentile, modesta, che non alzava mai la voce, nemmeno con chi lo contrariava. Ma poi mormorava a uno dei suoi sicari “Il compagno Thieu, mi è parso poco convinto dei miei consigli…” e quella stessa sera, il compagno Thieu sarebbe stato invitato a una passeggiata fuori città, oltre la collina. E nessuno l’avrebbe mai più rivisto, né sentito parlare.

Nell’arco di meno di quattro anni, il regime di Pol Pot uccise due milioni di persone su una popolazione di otto. Le torture commesse dai Khmer Rossi ve ne sono fra le più inimmaginabili: scariche di elettroshock, dita mozzate, unghie strappate, detenuti costretti a mangiare i propri escrementi. Spesso la ferocia dei Khmer rossi si attuava uccidendo le persone a bastonate, badilate, colpi di zappa e armi da taglio, per evitare lo “spreco” di pallottole. Pol Pot inoltre non fece assolutamente nulla per mantenere i contatti con i suoi familiari, che difatti furono deportati come gli altri. Suo fratello Saloth Nhep dichiarò in un’intervista alla BBC di essere venuto a conoscenza della vera identità di Pol Pot solo dopo aver casualmente visto un suo ritratto ufficiale in una cucina collettiva.

Aree della Cambogia sotto il controllo dei Khmer Rossi tra il 1989 e il 1990.

Quando però le incursioni dei Khmer Rossi si spinsero oltre il confine con il Vietnam, prendendo di mira anche i vietnamiti, quasi tutti gli altri Paesi del blocco socialista tagliarono i ponti con lui e il suo governo. Questo rappresentò l’inizio della fine per il sanguinario regime di Pol Pot: il 25 dicembre 1978 il Vietnam invase la Cambogia. Il 7 gennaio 1979 cadde anche la capitale cambogiana, Phnom Penh. 

Pol Pot e i suoi furono costretti a riparare nella giungla. Il “Fratello Numero 1” sarebbe vissuto fino alla morte nel 1998 da fuggitivo. Nel 1989 i vietnamiti si ritirarono dalla Cambogia ma Pol Pot si rifiutò di cooperare al processo di pace, e continuò a combattere il nuovo governo di coalizione. Intanto a partire dagli Anni Ottanta i Khmer rossi ripudiarono il comunismo e si reinventarono come movimento nazionalista, guadagnandosi il supporto degli americani che volevano contrastare l’influenza vietnamita della zona – infatti gli Stati Uniti cominciarono segretamente a rifornire i Khmer rossi di derrate alimentari ed equipaggiamento, spesso nascosto nei sussidi per i profughi.

Verso la fine, Pol Pot fu ripudiato anche dai suoi – stanchi della costante guerriglia e della sua paranoia, lo misero dapprima sotto arresto, e poi concordarono per consegnarlo al Tribunale Internazionale. La sera stessa dopo aver ricevuto la notizia, Pol Pot morì nel suo letto, non si sa per arresto cardiaco o suicidio – nel caso della seconda ipotesi, si potrebbe tracciare un certo parallelismo con un altro grande criminale del secolo, Hermann Goering. Gli altri leader dei Khmer rossi – tra cui Nuon Chea, il ”Fratello Numero 2” – sono stati sottoposti a processo e hanno ricevuto varie condanne, dall’ergastolo a diversi anni di reclusione.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...