Storia del processo di cristianizzazione dei Germani
L’evangelizzazione dei germani fu un processo plurisecolare che ebbe come esito la progressiva conversione al Cristianesimo di queste popolazioni. I primi contatti tra popolazioni germaniche e missionari cristiani si registrarono a partire dal IV secolo, quando il cristianesimo fu dichiarato “Religio licita” per volontà degli Imperatori Costantino e Licinio. Particolarmente significativa fu l‘azione missionaria svolta a partire dal 341 dal vescovo visigoto Ulfila, inviato presso il suo popolo dall’Arcivescovo di Costantinopoli Eusebio di Nicomedia.

Per facilitare l’apprendimento delle Sacre Scritture ai propri connazionali Ulfila tradusse, anche se con difficoltà, la Bibbia dal greco al goto, creando un alfabeto che fu detto appunto gotico. A loro volta i Visigoti diffusero il cristianesimo anche tra gli Ostrogoti, i Vandali, i Burgundi e i Longobardi. Tutti questi popoli, sotto l’influenza della Chiesa di Costantinopoli e della predicazione di Ulfila, abbracciarono la dottrina ariana del cristianesimo, elaborata dal presbitero alessandrino Ario e giudicata eretica dal concilio di Nicea del 325. L’Arianesimo credeva che il Figlio fosse stato creato e che quindi fosse di rango inferiore rispetto a Dio Padre. Semplificando quindi il dogma trinitario, la dottrina ariana rese il cristianesimo molto più comprensibile alle popolazioni germaniche, non abituate alle sottigliezze teologiche della Chiesa. Tuttavia, in seguito alla costituzione dei regni romano-barbarici, l’adozione dell’arianesimo comportò numerose tensioni tra i sovrani e la classe dirigente germanica e la popolazione romana, per lo più di fede cattolica. I conflitti religiosi costituirono un fattore di debolezza che porterà al progressivo declino e poi alla disintegrazione dei regni creati dai Vandali e dai Goti in Africa, Spagna e Italia.

Diverso è invece il caso dei Franchi, stabilitisi nella Gallia a partire dal III secolo. Il giorno di Natale del 496 Re Clodoveo I si convertì dal paganesimo al cattolicesimo dopo la vittoria nella battaglia di Tolbiac, e si fece battezzare a Reims dal vescovo Remigio. Il battesimo di Clodoveo ebbe un impatto immenso sulla successiva storia d’Europa. Il sovrano fu introdotto alla religione cristiana dalla moglie, la regina Clotilde, la quale aveva già ottenuto dal marito il permesso di fare battezzare i loro figli. Nella sua Historia Francorum, redatta alcuni decenni dopo gli avvenimenti narrati, il vescovo Gregorio di Tours ascrisse il motivo ufficiale della conversione di Clodoveo all’aiuto che il sovrano sostenne di avere ricevuto da Cristo durante la battaglia battaglia di Tolbiac, combattuta contro gli Alemanni. A questo episodio seguì il battesimo del Re, officiato dal santo vescovo Remigio la notte di Natale del 496 a Reims.
Nell’opera, in cui l’intento agiografico spesso e volentieri prevale sullo scrupolo storiografico, Gregorio paragona Clodoveo all’Imperatore Costantino, facendo un parallelo tra le battaglia di Tolbiac e Ponte Milvio. Il fatto che un capo militare pagano attribuisse il proprio successo al Dio cristiano è un motivo ricorrente fin dalla svolta costantiniana. Che un pagano come Clodoveo avesse invocato l’aiuto di Cristo, mostra anche il polimorfismo del paganesimo germanico. In altre parole, nella tradizione politeistica germanica,”Se Odino ha fallito, si può provare con Cristo”.

Il battesimo di Clodoveo ebbe anche rilevanti implicazioni politiche. Il sovrano infatti intuì scaltramente che la sua conversione al credo cristiano gli avrebbe permesso di avere il sostegno dei vescovi, influenti sulle popolazioni gallo-romane soggette al dominio franco, rafforzando così la coesione del suo regno.
Nei secoli successivi i Franchi divennero gli alfieri della fede cattolica nell’Europa occidentale, combattendo guerre in difesa della fede contro i cristiani ariani, gli invasori islamici ed i pagani germanici. A questi ultimi la conversione venne imposta spesso e volentieri attraverso l’uso della forza armata. Tra i casi più tragicamente celebri di conversioni forzate va senza dubbio annoverato quello compiuto da Carlo Magno nei confronti dei Sassoni, popolazione germanica affine ai Franchi stanziata tra il Reno e l’Elba. Cominciate nel 772 con l’abbattimento dell’Irminsul – quercia sacra simbolo dell’Yggdrasill, l’albero del mondo della mitologia germanica – esse terminarono soltanto tre decenni dopo e furono punteggiate da episodi di autentica ferocia quali ad esempio il massacro di Verden compiuto nel 787 durante il quale circa 4.500 ribelli sassoni vennero decapitati per avere rifiutato il battesimo e la sottomissione alla dominazione franca.

L’evangelizzazione in Germania venne portata avanti tra successi alternati a sconfitte da missionari provenienti dall’Inghilterra, come San Villibrordo, vescovo di Utrecht e San Bonifacio – nato con il nome di Wynfrith – vescovo di Magonza, conosciuto come l’Apostolo dei Germani. Su richiesta di Pipino di Herstal, Maestro di palazzo per conto del sovrano franco Teodorico III – Villibrordo – detto l’Apostolo dei Frisoni – si adoperò a partire dagli anni finali del VII secolo per ottenere la conversione al cristianesimo di questa popolazione stanziata nelle regioni costiere settentrionali degli attuali Paesi Bassi. Tuttavia gli sforzi dei missionari vennero frustrati allorché, approfittando della morte di Pipino di Herstal nel 714, il sovrano frisone Redbaldo si ribellò al dominio franco. Convinto sostenitore del paganesimo, Redbaldo devastò chiese e monasteri e scacciò i missionari giunti nelle sue terre. Villibrordo si ritirò nel monastero di Echternach da lui stesso fondato dove morì nel 739.
San Bonifacio giunse a sua volta sul continente dalla natia Inghilterra intorno al 716. Recatosi a Roma ricevette da Papa Gregorio II la nomina a vescovo e l’incarico di diffondere il cristianesimo nei territori della Germania.

Muovendo dall’insediamento fortificato franco di Büraburg nel 723 Wynfrith/Bonifacio giunse nei pressi del villaggio di Geismar, oggi facente parte della città di Fritzlar nella regione dell’Assia. Dalla “Vita Sancti Bonifatii “, redatta nell’VIII secolo ad alcuni decenni dagli eventi narrati dal vescovo Villibaldo di Eichstätt, apprendiamo come, allo scopo di convincere una volta per tutte i membri della tribù germanica dei Catti della superiorità del Dio cristiano sulle divinità pagane, Bonifacio abbatté con le sue mani la locale quercia sacra al culto di Thunraz, divinità germanica assimilabile al norreno Thor. Osservando che quest’ultimo non reagiva alla profanazione la popolazione avrebbe allora accettato di farsi battezzare.
In ogni caso è ragionevole pensare che l’azione “dimostrativa” di Bonifacio non sia stata affatto improvvisata ma ben preparata e ampiamente pubblicizzata in anticipo per ottenere il massimo effetto e che comunque il missionario poté agire senza pericoli sapendo di poter contare sulla protezione del presidio franco di Büraburg. Anche in questo caso la distruzione di un simbolo pagano venne seguita dalla sua sostituzione con uno cristiano. Con il legno della quercia infatti Bonifacio costruì a Fritzlar un primo oratorio che il suo conterraneo Wigbert avrebbe in seguito fatto riedificare in pietra. Nel 742 Bonifacio diede vita al primo vescovato situato in terra tedesca oltre l’antico limes dell’Impero romano. La sede vescovile fu posta a Büraburg ma già nel 748 venne accorpata a quella di Magonza.

Tuttavia resta difficile stabilire fino a che punto la nuova religione fosse penetrata tra le popolazioni germaniche appena convertite: è piuttosto arduo infatti supporre un’aderenza strettamente ortodossa al cristianesimo per popolazioni dalle radicate tradizioni pagane a tratti inconciliabili con la fede cristiana, quali ad esempio la guerra, vissuta come esperienza sacra. Si tende pertanto a supporre che le antiche credenze restassero vive nella coscienza degli individui, e che gli stessi uomini di Chiesa fossero ben consci di come, al di là di della partecipazione a cerimonie e sacramenti, spesso la gente continuava a restare fedele alle antiche credenze dei propri avi.

I rigoristi della Chiesa altomedievale dovevano quindi affrontare il fatto che rituali tradizionali della più svariata origine sopravvivessero un po’ ovunque, resi consueti dalla prassi cristiana locale. Già gli esponenti della Chiesa del tardo Impero romano vi si erano opposti senza riuscire a sradicarli e in un periodo caratterizzato da una generale debolezza delle istituzioni appare ancor più difficile che potessero farlo i chierici altomedievali. Tuttavia la cultura cristiana dell’alto Medioevo non era minacciata. Non alfabetizzato, a differenza di quello greco-romano, l’antico sistema di credenze germanico non sopravvisse neppure come risorsa per una successiva rielaborazione letteraria come accadde invece al paganesimo classico. La fede cristiana non mutò granché nella sua essenza una volta venuta a contatto con la frontiera del paganesimo oltre i vecchi confini dell’Impero romano eccezion fatta per alcuni termini. È il caso ad esempio della dea anglosassone Eostre, la cui festa di primavera aveva luogo nel periodo coincidente con la Pasqua cristiana e il cui nome fu preso a prestito dagli Anglosassoni battezzati tant’è vero che ancora oggi il nome inglese della Pasqua è Easter.

Proprio l’isola di Gran Bretagna – patria dei già citati santi Villibrordo e Bonifacio – conobbe, a partire dalla fine del VI secolo, una vera e propria ri-evangelizzazione ad opera di monaci irlandesi e inglesi formati in Italia. Già in parte cristianizzata durante la tarda età imperiale, nel IV secolo, la provincia romana della Britannia fu invasa durante il V secolo dalle popolazioni pagane degli Angli, degli Juti e dei Sassoni provenienti dalle odierne Danimarca e Germania del Nord. La diffusione della fede cristiana in Inghilterra portò tuttavia allo sviluppo di forme sincretiche tra le antiche credenze e il cristianesimo molto poco coerenti con i dettami di quest’ultimo. Questo fatto, unito alla volontà di convertire gli anglosassoni, ancora pagani, convinse Papa Gregorio Magno a promuovere una missione evangelizzatrice inviando intorno al 597 il monaco Agostino, poi divenuto il primo arcivescovo di Canterbury, presso il Re Ethelbert del Kent, il quale era stato peraltro già più volte invitato a convertirsi dalla moglie, la Regina Berta. L’ultimo re pagano degli Anglosassoni, Arwald, venne ucciso nel 686.

Le ultime popolazioni germaniche ad abbandonare il paganesimo furono quelle della Scandinavia. I primi contatti tra popolazioni scandinave e missionari cristiani risalgono agli inizi della cosiddetta “Epoca vichinga” (793-1066) ma la penetrazione del cristianesimo all’interno della società norrena fu estremamente lento e difficoltoso. All’inizio del IX secolo fu istituita ad Amburgo una prima sede arcivescovile con lo scopo di organizzare e guidare la missione cristiana nell’Europa settentrionale. Nell’826 l’Imperatore Ludovico il Pio – figlio e successore di Carlo Magno – affidò all’abate Anscar il compito di evangelizzare Danesi e Svedesi, compito che questi portò avanti con alterne fortune fino alla sua morte, nell’865.
La missione di Anscar – conosciuto anche come Oscar – ottenne il patrocinio dei sovrani danesi Horik I (827-854) e Horik II (854-870) entrambi non cristiani ma neppure indifferenti. Per quanto riguarda la Svezia il principale tentativo di Anscar – collocabile temporalmente tra l’840 e l’850 – si concretizzò nell’incontro con Re Olaf avvenuto nel borgo commerciale di Birka al termine del quale il sovrano dichiarò di non poter ammettere gli emissari del Dio cristiano senza prima aver consultato i propri dei e avere convocato l’assemblea.

Appare evidente che nel mondo scandinavo l’autorità regia non fosse sufficientemente forte per imporre questa scelta ai loro sudditi e in ogni caso la discussione ebbe come oggetto soltanto l’accettazione dei missionari non certo l’eventuale conversione del popolo alla nuova fede. Quand’anche fossero stati cristiani come per esempio Haakon I di Norvegia (r. 934-961), i Re non erano nelle condizioni di imporre il battesimo ai loro sudditi. Quando Haakon tentò di imporre la fede cristiana la sua proposta fu accolta con freddezza se non con ostilità dai Norvegesi.
Le prime chiese nei paesi nordici sorsero nei grandi centri commerciali di Birka, Ribe e Hedeby, i più importanti e quindi spesso visitati da commercianti stranieri, tra cui molti cristiani. La loro principale funzione non era tanto quella di fungere da centri missionari ma piuttosto di provvedere alla cura e alla protezione dei mercanti cristiani. Fin dall’inizio, però, i sacerdoti ebbe il permesso di battezzare e predicare alla popolazione locale.

La conversione delle popolazioni norrene fu altresì favorita dal fenomeno dell’emigrazione. Nel IX e X secolo molti coloni lasciarono la Scandinavia per insediarsi come agricoltori nei paesi dell’Europa occidentale saccheggiati dai loro antenati. Le principali aree di insediamento furono il Danelaw – Inghilterra occidentale – l’Irlanda orientale, le aree costiere e le isole della Scozia settentrionale e la Normandia. I nuovi venuti finirono col mescolarsi abbastanza rapidamente alla popolazione cristiana locale, facendosi battezzare e sposando donne del luogo.
I territori scandinavi vennero gradualmente evangelizzati in conseguenza del rafforzamento dell’autorità regia e alla creazione dei primi regni nazionali. In Danimarca il processo di conversione ebbe inizio soltanto nel tardo X secolo, ai tempi di Harald Gormsson (r. 933-986 ca.) meglio conosciuto col soprannome di “Dente Azzurro”. In Svezia e Norvegia ciò si verificò ancora più tardi. Importante in questo senso fu l’azione di sovrani come il norvegese Olaf II il Santo (r. 1015-1022) e lo svedese Olof III (r. 995-1022). L’antica fede pagana comunque continuò a sopravvivere almeno sino alla metà dell’XI secolo, periodo a cui risale la definitiva distruzione del tempio di Uppsala, avvenuta per opera del sovrano Ingold I di Svezia.