Yoshiko Kawashima, la Mata Hari d’Oriente

Una figura affascinante e controversa di una donna emancipata negli ultimi anni della Cina imperiale, Xianyu era cugina dell’ultimo Imperatore Pu Yi della dinastia Qing. Dal carattere forte e indipendente, non si rassegnò a essere la semplice “cugina dell’Imperatore” e dette estro della sua personalità vestendosi con abiti e uniformi maschili, non facendo segreto della sua bisessualità e coltivando amicizie e relazioni in tutto il mondo asiatico.

Yoshiko Kawashima (1907-1948)  in 
uniforme 
dell’esercito del Manciukuò.

Nata con il nome Aisin Xianyu all’interno della Città Proibita, figlia della quarta concubina del principe Shanqi, dopo la rivoluzione del 1912 fu data in adozione a un amico del padre, il mercenario e agente segreto giapponese Naniwa Kawashima, che le dette il nome Yoshiko. Dal padre adottivo Yoshiko non prese solo il nome, ma anche quel gusto per lo spionaggio e la vita tra due mondi molto simili ma profondamente diversi come quelli cinese e nipponico.

Fu sposata giovanissima con un tale Ganjuurjab, figlio di un generale mongolo il quale era un uomo distaccato alle volte e violento in altre, e per fortuna di Yoshiko questo matrimonio non durò molto – il padre di Ganjuurjab infatti pretese il divorzio in modo da poter far sposare il figlio a qualcuno di più importante. Nel 1922 Yoshiko rese noto che aveva “… deciso in modo irrevocabile di smettere di essere una donna per sempre”. La mattina di quel giorno aveva indossato un kimono con un’acconciatura femminile tradizionale e aveva scattato una foto in un giardino tradizionale per commemorare “il suo addio alla vita da donna”. Quella sera, Yoshiko andò da un barbiere e si fece tagliare tutti i capelli, adottando un taglio di capelli da militare e da quel momento in poi si vestì con abiti da uomo, sia in pubblico che in privato.

Divorziata e e libera, Yoshiko si concentrò nel diventare un’artista di talento – le sue passioni spaziavano dalla pittura allo spionaggio – infatti già all’età di vent’anni si era legata, tramite i contatti di suoi padre, ai servizi segreti giapponesi e cominciò a barattare informazioni un po’ per garantirsi un’entrata economica e un po’ per soddisfare la sua voglia d’avventura – come una novella Mata Hari, come una James Bond al femminile in salsa asiatica, Yoshiko si muoveva tra gli ambienti di alta classe della ex monarchia cinese e dell’aristocrazia giapponese, carpendo importanti segreti politici e militari e intrecciando relazione degne di romanzo sia con potenti uomini che con le loro mogli – per un certo periodo, ciò fece di lei una delle donne più potenti dell’intera Asia.

Aisin Gioro Pu Yi, ultimo Imperatore della Cina e Imperatore del Manciukuò tra il 1932 e il 1945. Fu proprio Yoshiko a convincerlo a mettersi al servizio dei giapponesi accettando il trono mancese.

Questo stile di vita particolare e la sua intraprendenza fecero sì che assieme al suo essere una delle poche sincere amicizie e legami umani per l’ultimo Imperatore cinese Pu Yi, ella ottenesse un ruolo di comprimaria di tutto rispetto nella Storia, ma allo stesso modo il suo sentimento filo-giapponese e i suoi legami con gli invasori nipponici le costarono caro quando convinse il giovane Pu Yi a diventare Imperatore del Manciukuò – lo stato fantoccio creato dai giapponesi nel 1932 in seguito all’occupazione della Manciuria. Inoltre, Yoshiko non ebbe mai quella posizione di potere a cui forse aveva aspirato – nonostante fu per breve tempo anche l’amante del generale Hayao Tada, il “capo consigliere militare” del Manciukuò e vero e proprio leader della zona, cominciò ad aver problemi con i giapponesi.

Dopo che Pu Yi divenne imperatore del Manciukuò, Kawashima continuò a ricoprire vari ruoli e, per un certo periodo, fu l’amante del generale giapponese Hayao Tada , il principale consigliere militare di Pu Yi. Nel 1932, allo scopo di dare la caccia ai partigiani anti-giapponesi presenti in Manciuria, la principessa creò persino una forza di cavalleria che contava tra i tre e i cinquemila effettivi in gran parte reclutati fra banditi e avanzi di galera. I giornali giapponesi la esaltarono per questo definendola con l’appellativo di “Giovanna d’Arco della Manciuria”. Nel 1933 Kawashima offrì la propria unità all’Armata giapponese del Kwantung durante la difesa della Grande Muraglia – nota in giapponese come “Operazione Nekka” – ma l’offerta fu rifiutata. L’unità continuò comunque ad esistere sotto il suo comando fino alla fine degli anni ’30.

Kawashima divenne una figura ben nota e popolare nel Manciukuò facendo apparizioni in trasmissioni radiofoniche e persino pubblicando un disco delle sue canzoni. Numerose storie di fantasia e semi-immaginarie delle sue imprese sono state pubblicate sui giornali e anche come pulp fiction . Tuttavia, la sua stessa popolarità creò problemi con l’Armata del Kwantung perché la sua utilità come risorsa di intelligence era svanita da tempo e il suo valore come simbolo di propaganda era compromesso dal suo tono sempre più critico nei confronti delle politiche di sfruttamento dell’esercito giapponese nel Manciukuò come base operativa contro Cina nella seconda guerra sino-giapponese , e gradualmente svanì dalla vista del pubblico.

Soldati nipponici in Manciuria nel 1931. Yoshiko si offrì di collaborare con i giapponesi nella repressione della guerriglia in Manciuria ma la sua offerta venne respinta.

Il suo nuovo ruolo di ”Principessa del Popolo”, come era conosciuta negli ambienti popolari, pareva aver risvegliato la lealtà verso il suo retaggio Qing – iniziò a protestare contro il controllo giapponese e le tattiche brutali utilizzate per sopprimere qualsiasi dissenso. Ma il Manciukuò era un palcoscenico vitale per la guerra tra Cina e Giappone, e così Yoshiko fu messa da parte – era diventata inutile per i giapponesi, i quali tuttavia non potevano nemmeno sbarazzarsi d lei. Per tutta la durata della Seconda Guerra mondiale visse nell’oscurità – ormai troppo conosciuta per riprendere il lavoro di spia, ormai troppo inaffidabile per essere utilizzata per la propaganda. Così come il cugino, si diede a una vita dissoluta e senza scopo, fumando oppio, consumando alcol e intrattenendosi con amanti di tutti i sessi. Il gioiello dell’Est era oramai divenuto un’ombra di ciò che era stato in passato.

In seguito all’invasione sovietica della Manciuria avvenuta nell’agosto del 1945, che condusse al crollo dello Stato del Manciukuò e alla resa delle forze giapponesi, Kawashima fuggì rifugiandosi a Shanghai. Il governo cinese nazionalista del Kuomintang, non potendo mettere le mani su Pu Yi, caduto in mano ai sovietici, le addossò tutta la colpa, facendola torturare e infine giustiziare – in una sorta di vendetta ufficiale tesa più a colpire i comunisti che gli ex invasori giapponesi.

Foto del cadavere di Yoshiko Kawashima dopo la sua esecuzione avvenuta il 25 marzo 1948.

La sua cattura fu resa nota al grande pubblico tramite una testata americana che l’11 novembre 1945 riferì che “una bellezza mai vista e a lungo ricercata in costume maschile è stata arrestata a Pechino da agenti del controspionaggio”. Yoshiko fu quindi condotta e detenuta nella prigione modello di Hebei. La Corte Suprema dell’Hebei originariamente si rivolse a Kawashima chiamandola “Chuandao Fangzi” – la pronuncia cinese del suo nome giapponese – ma quando il processo iniziò un mese dopo, Kawashima pretese di essere chiamata con il suo nome di cortesia cinese, “Jin Bihui” – nome che fu poi usato dai funzionari del tribunale. Tuttavia, in accordo con la strategia dei suoi avvocati per deviare la sua accusa di tradimento, iniziò gradualmente a enfatizzare un’identità giapponese o manciù.

Il tribunale respinse l’offerta della difesa di farla processare come criminale di guerra piuttosto che come semplice ”traditrice domestica”, sulla base di una combinazione giuridica di ius sanguinis e il fatto che Kawashima non avesse mai formalmente rinunciato alla sua cittadinanza cinese, attraverso il Dipartimento degli affari civili cinese. Giudicata colpevole di tradimento come hanjian – traditore, collaborazionista – il 20 ottobre 1947, fu giustiziata con un proiettile sparato alla nuca il 25 marzo 1948 e il suo corpo fu successivamente esposto al pubblico. Il suo corpo fu raccolto da un monaco giapponese per essere cremato . I suoi resti furono rimandati alla sua famiglia adottiva e successivamente sepolti nel tempio Shōrinji a Matsumoto , nella prefettura di Nagano , in Giappone, dove tuttora riposano.

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