Caterina II, la principessa tedesca che divenne Zarina

Nei libri di Storia il suo nome viene celebrato al pari di quello di altri grandi sovrani russi come Ivan il Terribile e Pietro il Grande. Peccato però che la protagonista della storia di oggi russa proprio non era. Stiamo parlando di Caterina II la Grande, Imperatrice di Russia per oltre trent’anni, tra il 1762 e il 1796. Per scoprire come una principessa tedesca sia riuscita a occupare il trono di San Pietroburgo dobbiamo tornare a prima che Caterina diventasse Caterina. In effetti assunse questo nome soltanto dopo la sua conversione all’Ortodossia.

Una quindicenne Caterina ritratta nel 1745, al tempo delle sue nozze con il futuro Pietro III.

La nostra protagonista nacque il 2 maggio 1729 a Stettino, città allora parte de Regno di Prussia e oggi in Polonia. All’atto del battesimo le furono imposti i nomi di Sofia Federica Augusta. I suoi genitori erano Cristiano Augusto di Anhalt-Zerbst, generale prussiano e governatore di Stettino, e sua moglie, Giovanna di Holstein-Gottorp, un’aristocratica tedesca. La ragazza venne cresciuta nella fede protestante luterana e ricevette un’educazione accurata e di ottimo livello come consuetudine delle famiglie nobili tedesche dell’epoca. Fin da giovanissima Sofia mostrò di possedere un carattere vivace ed estroverso oltre ad una curiosità e un’intelligenza non comuni, tali da sbalordire i suoi interlocutori. Nonostante ciò Sofia crebbe trascurata da sua madre, che dedicò sempre gran parte delle sue attenzioni al primogenito maschio, Guglielmo Cristiano Federico, soffrendo a lungo per questo motivo.

Anche se altolocata la famiglia di Sofia era però a corto di mezzi e pertanto i genitori iniziarono presto a intavolare trattative per assicurarle un matrimonio vantaggioso. Al termine di laboriose trame che coinvolsero il Re di Prussia Federico II e la Zarina Elisabetta di Russia, Sofia fu scelta come moglie per il nipote di quest’ultima, il Duca di Holstein-Gottorp Carlo Pietro Ulrico, figlio della Granduchessa Anna Romanova, a sua volta figlia dello Zar Pietro il Grande.

Caterina ritratta con il marito e il figlioletto ed erede Paolo. Nonostante l’idillio rappresentato nella scena la vita coniugale di Caterina fu assai travagliata.

Il futuro sposo di Sofia – nonché suo cugino in secondo grado – era noto principalmente per essere un uomo detestabile, ignorante e alcolizzato nonché fanatico assertore del militarismo prussiano. A rincarare la dose contribuì sua zia, la Zarina Elisabetta, la quale dopo il primo incontro con il nipote lo descrisse come magro, malaticcio e di colorito malsano. Le nozze furono celebrate nel 1745 secondo il rito ortodosso. Prima del matrimonio Sofia abiurò quindi la fede luterana per abbracciare quella ortodossa cui anche il marito – come lei nato luterano – aveva aderito precedentemente su insistenza della zia. Così, come abbiamo detto, all’atto del battesimo Sofia ricevette il nuovo nome di Caterina Alekseevna.

Dopo il matrimonio i neo sposi si trasferirono nella Reggia di Oranienbaum, situata a ovest della capitale San Pietroburgo sul golfo di Finlandia Dati i molti difetti del marito quella di Caterina non fu un’unione felice. Pietro era violento, alcolizzato, possedeva numerose amanti e non perdeva occasione per maltrattare la moglie in pubblico. Lei peraltro si vendicò presto delle corna intrecciando numerose relazioni extraconiugali con diversi esponenti della nobiltà russa come ad esempio Grigorij Grigor’evič Orlov, Grigorij Aleksandrovič Potëmkin e Stanislao Augusto Poniatowski, personaggi che in virtù dei legami con Caterina avranno un grande rilievo negli anni del suo regno.

Il Conte Grigorij Grigor’evič Orlov (1734-178), amante di Caterina, ritratto da Fyodor Rokotov.

Nonostante le delusioni e le difficoltà coniugali, Pietro e Caterina ebbero due figli, Pavel Petrovic – il futuro Zar Paolo I di Russia – nato nel 1754, e Anna Petrovna, venuta al mondo nel 1757 e purtroppo deceduta prematuramente a soli due anni. Caterina tuttavia non poté dedicarsi al suo ruolo di madre in quanto i figli le furono sottratti quasi subito dalla Zarina Elisabetta. Quest’ultima riteneva la moglie di suo nipote inadatta a educare un futuro Zar e pertanto decise di provvedere personalmente alla formazione di Pavel, il quale era destinato un giorno a ereditare il trono dei Romanov. Cresciuto all’ombra della prozia Elisabetta, nel corso egli anni Pavel avrebbe sviluppato un odio profondo nei confronti della madre, giungendo ad accusarla di essere stata mandante dell’assassinio del padre. Va detto comunque che anche se la paternità legale di Pavel non fu mai messa in discussione, quella biologica è tuttora fonte di speculazione: data la promiscuità sessuale di Caterina il principe avrebbe potuto essere figlio tanto di Pietro quanto del conte Sergej Vasil’evič Saltykov. Caterina ebbe poi altri due figli da altrettanti suoi favoriti: Aleksej Grigor’evič Bobrinsky (1762-1813), nato dalla relazione fra la Zarina e il Conte Grigorij Grigor’evič Orlov, e Elzaveta Grigor’evna Temkina (1775-1854) frutto dell’unione di Caterina con l’amante Grigorij Aleksandrovič Potëmkin.

L’amante e consigliere di Caterina Grigorij Aleksandrovič Potëmkin (1739-1791). Fu investito dalla Zarina del titolo di “principe di Tauride”

Frattanto il 5 gennaio 1762 la Zarina Elisabetta morì e così suo nipote ascese finalmente al trono col nome di Pietro III. Il nuovo sovrano tuttavia si rese presto inviso all’aristocrazia russa per la propria politica filo prussiana. Pietro infatti non aveva mai nascosto la sua amministrazione per Federico il Grande e appena divenuto Zar si affrettò a firmare una pace col Re di Prussia rinunciando a tutti i territori conquistati e ordinando ai suoi soldati di lasciare Berlino – occupata dai Russi nel 1761 – per unirsi ai prussiani contro gli Austriaci. Questo clamoroso rovesciamento di fronte modificò significativamente il rapporto di forze a favore di Federico di Prussia che fino a poco tempo prima aveva rischiato di essere schiacciato dall’alleanza austro-russa. Il Re di Prussia poté per rioccupare la Slesia e indurre Maria Teresa d’Asburgo a negoziare la pace e porre fine alla Guerra dei Sette Anni.

Mentre montava il malcontento della nobiltà nei confronti della politica estera di Pietro, Caterina iniziò a tramare per detronizzare il marito. Grazie all’aiuto del proprio amante Grigorij Orlov e ai suoi fratelli ufficiali dell’esercito, Caterina ottenne il sostegno della guardia imperiale, oltre che di gran parte della nobiltà. Ciò che fece precipitare velocemente gli eventi spingendo Caterina ad agire fu la notizia della volontà di Pietro III di divorziare e rinchiuderla in un convento comunicatale dalla principessa Ekaterina Romanovna Daskova, sorella di Elizaveta Voroncova, amante di Pietro.

Caterina II al balcone del Palazzo d’Inverno il 9 luglio 1762, giorno del suo colpo di Stato.

Caterina pertanto decise di giocare d’anticipo approfittando del fatto che lo Zar in quei giorni si trovava coi suoi cortigiani e parenti tedeschi alla reggia di Oranienbaum, lontano dalla capitale. Dopo avere fatto circondare la residenza dai soldati della guardia a lei fedeli Pietro III venne messo agli arresti e costretto dalla moglie a sottoscrivere la propria abdicazione. Successivamente l’ormai ex Zar venne rinchiuso nella fortezza di Ropša dove morì misteriosamente poco dopo. Le malelingue insinuarono che fosse stata proprio Caterina a ordinare l’assassinio di Pietro allo scopo di liberarsi una volta per tutte dello scomodo marito.

Caterina ritratta con la nuova corona imperiale russa. Tra le mani la sovrana stringe un globo, simbolo del potere universale.

Così, il 22 settembre 1762 Caterina venne solennemente incoronata Imperatrice di tutte le Russie nella Cattedrale dell’Assunzione di Mosca. In quell’occasione venne utilizzata per la prima volta la nuova corona imperiale, superba creazione del maestro gioielliere franco-svizzero Jeremie Pauzniè. Una volta sul trono Caterina si mosse coi piedi di piombo, consapevole di avere preso il potere attraverso un colpo di stato e di poter contare sull’appoggio di ben pochi sostenitori. Quanto fosse precaria la posizione di Caterina ancora due anni dopo la sua ascesa è dimostrato dalla tentata liberazione del principe Ivan VI – un pronipote di Pietro il Grande – avvenuta nel luglio del 1764 ad opera di un giovane ufficiale, Vasilij Mirovič. Il piano, alquanto velleitario, fu stroncato sul nascere dalle guardie che uccisero Ivan durante la fuga mentre Mirovič fu catturato e giustiziato. Nonostante ciò però l’evento suscitò grande impressione in tutta la Russia. Poco per volta però Caterina seppe consolidare la propria posizione. Per guadagnarsi l’appoggio dell’aristocrazia distribuì a piene mani titoli, onori oltre a terre e servi della gleba.

Istruzioni dell’imperatrice alla commissione chiamata a elaborare il nuovo codice di leggi

La Zarina rivelò di essere una donna fuori dal comune. In lei si riscontravano una vivace intelligenza, unita ad un notevole senso pratico e ad una volontà d’acciaio. Con l’avvento di Caterina i russi ebbero nuovamente un monarca dalla tempra simile a Pietro il Grande. L’Imperatrice infatti lavorava giorno e notte dedicando la medesima attenzione a tutte le questioni di stato, grandi o piccole che fossero. Questa propensione per gli affari di governo accomuna Caterina II di Russia a due altri celebri monarchi a lei contemporanei, Federico II di Prussia e Maria Teresa d’Austria. E come loro anche la Zarina è entrata nei libri di Storia quale massima esponente del cosiddetto “dispotismo illuminato”.

Caterina in effetti si professava ammiratrice dei “Lumi”. Aveva letto le opere di Montesquieu e di Cesare Beccaria e tenuto corrispondenza con Voltaire. Tra il 1773 e il 1774 ospitò presso la propria corte il filosofo ed enciclopedista francese Denis Diderot, di cui acquistò la biblioteca. I principi illuministici influenzarono anche la sua azione riformatrice. Benché all’atto dell’incoronazione si fosse solennemente impegnata a difendere i diritti della Chiesa Ortodossa, due anni dopo, nel 1764, Caterina procedette con la secolarizzazione delle proprietà ecclesiastiche. Quanti osarono manifestare il loro dissenso verso i voleri dell’Imperatrice conobbero il suo pugno di ferro: il metropolita Arsenio di Rostov, che era giunto a minacciare la scomunica nei confronti di Caterina, venne sottoposto a processo, sconsacrato e condannato alla prigionia a vita.

Verso la fine del 1766 Caterina ritenne che i tempi fossero maturi per introdurre in Russia nuove riforme basate sui principi illuministici. Pertanto in quello stesso anno convocò la commissione legislativa un organismo investito del compito di riordinare l’intera legislazione russa. Composta da 564 deputati, essa si riunì per la prima volta nell’estate del 1767 ma dopo più di un anno si sciolse in seguito allo scoppio della guerra contro l’impero ottomano.

Il filosofo ed enciclopedista francese Denis Diderot (1713-1784). Fu ospite di Caterina presso la corte di San Pietroburgo tra il 1773 e il 1774.

Complessivamente quindi, fatta eccezione per alcuni progressi nel campo dell’educazione e dell’assistenza sanitaria, all’atto pratico il pensiero illuminista influì poco sulla concreta azione di governo di Caterina. Anzi verso la fine della sua vita, profondamente turbata dalle notizie riguardanti lo scoppio della Rivoluzione Francese e poi della deposizione e decapitazione di Luigi XVI, la Zarina finì col ripudiare i principi dell’illuminismo per mettere in atto una politica sempre più reazionaria. Ancora più modesti furono i risultati ottenuti dalla Zarina per quanto riguarda la condizione della popolazione delle campagne. Nella seconda metà del XVIII secolo la stragrande maggioranza dei contadini russi erano ancora servi della gleba. Pur non essendo schiavi erano comunque giuridicamente vincolati ai loro padroni e non potevano lasciare la terra che coltivavano senza permesso. Non solo l’arcaico istituto della servitù della gleba rimase in vigore – sarebbe stato abolito soltanto nel 1861- ma addirittura i servi si videro privati del tradizionale diritto di appellarsi direttamente allo Zar. A questo bisogna aggiungere che Caterina aveva annullato l’atto con cui suo marito Pietro aveva liberato i servi della gleba di proprietà della Chiesa ortodossa.

L’assalto di Kazan, momento culminante della ribellione di Pugačëv, dipinto del 1847 da Otto Friedrich Theodor Möller.

Il malcontento dei contadini, ulteriormente esacerbato da altri fattori quali epidemie o cattivi raccolti, portò allo scoppio di numerose ribellioni, la peggiore delle quali fu senz’altro quella promossa nel 1773 dal condottiero cosacco Emel’jan Ivanovič Pugačëv, il quale si autoproclamò pretendente al trono spacciandosi per il redivivo Zar Pietro III. La rivolta cercò di consolidare il supporto di diversi gruppi tra cui contadini, cosacchi e il clero dei vecchi credenti. Nell’estate del 1774 i ribelli giunsero a controllare un vasto territorio compreso tra il fiume Volga e i monti Urali ma già alla fine di quell’anno le truppe governative ripresero il sopravvento schiacciando l’insurrezione nel sangue. Catturato dai soldati zaristi, Pugačëv venne giustiziato per decapitazione a Mosca il 10 gennaio 1775 e il suo cadavere squartato.

Nonostante le preoccupazioni di carattere interno Caterina prestò sempre grande attenzione alla politica estera. Nel corso dei suoi trentaquattro anni di regni l’ambiziosa Zarina colse numerosi trionfi che le consentirono di estendere i suoi già vasti possedimenti di altri 520 mila km, guadagnando milioni di nuovi sudditi. Quando Caterina salì al trono nel 1762 la Russia era già l’Impero più vasto del pianeta.

La progressiva espansione della Russia in Siberia tra il XVII e il XIX secolo.

I Russi avevano dato inizio alla conquista della Siberia negli anni Ottanta del XVI secolo e nel 1639 le loro avanguardie avevano raggiunto l’Oceano Pacifico. Nella seconda metà del XVIII secolo, sotto il regno di Caterina II, furono compiuti ulteriori progressi nell’avanzata in Estremo Oriente con la conquista delle regioni siberiane della Čukotka e della Kamčatka mentre nel 1784 l’esploratore Grigorij Šelichov fondò la prima colonia russa in Alaska. Negli stessi anni la Russia allacciò persino relazioni diplomatiche con il Giappone. Tuttavia il principale campo d’azione di Caterina restò senza dubbio quello europeo.

Mappa che riassume le tre spartizioni della Polonia tra Russia, Austria e Prussia nel 1772, 1793 e 1795.

La prima possibilità di intervento fuori da confini russi per Caterina si materializzò nel 1763, anno della scomparsa del Re di Polonia Augusto III. La morte del sovrano aprì una crisi di successione in quanto la monarchia polacca non era ereditaria bensì elettiva. a complicare le cose bisogna aggiungere che la Confederazione Polacco-Lituana – il più vasto stato del continente europeo dopo la stessa Russia – era entrato ormai da decenni in una crisi politico-istituzionale che appariva irreversibile. I sovrani si rivelarono il più delle volte incapaci di esercitare le proprie funzioni mentre la dieta polacca- il Grande Sejm- era paralizzata dalle divisioni tra la grande e la piccola nobiltà, aggravate dal fatto che, in virtù del principio assurdo del liberum veto, un singolo deputato aveva facoltà di bloccare qualunque mozione dell’assemblea, rendendola di fatto incapace di deliberare.

Caterina II taglia la Polonia con Giuseppe II d’Asburgo-Lorena e Federico II di Prussia come se fosse una torta, mentre il re polacco Stanislap II Augusto cerca disperatamente di far notare la sua corona.

Sfruttando la sua influenza – e il suo denaro – nel 1764 Caterina riuscì a far eleggere al trono polacco il suo ex amante Poniatowski, che divenne Re col nome di Stanislao II: Questi avrebbe regnato sino al 1795, diventando quindi l’ultimo sovrano della Polonia indipendente. Debole, lacerata dalle divisioni etniche e religiose, sulla Polonia infatti iniziarono allora a concentrarsi gli appetiti dei potenti e voraci vicini che la circondavano su tutti i lati: i Russi ad est, i Prussiani a ovest e gli Austriaci e sud. In particolare Prussia e Russia cominciarono a fare pressioni sul governo polacco affinché concedesse ai sudditi protestanti e ortodossi gli stessi diritti di cui già godevano i cattolici. Fu l’inizio della fine. La decisione del governo provocò disordini in Polonia fino a provocare lo scoppio della guerra civile nel 1768. Quattro anni dopo, nel 1772 l’esercito russo entrò in Polonia e sconfisse le forze della Confederazione di Bar, sorta per difendere l’indipendenza interna ed esterna della Polonia. L’intervento innescò la prima spartizione della Polonia tra Austria, Russia e Prussia a seguito della quale quest’ultima si vide privata di un terzo della sua popolazione e del suo territorio. Caterina annesse al suo impero la Livonia e la Bielorussia orientale fino alla Dvina e al Dnepr.

Soldati dell’esercito imperiale russo.

Il disastro del 1772 indusse la Dieta polacca a varare quelle riforme istituzionali ormai giudicate indispensabili per la salvezza del Paese. Il 3 maggio del 1791 fu varata una nuova costituzione che tra le altre cose trasformò la monarchia da elettiva in ereditaria, introducendo un sistema bicamerale e abolendo il principio demenziale del liberum veto a favore del voto a maggioranza. Ovviamente per la Russia avere ai propri confini una Polonia stabile e coesa non era ammissibile e pertanto nel 1792 Caterina istigò i membri della Confederazione di Targowica a ribellarsi in nome del vecchio ordine – cioè dell’anarchia- assicurando loro l’appoggio delle truppe russe che non tardarono a fare nuovamente irruzione in Polonia. Presto anche i Prussiani si unirono agli invasori e il risultato fu una nuova mutilazione della Polonia consumatasi nel 1793.  Il territorio russo si espanse così fino a comprendere l’intera Bielorussia così come vaste aree della Lituania e dell’Ucraina. A ciò si aggiunga che l’Impero russo ottenne il diritto di acquartierare truppe in Polonia e di controllarne la politica estera.

La pugnalata finale alla Polonia venne inferta due anni dopo. Questa volta Caterina inviò le sue truppe allo scopo di sedare la rivolta dei Polacchi, che in nome della propria libertà si sollevarono guidati dal patriota Tadeusz Kościuszko. Comandati dal Generalissimo Aleksandr Suvorov e appoggiati ancora una volta dai Prussiani, i Russi schiacciarono l’insurrezione. A quel punto, con Austria e Prussia, procedettero alla definitiva spartizione di quanto restava della Polonia, che sparì dalle carte geografiche per ricomparirvi soltanto nel 1918.

Vignetta che mette alla berlina le mire espansionistiche di Caterina II. Nell’illustrazione infatti si vede il demonio che tenta la Zarina offrendole le città di Varsavia e Costantinopoli.

La propaganda di Caterina II presentò l’operazione come un recupero da parte zarista di territori che secoli prima avevano fatto parte della Rus’ di Kiev giustificandola ulteriormente come volta a liberare Bielorussi e Ucraini ortodossi dalla dominazione polacco-cattolica. Nei fatti però Caterina II si preoccupò ben poco dell’etnia o della confessione dei nuovi sudditi e agì animata unicamente da una cinica volontà di potenza.

La medesima volontà di potenza fu espressa dalla Russia di Caterina II nei confronti del suo dirimpettaio meridionale, l’Impero Ottomano. La guerra russo-turco – la quinta combattuta dai due imperi e la prima scoppiata durante il regno di Caterina – scoppiò allorché, inseguendo alcuni oppositori polacchi di Stanislao Poniatowski, un reggimento cosacco al servizio della Russia finì per sconfinare in territorio ottomano presso Balta nell’attuale Ucraina sud-occidentale. Il Sultano Mustafa III accusò i soldati russi di avere perpetrato violenze ai danni dei suoi sudditi e il 25 settembre 1768 dichiarò guerra a Caterina II.

La distruzione della flotta ottomana il 7 luglio 1770 nella baia di Çesme durante la guerra russo-turca.

Questo conflitto offriva alla Zarina la possibilità di espandere ulteriormente il suo impero in direzione del Mar Nero, considerato la naturale frontiera meridionale della Russia nonché di conquistare dei territori che i Russi consideravano propri avendo fatto parte della Rus’ di Kiev. In quell’epoca l’Ucraina meridionale si trovava sotto l’autorità del Khanato di Crimea – vassallo della Sublime Porta ottomana – ultimo residuo della dominazione mongola della Russia. Pur essendo già impegnate nel conflitto contro la Confederazione di Bar le forze armate russe passarono all’offensiva tanto per terra quanto – cosa insolita per l’impero zarista – per mare. Mentre un’armata russa guidata dal generale Pëtr Aleksandrovič Rumjancev invadeva le province balcaniche dell’impero ottomano incitando i cristiani locali a ribellarsi all’autorità del Sultano, una flotta comandata da Aleksej Orlov salpò dalle sue basi nel Baltico e dopo aver compiuto il periplo dell’Europa entrò nel Mediterraneo sconfiggendo i turchi il 6 luglio 1770 nella battaglia navale di Çeşme, davanti alle coste anatoliche.

I territori ceduti dall’Impero ottomano a quello russo in seguito al trattato: la parte rosso-verde venne ceduta direttamente, mentre la parte giallo-verde rappresenta il Khanato di Crimea, reso indipendente e che sarebbe stato annesso alla Russia nel 1783

Il conflitto terminò nel 1774 con la pace di Küçük Kaynarca, in base alla quale il Khanato di Crimea cessò di essere vassallo della Sublime Porta diventando formalmente uno stato indipendente, ma di fatto inserito nell’orbita della Russia, che rafforzò la sua presenza nell’area con l’acquisizione delle basi strategiche di Enikale e Kerč in Crimea oltre alla piazzaforte di Azov. La Russia restituì alla Turchia le regioni della Moldavia e della Valacchia, occupate nel corso della guerra, riservandosi tuttavia il diritto di intervenirvi in qualsiasi momento in difesa dei cristiani locali. Infine le navi mercantili russe ottennero piena libertà di navigazione nel Mar Nero nonchè l’autorizzazione al passaggio degli Stretti. La pace però non significò tuttavia la fine delle tensioni tra Russia e Turchia, i cui rapporti rimasero pessimi. Per il Sultano la sconfitta nella guerra era uno smacco insopportabile a cui si poteva rimediare soltanto con la forza delle armi. Dal canto loro Caterina e i suoi ministri non potevano ancora ritenersi soddisfatti dai pur notevoli risultati conseguiti con il trattato di Küçük Kaynarca. In effetti una parte delle coste settentrionali del Mar Nero era rimasta sotto controllo ottomano e la Crimea restava pur sempre indipendente.

L’assedio di Očakiv durante la guerra russo-turca del 1787-1792 dipinto da January Suchodolski.

Nel 1783 Caterina annesse la penisola al suo impero, portando un gran numero di tartari musulmani a emigrare verso i territori ottomani. L’Imperatrice ordinò la costruzione di una grande base navale a Sebastopoli e il varo di una potente flotta da guerra. In quegli stessi anni Caterina e il suo ministro – nonchè amante – generale Grigorij Aleksandrovič Potëmkin concepirono un piano geopolitico di vasto respiro conosciuto col nome di “progetto greco”. Esso prevedeva nientemeno che l’espulsione degli ottomani dai Balcani e la conseguente restaurazione di un impero cristiano ortodosso la cui corona sarebbe spettata al figlio secondogenito dello Zarevic Paolo e quindi nipote di Caterina che proprio la nonna aveva voluto fosse battezzato col nome di Costantino. Il piano prevedeva altresì la creazione di un principato che riunisse Moldavia e Valacchia sotto lo scettro di Potëmkin.

Per assicurarsi il benestare dell’Impero asburgico al progetto Caterina e Potëmkin promisero a Giuseppe II la cessione della Bosnia e della Serbia nonchè l’assicurazione che il costituendo stato neo-bizantino sarebbe stato del tutto indipendente dalla Russia. Persino la Serenissima venne coinvolta: in cambio della cessione della Dalmazia all’Austria Venezia avrebbe riottenuto in cambio la Morea, Creta e Cipro. Una nuova guerra russo-turca scoppiò infine nel 1787 allorché il Sultano Abdul Hamid I, fratello e successore di Mustafa III, rispose all’annessione della Crimea dichiarando ancora una volta guerra alla Zarina. Il conflitto vide ancora una volta le forze russe cogliere una serie di brillanti successi iniziali ma presto la situazione si deteriorò.

Mutamenti territoriali del trattato di Iași

Nel 1788 le forze austriache intervennero nei Balcani a fianco dei Russi ma senza cogliere alcun successo significativo. Alla morte di Giuseppe II, suo fratello Leopoldo II preferì ritirarsi dal conflitto firmando nell’estate del 1791 una pace separata coi Turchi. Intanto anche nel Nord Europa la situazione volse al peggio per l’impero zarista: nel 1790 il Re di Svezia Gustavo III dichiarò guerra a Caterina e la sua flotta giunse a minacciare San Pietroburgo.

Nonostante tutto però le forze russe, guidate ancora una volta da Suvorov, riuscirono a cogliere una serie di brillanti vittorie contro le truppe ottomane. Tra queste va senz’altro annoverata la conquista della piazzaforte di Izmail, nel delta del Danubio, ritenuta imprendibile. Vale la pena di ricordare che a guidare l’assalto decisivo fu  Michail Kutuzov, futuro eroe nella guerra del 1812 contro Napoleone. Suvorov allora passò il Danubio e marciò su Costantinopoli ma proprio allora la guerra si concluse con il trattato di Iasi, firmato nel gennaio del 1792. La pace garantì alla Russia il possesso della Crimea e di tutta la costa settentrionale del Mar Nero fino al Dnestr. La Russia aveva così raggiunto le sue naturali frontiere meridionali e la questione turca poté considerarsi risolta. Il “progetto greco” rivelatosi troppo ambizioso, venne abbandonato anche a causa della morte del principe Potëmkin, suo principale ideatore.

Paolo I Romanov (1754-1801) figlio e successore di Caterina II.

Quattro anni dopo, il 16 novembre 1796, anche Caterina si spense. Quella mattina l’Imperatrice si alzò e iniziò la giornata come sempre con il suo caffè, dedicandosi come di routine alla sua corrispondenza e ai suoi studi. La sua dama di compagnia le chiese se aveva dormito bene e Caterina rispose di non aver dormito così bene da molto tempo. Poco dopo le 9, Caterina si portò nel suo gabinetto privato dove venne colpita da un ictus. Preoccupato per il ritardo nell’arrivo di Caterina, il suo attendente aprì la porta e la scoprì al suolo. Il suo volto era violaceo, il polso era debole e il respiro era rantolante.Il medico di corte, lo scozzese John Rogerson, concluse che la sovrana aveva avuto un colpo apoplettico. L’Imperatrice sprofondò in un coma da cui non si riprese più. Morì quella sera stessa, alle 21:45, all’età di sessantasette anni e le succedette il figlio Paolo.

Caterina lasciò al suo successore una Russia avviata sulla strada della modernizzazione che ella non era riuscita a completare principalmente per limiti strutturali. La Russia era infatti troppo povera e le amministrazioni locali si trovarono sovente a corto di fondi e di personale. Nonostante ciò filosofi illuministi quali Voltaire e Diderot ne elogiarono il governo contribuendo a trasmettere ai posteri l’immagine del periodo di regno di Caterina la Grande come quella dell’età d’oro dell’Impero russo.

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