Bokassa I, le follie dell’Imperatore

Nella numerosa e variopinta schiera dei tiranni che hanno funestato il XX secolo la figura di Jean-Bedel Bokassa, presidente a vita e poi addirittura imperatore dell’autoproclamato “impero centrafricano” spicca per il narcisismo patologico, il pacchiano esibizionismo ed un gusto estetico che va ben oltre il kitsch tanto da poter tranquillamente meritare il titolo di “imperatore del cattivo gusto”.

Fotografia a colori che ritrae Jean-Bedel Bokassa in uniforme nel 1970 durante una visita di stato nella Romania di Ceaușescu.

Bokassa – nome che in lingua bantu significa “figlio del macellaio” – nacque il 22 febbraio 1921 a Bobangi, oggi Repubblica Centrafricana in quella che allora era la colonia dell’Ubangi-Sciari, facente parte dell’Africa Equatoriale francese. Suo padre, Mindogon Mbougdoulou, era un capo che il 13 novembre 1927 venne ucciso dalle forze francesi per aver cercato di ribellarsi al dominio coloniale europeo. Di lì a poco anche la moglie, madre di Bokassa, si tolse la vita non riuscendo a sopportare la perdita del consorte. Bokassa, che all’epoca aveva soltanto sei anni, si ritrovò così orfano di entrambi i genitori e pertanto i parenti decisero di iscriverlo ad una scuola gestita da missionari cattolici francesi.

Il giovane studente sembrava promettere bene, imparò la lingua d’oltralpe e si appassionò in modo particolare ad un libro di grammatica scritto dal prespitero e pedagogista Jean-Baptiste de La Salle – il cui cognome veniva comunemente abbreviato BDL – motivo per il quale un suo insegnante gli assegnò il soprannome di Jean-Bedel, ovverosia la trascrizione fonetica francese di tale abbreviazione. In un primo momento i padri che gestivano la missione cercarono di instradare il ragazzo sulla strada dell’ordinazione sacerdotale ma presto desistettero, intuendo che il ragazzo non aveva né la preparazione intellettuale né tanto meno – come avrebbe in seguito ampiamente dimostrato – la bontà d’animo necessarie ad intraprendere il ministero pastorale cattolico.

Un diciottenne Bokassa nel 1939 ai tempi del suo arruolamento nelle “Troupes coloniales” francesi.

Così, una volta ottenuto il diploma Jean-Bedel decise di cambiare aria: si spostò a Brazzaville dove lavorò per qualche tempo come cuoco per poi emigrare in Francia. Siamo nel fatale 1939 e il 19 maggio, a pochi mesi dall’invasione nazista della Polonia, Bokassa si arruolò volontario nelle “Troupes coloniales” francesi. Sotto le armi sembrò aver trovato la sua vocazione: combatté valorosamente nel corso della seconda guerra mondiale dapprima in Africa e poi in Europa guadagnandosi la promozione a caporale (luglio 1940 ) e poi a sergente maggiore (novembre 1941) e venendo insignito con due importanti decorazioni, la Legion d’onore e la Croce di guerra. Al termine del conflitto, tra il 1950 e il 1953, prestò servizio in Indocina, venendo dislocato a Saigon.

Nel 1961 Bokassa raggiunse il grado di capitano ma l’anno successivo prese congedo dall’esercito francese: il 1962 infatti vide l’indipendenza della Repubblica Centrafricana, patria di Jean-Bedel, che passò nel neo costituito esercito del nuovo stato nel quale, trovandosi ad essere l’ufficiale più decorato, ottenne a stretto giro la promozione a colonnello e la nomina a capo di stato maggiore delle forze armate. A giocare un ruolo decisivo nel nuovo scatto di carriera di Bokassa vi fu comunque lo zampino del presidente della neonata Repubblica Centrafricana, David Dacko, che di Jean-Bedel era cugino.

David Dacko, cugino di Bokassa e primo Presidente della Repubblica Centrafricana tra il 1960 e il 1966.

Bokassa era tuttavia un uomo ambizioso e non si accontentò certo di fare l’ufficiale in un esercito di cartapesta. Pertanto il 1º gennaio 1966, approfittando di un momento in cui la nazione versava in gravi difficoltà economiche, restituì il favore al cugino organizzando un colpo di stato e issandosi alla presidenza dello stato centrafricano. Tre giorni dopo la presa del potere Bokassa sospese la costituzione e mise al bando tutti i partiti meno il suo, il “Movimento per l’Evoluzione Sociale dell’Africa Nera” o più brevemente MESAN.

Il nuovo presidente cercò immediatamente di accreditarsi come alleato e amico della Francia, che continuava a esercitare la sua influenza sugli ex possedimenti coloniali da poco indipendenti. Bokassa si dichiarò ammiratore del presidente Charles De Gaulle e non mancando di sottolineare il suo essere cittadino francese. Atterrato a Parigi per una visita di stato sette mesi dopo la presa del potere, Bokassa proclamò “De Gaulle è mio padre. Non sono venuto per discutere, ma per chiedere consiglio. La Repubblica Centrafricana è un pezzo di Francia nel cuore dell’Africa”.

Bokassa ricevuto all’Eliseo dal presidente francese Charles De Gaulle nel 1969.

A Parigi però erano piuttosto restii ad accordare il proprio sostegno ad un personaggio a dir poco sopra le righe come Bokassa. De Gaulle in particolare esternò a più riprese tutto il proprio disprezzo per il leader centrafricano definendolo con gli epiteti di soudard (villano) e couillon (coglione). Il padre della Quinta Repubblica poi non riusciva proprio a digerire il fatto che Bokassa gli si rivolgesse chiamandolo “padre”. Durante un colloquio telefonico il presidente francese cercò di mantenere le distanze: “Buongiorno, signor presidente” esordì De Gaulle, che si sentì replicare “Buongiorno padre”. De Gaulle, persa la pazienza, replicò al presidente centrafricano “Senta, apprezzo i suoi sentimenti ma devo chiederle di non chiamarmi più padre. Mi chiami Monsieur le President!“. Bokassa come se niente fosse rispose”Oui, papà!”.

I rapporti non saranno idilliaci nemmeno col delfino di De Gaulle, Georges Pompidou, chiamato da Bokassa frère (fratello), mentre si dimostreranno decisamente cordiali con Valéry Giscard d’Estaing, soprannominato cousin (cugino) dal leader centrafricano. In seguito emergerà che Bokassa aveva a suo tempo provveduto a ingraziarsi il nuovo presidente regalandogli una tenuta di caccia nella quale recarsi per safari con gli amici e rifornendolo costantemente di diamanti e di uranio per l’implementazione del programma nucleare francese.

Il presidente francese Valéry Giscard d’Estaing stringe la mano a Elisabeth Domitien, primo ministro della Repubblica Centrafricana tra il 1975 e il 1976. Alle loro spalle Bokassa.

Nell’aprile del 1969 il generale Alexandre Banza, comandante della base militare di Camp Kassaï, tentò a sua volta un golpe militare per deporre Bokassa ma l’operazione aborti e il tiranno di Bangui ordinò di giustiziare il comandante ribelle. Ormai sempre più ottenebrato dall’esercizio del potere assoluto, nel marzo del 1972 Bokassa si autoproclamò “presidente a vita” ma questo è niente rispetto alle mosse successive. Il dittatore infatti ordinò ai migliori atelier parigini di confezionare per le sue guardie personali delle uniformi identiche a quelle degli ussari napoleonici mentre quando nacque la sua diciannovesima figlia dispose che le venisse conferito il titolo di “principessa”.

Nel settembre del 1976 Bokassa sciolse il governo e lo rimpiazzò con il Consiglio della rivoluzione centrafricana. Nello stesso mese, al termine di un incontro con il leader libico Muammar Gheddafi, Bokassa decise addirittura di convertirsi all’Islam mutando il proprio nome in Salah Eddine Ahmed Bokassa e facendo applicare alla bandiera nazionale della Repubblica Centrafricana la tipica mezzaluna presente nei vessilli di molti Paesi a maggioranza musulmana.

Sostenitori del presidente Bokassa con il suo ritratto stampato su abiti di foggia tradizionale.

Si ritiene che questa sia stata una mossa calcolata per avere gli aiuti finanziari libici e non certo dettata da motivi spirituali tanto che già dopo pochi mesi dopo Bokassa fece ritorno in seno al cattolicesimo. Il 4 dicembre 1976, durante un congresso del MESAN il dittatore dichiarò ufficialmente la trasformazione della repubblica in monarchia e la nascita dell’Impero Centrafricano. L’autoproclamato Imperatore Bokassa I assume il titolo di Empereur de Centrafrique par la volonté du Peuple Centrafricain, uni au sein du parti politique national, le MESAN (“Imperatore del Centrafrica per volere del Popolo Centrafricano, unito nel seno del partito politico nazionale, il MESAN”).

La cerimonia di incoronazione ebbe luogo esattamente un anno dopo, il 4 dicembre 1977. L’evento venne preparato per essere una copia quasi identica dell’incoronazione di Napoleone Bonaparte – idolo di Bokassa – avvenuta nel 1804. Bokassa arriva a spendere oltre 20 milioni di dollari (circa 90 milioni di dollari attuali). Bokassa, con in mano lo scettro preziosissimo, e alla presenza del vescovo di Bangui, suo cugino, avrebbe cinto la corona da solo. Si trattava di un manufatto d’oro massiccio, tempestato da 5 mila diamanti realizzato in Francia come tutti gli altri accessori. Nonostante il caldo torrido il dittatore scelse di indossare un mantello foderato di pelliccia di ermellino simile a quello indossato da Bonaparte nel celebre quadro di David.

La corona, lo scettro, la spada e gli altri accessori indossati da Bokassa il giorno dell’incoronazione.

Il corteo imperiale partì dal palazzo del Rinascimento, sede della corte, in direzione della cattedrale. Secondo i piani iniziali la famiglia imperiale – Bokassa, l’imperatrice Catherine Denguiadé e il loro figlio di appena quattro anni, il “principe imperiale ” Jean-Bedel Bokassa junior, avrebbero dovuto sfilare a bordo di una sfarzosa carrozza color verde-oro con l’aquila araldica. Vennero importati appositamente dalla Francia trenta cavalli di pura razza normanna ma la metà venne stroncata dal caldo africano a cui gli equini non erano abituati. L’imperatore e i suoi dignitari furono quindi costretti a ripiegare su un corteo di Mercedes. Conclusa la cerimonia il neo imperatore prese posto sul suo nuovo, colossale, trono a forma di aquila imperiale in bronzo dorato del peso di due tonnellate e costellato da 785 mila perle e un milione di cristalli. Seguì un lauto banchetto con le più costose prelibatezze e il personale in costume ottocentesco. Deposta la pesante corona, il monarca indossava un diadema d’oro riproducente un ramoscello di lauro.

Bokassa e sua moglie Catherine Denguiadé al banchetto dell’incoronazione.

La gigantesca operazione di immagine imbastita con l’incoronazione non valse tuttavia ad accrescere il prestigio internazionale del nuovo monarca. Bokassa addirittura avrebbe voluto che fosse il Papa Paolo VI ad incoronarlo, ma la diplomazia vaticana riuscì a eludere le richieste del tiranno spiegando come il Santo Padre fosse troppo anziano e malato per affrontare un simile viaggio. Inoltre benché fossero state diramate decine di inviti ben pochi leader stranieri parteciparono all’evento e soprattutto nessuna “vera” testa coronata si prese il disturbo di presentarsi all’incoronazione. Bokassa di fronte alle numerose diserzioni reagì facendo spallucce. A proposito dell’assenza dei suoi colleghi tiranni, il congolese Mobutu e l’ugandese Idi Amin Dada, Bokassa si limitò a commentare che questi non si erano presentati a Bangui perché invidiosi del fatto che lui avesse un impero e loro no.

L’imperatore Bokassa I in trono indossa la corona imperiale dell’Impero centrafricano.

Anche se il nuovo impero era nominalmente una monarchia costituzionale, non vennero fatte riforme democratiche di rilievo, ma in compenso rimase ampiamente praticata la soppressione con tutti i mezzi degli oppositori politici. La tortura era prassi quotidiana e talvolta lo stesso Bokassa partecipava alle sevizie. Dopo la caduta del suo regime il dittatore fu accusato di essersi liberato di numerosi oppositori, dati in pasto a leoni e coccodrilli allevati nel suo zoo personale, e, persino, di essersi cibato di carne umana. Un’accusa, quella di cannibalismo, che fu mossa anche ad un altro despota africano, Idi Amin Dada.

Ben presto l’appoggio assicurato al regime di Bokassa iniziò a intaccare il consenso dello stesso Valéry Giscard d’Estaing, sempre più sotto attacco da parte dell’opinione pubblica francese specie quando venne rivelato che Bokassa gli regalava frequentemente diamanti. Nel maggio 1979 Amnesty International denunciò come il dittatore africano si fosse reso responsabile della brutale uccisione di decine di partecipanti ad una manifestazione contro il regime. La protesta era partita dagli studenti ed era stata indetta contro un decreto che imponeva loro di indossare in aula uniformi fabbricate da un’azienda di proprietà di una delle mogli dello stesso Bokassa, il cui prezzo era proibitivo per la maggior parte delle famiglie del povero stato. La repressione era costata la vita ad un centinaio di manifestanti mentre decine di ragazzini e adolescenti tra gli otto e i sedici anni erano stati arrestati dalle forze di sicurezza governative. Si diffuse addirittura la voce secondo la quale lo stesso Bokassa avesse partecipato al massacro e che avesse anche mangiato alcuni dei corpi.

Il castello di Hardricourt, presso Parigi, dove Bokassa risiedette durante l’esilio francese.

Le pressioni esercitate dagli enti e dalle associazioni in difesa dei diritti umani spinsero la Francia a prendere provvedimenti contro l’imbarazzante alleato centrafricano. Sotto la direzione del diplomatico Jacques Foccart, Parigi organizzò un’operazione militare – l’Operazione Barracuda – volta al rovesciamento di Bokassa e al re-insediamento di Dacko, allora in esilio in Europa. Il piano scattò il 21 settembre 1979, approfittando dell’assenza di Bokassa, in quel momento impegnato in una visita di stato in Libia: le truppe francesi giunsero dal Gabon e dal Ciad riportando Dacko alla presidenza dopo 13 anni di assenza e restaurando la Repubblica.

Bokassa trovò rifugio in Costa d’Avorio, dove sarebbe rimasto per quattro anni. Nel frattempo un tribunale centrafricano lo condannò a morte in contumacia nel dicembre del 1980. Dall’Africa, nel 1985, il detronizzato Imperatore si trasferì in Francia, che gli accordò asilo politico in virtù dei suoi trascorsi come militare al servizio della Republique. L’ex tiranno si stabilì con la numerosa famiglia nel castello di Hardricourt, nella regione dell’Île-de-France, acquistato quando era al potere.

Effige dell’Imperatore Bokassa I su una banconota da diecimila franchi CFA.

Tuttavia, evidente non rassegnato al suo destino, il 24 ottobre del 1986 Bokassa fece inaspettatamente ritorno nel suo Paese, lanciandosi col paracadute da un aereo. Inutile dire che di lì a poco venne arrestato e processato per tutta una serie di reati tra cui figuravano alto tradimento, assassinio, cannibalismo ed appropriazione indebita. Il 12 giugno 1987 l’ex dittatore megalomane venne condannato a morte, pena commutata in ergastolo nel febbraio del 1988 e poi ancora ridotta a venti anni di carcere.

Cinque anni dopo, nel 1993, il Presidente André Kolingba concesse un’amnistia generale per tutti i condannati e Bokassa fu rilasciato potendo così trascorrere i suoi ultimi anni da uomo libero in una villa alla periferia della capitale Bangui. A quei giornalisti che andarono a intervistarlo raccontò di un presunto incontro nientemeno che con Papa Giovanni Paolo II che, negli anni in cui era regnante, lo avrebbe incaricato di una nuova missione evangelizzatrice nel Continente Nero. Dichiarò anche di sentirsi tradito da quella Francia per la quale aveva combattuto in gioventù. Morì di infarto il 3 novembre del 1996, all’età di 75 anni.

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