«Io dichiaro davanti a voi tutti che la mia intera vita, sia essa lunga o breve, sarà dedicata al vostro servizio e al servizio della nostra grande famiglia imperiale alla quale tutti apparteniamo.»
Dichiarazione della Principessa Elisabetta in visita ufficiale in Sudafrica, 21 aprile 1947
Oggi, 6 febbraio 2022, Elisabetta II, Regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e degli altri Reami del Commonwealth – questo il suo titolo intero – batte l’ennesimo record arrivando a festeggiare il suo giubileo di platino, corrispondente a settant’anni di regno. Classe 1926, Elisabetta, novantasei primavere da festeggiare il prossimo 21 aprile, è attualmente il sovrano britannico a vantare la durata maggiore del proprio regno, avendo superato nel 2015 la sua pur longeva antenata, la Regina Vittoria, sul trono dal 1837 al 1901.

Nonostante l’età avanzata, i comprensibili acciacchi e la recente vedovanza – il marito Filippo, Duca di Edimburgo, si è infatti spento il 9 aprile scorso a un paio di mesi dal suo centesimo compleanno – Elisabetta continua a portare quella corona ereditata dal padre sette decenni fa. Difficile pronosticare una sua abdicazione: è risaputo infatti che la Regina abbia un forte senso del dovere e che consideri con grande serietà il giuramento prestato in occasione della sua incoronazione. Anche per questo la sovrana biasimò lo zio, l’ex Re Edoardo VIII, il quale abdicò costringendo così suo fratello a diventare Re Giorgio VI.
Elisabetta, famigliarmente chiamata Lizzie, infatti non era nata per essere regina. Elisabeth Alexandra Mary – questo il suo nome completo – nacque infatti il 21 aprile 1926 al n. 17 di Bruton Street a Mayfair, Londra, figlia del Principe Albert, Duca di York, e di sua moglie Elisabeth Bowes-Lyon. Al momento della nascita della Principessa sul trono britannico sedeva suo nonno paterno, Re Giorgio V. Principe di Galles e dunque erede al trono era invece lo zio di Elisabetta, Edoardo.

Come nipote del regnante britannico per la linea di discendenza maschile, aveva il titolo di “Sua Altezza reale” precisamente “S.A.R. Principessa Elisabetta di York”. Alla nascita risultava terza nella linea di successione al trono britannico, preceduta dallo zio Edoardo e dal padre. Nonostante l’interesse che la sua nascita destò, la sua ascesa al trono era considerata altamente improbabile, dal momento che suo zio Edoardo era ancora giovane e molti pensavano che in un futuro non lontano si sarebbe sposato e avrebbe avuto degli eredi.
Quando Giorgio V morì nel 1936 e suo zio divenne Re, Elisabetta divenne seconda nella linea di successione. Tuttavia, il 10 dicembre dello stesso anno, suo zio firmò l’atto di abdicazione, evento culminante di una crisi costituzionale generata dal suo fidanzamento con la divorziata Wallis Simpson. Di conseguenza, suo padre divenne Re con il nome di Giorgio VI e lei all’età di dieci anni, “erede presuntiva” in quanto se i suoi genitori avessero avuto un figlio maschio, lei sarebbe ritornata ad essere seconda nella linea di successione mentre suo fratello sarebbe divenuto primo nella linea ed “erede apparente”.

Negli anni dell’adolescenza di Elisabetta il mondo precipitò progressivamente nell’abisso del secondo conflitto mondiale. Nel 1939, quando lei era appena tredicenne, Hitler invase la Polonia e così Francia e Gran Bretagna dichiararono guerra alla Germania. L’anno successivo, in seguito alla sconfitta della Francia, la Gran Bretagna rimase sola in Europa ad affrontare le forze dell’Asse. Nonostante i bombardamenti aerei tedeschi Re Giorgio VI e la Famiglia Reale rifiutarono ogni ipotesi di trasferimento in Canada rimanendo in patria e sforzandosi di sostenere il morale della popolazione gravemente provata dallo sforzo bellico.
Proprio nel 1940 la quattordicenne Elisabetta fece il suo primo annuncio radiofonico, durante il programma Children’s Hour, trasmesso dalla BBC, indirizzandolo ad altri bambini che, come lei, erano stati evacuati. La principessa disse: “Stiamo facendo tutto il possibile per aiutare i nostri valorosi marinai, i soldati e gli aviatori e stiamo anche cercando di sopportare la nostra parte di pericolo e di tristezza per la guerra. Tutti noi sappiamo che, alla fine, tutto andrà per il meglio”.

Nel 1945 la non ancora diciannovenne Principessa convinse il padre a consentirle di partecipare personalmente allo sforzo bellico. Col nome di Elisabetta Windsor venne pertanto assegnata Servizio Ausiliare Territoriale, svolgendo le funzioni di meccanico e autista di camion. L’8 maggio, in occasione della Giornata della Vittoria in Europa, lei e la sorella minore Margaret si mescolarono alla folla festante per le strade di Londra. Due anni dopo la fine della guerra compì il suo primo viaggio oltremare accompagnando i genitori in Sudafrica. Quello stesso anno Elisabetta sposò il Principe Filippo di Grecia e Danimarca, suo cugino di terzo grado e come lei discendente dalla Regina Vittoria. L’anno dopo le nozze nacque Carlo, primo figlio della coppia, e, due anni dopo, la secondogenita Anna.

Sembrava che nulla potesse turbare la giovinezza della venticinquenne erede al trono quando nel 1951 Re Giorgio VI si ammalò gravemente. La diagnosi fu tumore ai polmoni. La salute del monarca iniziò a declinare vistosamente e la figlia lo sostituì in numerosi eventi pubblici e visite ufficiali. Fu proprio mentre Elisabeth si trovava in visita ufficiale in Kenya che apprese della scomparsa dell’amato genitore, spentosi nel sonno nella notte tra il 5 e il 6 febbraio 1952. Date le circostanze il viaggio venne annullato e la neo Regina fece immediatamente ritorno in patria. Una volta rientrata a Londra scelse di regnare col primo dei suoi tre nomi di battesimo diventando pertanto Elisabetta II del Regno Unito.
Con la successione, sembrò probabile che la Casa Reale potesse cambiare nome e assumere quello del marito della regnante, divenendo Casa reale di Mountbatten. Sia il Primo ministro Winston Churchill sia la nonna di Elisabetta, Mary di Teck, vedova di Giorgio V, si opposero tuttavia ad una simile eventualità. Così, il 9 aprile 1952, Elisabetta rilasciò una dichiarazione affermando che la Casa reale inglese avrebbe continuato a chiamarsi Windsor. Filippo commentò amaramente «Sono l’unico uomo in tutta la nazione che non può dare il suo nome ai propri figli».

Una volta divenuta ufficialmente Regina, Elisabetta avrebbe dovuto essere ufficialmente incoronata. La cerimonia si svolse poco più di un anno dopo la sua ascesa al trono, il 2 giugno 1953, nell’Abbazia di Westminster. Alle ore le 11 e 34 minuti, al grido di “God Save the Queen!”, l’Arcivescovo di Canterbury le posò sul capo la venerabile Corona di Sant’Edoardo. Nello stesso momento una carica a salve fu sparata dai cannoni della Torre di Londra per salutare il nuovo monarca.
Tutto era perfetto se non che quel giorno di tarda primavera come era il tipico clima britannico… pioveva a dirotto. Ma ciò non impedì alle persone di tutto il paese di organizzare feste nelle strade addobbate delle loro città e paesi, e a Londra le strade erano piene di persone in attesa di vedere la processione reale. La folla rifiutò di farsi scoraggiare dal tempo e la maggior parte di loro aveva trascorso la notte prima sui marciapiedi affollati, in attesa dell’inizio di questo giorno speciale.

Pur rispettando la tradizione, la cerimonia di incoronazione di Elisabetta fu anche la ad essere trasmessa in televisione come annunciato all’inizio dell’anno. L’idea di far trasmettere l’evento era stata del Principe Filippo in qualità di presidente della commissione che avrebbe diretto l’organizzazione dell’incoronazione al fine di avvicinare maggiormente la Corona al popolo. Inutile dire che la notizia contribuì grandemente all’incremento delle vendite degli apparecchi televisivi, con somma gioia di negozianti, produttori e rivenditori. Quando infine giunse quel fatidico 2 giugno 1953 in tutto il Paese la gente si sistemò davanti ai teleschermi. Rispetto ai mezzi odierni, quelli dell’epoca erano decisamente più rudimentali – le immagini erano in bianco e nero, poiché allora i set di colori non erano disponibili e il minuscolo schermo da 14 pollici era considerato il non plus ultra.
Ma questa innovazione suscitò diverse polemiche all’interno del governo sul fatto che sarebbe stato “giusto e opportuno” o meno trasmettere in televisione un’occasione così solenne. Diversi membri del gabinetto dell’epoca, tra cui il Primo Ministro Sir Winston Churchill, esortarono la giovane sovrana a ”risparmiarsi lo sforzo del calore e della luce abbagliante” delle telecamere, incoraggiandola a rifiutare di trasmettere la cerimonia in televisione.

La Regina rispose a queste esortazioni in modo quantomeno gelido e si rifiutò di discutere oltre e accogliere le loro proteste. Elisabetta non si fece problemi a puntare i piedi con l’arcivescovo di Canterbury, con Churchill e il resto del governo. Secondo Elisabetta infatti nulla doveva frapporsi tra la sua incoronazione e il diritto del suo popolo a partecipare.
L’incoronazione, come immaginata da Elizabeth, doveva anche avere un un’utilità sociale e politica nel risanare lo spirito nazionale e risollevare il morale della popolazione – infatti nonostante la guerra fosse finita da otto anni, i tragici ricordi dei bombardamenti della Luftwaffe e delle sirene degli allarmi antiaerei erano ancora ben vivi nella memoria dei britannici, alle prese con l’intenso sforzo della ricostruzione e il perdurante razionamento del cibo e dei beni essenziali quali zucchero, tè e tabacco.
Inoltre, sul piano politico e sullo scacchiere globale, l’Impero Britannico era ormai avviato all’inesorabile declino – la decolonizzazione, assieme a eventi quali l’indipendenza e la divisione dell’India nel 1947, avevano ormai reso una certezza il tramonto che stava calando sull’ Impero sul quale ”batte sempre il sole”. Il far partecipare la popolazione all’incoronazione, la vicinanza e la condivisione di un momento così cruciale, serviva a rinsaldare quel legame e quella vicinanza che la famiglia reale aveva già dimostrato ai suoi cittadini durante la guerra.

Questo spirito di comunione, nella gioia e nel dolore, fu il sentimento principale dell’intera cerimonia. Naturalmente, vi furono non pochi problemi – basti pensare che il tappeto posto nell’Abbazia di Westminster era stato posato con una frangia che scorreva nel verso sbagliato, il che significava che le vesti della Regina avevano difficoltà a scivolare facilmente sulla pila del tappeto. E infatti la frangia di metallo sul mantello d’oro della Regina s’impigliò nella frangia del tappeto, tirandole la schiena quando quest’ultima cercò di andare avanti. La giovane Regina sbottò all’arcivescovo di Canterbury: “Su, andiamo avanti!”.
Un altro problema era che l’olio santo, con cui la regina doveva essere unta durante la cerimonia e che era stato utilizzato per l’incoronazione di suo padre, era andato distrutto durante un bombardamento della Luftwaffe durante la seconda guerra mondiale e l’azienda che lo produceva aveva cessato l’attività. Fortunatamente, un anziano impiegato dell’azienda aveva conservato qualche grammo della base originale dell’olio, e un nuovo lotto è stato fu preparato in tempi da record.
Nonostante questi contrattempi, la Cerimonia dell’Incoronazione si svolse esattamente come da etichetta e nel pieno rispetto della tradizione storica della Corona, e quando la corona di Sant’Edoardo – la corona usata solo per l’incoronazione vera e propria – fu posta sul capo di Elisabetta i sudditi, che partecipavano all’evento dai loro televisori, uniti in coro come a una festa, cantarono ”God save the Queen” – “Dio salvi la Regina”.