Il Sole di Versailles

L’ASCESA AL POTERE DI LUIGI XIV DI FRANCIA, LA REALIZZAZIONE DELL’ASSOLUTISMO MONARCHICO E LA COSTRUZIONE DELLA REGGIA DI VERSAILLES

12 Marzo 1661. Quel giorno si celebravano i solenni funerali di Sua Eminenza, il Cardinale Giulio Mazzarino. Il popolo, così come l’aristocrazia francese, provava in quel momento sentimenti contrastanti.
Da una parte si piangeva la perdita di un grande uomo politico e di un principe della Chiesa, di un letterato e un pedagogo che si era prodotto in mille sforzi e più per preservare la grandezza della Francia sullo scacchiere europeo e l’autorità della monarchia borbonica.

Morte del Cardinal Mazzarino, di Paul Delaroche.

Ma d’altra parte non mancavano quanti tirarono un sospiro di sollievo, quasi rallegrandosi della morte dell’ “italiano”, dell’uomo “venuto dal di fuori”, del manipolatore su cui con tono un po’ scherzoso, un po’ risentito, avevano composto irriverenti mazarinades in cui si burlavano della sua persona e del suo rapporto con “l’austriaca”, la regina reggente Anna d’Austria.
Non mancò infatti, una mazarinade pronta in tempo per le esequie del Cardinale – “Il Cardinale ha terminato al dunque la sua sorte. Francesi, che diremo di questo grande Cardinale? Qui giace l’Eminenza Seconda. Il Signore ci guardi dalla Terza.” 

Coloro che avevano composto questa allegra elegia, quegli “uomini onesti” forse non si erano ancora accorti che il loro desiderio sarebbe stato realizzato, e non avrebbero mai più avuto a che fare con alcuna Eminenza – la prima era stata l’Eminenza Grigia, il celeberrimo Cardinale Richelieu – ma con qualcosa di superiore.

Luigi XIV di Francia, in un ritratto di Charles Le Brun del 1661, anno in cui il Re di Francia decise di governare autonomamente senza tutori né primi ministri.

Alle esequie un bel giovanotto poco più che ventenne seguiva la Messa con sguardo assorto e quasi distante. Quel ragazzo ha già ben chiaro che da ora in poi un solo uomo reggerà i destini del Regno di Francia: lui, Luigi Deodato di Borbone. Assieme a Mazzarino sono infatti tramontati per sempre i tempi delle Eminenze e dei tutori. Ora è arrivato il suo momento, quello del Re Sole.

Sia chiaro: Luigi XIV non provava né disprezzo né rancore verso l’Eminenza o il suo operato, anzi. Il Re anzi sapeva benissimo di dovere a Mazzarino la sua formale incoronazione nella Cattedrale di Reims, avvenuta nel giugno del 1654, nonostante fosse già sul trono fin dal 1643. L’anno prima Mazzarino aveva infatti posto energicamente fine alle Fronde dei nobili e a tutti i disturbi e divisioni che esse avevano recato al Regno ristabilendo una volte per tutte l’autorità della monarchia.

Le sue azioni erano risultate decisive nella Pace di Vestfalia nel 1648, ponendo fine alla Guerra dei Trent’anni e riportando la pace in gran parte dell’Europa in guerra. Il 7 novembre 1659 raggiunse il suo trionfo diplomatico stipulando la Pace dei Pirenei, portando finalmente la pace tra Francia e Spagna, suggellandolo l’anno successivo con il matrimonio tra il giovane Luigi e l’infanta di Spagna Maria Teresa d’Asburgo.
Assieme a questi successi, che gettarono le basi per la politica estera che lo stesso Luigi avrebbe intrapreso, Mazzarino aveva alacremente istruito e formato Luigi nell’arte di governare affiancandogli inoltre grandi personalità politiche e fidati consiglieri quali i ministri Colbert e Le Tellier.

Incontro tra Luigi XIV e Filippo IV di Spagna sull’Isola dei Fagiani nel 1659; dietro Filippo IV si riconosce sua figlia Maria Teresa, la futura regina di Francia.

Il Re era grato a Mazzarino e l’aveva amato come quel padre che non aveva mai avuto, essendo rimasto orfano all’età di soli cinque anni. Ora però il potere era interamente concentrato nelle sue mani, e per nessuna ragione lo avrebbe mai più condiviso con chicchessia.

Da allora in avanti, la sua politica avrebbe avuto solamente due scopi: imporre e mantenere il primato del Re, e preservare la posizione della Francia come potenza egemone in Europa. Emblematico è il discorso che Luigi XIV rivolse ai suoi ministri e consiglieri non appena salito al trono “Fino ad oggi ho avuto il diletto di affidare il governo dei miei affari al defunto Cardinale… ora è tempo che li curi io medesimo. Vi chiedo e vi ordino di non suggellare alcun ordine senza il mio comando… di non firmare nulla, nemmeno un passaporto… senza il mio comando, di rendere conto a me personalmente ogni giorno e di non favorire nessun’altro.”

Fouquet par lacretelle.jpg
Nicolas Fouquet, il sovrintendente alle finanze che il Re Sole fece “rimuovere” per salvare le casse dello Stato

Uno dei passi per realizzare i suoi progetti fu liberarsi del vecchio Sovrintendente delle Finanze, il corrotto e ambizioso Nicolas Fouquet, e sostituirlo con il fidato Colbert.
Negli occhi del giovane Re, non erano tanto le indiscrezioni finanziarie di Fouquet a preoccuparlo, ma la sua smodata ambizione – era ormai risaputo che egli avesse piani per succedere a Richelieu e Mazzarino come Terza Eminenza – e forse diventare anche qualcosa di più.
Quando aveva invitato il Re e la corte al suo castello di Vaux-le-Vicomte, aveva dato l’impressione di atteggiarsi egli stesso a Re, e la corte non aveva cavato un giudizio molto favorevole. Il Re invece aveva colto l’intera faccenda come l’occasione per sbarazzarsi di Fouquet. Alla fine fu Fouquet stesso, con un un ultimo e vanaglorioso atto, a scavarsi la fossa da solo acquistando in pompa magna e fortificando la remota isola di Belle Ile come fosse suo dominio personale. Il Re a quel punto ordinò l’apertura di un’indagine che si concluse con la condanna del ministro da parte del Parlamento per appropriazione indebita. La pena emessa fu l’esilio, ma Luigi la commutò in ergastolo. Dopotutto il sovrano non poteva permettersi che Fouquet riparasse in Gran Bretagna o peggio in Spagna e minasse la sua politica estera. Dopo l’uscita di scena di Fouquet il Re abolì l’ufficio di Sovrintendente delle Finanze, sostituendolo con Colbert in qualità di Ministro.

La facciata verso i giardini del castello fatto erigere da Luigi XIII. (incisione di Israël Silvestre).

Tuttavia l’esperienza con Fouquet – o meglio, con il suo castello di Vaux-le-Vicomte e il dominio di Belle Ile – radicò in Luigi il pensiero e la necessità di stabilire un proprio centro di potere, simbolo della sua autorità e che servisse anche da fattore d’unione e controllo dell’aristocrazia francese, fin troppo indipendente e sicura nei propri castelli e possedimenti per i suoi gusti. L’attenzione del Re cadde su Versailles.

I lavori di costruzione della Reggia di Versailles

La residenza era stata in origine la tenuta privata del’omonimo padre del Re, Luigi XIII (1601-1643), che la usava per la caccia e le vacanze, anche se non così di frequente come avrebbe voluto. Nel 1624 il Re aveva affidato all’architetto Jacques Lemercier il compito di progettare e costruire un piccolo castello, preservato oggi come facciata esterna nella Corte di Marmo. Nel 1631 Luigi XIII decise di ricostruire il castello e acquisire nel 1632 parti del feudo di Versailles, gettando le basi per il Palazzo che suo figlio avrebbe voluto in seguito. Luigi XIV, che come il padre adorava Versailles, aveva ora grandiosi progetti per il castello.

Data l’imponenza e la vastità della Reggia di Versailles, sono una parte dei lavori furono completati prima della morte del Re Sole, avvenuta nel 1715. Dopo la scomparsa di Luigi XIV il castello conoscerà nuovi interventi commissionati dai suoi successori, Luigi XV e Luigi XVI.

La fantasmagorica Galleria degli Specchi.

La prima fase dei lavori della nuova residenza reale (1664-1678) fu diretta dall’architetto Louis Le Vau. Essa culminò nell’aggiunta di tre nuove ali in pietra (l’enveloppe) che andarono a circondare il primitivo castello di Luigi XIII a nord, a sud ed a ovest (sui lati del giardino). Dopo la morte di Le Vau nel 1670, la supervisione dei lavori passò al suo assistente, François d’Orbay. I lavori conobbero una nuova fase di espansione a partire dal 1678, e che proseguì sino alla scomparsa del Re. In questo periodo due enormi ali vennero aggiunte a nord e a sud, fiancheggiando così la Cour Royale (Corte Reale) per opera dell’architetto Jules Hardouin-Mansart. Egli rimpiazzò inoltre la grande terrazza originariamente progettata da Le Vau sul lato dei giardini a ovest con quella che successivamente divenne la stanza più famosa di tutto il palazzo, la Galleria degli Specchi. Mansart fece costruire le Petites Écuries e le Grandes Écuries nei pressi della Place d’Armes, sul lato est del castello, mentre nel 1687 il Grand Trianon rimpiazzò il Trianon de Porcelaine realizzato da Le Vau nel 1668 nella parte nord del parco.

Versailles come si presentava nel 1668.

Intanto già nel 1682 i lavori dovevano essere a buon punto se si considera che in quell’anno Luigi XIV proclamò Versailles quale sua nuova residenza ufficiale e sede del governo del Regno di Francia, trasferendovisi quindi seguito dall’intera corte, dagli uffici e da tutti i cortigiani.

L’intera tenuta era, ed è, costellata di bellissimi giardini e promenades in stile inglese, la cui realizzazione fu curata dal paesaggista André Le Nôtre, il quale collaborò inoltre con il decoratore Charles Le Brun nella creazione delle stupende fontane e dei giochi d’acqua che si possono ammirare ancora oggi. Nel loro insieme la Reggia e i suoi giardini crearono una cornice di magnificenza e bellezza intorno al nuovo centro di potere di Luigi XIV – in quanto egli si stabilì come primus inter pares nella nuova gerarchia creatasi in quel microcosmo, lo stesso che per molti degli aristocratici invitati dal Re divenne una vera e propria prigione dorata.

Luigi XIV riceve a Versailles il Gran Condè dopo la sua vittoria a Seneffe. Il generale avanza verso il sovrano con grande rispetto tra corone d’alloro e con le bandiere catturate al nemico su entrambi i lati dello scalone sotto lo sguardo dell’intera corte.

Qui infatti l’aristocrazia fu coperta di lazzi e diletti, e cominciarono ben presto a dimenticarsi dei loro affari privati e a diventare orbite del magnifico Sole che era il Re – si contendevano il diritto di assistere alla sua vestizione e alla colazione, o a giocare ai dadi con lui la sera. Le questioni economiche e politiche di queste persone lasciarono spazio a intrighi di palazzo e trame degne di una telenovela, e crebbe sempre più il numero di aristocratici che scialacquò l’intera fortuna di famiglia per abiti e lustri sempre più esuberanti per impressionare il Re e conquistarsi titoli mondani come “Ambasciatore della Prima Colazione” o “Consigliera delle Uova Cotte”.
A Versailles, così come tanti altri grandi prima di lui, Luigi XIV aveva messo in atto una versione mondana del divide et impera – tutti quegli aristocratici e nobildonne, quelle “persone oneste” che in passato avevano dato tante noie a Mazzarino e a sua madre ora si accapigliavano per il suo favore.

Luigi riceve il Doge di Genova alla Reggia di Versailles, il 15 maggio 1685 dopo il bombardamento di Genova.

Il Palazzo fu non solo un simbolo del potere personale di Luigi, ma anche una pietra miliare nello stabilire la supremazia francese nella storia e nel mondo. Nel Salone degli Specchi vennero ricevuti ospiti e ambasciatori quali il Doge di Genova nel 1685, l’ambasciatore del Siam nel 1686 e di Persia nel 1715. Nel 1700, fu qui che Luigi accettò il testamento di Carlo II di Spagna che nominò suo nipote come Re di Spagna.
Tuttavia la politica economica ed estera di Luigi XIV non furono sempre stellari e quando nel 1715 il Re Sole morì la Francia si trovò a dover far fronte ad un debito pubblico fuori controllo che a lungo andare avrebbe compromesso le sorti della Monarchia. Nonostante cioè il Re Sole e la sua più grande creazione, la Reggia di Versailles, rimangono ancora emblemi del sentimento di grandeur della Francia, in Europa e nel mondo.

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