La conquista dell’Inghilterra è stata un’impresa che ha solleticato l’ambizione di diversi, famosi, condottieri nel corso dei secoli. Napoleone ad esempio, comandante eccelso di eserciti in terraferma ma per la verità piuttosto poco pratico di manovre navali, dovette arrendersi allo strapotere della Royal Navy dell’Ammiraglio Nelson mentre centotrenta anni dopo di lui Hitler provò a far sbarcare le sue truppe sulle bianche scogliere di Dover ma per nostra fortuna i suoi sogni di conquista si infransero di fronte al coraggio e alla tenacia degli inglesi guidati da Churchill, che non si arresero nemmeno quando la Luftwaffe ebbe ridotto Londra ad un cumulo di macerie.

Nei quindici secoli successivi alla fine della dominazione romana sulla Britannia solamente un uomo è riuscito nell’intento di sbarcarvi vittoriosamente, riuscendo là dove tanto l’Imperatore dei francesi quanto il Führer del Terzo Reich hanno invece fallito. Per incontrarlo dobbiamo tornare indietro nel tempo di circa mille anni, verso la metà dell’XI secolo, nel cuore del Medioevo. Secondo la Historiæ Normannorum, redatta dal monaco Guglielmo di Jumièges, il nostro protagonista venne al mondo il giorno 8 del mese di novembre dell’anno del Signore 1028, tra le stanze del maniero di Faleise, in Normandia. All’atto del battesimo gli fu imposto il nome di Guglielmo. La nascita di un figlio maschio dovette essere stata accolta con gioia dal padre, il Duca di Normandia Roberto detto il Magnifico, il quale era stato fino a quel momento privo di eredi. Guglielmo, destinato a diventare un giorno il settimo signore della Normandia, era l’ultimo rampollo di una dinastia secolare, le cui origini si perdevano fra i ghiacci della Scandinavia. Proprio da lì, poco più di cent’anni prima della sua nascita, i suoi compatrioti erano giunti sulle coste francesi della Manica.

Questi predoni vichinghi, detti anche normanni, cioè “uomini del nord”, erano stati per secoli il terrore delle popolazioni rivierasche della Francia settentrionale, sino a quando, nel 911 Carlo III il Semplice riuscì a porre termine alle loro scorrerie accordandosi con lo jarl (capo) dei normanni Hrôlfr, conosciuto in seguito come Rollone. In cambio della fine di ogni razzia il Re di Francia concedeva all’avo di Guglielmo il titolo di Duca di quella regione che da allora in poi avrebbe preso il nome dei suoi nuovi padroni, la Normandia, la “Terra dei Normanni”.

I nuovi venuti in capo a pochi anni si “incivilirono” adottando presto la lingua e i costumi francesi, abbandonando inoltre abbastanza rapidamente le proprie credenze politeistiche per convertirsi al Cristianesimo. Pur integrandosi quindi abbastanza bene con le popolazioni locali loro soggette, i signori normanni conservarono tuttavia alcune loro consuetudini pagane fra le quali vi era quella del concubinaggio, nota in latino come “more danico”, che inutilmente i sacerdoti cristiani avevano provato a estirpare.
Anche Roberto I il Magnifico non fu da meno, unendosi, secondo il costume degli avi, a Herleva (detta anche Arletta), figlia di un semplice conciatore. Dalla loro relazione nacque appunto Guglielmo il quale era però considerato figlio illegittimo di suo padre, in quanto frutto di un’unione non benedetta dalla Chiesa. Per questo motivo Guglielmo fin dalla giovinezza divenne noto con il soprannome di Bastardo.
Nonostante i brontolii dei suoi vassalli, Roberto era deciso a fare in modo che essi riconoscessero il figlio come suo erede e successore.

Probabilmente Roberto, il quale non per niente si era guadagnato il soprannome di “Magnifico” ci sarebbe riuscito senza troppi problemi se fosse sopravvissuto abbastanza a lungo da consentire al figlio di crescere e diventare un uomo sotto la sua sicura tutela, ma le cose erano destinate ad andare diversamente. Nel 1035 infatti Roberto decise di adempiere ad un voto pronunciato precedentemente partendo come pellegrino per la Terrasanta.
Si trattava di un viaggio lungo e difficile anche per un uomo giovane e in salute come il duca che infatti si ammalò e morì agli inizi di luglio di quello stesso 1035 nei pressi di Nicea, in Asia Minore. Guglielmo si ritrovò improvvisamente privo della protezione offerta dall’autorità di suo padre, mentre i baroni normanni si rimangiavano le promesse fatte al loro defunto signore, infischiandosene dei diritti del piccolo Guglielmo, che anzi da quel momento si ritrovò come un agnello in mezzo ad un branco di lupi.
Il giovane duca di Normandia da quel momento fu costretto a continue fughe e spostamenti da un maniero all’altro mentre i pochi vassalli rimasti fedeli alla memoria di Roberto cadevano come birilli davanti ai suoi occhi. Prima Gilberto di Brionne, suo tutore, poi Turoldo di Neufmarche, conestabile di Normandia e precettore di Guglielmo, e infine Osbern di Crépon, siniscalco del ducato. Fu così che tra il 1041 e il 1043 la Normandia, priva di una guida forte e autorevole, precipitò nell’abisso della guerra civile e dell’anarchia. Costretto a destreggiarsi tra infidi vassalli e congiurati che tramavano contro di lui, il giovanissimo duca di Normandia fu quindi costretto fin da subito a imparare a guardarsi le spalle e a rispondere colpo su colpo alle avversità, ben conscio che se si fosse dimostrato debole sarebbe stato schiacciato senza pietà dai suoi nemici. Guglielmo imparò allora a battersi e a primeggiare nell’uso delle armi, dimostrando fin dalla prima adolescenza di possedere le qualità che avrebbero fatto di lui un comandante militare energico, duro ed esperto. Fu così che nel 1042, a soli quindici anni, Guglielmo venne ordinato cavaliere da Enrico I di Francia, a precoce coronamento del suo apprendistato militare. La fanciullezza trascorsa tra mille tribolazioni e pericoli aveva avuto un peso determinante nel far si che Guglielmo sviluppasse un carattere deciso e determinato.

Intanto, nel 1047, dopo averne eliminato i fedeli, i nobili ribelli congiurarono per uccidere l’ormai ventenne Guglielmo. L’agguato si consumò nel corso di una battuta di caccia nella foresta di Valognes ma fortunatamente il duca si salvò con una cavalcata di ben 138 km che lo condusse sano e salvo al natio maniero di Falaise. Dopo aver visto per la prima volta la morte in faccia Guglielmo decise di passare al contrattacco. La definitiva resa dei conti si tenne in una pianura fra Caen e Faleise, a Val-ès-Dunes.
Purtroppo di questa battaglia non conosciamo né l’ammontare delle forze in campo né le tattiche impiegate. Certa è invece la vittoria di Guglielmo, facilitata dallo sfaldamento dello schieramento avversario, segnato dalla defezione di alcuni baroni che ancora prima di combattere passarono dalla parte del duca, il quale si dimostrò misericordioso con i nobili vinti, che si affrettarono a giurargli fedeltà. La vittoria di Val-ès-Dunes segnò l’inizio del dominio di Guglielmo sugli antichi possedimenti del padre. Ormai saldamente al potere il giovane signore si decise a prendere moglie per garantirsi una discendenza. La prescelta fu Matilde delle Fiandre, anche lei come il futuro sposo discendente di Rollone.

Ciò provocò alcune beghe con la Chiesa, in quanto Papa Leone IX nel corso del concilio di Reims del 1049 aveva vietato le nozze tra consanguinei. In barba al divieto, Guglielmo e Matilde si sposarono nel 1051, generando non pochi attriti con il Pontefice, avverso ai Normanni, con i quali era in guerra per il possesso dei territori dell’Italia meridionale. Solo con l’elezione al soglio pontificio di Niccolò II, nel 1059, Guglielmo ottenne il definitivo riconoscimento papale del proprio matrimonio. Negli stessi anni Guglielmo fu impegnato in varie guerre con il duca d’Angiò Goffredo Martello, che gli fruttarono nel 1063 il controllo sulla regione del Maine.

A questo punto della sua vita. divenuto uno dei più potenti feudatari di Francia, Guglielmo si imbarcò nell’impresa che lo avrebbe reso immortale. A spingere il Bastardo di Normandia a varcare la Manica furono i diritti, reali o presunti, da lui vantati sul trono inglese. Sin dal 1051 infatti, Re Edoardo il Confessore pare avesse nominato Guglielmo suo successore, essendo il sovrano privo di eredi diretti. Il Re d’Inghilterra e il Duca di Normandia erano infatti imparentati, essendo Emma, madre di Edoardo, prozia di Guglielmo. La promessa della successione sarebbe poi stata rinnovata nel 1064 con il viaggio in Normandia del Conte di Wessex Aroldo Godwinson, il quale durante il suo soggiorno in Francia avrebbe giurato fedeltà a Guglielmo sulle reliquie dei santi, impegnandosi a riconoscerlo come suo futuro signore. Tuttavia nel gennaio 1066, dopo la dipartita di Re Edoardo, Aroldo si sarebbe rimangiato la parola, accettando la corona offertagli dalla nobiltà sassone.

Questa almeno è la versione dei fatti di Guglielmo, eternata nell’arazzo di Bayeux, monumentale “striscia a fumetti” nella quale è raccontata la conquista normanna dell’Inghilterra. Essa presenta Aroldo come uno spergiuro e un traditore il che farebbe pensare ad una giustificazione della conquista elaborata a posteriori. In ogni caso Guglielmo, abile politico oltre che valente generale, avviò una campagna diplomatica su vasta scala a sostegno delle proprie rivendicazioni che gli valse l’appoggio del nuovo Re di Francia Filippo I e soprattutto di Papa Alessandro II. Negli stessi mesi radunò un esercito, per allora imponente, di 12 mila uomini, tra normanni e mercenari fiamminghi, francesi e bretoni.

Per trasportare al di là del mare tutte quelle migliaia di guerrieri oltre che centinaia di cavalli da battaglia venne allestita una imponente flotta che le cronache coeve stimano in oltre 700 navi, anche se in base ai calcoli degli storici odierni si tratta di una cifra senz’altro esagerata. Guglielmo concentrò le proprie forze nella località costiera di Saint-Valery-sur-Somme a partire dalla metà di agosto del 1066 ma scelse di salpare solo alla fine del mese successivo. L’esercito normanno prese terra oltre la Manica il 28 settembre dopo pochi giorni di navigazione.
Gli invasori non incontrarono alcuna resistenza in quanto tutte le forze di Aroldo erano concentrate nel nord del Paese, dove il 25 settembre avevano sconfitto un’armata norvegese sbarcata al comando di Harald Hardrada, altro pretendente al trono inglese. Dopo avere ricevuto la notizia dello sbarco normanno il 1° ottobre, Aroldo si diresse a marce forzate verso sud, per rintuzzare anche questa minaccia, giungendo infine il 13 ottobre presso Hastings, dov’era accampato Guglielmo. I due eserciti si trovarono così l’uno di fronte all’altro.

L’armata normanna aveva i suoi punti di forza negli arcieri e nella cavalleria. Dopo oltre centocinquanta anni di vita stanziale in terra francese i normanni erano ormai diventati dei cavalieri provetti. Le armi tipiche dei guerrieri normanni tanto a cavallo quanto a piedi erano la spada, l’ascia e la lancia. Quest’ultima, lunga circa due metri e mezzo, era usata dai cavalieri sia come arma da sfondamento, per caricare il nemico al galoppo, sia come arma da lancio, per essere scagliata come un giavellotto.
La panoplia normanna era completata dall’elmo, dalla cotta di maglia (detta usbergo) lunga fino al ginocchio, e dal grande scudo a mandorla che garantiva al guerriero una protezione migliore rispetto a quelli di forma circolare in quanto poteva riparare gli arti inferiori del fante o, se usato a cavallo, anche il fianco della cavalcatura. I tiratori, reclutati in genere tra gli esponenti delle classi più umili, disponevano di un arco di legno lungo circa un metro e mezzo la cui gittata non superava i centocinquanta metri ed erano in gran parte privi di armatura.

L’armata di Aroldo si basava invece su una forte fanteria reclutata con il sistema del “Fyrd” fra tutti gli uomini liberi residenti in ogni contea del regno, i quali, secondo una consuetudine di origine germanica, erano tenuti a prestare servizio militare per due mesi l’anno agli ordini del Re. A differenza dei Normanni, infatti, i Sassoni combattevano tradizionalmente a piedi impiegando spade e asce e proteggendosi dietro a scudi di forma circolare. L’ascia da guerra sassone, mutuata da quella danese, aveva una lama larga circa 25 cm montata su di un manico lungo 90 cm. Maneggiandola con entrambe le mani un guerriero esperto era in grado di fare tranquillamente a pezzi un nemico come se fosse stato un ciocco di legno. La punta di diamante dell’esercito sassone era costituita dai temibili Huscarli, le guardie del corpo dei sovrani anglosassoni, istituti durante da Canuto il Grande, Re di Danimarca, Norvegia e Inghilterra tra il 1016 e il 1035.

La battaglia di Hastings cominciò verso le 9 del mattino del 14 ottobre 1066. I Sassoni si schierarono in una formazione a forma di mezzaluna concava su un fronte di 400 m su di una collina. Aroldo riteneva che il pendio avrebbe ostacolato le manovre della cavalleria normanna. Guglielmo si posizionò al centro del proprio schieramento con i suoi normanni, mentre piazzò i bretoni sulla sinistra e i fiamminghi e i francesi sulla destra. La battaglia cominciò con i lanci di frecce degli arcieri normanni che però si infransero sul solido muro di scudi sassone.

Verso la tarda mattinata la fanteria normanna tentò un assalto alla collina venendo tuttavia respinta dalla caparbia reazione dei sassoni. Nemmeno l’intervento della cavalleria, costretta ad attaccare in salita, diede qualche risultato. La situazione per Guglielmo iniziò a farsi difficile quando i suoi bretoni cominciarono a rinculare sotto i colpi dei fyrdmen, i quali si diedero all’inseguimento dei fuggiaschi sino ai piedi della collina.
Tra le file normanne si sparse addirittura la voce che Guglielmo fosse morto, il che causò il panico. A quel punto il duca si tolse l’elmo per mostrare ai suoi che egli era invece vivo e vegeto. Riorganizzatasi, la cavalleria normanna si gettò allora all’attacco dei sassoni che imprudentemente erano scesi dal colle, accerchiandoli e massacrandoli senza pietà.

Tuttavia Aroldo e i suoi continuavano a tenere saldamente le loro posizioni. Guglielmo ordinò quindi ai suoi arcieri di mirare verso il cielo in modo che le frecce ricadessero come una pioggia mortale sulle teste degli anglosassoni. Anche Aroldo fu colpito da una di quelle frecce, rimanendone accecato. Il Re continuò comunque a combattere sino alla fine, quando venne circondato da un gruppo di cavalieri normanni i quali lo fecero letteralmente a pezzi. Con la morte del loro sovrano gli anglosassoni si dispersero, lasciando i normanni padroni del campo.
La vittoria di Hastings fu sofferta fino all’ultimo ma quando calarono le tenebre sul campo di battaglia Guglielmo si ritrovò la strada spianata al potere supremo. Dopo avere preso possesso dei centri costieri dell’Inghilterra meridionale per assicurarsi i collegamenti con il continente, il Duca, ormai salutato con l’appellativo di Conquistatore, poté entrare a Londra dove la notte di Natale del 1066 fu incoronato Re d’Inghilterra.

Dopo la conquista Guglielmo I procedette al consolidamento del suo potere reprimendo senza pietà le rivolte della nobiltà sassone, che estromise completamente dal potere, a vantaggio di una nuova classe dirigente normanna a lui fedele. Per il 1072 ogni opposizione al potere normanno poté dirsi debellata. Il regno inglese fu completamente riorganizzato, venendo diviso in contee, in ciascuna delle quali risiedeva uno sceriffo, il quale rappresentava il sovrano, riscuotendo tributi e facendo rispettare la legge.
Vennero poi introdotte Oltremanica le consuetudini feudali già vigenti in Francia: ai nobili normanni furono concesse terre e castelli dietro l’obbligo di prestare servizio militare nell’esercito regio. Anche il ceto ecclesiastico subì un vero e proprio repulisti con la deposizione di vescovi e abati anglosassoni a favore di prelati di origine normanna e di sicura fedeltà al nuovo re. Per garantirsi il controllo del territorio Guglielmo ordinò la costruzione di piazzeforti e fortificazioni, a cominciare dalla celeberrima Torre di Londra. Infine, nel 1085, fu completata la redazione del Libro del Catasto, nel quale gli ispettori annotarono tutte le proprietà immobiliari del regno indicando a chi appartenessero.

Esso fu compilato tanto meticolosamente da passare alla Storia col nome di “Domesday Book”, ossia “Libro del Giorno del Giudizio Universale”, in quanto parve ai sudditi di dover rendere conto di ogni atto della propria vita come avrebbero dovuto fare dopo la propria morte di fronte all’Onnipotente!
Lo stanziamento dei normanni in Inghilterra apportò cambiamenti anche dal punto di vista linguistico: il latino sostituì l’anglosassone come lingua ufficiale scritta, mentre nella lingua parlata entrarono molte parole di derivazione francese (la lingua dei conquistatori) di cui l’inglese odierno ha conservato molte tracce. Guglielmo, una volta divenuto re, non rinunciò alla Normandia. Alla sua morte, avvenuta nel 1087, tanto il titolo ducale quanto quello regio passarono ai suoi eredi, generando situazioni ai nostri occhi bizzarre, in quanto i re d’Inghilterra erano in quanto tali “parigrado” di quelli di Francia, dei quali restavano nel contempo vassalli in quanto duchi di Normandia. Tali legami feudali tra le due corone furono causa di numerosi conflitti fra i due regni, culminati infine tra il XIV e il XV secolo nella lunghissima Guerra dei Cent’anni (1337-1453) che determinerà lo scioglimento di questa ingarbugliata matassa di rapporti feudali.