La Guerra di Crimea

DAL CONFRONTO FRA LE GRANDI POTENZE AL PRELUDIO DELL’UNITA’ ITALIANA

Da circa cinque anni la Crimea è al centro di un duro braccio di ferro internazionale a seguito del distacco della penisola dalla Repubblica Ucraina e della sua successiva incorporazione all’interno della Federazione Russa, la quale mantiene tuttora saldamente il controllo della provincia secessionista e dell’importante base navale di Sebastopoli, affacciata sul Mar Nero. Probabilmente pochi fra i lettori ricordano come la Crimea è stata già in passato teatro di un conflitto che appare oggi pressoché dimenticato nonostante le notevoli implicazioni che ebbe sugli eventi successivi e sull’assetto diplomatico europeo.

Torniamo dunque all’epoca dei fatti, a metà del XIX secolo. In quell’epoca la Russia dei Romanov era proprio come ai giorni nostri una delle principali potenze mondiali e stava attraversando un periodo di grande espansione verso i territori dell’Asia Centrale e del Caucaso. Sul trono di quello che già allora era divenuto il più vasto impero del mondo sedeva fin dal 1825 lo Zar Nicola I. Questo monarca autoritario e dalla profonda fede religiosa mirava a ottenere l’alto patronato dei cristiani di fede ortodossa sudditi del Sultano di Costantinopoli. La mossa dello Zar, il quale negli Anni Venti aveva appoggiato la ribellione dei greci contro i turchi, era dettata da motivi di prestigio internazionale oltre che dal desiderio di non essere da meno rispetto al neo imperatore dei francesi Napoleone III, il quale aveva ottenuto concessioni analoghe dalla Sublime Porta per i sudditi ottomani di fede cattolica.

Il teatro principale della guerra di Crimea. A sinistra, tra Moldavia e Russia, il fiume Prut e, più a sud, a segnare il confine meridionale della Valacchia, il Danubio.

Le richieste di Nicola I giunsero al Sultano Abdul Mejid nel febbraio del 1853 per bocca dell’inviato speciale Principe Menšikov, accompagnate da voci minacciose riguardanti la mobilitazione delle forze armate russe. Le manovre diplomatiche e militari dello Zar irritarono tanto Napoleone III quanto la Regina Vittoria. Francia e Regno Unito scelsero di appoggiare la causa ottomana preoccupati dal fatto che, qualora i russi avessero prevalso nel confronto militare con il declinante impero turco, essi sarebbero riusciti finalmente a realizzare la loro storica aspirazione di accedere ai “mari caldi”, ovvero al Mediterraneo. I governi di entrambe le potenze occidentali furono appoggiati dalle rispettive opinioni pubbliche, profondamente russofobe. Grazie al sostegno franco-britannico i turchi resistettero alle pressioni diplomatiche russe, determinando il fallimento della missione Menšikov, che lasciò Costantinopoli il 21 maggio 1853.

Deciso a perseguire i propri obiettivi anche con la forza, nell’autunno di quello stesso 1853 Nicola I, forte dell’appoggio, o quantomeno della benevola neutralità, accordatagli da Austria e Prussia, diede ordine alle sue truppe di varcare la frontiera russo-ottomana e di occupare i principati danubiani di Moldavia e Valacchia. A quel punto i turchi, a loro volta appoggiati da Francia e Gran Bretagna, il 4 ottobre risposero dichiarando guerra alla Russia. Mentre l’esercito zarista avanzava verso la Bulgaria puntando su Costantinopoli, una squadra navale russa sorprese una flotta turca nel porto di Sinope, sulla costa settentrionale dell’Anatolia, colandola a picco. L’azione russa fece grande impressione presso le cancellerie occidentali e persuase gli anglo-francesi a varcare il Bosforo e a penetrare con le loro flotte nel Mar Nero a sostegno di quella ottomana. Infine, tra il 27 e il 28 marzo 1854, Gran Bretagna e Francia entrarono ufficialmente nel conflitto dichiarando guerra allo Zar.

Le navi russe (a destra) colpiscono quelle turche nella battaglia di Sinope.

Fu così che a quasi quarant’anni dalla conclusione delle guerre napoleoniche, le potenze europee tornavano ad affrontarsi direttamente sul campo di battaglia, infliggendo un primo, e pesantissimo colpo all’ordine internazionale europeo uscito dal Congresso di Vienna del 1815. Napoleone III sperava di conseguire un successo che stabilizzasse la sua posizione sul trono imperiale di Francia da lui restaurato due anni prima, mentre la Gran Bretagna mirava a contenere l’imperialismo russo, che rappresentava una spina nel fianco per i possedimenti britannici in Asia.

Mentre l’esercito russo assediava la piazzaforte di Silistra, nell’attuale Bulgaria settentrionale, nel giugno del 1854 un corpo di spedizione franco-britannico sbarcava a Varna, sulla costa occidentale del Mar Nero. L’arrivo degli alleati, unito al fallimento nel tentativo di conquistare Silistra, persuase i russi a togliere l’assedio e a ritirarsi a nord del Danubio. A quel punto francesi e britannici avrebbero potuto ritirarsi avendo ottenuto lo scopo prefissatosi, ovvero costringere i russi alla ritirata. I militari e i governi alleati tuttavia avevano bisogno di una grande vittoria che giustificasse lo sforzo bellico agli occhi dell’opinione pubblica. Così, per decisione del ministro della guerra britannico, Lord Newcastle, inglesi e francesi scelsero di puntare verso la strategica piazzaforte russa di Sebastopoli. Gli alleati sbarcarono in Crimea il 14 giugno nei pressi della città di Eupatoria, situata ad una sessantina di  chilometri da Sebastopoli.

Truppe francesi nella battaglia del fiume Alma

Il 19 cominciò la marcia di avvicinamento, resa difficile dal colera che flagellava le truppe. Il primo contatto con le truppe russe, i franco-britannici lo ebbero nei pressi del fiume Alma il 20 settembre successivo. I 37 mila russi, comandati in quell’occasione dall’ex diplomatico Menšikov, riportarono una secca sconfitta contro i 61 mila alleati anglo-franco-ottomani, i quali erano equipaggiati con moderni fucili Miniè, la cui gittata utile di 1.200 passi era quattro volte superiori rispetto agli antiquati moschetti in dotazione alle forze zariste. I russi si ritirarono allora all’interno di Sebastopoli. Gli alleati giunsero di fronte alla città verso la metà di ottobre 1854 dando inizio ad un assedio che si rivelò inconcludente anche perchè il lato nord della piazzaforte, da cui giungevano i rifornimenti per la guarnigione zarista, rimase praticamente sguarnito.

Menšikov dal canto suo tentò già verso la fine di ottobre di spezzare l’assedio nemico organizzando un’offensiva di cui affidò il comando al proprio secondo, il generale Pavel Petrovič Liprandi, un ufficiale cinquantottenne di origini italiane. L’attacco russo si scatenò contro il porto di Balaklava, occupato dagli inglesi fin dal 26 settembre e che costituiva la principale base logistica degli alleati.

La “sottile linea rossa” in un dipinto di Robert Gibb del 1881.

L’esito dello scontro fu sostanzialmente inconcludente in quanto Liprandi fallì nell’obbiettivo di sottrarre il porto al controllo nemico mantenendo tuttavia saldamente quello delle alture circostanti. Lo scontro di Balaklava rimase tuttavia negli annali dell’esercito britannico per il valore dimostrato dalle truppe di Sua Maestà in due azioni memorabili: nella prima i fanti del 93º Reggimento di fanteria scozzese “Highlander”, disposti in fila doppia (la “sottile linea rossa” dal colore delle uniformi), arrestarono la carica della cavalleria russa mentre protagonisti della seconda furono i 700 componenti della celeberrima Brigata Leggera che a causa di un errore di comunicazione caricarono le batterie russe venendo investiti dalle cannonate di fronte e su entrambi i lati. Il generale francese Pierre François Joseph Bosquet, che assistette all’azione commentò “E’ magnifico ma non è guerra. E’ stupidità!”.

1854 Balaclava, The Charge of the Light Brigade - Richard Caton Woodville
La carica della brigata leggera.

Il 5 novembre Menšikov attuò una seconda sortita nel tentativo di rompere l’assedio attaccando con 35 mila uomini le alture di Inkermann, che dominavano le linee alleate. L’assalto russo cominciò in una nebbiosa mattina autunnale e colse inizialmente di sorpresa i britannici ma fu successivamente frustrato dal rabbioso contrattacco degli zuavi francesi. I russi lasciarono sul campo 18 mila soldati mentre Menšikov veniva esonerato dal comando, che fu affidato al generale principe Michail Dmitrievič Gorčakov. Dopo la battaglia di Inkermann le operazioni militari entrarono in una fase di stallo a seguito del sopraggiungere della stagione invernale nel corso della quale tanto gli assedianti quanto gli assediati patirono fortissimi disagi a causa della fame, delle malattie ma soprattutto del freddo. Nonostante le speranze dei russi, contrariamente a quanto avvenuto nel 1812 con Napoleone, l’inverno non pose termine all’assedio alleato. Trascorsa la stagione invernale, nella primavera del 1855 arrivarono in Crimea i 18 mila soldati italiani del contingente sabaudo comandato da Alfonso La Marmora.

Crimea Cernaia DeStefani.JPG
Bersaglieri alla battaglia della Cernaia.

L’intervento piemontese era stato deciso da Cavour, Primo Ministro del Regno di Sardegna, il quale aveva stipulato un’alleanza con gli anglo-francesi, che a loro volta si impegnavano a difendere il Piemonte da un eventuale attacco dell’Austria. In accordo con il suo Re, Vittorio Emanuele II, Cavour aveva deciso l’invio di un terzo dell’esercito sabaudo così lontano da casa in modo da guadagnare al regno l’appoggio delle potenze occidentali, necessario per riprendere la guerra contro l’Austria in vista di una possibile unificazione della Penisola sotto lo scettro dei Savoia.

Nel corso della campagna di Crimea il contingente piemontese perse circa 2.100 soldati anche se la maggior parte dei decessi fu dovuta alle malattie prima fra tutte il colera mentre i caduti in combattimento furono soltanto poche decine. Il fatto d’armi più celebre nel quale si trovarono coinvolti i soldati sabaudi fu senz’altro la battaglia della Cernaia, combattuta il 16 agosto 1855, durante la quale i piemontesi si trovarono schierati sull’ala destra, dove seppero contenere l’urto delle truppe zariste sopraggiunte nel tentativo di alleggerire la pressione alleata su Sebastopoli, pagando un tributo di sangue pari a 14 morti, 46 dispersi e 170 feriti.

The Battle of Malakoff was a major battle during the Crimean War, fought between French-British forces against Russia on 8 September 1855 as a part of the Siege of Sevastopol.
L’assalto francese alle mura di Malakoff.

Sebastopoli cadde in mano alleata il 9 settembre 1855, dopo un assedio durato 326 giorni durante i quali erano stati sparati 150 milioni di proiettili e 5 milioni di bombe e proietti d’artiglieria. La vittoria alleata fu resa possibile dalla caduta del bastione Malakoff, chiave del sistema difensivo russo, conquistato il 7 settembre dai soldati francesi del maresciallo Mac Mahon. Nicola I non seppe mai della capitolazione di Sebastopoli poiché, ammalatosi di polmonite, passò a miglior vita il 2 marzo 1855, lasciando il trono al primogenito Alessandro II. Messo di fronte alle grosse difficoltà in cui versava l’esercito e resosi conto che l’Austria non sarebbe intervenuta nel conflitto al suo fianco, il nuovo Zar preferì intavolare trattative di pace con gli alleati.

La fine delle ostilità fu sancita ufficialmente dal Trattato di Parigi, firmato il 30 marzo 1856. I principati danubiani di Moldavia e Valacchia furono evacuati e smilitarizzati. Nel 1861 sarebbero stati riuniti in quello che sarebbe divenuto il Regno di Romania. Il trattato sancì inoltre il divieto di navigazione per le navi militari sul Mar Nero e sugli Stretti del Bosforo e dei Dardanelli. La sconfitta patita nella guerra di Crimea infranse il mito della potenza russa che aveva schiacciato Napoleone nel 1812. L’imperialismo zarista, frustrato in Europa Orientale, si rivolse allora con decisione verso l’Asia Centrale. La Russia comunque non smise di alimentare il nazionalismo slavo nei Balcani, che sarà una delle cause dello scoppio della Grande Guerra.

L’assedio di Sebastopoli fu uno dei più lunghi e cruenti del XIX secolo.

Un’altra conseguenza della sconfitta fu il rafforzamento di quei gruppi politici e intellettuali che da tempo chiedevano allo Zar l’adozione di una politica riformista che riscattasse la Russia dalla sua condizione di arretratezza tecnologica, economica, sociale e militare. Alessandro II si dimostrò ricettivo a queste istanze adottando una serie di riforme la più significativa delle quali fu senza dubbio l’abolizione della servitù della gleba risalente al 1861. Con questo provvedimento l’Imperatore liquidava sul piano giuridico il feudalismo in tutto il territorio russo. La stagione riformatrice subì tuttavia una brusca interruzione il 13 marzo del 1881 quando lo Zar cadde vittima di un fatale attentato dinamitardo.

Il Congresso di Parigi. Il primo delegato a sinistra è Cavour mentre l’ultimo personaggio a destra è l’ambasciatore piemontese a Parigi Salvatore Pes, marchese di Villamarina.

La guerra di Crimea ebbe ripercussioni anche sul processo di unificazione del nostro Paese. Cavour prese parte in prima persona ai negoziati a Parigi, nel corso dei quali, pur non ottenendo alcun compenso territoriale, il Primo Ministro sabaudo ebbe modo di esporre compiutamente la “questione italiana” di fronte ai rappresentanti delle grandi potenze, denunciando in particolare il malgoverno del regime papalino e di quello borbonico, oltre all’occupazione austriaca della Romagna pontificia. Cavour a Parigi seppe inoltre guadagnarsi l’appoggio dell’imperatore Napoleone III. Costui, abbagliato dal mito del suo omonimo zio, fin dalla sua ascesa al trono si era fatto promotore di una politica estera tesa a fare della Francia la potenza egemone in Europa. Fu così che nel luglio del 1858 Cavour e l’Imperatore si incontrarono a Plombieres, dove discussero il futuro assetto della Penisola dopo la cacciata dell’Austria. L’alleanza franco-piemontese diventerà infine operativa nella primavera del 1859 con lo scoppio della seconda guerra d’indipendenza italiana che porterà all’annessione sabauda della Lombardia, primo passo sulla strada dell’unificazione nazionale.

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