Ivan, lo Zar Terribile!

Nelle fiabe e nel folklore russo è presentato come il buon principe, riparatore di torti e protettore dei deboli. La Storia tuttavia lo ricorda con l’aggettivo di “Groznyj”, malamente tradotto in italiano come “Terribile”, circostanza che, unita ai frequenti scatti d’ira che ne contraddistinguevano il carattere, ha contribuito ad attribuirgli una fama sinistra, che sembra confermata dal ritratto che fece di lui l’artista russo Viktor Michajlovič Vasnecov nel 1897, nel quale lo Zar, avvolto in un caffettano riccamente decorato, sembra fissare lo spettatore con un’espressione corrucciata e severa.  Ma chi fu davvero Ivan Vasil’evič, primo principe russo ad assumere il titolo di Zar? Fu davvero un grande sovrano o soltanto un autocrate crudele e oppressivo? Cerchiamo di scoprirlo insieme.

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Ivan IV il Terribile nel ritratto eseguito da Viktor Michajlovič Vasnecov nel 1897

Spesso per capire un individuo occorre innanzitutto esplorarne l’orizzonte storico e geografico. Dunque che Paese era la Russia nella prima metà del XVI secolo? Certamente una terra misteriosa, per quanto già nota, agli occhi dei viaggiatori occidentali. Fino alla conquista mongola del 1237-42 la Russia medievale, o Rus’ di Kiev, era dominata dai principi cristiano-ortodossi della dinastia slavo-scandinava dei rjurikidi, cioè dai pretesi discendenti di Rjurik, semi-leggendario condottiero svedese che, stando alla Cronaca degli anni passati, sarebbe approdato in terra slava intorno all’anno 862. I rapporti con l’Occidente sono testimoniati dalla politica matrimoniale del principe Jaroslav I di Kiev (978-1054), le cui figlie sposarono i sovrani di Francia, Norvegia e Ungheria.

La conquista tartara interruppe bruscamente i rapporti con i regni occidentali, cancellando ciò che restava dell’unità della Rus’: gran parte del suo territorio sudoccidentale, comprendente la stessa città di Kiev finì sotto la diretta dominazione mongola mentre le regioni nordorientali dell’attuale Russia europea, caratterizzate da un clima decisamente più rigido e da un popolamento più scarso, continuarono ad essere governate dai medesimi esponenti della dinastia rjurikide, sottoposti però al pagamento di un tributo e all’approvazione del Khan dell’Orda d’Oro, vale a dire il khanato costituitosi in seguito alla divisione dell’impero mongolo nei decenni successivi alla morte di Gengis Khan.

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Il Khanato dell’Orda d’Oro (grigio chiaro) con i principati russi ad esso tributari (grigio scuro)

Il territorio russo si trovò così diviso tra un nordest e un sudovest isolati fra loro mentre i contatti di entrambe le regioni con il resto del continente europeo si ridussero drasticamente. Questo stato di cose iniziò a mutare a partire dalla fine del XIV secolo, quando il dominio mongolo sulla Russia (il “giogo tartaro”) iniziò a indebolirsi a causa dei conflitti che travagliavano dall’interno l’Orda d’Oro. Proprio in questo periodo si colloca la vittoria russa nella battaglia di Kulikovo (settembre 1380), combattuta dal Gran Principe di Mosca Dmitrij Ivanovič Donskoj contro il leader dell’Orda d’Oro Mamaj Khan, alleatosi in quell’occasione con lituani e polacchi.

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Il Gran Principe di Mosca Dmitrij Ivanovič Donskoj guida i russi contro i mongoli di Mamaj Khan alla battaglia di Kulikovo.

La definitiva dissoluzione dell’Orda d’Oro si consumò negli anni trenta del XV secolo, durante i quali sorsero i khanati di Kazan’, di Crimea e della Grande Orda. Quest’ultimo verso il 1500 si frammentò a sua volta nei khanati di Astrachan’ dell’Orda Nogai. Più a oriente invece il khanato di Sibir (nella Siberia centrale) manteneva il controllo sulla scarsa popolazione che abitava le immense pianure tra i fiumi Ob’ e Irtyš.

Negli stessi decenni in cui la compagine mongola andava disgregandosi ebbe inizio l’ascesa del principato di Moscovia. La sua capitale, Mosca, viene citata per la prima volta nelle cronache russe intorno all’anno 1147 venendo descritta come un centro di modesta importanza. All’inizio degli anni ottanta del XIII secolo la città e il suo territorio furono assegnati in appannaggio a Daniil Aleksandrovič (1261-1303), figlio cadetto del celeberrimo Aleksandr Nevskij e antenato di tutti i Principi di Mosca.

Espansione del principato di Mosca tra il XIV e il XV secolo.

Tuttavia il vero artefice della potenza moscovita fu senza dubbio il Gran Principe Ivan III il Grande, omonimo nonno del nostro protagonista. Dopo essere stato co-reggente negli ultimi anni di regno del padre Vasilij II, gli succedette dopo la sua morte, avvenuta nel 1462. Nel corso degli oltre quarant’anni del suo regno Ivan condusse una serie di fortunate campagne militari che lo portarono a quadruplicare l’estensione dei propri possedimenti inglobando i principati di Jaroslavl’ (1463), Rostov (1474) e Tver’ (1485) oltre alla Repubblica di Novgorod (1478). Forte delle sue conquiste, nel 1476 Ivan rifiutò di pagare l’ordinario tributo richiesto da Akhmat, Khan della Grande Orda. Questi quattro anni dopo invase la Moscovia Per tutto l’autunno Russi e Tartari si confrontarono sulle opposte rive del fiume Ugra, fino all’11 novembre, quando Akhmat decise di ritirarsi nella steppa. Così a cento anni dalla vittoria di Kulikovo terminava il dominio mongolo sulla Russia.

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Ivan III di Mosca rifiuta di pagare il tributo richiesto da Akhmat, Khan della Grande Orda, gesto che segna la fine del giogo tartaro sulla Russia.

Altrettanto rilevante per le sorti future della Russia fu la politica matrimoniale di Ivan III. Rimasto vedovo (1467) della prima moglie Maria di Tver’, nel 1472 sposò in seconde nozze Zoe (poi ribattezzata Sofia), nipote dell’ultimo Basileus bizantino Costantino XI Paleologo. Sofia, che dal 1460 aveva trovato rifugio a Roma, si trovava sotto la protezione di Papa Paolo II, il quale nutriva la speranza, condivisa dal suo successore Sisto IV, che il matrimonio fra il Principe di Mosca e la principessa greca potesse assicurare la riunificazione delle chiese cattolica e ortodossa come sancito nel 1439 durante il Concilio di Firenze. Le nozze furono solennemente celebrate il 12 novembre 1472 dal Metropolita Filippo nella Cattedrale della Dormizione di Mosca. Deludendo le aspettative del Papa, Sofia abiurò la fede cattolica per convertirsi all’Ortodossia, facendo naufragare qualunque ipotesi di riunificazione religiosa. Il matrimonio con Sofia Paleologa autorizzò Ivan all’uso delle insegne imperiali bizantine, a cominciare dall’aquila bicipite, e a proclamarsi erede dell’Impero d’Oriente gettando le basi della teoria politica della Terza Roma e della translatio imperii ad Russos.

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Ricostruzione forense del volto di Sofia Paleologa, nipote dell’ultimo Basileus bizantino e seconda moglie di Ivan III.

Fu proprio uno degli undici figli avuti da Sofia a succedere a Ivan dopo la sua morte, sopraggiunta il 27 ottobre 1505. Vasilij III proseguì la politica paterna guerreggiando sia contro i khanati mongoli di Crimea e Kazan’ sia contro il Granducato di Lituania e annettendo nel 1514 il Principato russo di Smolensk. Tuttavia nel 1525 l’ormai quarantasettenne Vasilij era ancora privo di un erede che avrebbe assicurato la continuità della dinastia. Pertanto, nella speranza di diventare padre, una volta ottenuto il pieno consenso del clero ortodosso e del Metropolita di Mosca Daniil, il Gran Principe ripudiò la prima moglie Solomoncja Jur’evna Saburova – poi segregata in un monastero – per sposare il 21 gennaio 1526 la quindicenne Elena Vasil’evna Glinskaja, la quale quattro anni dopo gli diede il tanto atteso figlio maschio. All’atto del battesimo al principino fu imposto il nome di Ivan, in omaggio al nonno paterno.

Tuttavia, appena tre anni dopo la nascita del primogenito e uno soltanto da quella del secondogenito Jurij, Vasilij III scomparve all’età di soli cinquantaquattro anni. Dal suo letto di morte trasferì i propri poteri alla consorte, la quale avrebbe assunto il governo del principato fino a quando il piccolo Ivan non fosse stato sufficientemente maturo per subentrarle nella gestione degli affari di stato. In mancanza di un sovrano adulto e autorevole, già l’anno successivo alla scomparsa di Vasilij il principato di Moscovia venne a trovarsi sull’orlo della guerra civile. Decisa ad assicurare una tranquilla successione al proprio primogenito, la reggente Elena lottò duramente contro le fazioni nobiliari, non esitando a far imprigionare e giustiziare diversi aristocratici, tra cui i cognati Jurij e Andrej, fratelli di Vasilij III.

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I genitori di Ivan IV: il Gran Principe di Mosca Vasilij III e la seconda moglie Elena Vasil’evna Glinskaja circondati dai membri della corte.

La risposta dei boiardi non tardò ad arrivare: il 4 aprile 1538 Elena morì appena ventottenne. Tutto lascia pensare che la reggente sia stata avvelenata. I colpevoli sono con ogni probabilità da ricercarsi all’interno della potente famiglia aristocratica dei Šujskij. A otto anni Ivan si trovò così orfano di entrambi i genitori e privo anche dell’appoggio degli zii paterni, fatti uccidere dalla madre in prigione. Mentre la Moscovia precipitava nel caos e nell’anarchia, tutti si dimenticarono del monarca fanciullo. Se le fazioni nobiliari in lotta mostrarono qualche interesse per Ivan fu unicamente nel tentativo di controllarlo per ottenere ancora più potere e influenza a corte. L’unico appoggio che ricevette in quei difficili anni fu quello dell’Arcivescovo Macario, eletto nel 1542 alla carica di Metropolita di Mosca, che lo prese sotto la sua ala protettrice. Fino alla sua morte, avvenuta nel 1563, Macario si sarebbe rivelato il più fidato consigliere del Gran Principe, con il quale condivideva la forte ostilità verso i boiardi.

Un gruppo di boiardi, ossia i membri della potente aristocrazia russa. La loro influenza venne drasticamente ridimensionata da Ivan IV, che revocò numerosi loro privilegi.

L’infanzia e la prima adolescenza trascorse tra intrighi di palazzo e continui pericoli per la sua stessa vita segnarono in maniera indelebile la psiche di Ivan, il quale sviluppò un odio feroce e inestinguibile per la classe nobiliare, a cui si aggiunse una generale diffidenza verso il genere umano. Inoltre le violenze a cui con ogni probabilità assistette da bambino ne fecero un individuo del tutto insensibile al dolore e alla sofferenza del prossimo, caratteristica che contribuì a fargli guadagnare quella fama di tiranno spietato con cui è passato alla Storia. Di quale crudeltà fosse capace Ivan del resto lo dimostrò quando, nel 1544, a soli quattordici anni, ordinò l’arresto e l’esecuzione del principe Andrej, capo della potente famiglia aristocratica degli Šujskij, assistendo alla sua agonia senza battere ciglio.  Le cronache del tempo ci riferiscono che dopo questo episodio i boiardi iniziarono a diffidare e a temere Ivan.

Icona raffigurante il Metropolita di Mosca Macario, maestro di teologia e fidato consigliere di Ivan IV.

Dopo essere stato dichiarato maggiorenne, nel dicembre 1546 il sedicenne Ivan convocò il Metropolita Macario per comunicargli la propria intenzione di prendere moglie. Prima di sposarsi però Ivan volle essere incoronato non Gran Principe bensì Czar, ossia Cesare, un titolo che si rifaceva direttamente a quello degli imperatori romani. Il messaggio implicito, rivolto tanto ai boiardi quanto allo stesso Macario, era chiaro: Ivan intendeva riaffermare una volta per tutte la propria autorità su tutti i suoi sudditi. Al pari dei Basilei bizantini, infatti, lo Zar era convinto dell’origine divina del proprio potere, che pertanto era da considerarsi assoluto e senza limitazioni. A giustificazione della propria scelta Ivan poteva vantare un legame di sangue con la dinastia imperiale bizantina dei Paleologi tramite sua nonna paterna Sofia. Come se ciò non bastasse lo Zar giunse a dichiararsi discendente nientemeno che dell’imperatore romano Ottaviano Augusto tramite il preteso fratello di questi, Prus, il quale, secondo una fantasiosa genealogia, sarebbe stato l’antenato di Rjurik, capostipite della dinastia a cui Ivan apparteneva. Se Ivan era il nuovo Cesare ecco che a questo punto Mosca fu elevata al rango di “Terza Roma”, città santa e capitale della “vera fede” ortodossa, erede tanto della prima Roma, ormai sprofondata nell’eresia cattolico-papista, quanto della seconda, ossia Costantinopoli, conquistata nel 1453 dai Turchi musulmani.

La Zarina Anastasija Romanovna, prima moglie di Ivan il Terribile ritratta nel monumento eretto nel 1862 a Velikij Novgorod per celebrare il Millenario della Russia.

Così, il 16 gennaio 1547 il non ancora diciassettenne Ivan IV venne solennemente incoronato nella Cattedrale della Dormizione a Mosca. Al culmine della cerimonia il metropolita Macario pone sul suo capo la venerabile “Corona del Monomaco”, che secondo la tradizione sarebbe stata inviata in dono dall’imperatore bizantino Costantino IX al proprio nipote (nonché avo dello stesso Ivan) Vladimir II il Monomaco (che in greco significa “colui che combatte da solo”). Poi, come stabilito, a meno di un mese dall’incoronazione, il 3 febbraio 1547 Ivan prese moglie con una sontuosa cerimonia nuziale svoltasi nella Cattedrale dell’Annunciazione. La sposa si chiamava Anastasija Romanovna, esponente della piccola nobiltà di provincia, ed era stata scelta tra oltre 1.500 giovani aristocratiche convocate appositamente a Mosca affinché lo Zar potesse scegliere una di esse come sua futura compagna di vita. Quella tra Ivan e Anastasija fu un’unione felice, allietata dalla nascita di ben sei figli.

Intanto, trascorsi pochi mesi dall’incoronazione e dalle nozze, con l’arrivo di giugno e l’inizio dell’estate del 1547 Mosca venne colpita da un tremendo incendio che distrusse interi quartieri, i cui edifici erano stati costruiti quasi esclusivamente di legno. Il fuoco aggredì anche il Cremlino, facendo esplodere i depositi di munizioni e polvere da sparo e incenerendo archivi e magazzini. Dalle due alle tremila persone perirono tra le fiamme mentre gli sfollati si contarono a decine di migliaia.

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Il giovane Ivan assiste all’incendio di Mosca assieme al Pope Silvestro di Novgorod in un dipinto dell’artista russo Pavel Pleshanov del 1856

In preda all’isteria la popolazione accusò la potente famiglia aristocratica dei Glinskij, parenti materni dello Zar, di essere i responsabili del disastro che aveva colpito la capitale. Una folla inferocita prese d’assalto la dimora moscovita dei Glinskij massacrandone i servi e le guardie per poi massacrare il principe Jurij Glinskij, che aveva cercato scampo tra le rovine fumanti della cattedrale della Dormizione. Ivan a quel punto intervenne stroncando la ribellione con mano pesante. Lo Zar però restò vivamente impressionato dall’incendio e dai tumulti ad esso succedutisi tanto da interpretare questi avvenimenti come il segno dell’ira divina nei confronti della sua condotta. Su esortazione di Silvestro, un pope originario di Novgorod, Ivan decise di fare pubblica ammenda dei propri peccati sulla Piazza Rossa, giurando di governare da allora in avanti nell’esclusivo interesse del popolo. 

Iniziò, quindi, un periodo caratterizzato da una politica volta alla pace e alle riforme di modernizzazione dello stato. Innanzitutto nominò un ministro riformatore nella persona di Aleksej Fëdorovic Adašev. La Zar inoltre contrastò i funzionari e il clero corrotto, modificò il codice penale, convocò nel 1549 lo Zemskij Sobor (un parlamento su base feudale), con il quale costrinse i boiardi a ratificare in assemblea le sue decisioni in politica interna, e nel 1551 lo Stoglavyj sobor, concilio ecclesiastico diretto dallo stesso Ivan nel quale venne stabilita la subordinazione della Chiesa allo Stato e un complesso sistema di rituali e regole a cui la Chiesa ortodossa russa avrebbe continuato a sottoporsi nei secoli successivi.

Ricostruzione dell’aspetto e dell’armamento di due Strel’cy della guardia di Ivan il Terribile.

Le riforme di Ivan investirono anche l’apparato bellico moscovita con la creazione del corpo degli Strel’cy, unità di fanteria composte da uomini liberi arruolati a vita nonché primo esempio di esercito professionale della storia russa. Essi vestivano un caffettano di colore rosso ed erano armati di archibugio, scimitarra e berdica, un’ascia a due mani dalla lama a mezzaluna di chiara derivazione variaga. Compito degli Strel’cy era innanzitutto la protezione della persona dello Zar, del quale costituivano la guardia reale. In battaglia fornivano supporto tattico alle unità di cavalleria feudale, che continuavano a costituire il nerbo delle armate russe. L’occasione per saggiare sul campo la potenza del nuovo esercito russo venne nel 1552. Nel giugno di quell’anno Ivan lasciò Mosca alla testa di 150 mila uomini diretto ad est. L’obbiettivo della campagna era il Khanato di Kazan’, dal quale bande di razziatori tartari partivano ogni anno per compiere scorrerie in territorio moscovita. Il 2 settembre lo Zar e il suo esercito giunsero sotto le mura di Kazan’, le cui difese iniziarono presto a subire il bombardamento dell’artiglieria russa. La città cadde il 13 ottobre successivo al termine di combattimenti furiosi tra gli assalitori russi e i difensori tartari.

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Ivan IV riceve la resa del Khan di Kazan’ dopo la resa della città alle forze russe.

La presa di Kazan’ non sancì in ogni caso la fine delle ostilità in quanto fino al 1556 si susseguirono ribellioni da parte dei tartari nel tentativo di scrollarsi di dosso la dominazione russa. In quello stesso anno Ivan avrebbe poi annesso ai suoi domini anche il Khanato di Astrachan’, garantendosi così il completo controllo del bacino del Volga. 

La conquista di Kazan’ e di Astrachan’ rappresentò un momento particolare in quanto per la prima volta la Russia inglobò al suo interno consistenti gruppi di popolazione non cristiana. Tuttavia, anche se bisogna dire che Ivan ordinò la costruzione di chiese, la fondazione di nuove diocesi e l’invio di coloni per rafforzare il controllo russo sui nuovi territori, da parte moscovita non vennero fatti sforzi significativi per imporre la conversione all’Ortodossia ai nuovi sudditi. La stragrande maggioranza dei tartari e dei baschiri continuò infatti ad essere musulmana restando pienamente libera di frequentare la moschea, di leggere il Corano e di inviare i propri figli a Samarcanda o in altre città dell’Asia Centrale a studiare per diventare imam. Nei confronti dei musulmani insomma non si verificò nulla di quanto accaduto pochi decenni prima in Spagna dopo la caduta del sultanato nasride di Granada (1492). 

Il comandante cosacco Ermak Timofeevič guida i russi alla battaglia di Čuvaš (23 ottobre 1582) contro i tartari. Sotto il regno di Ivan IV furono poste le premesse delle futura conquista russa della Siberia.

Per commemorare le sue vittorie sui tartari lo Zar commissionò la costruzione di una nuova, splendida cattedrale, dedicata allo Stolto in Cristo Basilio il Benedetto, le cui cupole variopinte caratterizzano ancora oggi il panorama di Mosca. Il 1552 si chiuse quindi nel migliore dei modi per Ivan, al quale Anastasija dopo la nascita di due femmine, Anna e Marija, diede finalmente l’atteso erede maschio, battezzato col nome di Dmitrij. Il piccolo tuttavia morì prima ancora di compiere un anno, annegato nel fiume Šeksna dopo che un’onda ebbe ribaltato l’imbarcazione reale mentre assieme ai genitori era in viaggio alla volta del monastero di Kirillo-Beloserskij.

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La Piazza Rossa di Mosca nel XVII secolo in un dipinto di Apollinarij Michajlovič Vasnecov nel quale troneggia il profilo della Cattedrale di San Basilio voluta da Ivan il Terribile.

Suo padre Ivan infatti aveva intrapreso questo pellegrinaggio per ringraziare Dio della guarigione dalla grave malattia che lo aveva colpito nei primi mesi del 1553 riducendolo in fin di vita. Dopo la morte del piccolo Dmitrij la successione sarà in ogni caso garantita dalla nascita di altri due figli maschi, Ivan, nel 1554, e Fëdor, ne 1557. Tre anni dopo, il 7 agosto del 1560, Ivan venne colpito da una seconda disgrazia: l’amata moglie Anastasia si spense ad appena trent’anni. Per lo Zar fu un’autentica tragedia: folle di dolore e di rabbia giunse ad accusare i boiardi di averla avvelenata, ordinando che un gran numero di questi ultimi fosse torturato e ucciso. Il dolore per la scomparsa dell’amata consorte non impedì tuttavia a Ivan di contrarre altri sette matrimoni, contravvenendo ai dettami della Chiesa Ortodossa, che fissava a tre il numero massimo di unioni consentite a un fedele nell’arco della vita. 

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Ivan IV di Russia mostra il suo tesoro al diplomatico ed esploratore inglese Jerome Horsey (Aleksandr Litovčenko, 1875). I primi contatti tra Russia e Inghilterra portarono nel 1555 alla fondazione della Compagnia commerciale della Moscova 

Oltre che dai lutti personali la seconda parte del regno di Ivan fu segnata dalle umiliazioni sul piano politico e militare. Tutto ebbe inizio nel 1558, quando Ivan ordinò l’invasione della Livonia, una regione corrispondente alle odierne Estonia e Lettonia allora sotto il controllo dei Cavalieri di Livonia, una costola della potente confraternita monastico-militare dei Cavalieri Teutonici fondata nel XIII secolo allo scopo di cristianizzare le regioni del Baltico. L’obbiettivo dello Zar era guadagnare l’accesso al Mar Baltico e con esso alle lucrose rotte commerciali con l’Occidente. I primi contatti con dei viaggiatori occidentali risalivano al 1553 quando Ivan aveva ricevuto alla sua corte il capitano inglese Richard Chancellor, naufragato con la sua nave in prossimità della foce della Dvina mentre cercava un passaggio a nord-est. Proprio nel luogo dello sbarco inglese sarebbe sorta verso la fine del regno di Ivan la città di Archángel’sk.

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La Livonia nel 1536, divisa tra i possedimenti dell’Ordine Livoniano (bianco), le diocesi di Curlandia (viola), di Ösel-Wiek (verde scuro), e di Dorpat (blu) e l’Arcidiocesi di Riga (verde oliva)

Nonostante gli iniziali successi colti dalle truppe moscovite rafforzate dai contingenti tartari alleati, Ivan non fu in grado di cogliere una vittoria decisiva. Preoccupato dalle manovre russe, il Re di Polonia e Granduca di Lituania Sigismondo II Augusto Jagellone decise di marciare a fianco del giovane Gran Maestro dell’Ordine Livoniano Gotthard von Kettler, il quale nel 1561 abbracciò il credo protestante secolarizzando i possedimenti dell’Ordine e dichiarandosi vassallo del sovrano polacco col titolo di Duca di Curlandia. Nonostante vari tentativi di porre fine al conflitto russo-polacco per via diplomatica, la guerra di Livonia si trascinò per quasi un quarto di secolo. Accanto alla Polonia (che nel 1569 a seguito dell’Unione di Lublino si fuse definitivamente con la Lituania dando vita alla Confederazione polacco-lituana) intervennero anche i regni scandinavi di Danimarca e Svezia. Per la Russia la guerra si risolse quindi in un disastro militare, reso ancora più grave delle difficoltà economiche e di politica interna provocate dalla rivolta dei boiardi divampata nel 1565 e dall’invasione dei mai del tutto domati Tartari di Crimea, che il 24 maggio 1571 giunsero a saccheggiare e incendiare Mosca.

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In questo dipinto di Michail Vasil’evič Nesterov è raffigurato Ivan IV mentre riceve i legati pontifici nel corso delle trattative che porteranno alla firma dell’armistizio di Jam Zapolski nel 1582.

Negli stessi anni si accentuarono quell’impulsività e quella violenza che avevano sempre contraddistinto la personalità di Ivan, caratteristiche che il rapporto con la zarina Anastasija aveva contribuito a contenere e frenare. Morto nel 1563 anche il Metropolita Macario, suo mentore e consigliere, lo Zar, probabilmente sentendosi sempre più solo e non fidandosi più di nessuno fu soggetto a sempre più frequenti sbalzi d’umore e accessi d’ira mentre il suo modo di governare si fece sempre più paranoico e tirannico. Nel 1565 divise il territorio della Moscovia in due parti: la zemščina, la quale conservava la passata amministrazione zarista e l’Opričnina sulla quale Ivan deteneva un potere illimitato.

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Gli Opričniki in un dipinto dell’artista russo Nikolaj Vasil’evič Nevrev.

Quest’ultima corrispondeva a più di un terzo dell’intero regno e comprendeva i migliori terreni coltivabili, parti delle città più grandi e della stessa Mosca. Nella medesima occasione creò la milizia degli opričniki, una truppa scelta che, in cambio della totale impunità, aveva il dovere di obbedire fedelmente allo Zar. Ad essi il popolo ben presto affibbiò il sinistro soprannome di Truppa di Satana. Gli opričniki circolavano vestiti completamente di nero e avevano come segni distintivi una testa di cane e una scopa, a significare la loro fedeltà assoluta allo Zar e la loro missione di “spazzare via” i nemici del loro signore. Il loro regno del terrore durò otto anni durante i quali vennero uccise oltre 10 mila persone. Finalmente nel 1573, sospettato di attentare alla vita dello zar e di tradimento durante l’attacco tartaro contro Mosca di due anni prima, il corpo fu sciolto e i suoi capi condannati a morte.

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Dipinto di Il’ja Repin raffigurante Ivan IV che abbraccia il cadavere del figlio, lo Zarevic’ Ivan Ivanovič, da lui ucciso in uno scatto d’ira.

Gli ultimi anni del regno e dell’esistenza di Ivan il Terribile furono segnati dall’annessione del Khanato di Qasim, ormai da decenni uno stato fantoccio della Moscovia, e soprattutto dalla fine della guerra di Livonia, sancita dalla firma dell’armistizio di Jam Zapolski (15 gennaio 1582) con la Confederazione polacco-lituana e della pace Pljussa (10 agosto 1583) con la Svezia. Attraverso questi accordi la Russia rinunciava, almeno temporaneamente, al controllo sulla Livonia e quindi alla possibilità di ottenere uno sbocco sul Baltico. Tale obbiettivo infatti continuerà a orientare la politica estera di Mosca sino all’epoca dello Zar Pietro il Grande (r. 1682-1725). Non mancarono tuttavia i drammi famigliari, come quello che nel novembre 1581 coinvolse lo Zar e il figlio ed erede Ivan Ivanovič. Ivan IV infatti aggredì violentemente la nuora incinta fino a provocarle un aborto perché, a suo dire, ella vestiva in modo sconveniente. Le urla della moglie attirarono lo Zarevic’ che iniziò una lite furibonda col padre il quale al colmo del furore colpì violentemente il figlio con la punta metallica del proprio bastone, uccidendolo.

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La progressiva espansione dello Zarato (poi Impero) russo tra il 1300 e il 1796. Le conquiste territoriali di Ivan il Terribile sono evidenziate in verde oliva.

Tornato in sé e resosi conto di ciò che aveva fatto, Ivan iniziò a vagare disperato per i corridoi del palazzo imperiale sbattendo la testa contro i muri e urlando di non essere degno di portare il titolo di Zar di tutte le Russie. Ancora sconvolto riunì i boiari e dopo aver comunicato di voler abdicare chiese loro di designare il suo successore ma i nobili non si pronunciarono temendo di essere accusati di complotto.

Con l’arrivo dell’anno 1584 Ivan IV, primo Zar di tutte le Russie, si ammalò gravemente. Morì il 28 marzo non ancora cinquantaquattrenne. Sentendo la morte ormai vicina chiamò al proprio capezzale il figlio superstite Fëdor, a cui raccomandò di governare con giustizia e saggezza e di evitare in ogni maniera la guerra. Poi, dopo avere implorato il perdono per i propri peccati, spirò. Ivan IV esercitò indubbiamente un ruolo molto importante nella storia della Russia, riuscendo a sopprimere i khanati tartari ed espandendo i territori della Moscovia, che sotto di lui iniziò ad aprirsi ai contatti con l’Occidente. Egli tuttavia lasciò al proprio successore un regno prostrato dai conflitti. Fëdor, privo della statura politica del padre e afflitto da gravi turbe psichiche si rivelò uno Zar debole e indeciso. Quando nel 1598 morì senza eredi la dinastia rjurikide si estinse e per la Russia ebbe inizio una fase di anarchia conosciuta come “Periodo dei Torbidi”, terminata soltanto nel 1613 con l’ascesa al trono di Michele Romanov, nipote di Anastasija e fondatore della dinastia che avrebbe retto i destini della Russia sino allo scoppio della Rivoluzione nel 1917.

Bibliografia:

  • P. Bushkovitch, Breve storia della Russia – Dalle origini a Putin
  • G. Codevilla, Storia della Russia e dei Paesi limitrofi. Chiesa e Impero Vol I Il Medioevo russo. Secoli X-XVII
  • I. de Madariaga, Ivan il Terribile
  • H. Troyat, Ivan il Terribile Signore di tutte le Russie

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